Deposizione di sottili film di carbonio

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1 Deposizione di sottili film di carbonio Introduzione Il carbonio è un materiale molto versatile, adatto alla deposizione sottoforma di un film sottile su alcune superfici di diversa natura chimica con l intento di migliorarne le caratteristiche fisiche. Con il termine film si intende uno strato di materiale di spessore ridotto (che può variare dal monolayer a centinaia di nanometri) che viene fatto aderire artificialmente ad un substrato di un composto di differente natura chimica. L idea di produrre dei rivestimenti esterni per alcuni materiali già in uso in diversi settori industriali scaturisce dall impossibilità pratica di ottenere artificialmente oggetti cristallini completamente bulk, ovvero materiali la cui struttura non presenta anomalie in superficie; ciò accade perché tutti i materiali (compresi i cristalli che per loro natura sono ordinati) presentano una forte anisotropia nella loro faccia esterna a causa del contatto degli atomi superficiali sia con l omologo strato sottostante sia con l ambiente. Nella recente storia della ricerca universitaria e industriale è accaduto che le straordinarie caratteristiche del diamante (la durezza elevatissima, la purezza, la trasparenza nel visibile, l assorbimento nell ultravioletto e il gap di 5eV che ne consente l impiego come semiconduttore a banda larga -anche se, ultimamente, è sostituito da SiC di costo inferiore-) hanno spinto fortemente gli esperti del settore a tentare la produzione di materiali bulk. Soprattutto per quanto concerne il carbonio in forma cristallina, l esito di tali sforzi è stato però deludente dal momento che si sono generati cristalli di piccolissime dimensioni il cui costo di produzione superava di gran lunga quello della gemma normalmente estratta. Per lungo tempo il concetto di superficie ha costituito un problema per i fisici e per gli ingegneri. Un esempio di tali ostacoli pratici è rappresentato dall ossido che si forma naturalmente sul silicio bulk che ne altera le caratteristiche chimico-fisiche. Poteva accadere (e a volte spesso accade ancora) che materiali potenzialmente adatti ad un certo fine progettuale venissero scartati a causa dell inadeguatezza delle loro caratteristiche esterne. Con la nascita della fisica delle superfici, si tenta oggi di ovviare a questo problema apportando modifiche superficiali che conferiscono al materiale massivo un enorme valore aggiunto, con una spesa di molto inferiore rispetto alla progettazione di un materiale ex-novo. Per rendere un esempio di questo risparmio si pensi ad un normale tavolo la cui superficie deve essere resa anti-graffio per motivi progettuali. Si può pensare o di ideare un materiale di nuova generazione che sostituisca il vecchio legno compensato (che di per sé non rispecchia le specifiche di progetto) oppure di sfruttare la semplice deposizione di un coating molto duro (simile al diamante), pur mantenendo il tradizionale materiale bulk. A secondo del fine progettuale, i rivestimenti superficiali possono essere massimizzati o minimizzati in rapporto alla loro funzione. Nel primo caso, ad esempio, si possono avere costrutti con una funzione catalitica per i quali si deve aumentare al massimo l area di contatto (materiale spugnoso); nel secondo e più frequente caso si tenta invece di assottigliare il più possibile lo strato di materiale deposto, puntando ad una forte e completa adesione al substrato. In termine di spessore si può variare da 0,1 nm, quando si richiede un monolayer, a 1-10 nm in elettronica e fino anche a 100 nm, quando interessa una iterazione coating-bulk molto resistente. Al giorno d oggi questi rivestimenti sono già usati in vari ambiti: per la colorazione delle lenti a contatto, dove il rivestimento deve garantire proprietà ottiche adatte senza la necessità di essere particolarmente resistente in termini meccanici (pochi nm); nei rivestimenti per lo smaltimento termico nelle turbine degli aerei e negli scudi termici delle navicelle spaziali, per proteggere il rientro in atmosfera. In questo ultimo caso, la produzione di un coating deve soddisfare il compromesso tra leggerezza (basso spessore) e smaltimento termico (alto spessore), impiegando notevoli risorse ingegneristiche ed economiche.

2 Il materiale Il carbonio ha due forme allotropiche: il diamante e la grafite. La prima forma è costituita da un reticolo di atomi di carbonio con ibridazione sp 3 disposti tetraedricamente in 3D; è un materiale molto duro, resistente e trasparente. La seconda è formata dalla stratificazione di fogli omogenei di strutture esacicliche di carbonio con ibridazione sp 2. La forma esagonale delle unità elementari consente di riempire completamente tutta la superficie a disposizione e di formare un materiale fortemente anisotropo che presenta una marcata resistenza lungo i legami intraplanari al contrario di quelli interplanari. A causa della debolezza di quest ultimi e della conseguente facilità nella delaminazione, la grafite è spesso impiegata come lubrificante solido nelle applicazioni a bassa temperatura per le quali non è possibile usare dei liquidi. Oltre al carbonio puro, è oggi possibile ottenere altri materiali con due forme allotropiche come, ad esempio, il nitruro di bario (BN) cubico (in natura è presente solo in forma esagonale ed è simile al gesso). Proprio in base alla conoscenza delle caratteristiche delle strutture carboniose, si tenta oggi di ricoprire le superfici con uno strato di materiale il più possibile simile al diamante. Anche se non si è raggiunto ancora un livello di perfezione tecnica che consenta di ottenere una vera struttura cristallina, si è in grado di depositare uno strato di carbonio chiamato DLC, cioè un diamond like carbon. Ciò che differenzia questa struttura dal vero e proprio diamante è la composizione amorfa dello strato, nel quale convivono porzioni di C ibridato sp 2 ed sp 3 (in questo ultimo caso la singola porzione di C e disposta tetraedricamente, ma non in maniera cristallina). Una struttura solida, per sua definizione, deve avere un impaccamento volumetrico pari a 0,6 (cioè gli atomi devono occupare almeno il 60% del volume); questo livello è raggiunto e superato nel DLC le cui caratteristiche meccaniche variano, però, in funzione di altri parametri, ovvero il rapporto sp 2 /sp 3 e la purezza del contenuto in carbonio. Tanto più alta è la percentuale di ibridazione sp 3 rispetto alle sp 2 e tanto minori sono le impurezze di legame presenti (C-N, C-H), più duro e resistente è il coating che si ottiene; se gli sp 3 sono almeno il 70% delle ibridazioni presenti e la struttura è in carbonio puro, il DLC prende il nome di ta-c (tetredrical amorfous carbon). Tecniche di sintesi Le tecniche di sintesi dei DLC sono 2: la PVD (Phisycal Vapour Deposition) e la CVD (Chemical Vapour Deposition). Nella prima il carbonio è evaporato nel vuoto anche se non si ha la totale sicurezza della nascita di eventuali reazioni chimiche con altri elementi, mentre nella seconda l evaporazione avviene in ambiente gassoso composto da atomi che possono interagire con il carbonio. In entrambi i casi bisogna tenere presente che, se la pressione di deposito del carbonio sul substrato è bassa, il film che si ottiene è sottile, poco adeso e poroso. Per ovviare a questo problema servono delle tecniche chiamate plasma assisted (PA) che sfruttano le caratteristiche di un gas ionico per facilitare e migliorare il processo di rivestimento. Il plasma è il quarto stato della materia ed è costituito da un gas di particelle cariche elettricamente che nel complesso risulta neutro. Le sue caratteristiche principali sono due: le interazioni fra particelle sono di tipo comboniano a lungo raggio e le interazioni sono a multicorpo ; se si applica una tensione di polarizzazione al substrato (ad esempio 100V) le cariche positive penetrano nella superficie con un energia nota, che va ad innalzare la temperatura del materiale bersaglio e che consente la densificazione (un processo che aumenta l adesione tra il film ed il bulk ).

3 Pulsed Laser deposition (PLD) Questa è una delle tecniche di deposizione di DLC più usata. Essa sfrutta le proprietà (coerenza e brillanza) di un fascio laser pulsatile (vincolo tecnologico) ad eccimeri a base di KrF (fluoruro di Kripton), che possiede stati eccitati metastabili. In genere, di questo se ne conosce l energia, la lunghezza d onda e la durata di ogni singolo impulso. Nel nostro caso particolare (vedi la descrizione dell esperimento), l energia è di 450mJ ad impulso, le λ in gioco appartengono al campo degli UV in particolare si usano i 248 nm, la τ è di circa 20 ns, il profilo spaziale del laser è rettangolare con dimensioni di 15x10 mm determinando un impulso a bassa brillanza e la densità di potenza è W/cm 2. Funzionamento Il laser, emesso da un apposita sorgente, passa attraverso un sistema di lenti che lo proiettano attraverso un apertura all interno di una camera di acciaio di spessore 7 mm, nella quale è realizzato il vuoto. L impulso luminoso colpisce, con angolazione di 45, un bersaglio di carbonio libero di ruotare e di traslare lungo i propri assi e lo fonde parzialmente. In questo modo la struttura viene velocemente ablata ed emette una piuma di plasma con profilo ellittico che procede con velocità di cm/s verso il substrato da ricoprire, in precedenza posto a distanza di 5-15 cm dal target all interno della medesima camera d acciaio. La temperatura che si genera durante l ablazione è di circa 5000 K sul bersaglio e 1500 K sul substrato. Grazie alla velocità degli ioni C + e C ++ e al calore presente, il materiale massivo viene rivestito gaussianamente da un nanostrato di DLC. Un dato da osservare è il ruolo dell H presente nell ambiente e sul substrato durante la deposizione: la presenza di questo elemento abbassa la temperatura di transizione tra lo stato ibridato sp 3 e quello grafitico ibridato sp 2. Sorgente laser Fascio laser Specchio riflettente Lente 0,5 mm 2 Finestra ottica SiO 2 amorfo Camera d acciaio 7 mm Distribuzione gaussiana del plasma sul substrato Substrato Target di carbonio 45 Piuma di plasma

4 Esperimento Con questa tecnica sono stati condotti alcuni esperimenti per verificarne l efficacia. Di seguito si riporta una loro breve descrizione. Condizioni sperimentali Substrato: Si puro, al quale è stato asportato chimicamente lo strato di ossido mediante HF. Bersaglio: High oriented pirolic grafite; in questo materiale i piani sono in una buona relazione cristallografica che consente un elevato grado di ripetibilità dell esperienza intra e inter laboratorio. Parametri: λ=248nm, τ=20ns, ν=10 Hz, α=45, fluenza= 0,5-31 J/cm 2 (0,25-15,5 MWmm 2 ) con la lente, Ts=300 K. La pressione per le tre prove effettuate è di 10-2 Pa in vuoto, 1 Pa in N 2, 0, Pa in He. La velocità di crescita del film è 0,6-0,7 nm/s. Si è deciso di utilizzare una frequenza laser nel campo degli UV perché grazie alla bassa lunghezza d onda la penetrazione del fascio nel bersaglio è ridotta a 10 nm e consente di evaporare solo ioni C puri senza generare grosse inclusioni. Analisi effetuate SEM-TEM: 15 KV primari; 30 di angolazione del fascio; osservazione della cross section. FTIR: banda cm -1, il confronto è stato effettuato con lo spettro del solo silicio. Raman: 532nm, Nd; per la prova in vuoto e in He si ha Φ=1µm e P=3mW per evitare la transizione in grafite, per l esperienza in N si ha invece Φ=100µm e P=20mW. UV-micro-Raman: 244nm, perché nel campo del visibile gli sp 3 non sono misurabili in quanto risultano 50 volte meno intensi degli sp 2. Risultati IR Questa analisi è stata condotta su diversi campioni con film DLC depositato a fluenza diversa e con spessori differenti. Lo spettro ottenuto con gli infrarossi permette di capire se nel film vi è la presenza di H. Infatti, al di sopra dei 3000 cm -1 le bande piatte ottenute sperimentalmente indicano che non è presente l idrogeno perché il legame C-H creerebbe un picco tra i 2900 e i 3000 cm -1. In funzione della fluenza e dello spessore del film si notano spettri differenti. Infatti, per una fluenza di 1,7 J/cm 2 c è un assorbimento a 1550 cm -1 dovuto agli sp 2, uno a 1250 cm -1 e un altro a 710 cm -1 (quest ultimo dovuto al modo di respiro della grafite). Altri film ottenuti a potenze più elevate risultano trasparenti. Raman I film di DLC analizzati al Raman sono stati depositati con fluenze variabili tra 0,5 e 18,5 MWmm 2. Lo scopo di questa analisi è confrontare il deposito avvenuto in vuoto con quello in N. Si conoscono come dati i picchi di assorbimento della grafite (1550 cm -1 ) e del diamante (1346 cm -1 ) e, in base a questi, si può vedere il grado di miscelazione tra sp 2 e sp 3 (picchi allargati). Il risultato del confronto tra le due diverse tecniche di deposizione mostra che per basse potenze (fino a 5 MWmm 2 ) non c è differenza di assorbimento mentre, al di sopra di esse, i film depositati in vuoto diventano trasparenti; si nota dallo spettro la nascita del picco di assorbimento del silicio che non è presente per i DLC ottenuti in N.

5 Micro Raman Nell UV si notano 3 picchi fondamentali: un picco G dovuto agli sp 2, un basso picco D solo per fluenze ridotte e una larga banda T a 1100 cm -1 dovuta a sp 3. TEM Si preparano quattro oggetti ricoperti con LCD per la visione al TEM in cui i parametri sono la potenza (0,25 MWmm 2 e 10 MWmm 2 ) e le condizioni ambientali (vuoto e N 2 ). Si hanno così a disposizione alcuni campioni con rivestimento opaco e altri con quello trasparente. Il substrato è reso molto sottile per consentire il passaggio di elettroni. Si riporta una tabella con i risultati: analisi Vacuum %sp 3 N 2 %sp 3 0,25 MWmm MW mm 2 81 DLC >>>> ta-c 45 Il ruolo dell azoto All interno della piuma di plasma ci sono ioni C + e C ++ a 100 ev: a queste tensioni si stabilizza l ibridazione sp 3. Quando però, per motivi di svariata natura, la densità di energia degli ioni diminuisce, sul substrato si forma un DLC con al più il 40% di carboni tetraedrici. L azoto presente nella camera di ionizzazione del gas costituisce un ostacolo al moto delle particelle e disperde la loro energia con differenti modalità: Effetto fisico = le particelle di N 2 generano urti con gli ioni di carbonio. Effetto chimico-balistico = si creano legami C-N (scattering), i quali frenano ulteriormente gli ioni C + (scattering). Effetto chimico = aumenta la concentrazione di sp 2. He Per i depositi effettuati a 50 Pa in elio i risultati mostrano una buona adesione del DLC al substrato con alcune inclusioni di forma sferoidale (12,5 MWmm 2 ). All aumentare della fluenza, tali noduli globulari diventano di dimensione sempre più ridotta ed incrementano la loro sfericità fino a diventare piccolissimi ad alte potenze ed immersi in una matrice poco impaccata. In questo ultimo caso, l adesione peggiora molto e il film diventa dendritico. Alla spettroscopia Raman si vede una banda G e una D che variano in funzione della pressione di deposito. A basse pressioni l intera struttura è più ordinata rispetto alle alte pressioni, che, di contro, presentano una migliore organizzazione a livello del singolo cluster di materiale. A 30 Pa si hanno 5000 C/cluster mentre a 2KPa si arriva a C/cluster. Al di sotto degli 0,6 Pa si generano invece DLC del tutto simili a quelli ottenuti in vuoto o in azoto.

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