APPUNTI DI DIRITTO PROCESSUALE CIVILE

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1 APPUNTI DI DIRITTO PROCESSUALE CIVILE Il rapporto tra diritto sostanziale e diritto processuale (ovvero i rapporti che ci sono tra diritto civile e processo civile, tra diritto penale e processo penale, tra diritto tributario e processo tributario, tra diritto amministrativo e processo amministrativo). Il diritto sostanziale è un complesso di norme nelle quali il legislatore ha individuato quello che è l interesse meritevole di tutela. Il diritto processuale, invece, è costituito da un complesso di norme, nel quale il legislatore prevede determinati meccanismi complessi (processi) che entrano in gioco nel momento in cui la norma di diritto sostanziale non viene attuata. Il diritto sostanziale è primario rispetto al diritto processuale, mentre il diritto processuale è strumentale rispetto al diritto sostanziale (appunto perché entra in gioco solo se la norma di diritto sostanziale non è stata opportunamente attuata). Da un lato il diritto sostanziale è indispensabile per l esistenza del diritto processuale; dall altro il diritto processuale civile è fondamentale per l esistenza stessa del diritto sostanziale che senza il diritto processuale potrebbe limitarsi ad essere una mera previsione formale. La necessaria relazione tra il diritto sostanziale ed il diritto processuale è giustificata anche dalla previsione legislativa secondo la quale nessuno può fare ricorso alla forza o alla violenza per avere ragione del proprio diritto; questo è sancito in 2 norme l art.392 cod.pen. che riguarda l esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose e l art.393 cod.pen. che tratta dell esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone. Il diritto processuale ha carattere non unitario, non solo perché abbiamo vari processi (amministrativo, penale, civile e tributario), ma anche perché all interno dello stesso sistema abbiamo diversi modi di garantire la tutela giurisdizionale (ad esempio nel processo penale oltre al processo classico, normale, abbiamo: il processo che prevede l applicazione della pena su richiesta delle parti ed uno sconto della pena stessa, patteggiamento; il rito abbreviato richiesto in certi casi su accordo del cliente; il processo per direttissima; il procedimento per decreto quando ci sono delle pene pecuniarie). Nel processo civile la situazione è più complicata, infatti

2 abbiamo una distinzione per quanto riguarda il tipo di processo tra processi a cognizione piena ed esauriente e processi a cognizione sommaria. - I processi a cognizione piena ed esauriente sono quei processi nei quali il giudice arriva alla sua decisione dopo aver esaminato tutto ciò che è necessario per decidere, per poi emanare un provvedimento che disciplina definitivamente il rapporto tra le parti, la sentenza. Nell ambito della cognizione piena ed esauriente abbiamo diversi tipi di svolgimento del processo: il processo ordinario (valido per quasi tutte le controversie); il rito speciale del lavoro; il rito delle locazioni; il rito che si svolge davanti ad un giudice di pace (giudice che presenta delle caratteristiche diverse rispetto al giudice ordinario in quanto dura limitatamente nel tempo, svolge la sua attività non gratuitamente e si occupa in genere di controversie di valore inferiore ai 5 milioni); il procedimento in camera di consiglio (caratterizzato innanzitutto dal fatto che il legislatore non viene a predeterminare degli obblighi e dei doveri per il giudice ma lascia ampia discrezionalità allo stesso nel modo di condurre il procedimento ed in secondo luogo dal fatto che tale procedimento non si chiude con una sentenza ma con un decreto, come ad esempio avviene nel caso delle autorizzazioni che i tutori del minore devono chiedere per poter esercitare atti che influiscono sul patrimonio dello stesso minore). - I procedimenti a cognizione sommaria sono caratterizzati dal fatto che il giudice, delle parti in contesa, sente una sola parte oppure sente entrambe ma in maniera incompleta, limitandosi così ad una visione superficiale e provvisoria perché fa tutto ciò in poco tempo. In questo tipo di procedimento il giudice non ha la certezza ma si basa sulla probabilità, la sua conclusione è solo un ipotesi di soluzione della controversia che non potrà assumere la forma di sentenza, ma avrà la forma del decreto (quando viene ascoltata una sola delle parti) o dell ordinanza (quando vi è un certo contraddittorio). Esempi di tali procedimenti sono: il sequestro; il sequestro giudiziale (quando è in contestazione il diritto di proprietà); il provvedimento di denuncia di nuova opera, l art.18 dello Statuto dei lavoratori, i provvedimenti d urgenza (art.700 cod.proc.civ.). I provvedimenti sommari e cautelari

3 necessitano dell instaurazione di un processo a cognizione piena ed esauriente (entro 30 giorni da parte di chi ha vinto), in caso contrario perdono la loro efficacia; se il processo a cognizione piena ed esauriente invece c è il provvedimento sommario e cautelare viene recepito da un provvedimento definitivo, la sentenza. - I procedimenti sommari non cautelari si aprono per iniziativa di un soggetto dopodiché il giudice decide con un decreto che può vivere di vita propria, cioè che può da quel momento disciplinare i rapporti fra le parti. Il legislatore, però lascia alla parte soccombente la facoltà di proporre opposizione aprendo un processo a cognizione piena ed esauriente. Qui la particolarità consiste nel fatto che se non si instaura il procedimento a cognizione piena ed esauriente il provvedimento sommario rimane pienamente efficace tra le parti. Esempi di procedimenti a cognizione sommaria non cautelari sono: la repressione della condotta antisindacale (art.28 dello Statuto dei lavoratori); il decreto ingiuntivo. Il diritto processuale non è neutrale; infatti esso non è indifferente al particolare bisogno di tutela di certi diritti (altrimenti vi sarebbe stato un unico tipo di processo). Se consideriamo 3 diritti costituzionali (che quindi non ammettono deroghe in quanto assoluti) vediamo che questi non vengono tutelati allo stesso modo. L art.17 Cost. stabilisce all ultimo comma che le autorità possono vietare le riunioni in luogo pubblico per motivi di sicurezza o di incolumità pubblica, comprovati; qui siamo in presenza di un provvedimento dell autorità pubblica che però ha ad oggetto dei diritti costituzionali e quindi la controversia è di competenza del giudice ordinario, ma nel codice non è previsto un processo particolare dobbiamo promuovere un giudizio a cognizione piena ed esauriente ed anche se è possibile invocare il provvedimento d urgenza (art.700 cod.proc.civ.) accade che i tempi di entrambi i processi fanno venir meno l utilità della riunione. Quindi abbiamo un diritto sostanziale che viene tutelato a livello processuale con il processo ordinario di cognizione ma in un modo che non mi tutela realmente in caso di divieto. L art.42 Cost. stabilisce che la proprietà è pubblica o privata e questo è un diritto costituzionalmente garantito (con le famose limitazioni); qui il proprietario può avvalersi di una serie di azioni quali:

4 le azioni possessorie, la denuncia di nuova opera, la denuncia di danno temuto. L art.28 dello Statuto dei lavoratori prevede un particolare procedimento di repressione della condotta antisindacale dando la possibilità al sindacato di ottenere entro 48 ore il provvedimento col quale il giudice dichiara illegittimo il comportamento del datore di lavoro, dunque un provvedimento che pone fine tempestivamente al comportamento antigiuridico del datore di lavoro. La tutela del diritto del sindacato è rafforzata dal fatto che se il datore di lavoro non ottempera al suo obbligo incorre in un reato penale (art.650 cod.pen.) e vi è una misura coercitiva che induce il datore di lavoro ad adempiere se non lo fa spontaneamente. Queste tre situazioni indicate ci fanno capire come il legislatore a livello processuale può alterare la decisione di tutelare un interesse meritevole di tutela, presa a livello sostanziale, non predisponendo un tipo di processo specifico per la tutela di quell interesse (ad ogni diritto il suo processo). Quindi riassumendo il DIRITTO PROCESSUALE: È STRUMENTALE, MA INDISPENSABILE, RISPETTO AL DIRITTO SOSTANZIALE; NON È UNITARIO; NON È NEUTRALE. FONTI DEL DIRITTO PROCESSUALE CIVILE Il codice di procedura civile risale al 1940, ma risulta oggi modificato e accompagnato da altre fonti costituite da leggi ed altri codici. - Nel 1950 (attraverso la sostituzione di alcuni articoli senza alterarne la numerazione, nel senso che vennero aggiunti gli articoli bis, ter, quater etc.), una novella elimina norme molto onerose per le parti rendendo il processo più elastico (dopo il 1950 possono modificare le loro posizioni anche durante il processo). - Nel 1973 con la riforma sul processo del lavoro si è previsto un giudice ad hoc sulle controversi di lavoro (in questa occasione la Corte cost. stabilì che era legittimo avere processi diversi per situazioni differenti).

5 - Nel 1990 si ha una riforma sui provvedimenti urgenti che entra completamente in vigore nel 1995, anche se dopo la sua entrata in vigore viene rivista. - Nel 1991 c è stata una riforma (anch essa entrata in vigore nel 1995) che ha previsto l istituzione del giudice di pace. - Nel 1998 si ha l istituzione del giudice unico di 1 grado e l eliminazione del pretore, tale riforma ha attuato una semplificazione sotto il profilo della competenza. - Un altra riforma è quella del pubblico impiego che ha trasferito le controversie di lavoro nella pubblica amministrazione dal giudice amministrativo a quello ordinario. Tra le fonti del diritto processuale civile hanno un ruolo di primo piano le norme contenute nella Costituzione. La Corte cost. ha spesso adeguato le norme ordinarie alla Costituzione. Ricordiamo che le norme in materia processuale sono di competenza dello stato (non anche delle regioni); questo è stato stabilito dalla Corte cost. nella sentenza n.86/1999. La nostra Costituzione prevede parecchie norme sul processo, ovvero le norme che riguardano i principi del processo, la giustizia (artt.24, 25, 101, 111) e quelle che riguardano l ordinamento giudiziario inteso come organizzazione dei giudici. L art.3 Cost. bisogna dire che la Corte cost. stabilisce che il principio di uguaglianza (sotto il profilo processuale) non vale in senso assoluto ma in senso sostanziale; ciò vuol dire che trattamenti processuali diversi sono ammissibili solo se costituzionalmente legittimi (è il caso del processo del lavoro caratterizzato da una durata inferiore e quindi formalmente incostituzionale, ma costituzionale dal punto di vista sostanziale in quanto inerente ad un oggetto diverso). L art.24 Cost. stabilisce che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti (giurisdizione ordinaria) ed interessi legittimi (giurisdizione amministrativa). Ad oggi la distinzione tra giurisdizione amministrativa e ordinaria, così come quella tra posizione del soggetto nei confronti di un suo diritto soggettivo (situazione assoluta) e posizione del soggetto nei confronti di un interesse legittimo (situazione non assoluta) viene ad assumere meno importanza ma non scompare perché tale distinzione (tra diritti soggettivi ed

6 interessi legittimi) è stata costituzionalizzata. L art.24 Cost. da vita a due diverse letture; la lettura in negativo che recepisce la correlazione tra titolarità della situazione giuridica sostanziale (diritti ed interessi legittimi) e titolarità dell azione (in riferimento citiamo l art.81 cod.proc.civ. che riguarda la sostituzione processuale e l art.112 Cost. che stabilisce che il pubblico ministero ha l obbligo di esercitare l azione penale ) e la lettura in positivo che è costituita dal principio che non sono costituzionalmente legittimi gli ostacoli posti dalla legge ordinaria alla possibilità di agire in giudizio (questo vale sia sotto il profilo soggettivo, il legislatore non può limitare la possibilità di agire in giudizio per ragioni di sesso, razza, religione etc., che sotto il profilo oggettivo); qui si può fare un riferimento all art.113 cost. che stabilisce che contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa ; ciò sta a significare che la tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata. La Corte cost. è intervenuta per sancire l incostituzionalità di leggi che rendevano difficile la possibilità di agire in giudizio; ad esempio essa: - è intervenuta nel 1951 su un istituto del processo tributario (in base al quale quando la pubblica amministrazione chiede il pagamento di un tributo il contribuente deve prima pagare e dopo può fare opposizione richiedendo la restituzione dei soldi) dichiarandolo incostituzionale in quanto non è possibile subordinare l azione giudiziaria al preventivo pagamento dell imposta. - è intervenuta sull art.98 cod.proc.civ., con la sentenza n.67/1960, dichiarandolo costituzionalmente illegittimo rispetto all art.24 Cost. perché subordinava la possibilità di agire in giudizio al versamento di una cauzione. - è intervenuta per sancire l incostituzionalità dell arbitrato obbligatorio (forma di giustizia privata alternativa alla giustizia ordinaria secondo la quale la controversia viene fatta decidere ad un arbitro o ad un gruppo di arbitri privati); infatti l arbitrato deve essere facoltativo e quindi la Corte cost. ha dichiarato illegittime quelle norme che prevedevano l obbligatorietà dell arbitrato.

7 Nel nostro ordinamento abbiamo istituti non toccati dalla Corte cost., come ad esempio la cauzione, il deposito per soccombenza. La Corte cost. ha ritenuto costituzionale: - l art.669-quinquies cod.proc.civ. che stabilisce che il giudice, dopo aver dato il provvedimento cautelare (ad es. il sequestro conservativo), può imporre una cauzione per l attuazione di un procedimento cautelare; - la conciliazione obbligatoria nelle controversie di lavoro (prima di agire in giudizio); - il deposito per soccombenza. In realtà l art.24 Cost. viene limitato dagli istituti esaminati. Per ciò che riguarda il 2 comma dell art.24 Cost., che stabilisce che la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, bisogna dire che il diritto di difesa, diverso dal diritto al contraddittorio, è quel diritto delle parti di poter far valere i propri diritti e le proprie ragioni nell ambito di un processo. Questo diritto deve essere assicurato durante tutto il processo ed in funzione di ciò la Corte cost. ha sancito l incostituzionalità di due norme: l art.247 cod.proc.civ. (che prevedeva il divieto di testimoniare per i parenti, per i coniugi etc.) e l art.248 cod.proc.civ. (che riguardava i minori di quattordici anni). L incostituzionalità di queste due norme è dovuta al fatto che esse costituiscono una limitazione al diritto di difesa espresso dal 2 comma dell art.24 Cost. Analizzando poi l art.669-terdecies cod.proc.civ. bisogna dire che questa è una norma dettata in tema di procedimento cautelare che prevede la possibilità di proporre reclamo avverso il procedimento con il quale il giudice concede la misura cautelare; la norma in questione prevedeva la possibilità di porre reclamo per i provvedimenti che disponevano la misura cautelare ma non per quelli che la rigettavano la misura cautelare ed è per questo che la norma è stata ritenuta illegittima in quella parte. Un altra norma dichiarata incostituzionale è l art.708 cod.proc.civ. (in tema di separazione dei coniugi). Il 3 comma dell art.24 Cost. stabilisce che sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La sentenza del 1998 della corte di giustizia europea stabilì che il gratuito patrocinio è un diritto chi non ha soldi. Prima il decreto regio del 23 stabiliva che il patrocinio per i non abbienti era

8 gratuito ma era un onere degli avvocati, così questi ultimi difendevano male chi non pagava. Nel 1973 questo sistema è stato riformato solo nelle controversie di lavoro; successivamente per ciò che riguarda le cause penali (ma anche per alcuni processi civili relativamente). Il patrocinio gratuito per i non abbienti e a carico dello stato ha trovato una disciplina anche in una legge del La legge n.134/2001 abroga il regio decreto del 1923 ed estende il patrocinio a spese dello stato a tutti i soggetti con un reddito inferiore a 18 milioni. Il 4 comma dell art.24 Cost. non ci interessa perché riguarda il settore penale. Il 1 comma dell art.25 Cost. stabilisce che nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge ; tale articolo si collega all art.102 Cost. che vieta l istituzione di giudici speciali per determinate cause ad eccezione di particolari materie (sesta disposizione transitoria della Costituzione). Collegato all art.102 Cost. è l art.103 Cost. che individua, prima che nasca la controversia, le giurisdizioni competenti. Le giurisdizioni competenti devono essere individuate in base a 3 criteri: materia (oggetto), valore (per cause inerenti ai beni mobili di valore inferiore ai 5 milioni è competente il giudice di pace, per le altre cause di valore superiore è competente il tribunale), territorio. Ricordiamo che il criterio materia esclude il criterio valore. L art.103 Cost., nella parte in cui dice gli altri organi di giustizia amministrativa, ha portato nel 1970 (con la legge n.1034/1971) all istituzione dei TAR (tribunali amministrativi regionali) che non sono stati considerati nuovi giudici speciali ma vecchi giudici revisionati, perciò legittimi. L art.101 Cost. stabilisce che i giudici sono soggetti soltanto alla legge ed in esso si può scorgere un collegamento con l art.104 Cost. Sono state dichiarate illegittime le giunte provinciali amministrative insieme al consiglio di prefettura e al comandante di porto; questo perché andavano contro le previsioni dell art.104 Cost. Sopravvivono invece le commissioni tributarie. Un altra norma importante è l art.111 Cost., riformato nel 1999, che fissa una serie di garanzie per le parti quali: la regolamentazione di un giusto processo da parte della legge; la presenza del contraddittorio; le condizioni di parità delle parti; la terzietà e l imparzialità del giudice; la ragionevole durata del processo. Importanti sono

9 poi il rapporto tra processo civile e processo costituzionale (vedi altri appunti) ed il rapporto tra giurisdizione nazionale e giurisdizione comunitaria. GIURIDIZIONE Innanzitutto dobbiamo dire che il processo è una specie del genere procedimento; infatti entrambi sono caratterizzati da un insieme di norme e di atti concatenati l uno all altro e finalizzati all emanazione dell atto conclusivo. Il processo poi è un provvedimento nel quale si esercita la giurisdizione (una delle 3 funzioni proprie dello stato). La funzione giurisdizionale diretta all attuazione delle norme da parte dei giudici era prima legata agli altri poteri e questo è evidente se prendiamo ad esempio l istituto del pubblico ministero che nasce appunto come rappresentante del potere esecutivo e che evidenziava un collegamento tra potere esecutivo e potere giurisdizionale; discorso simile può essere fatto per la cassazione che evidenzia un collegamento tra potere giurisdizionale e potere legislativo; infine anche il regolamento di giurisdizione evidenziava un collegamento tra potere esecutivo e potere giurisdizionale. Possiamo dire che oggi sussistono delle situazioni al confine tra i poteri dello stato, ad esempio: - i decreti legge (al confine tra potere esecutivo e potere legislativo); - la volontaria giurisdizione (al confine tra potere giurisdizionale e potere esecutivo-amministartivo); - il processo esecutivo (al confine tra potere giurisdizionale e potere esecutivo-amministartivo). - Il processo costituzionale (al confine tra potere giurisdizionale della Corte cost. e potere legislativo). La giurisdizione è una nozione positiva, non c è una nozione valida in tutti i tempi, in tutti i luoghi e in tutte le situazioni; infatti ogni stato può avere una nozione differente di giurisdizione. Per individuare la giurisdizione sono state fatte molte ipotesi che hanno ad oggetto elementi diversi: - il contraddittorio, ma questo non è sempre presente (infatti è assente nel decreto ingiuntivo);

10 - la domanda di parte, ma questa è presente anche nei procedimenti amministrativi e quindi non caratterizza i procedimenti giurisdizionali; - la controversia, ma non sempre le attività giurisdizionali sono caratterizzate da una lite tra le parti (infatti questa non c è nella volontaria giurisdizione); - l immutabilità del provvedimento, ma questo non avviene sempre (infatti la volontaria giurisdizione non si conclude con un provvedimento immutabile). Per determinare la giurisdizione si può fare riferimento alle norme costituzionali rappresentate da alcuni articoli: Art.24 Cost.: Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento... Art.25 Cost.: Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge Art.101 Cost.: La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge Art.111 Cost.: La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale La nozione complessa di giurisdizione che ne deriva è costituita da una serie di elementi: - attuazione del diritto; - necessità della domanda di parte; - terzietà del giudice; - contraddittorio; - decisione riferita all ordinamento nella sua globalità. Sono previste più giurisdizioni: ordinaria (civile e penale); amministrativa; tributaria; costituzionale; comunitaria. Tra i vari tipi di giurisdizione sussistono rapporti diversi (come quello tra giurisdizione civile e giurisdizione penale o come quella tra giurisdizione civile e giurisdizione amministrativa). La giurisdizione civile che più ci interessa ha ad oggetto diritti soggettivi ma il giudice ordinario che esercita tale giurisdizione, a volte, incontra dei limiti (non può decidere sempre e comunque, perché in alcuni casi non ha la giurisdizione

11 che è di un altro giudice). Dobbiamo analizzare a riguardo l art.37 cod.proc.civ. (riformato dalla legge n.218/1995 nella quale è stato trasferito il 2 comma dell articolo in questione oltre che l art.2 cod.proc.civ. ed altre leggi). L art.37 al 1 comma individua i primi due limiti per il giudice ordinario che sono costituiti dal limite nei confronti della pubblica amministrazione e dal limite nei confronti dei giudici speciali; mentre la legge n.218/1995 individua all art.11 il limite per il giudice ordinario nei confronti del convenuto straniero (limite prima contenuto nel 2 comma dell art.37). quindi il fulcro del 1 comma dell art.37 cod.cov.proc. e dell art.11 della legge n.218/1995 è la questione di giurisdizione o meglio il difetto di giurisdizione. Si ha il primo limite quando ad un giudice ordinario viene sollevato un difetto di giurisdizione, ma qui si tratta di risolvere una questione che ha ad oggetto un atto della pubblica amministrazione e dove vi è un problema di merito in quanto si tratta di vedere se esiste o meno il diritto dedotto in giudizio; in realtà il giudice non potrà decidere non solo perché la giurisdizione dovrebbe essere del giudice amministrativo ma soprattutto perché il diritto non esiste (infatti se parliamo del limite del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione ci riferiamo per lo più ad una situazione di improponibilità della domanda in funzione dell inesistenza del diritto). Si ha il secondo limite quando ad un giudice ordinario viene sollevato un difetto di giurisdizione che trova la sua giustificazione nel fatto che la materia sulla quale si deve decidere è sotto la giurisdizione di un altro giudice e precisamente un giudice speciale (amministrativo, tributario ). Si ha il terzo limite quando ad un giudice ordinario viene sollevato un difetto di giurisdizione dal convenuto straniero nei confronti del quale non devono sussistere criteri di collegamento (criteri a carattere personale: domicilio, residenza, rappresentanza; criteri a carattere oggettivo: materie previste dalla convenzione di Bruxelles; criterio dell accettazione, espressa o tacita). Per ciò che riguarda i primi due limiti bisogna dire che il difetto di giurisdizione può essere rilevato in ogni stato e grado del processo anche d ufficio a condizione: - che la questione di giurisdizione non sia stata trattata;

12 - che la decisione, ovvero la sentenza, sulla questione di giurisdizione sia stata impugnata (questo nel caso in cui la questione sia stata trattata e decisa). Quindi bisogna ribadire che il difetto (o eccezione) di giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione o del giudice speciale può essere sollevato dal convenuto o dal giudice in ogni stato e grado del processo. Per quanto riguarda invece il difetto di giurisdizione nei confronti del convenuto straniero, bisogna precisare che l eccezione di giurisdizione può essere rilevata in qualunque stato e grado del processo: dal convenuto che non abbia accettato, espressamente o tacitamente, la giurisdizione o dal giudice d ufficio se il convenuto sia contumace (assente), o se ricorre l ipotesi di cui all art.5 della legge n.218/1995 (ovvero la controversia riguarda beni immobili situati all estero) o se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale. Si potrebbe ravvisare una contraddizione tra la parte della norma che stabilisce la possibilità di sollevare l eccezione in ogni stato e grado del giudizio e la parte della norma che stabilisce l impossibilità di sollevare l eccezione per il convenuto che abbia tacitamente accettato la giurisdizione; in realtà quando la norma prevede la possibilità di sollevare il difetto di giurisdizione in ogni stato e grado del giudizio sottintende che l eccezione debba essere il primo atto difensivo del convenuto, quindi il convenuto si può costituire nel corso della causa (e non necessariamente all inizio) ma se vuole rilevare un difetto di giurisdizione deve farlo come suo primo atto difensivo se non vuole che la giurisdizione si ritenga accettata tacitamente. Ora è importante esaminare l art.8 della legge n.218/1995 che richiama l art.5 cod.proc.civ. apportandogli un correttivo. Infatti per individuare il momento determinante della giurisdizione si applica l art.5 cod.proc.civ. (regola della perpetuatio iurisdictionis) che fa riferimento al momento della proposizione della domanda, ma l art.8 della legge n.218/1995 aggiunge (soprattutto per ragioni di economia processuale) che possono essere presi in considerazione i fatti e le norme che determinano la giurisdizione anche se questi intervengono nel corso del processo (questo vale anche per la competenza). Per ciò che riguarda il caso in cui ci siano

13 collegamenti tra due cause, una discussa in Italia e l altra all estero, bisogna prendere in considerazione l art.7 della legge n.218/1995 che tratta al 1 comma della proposizione della stessa domanda davanti ad un giudice italiano e davanti ad un giudice straniero, stabilendo che in questo caso se il giudice italiano ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetti per l ordinamento italiano questi deve sospendere il giudizio; mentre al 3 comma tratta del rapporto di pregiudizialità (o di prelazione) che può esistere tra le due cause, stabilendo appunto che nel caso di pregiudizialità di una causa straniera il giudice italiano può sospendere il processo se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetti per l'ordinamento italiano. Ora dobbiamo capire cosa succede nel caso in cui sorga una questione di giurisdizione dinanzi ai diversi giudici (giudice di pace e tribunale); per far ciò bisogna dire che il giudice di pace è un organo monocratico (conosce e decide come giudice unico), mentre il tribunale può essere monocratico o anche collegiale (in questo caso dal 1940 la parte istruttoria si svolge davanti ad un giudice istruttore, mentre la decisione è affidata ad un collegio). Oggi la maggiorparte delle cause sono conosciute dal tribunale monocratico; quelle conosciute dal tribunale collegiale sono individuate dall art.50-bis c.p.c. L art.187 c.p.c., poi, reca provvedimenti del giudice istruttore, se c è il collegio, e provvedimenti del giudice unico se il collegio non c è; Secondo questo articolo, se il tribunale è collegiale, il giudice istruttore può rimettere al collegio la decisione sulla giurisdizione affinché questa venga decisa separatamente o anche unitamente al merito. Il legislatore ha optato per la scelta a favore del giudice, cioè o decide subito la questione o la decide alla fine (la soluzione ideale sarebbe decidere subito in modo tale da abbreviare i tempi). Secondo l art.279 c.p.c. la forma del provvedimento sulla giurisdizione è quella della sentenza che può essere: definitiva quando il giudice unico o quello istruttore decidono subito sull eccezione di giurisdizione, ma bisogna dire che una sentenza è definitiva quando il giudizio viene chiuso (definito) e questo avviene se la sentenza sulla giurisdizione è declinatoria (il giudice dice che non ha giurisdizione ed il giudizio si chiude) oppure quando il giudice decide di non definire subito la questione di giurisdizione (il giudice deciderà alla fine con una sentenza conclusiva); non definitiva quando il giudice

14 decide subito sull eccezione di giurisdizione ma positivamente con una sentenza dichiarativa (il giudice decide cha ha la giurisdizione e quindi il giudizio continua, infatti esso si chiuderà con la sentenza che decide nel merito). La sentenza definitiva declinatoria, quella definitiva che decide unitamente sul merito e sulla giurisdizione e quella non definitiva possono essere impugnate in appello e poi dinanzi alla cassazione a sezioni unite. Quando vi è un difetto di giurisdizione per risolvere la questione di giurisdizione oltre che un modo ordinario, che è quello analizzato, vi è un modo straordinario che è quello del regolamento di giurisdizione disciplinato dall art.41 c.p.c. e dagli artt.367 e 368 c.p.c. Il regolamento di giurisdizione ha avuto origine dall istituto della vocazione che aveva lo scopo di togliere al giudice il potere di conoscere la controversia sottoposta al suo esame, perché doveva essere competenza della pubblica amministrazione. Il potere di decidere sulla questione di giurisdizione nel regno piemontese era dato al re, poi fu dato al consiglio di stato ed infine alla cassazione. Nel 1940 il regolamento di giurisdizione, che prima era un potere della pubblica amministrazione, è diventato una facoltà di tutti. Il regolamento di giurisdizione può essere proposto, tramite la contestazione della giurisdizione, da parte del convenuto oppure da parte dell attore ma sempre a condizione che il convenuto contesti la giurisdizione. Quindi possiamo dedurre che il momento iniziale per poter proporre il regola,mento di giurisdizione è quello della contestazione. Mentre attraverso l art.41 c.p.c. possiamo vedere come il legislatore richieda che ci si trovi in primo grado e che la causa non sia stata decisa nel merito; anche se la cassazione in una sua prima sentenza ha affermato in generale che affinché si possa proporre un regolamento di giurisdizione non dev essere stata emessa nessuna sentenza (nel sul merito, ne sulla giurisdizione) nel corso del giudizio di primo grado, ma dopo cambi a orientamento dicendo il contrario. Prima l inconveniente dell istituto in questione stava nel fatto che esso portava alla sospensione del processo ritardando così la decisione del giudice; invece dal 1990, con la riforma dell art.367 c.p.c., è stato stabilita la previsione della sospensione obbligatoria, infatti ora il giudice

15 prima di sospendere il processo deve effettuare una duplice valutazione (simile a quella del giudice a quo che rimette le questioni di legittimità alla Corte cost.) in ordine alla fondatezza della questione di giurisdizione ed in ordine all ammissibilità del ricorso. In seguito alla proposizione del regolamento di giurisdizione sorgono dei problemi a seconda che il processo di merito venga o meno sospeso. Quando il processo di merito viene sospeso: se la cassazione decide che la giurisdizione è del giudice davanti al quale ci si è presentati, allora il processo di merito andrà riassunto (entro 6 mesi) e potrà continuare; altrimenti se la cassazione decide che la giurisdizione non è di quel giudice, il processo di merito non andrà riassunto davanti a quel giudice, tuttalpiù potrebbe essere il convenuto a riassumere il processo a quel giudice per far condannare l attore al pagamento delle spese giudiziarie. Quando il processo di merito non viene sospeso, quindi si ha la contemporanea pendenza del giudizio di merito e del giudizio sulla giurisdizione alla cassazione: se arriva prima la sentenza della cassazione il processo di merito continua se la cassazione ha deciso che la giurisdizione è di quel giudice altrimenti no (tuttalpiù può esserci la condanna dell attore al pagamento delle spese giudiziarie); se arriva prima la sentenza del giudice di merito questa, qualora passi in giudicato, non sarà influenzata dalla successiva sentenza declinatoria della cassazione sulla giurisdizione, ma affinché una sentenza passi in giudicato non dev essere impugnata altrimenti la decisione della cassazione avrà influenza sul giudizio di merito in appello. Il procedimento sulla questione di giurisdizione si svolge davanti alla cassazione a sezioni unite in maniera analoga al ricorso normale in cassazione (infatti sono ammessi solo i documenti e poiché il regolamento di giurisdizione deve essere proposto all inizio, altrimenti la sentenza ne rende impossibile la proposizione, non vi sarà stata una fase istruttoria). Una delle differenze tra il modo ordinario per risolvere la questione di giurisdizione ed il modo straordinario (regolamento di giurisdizione) sta nel fatto che nel primo caso è necessaria un impugnazione, quindi una sentenza, mentre nel secondo caso una sentenza precluderebbe la possibilità proporre il regolamento di giurisdizione. Il regolamento di giurisdizione non è

16 un impugnazione e consente alla cassazione di decidere la questione di giurisdizione saltando la fase dell appello (fase intermedia), ecco perché esso è detto ricorso per cassazione omesso medio. La ragione per la quale una parte sceglie uno dei due procedimenti (quello ordinario o quello straordinario) anziché l altro sta nell effetto finale, infatti nel modo ordinario non si sospende il processo, mentre nel modo straordinario se si convince il giudice si ha la sospensione e si evita il processo fino alla decisione della cassazione. Ci si è chiesti se è possibile proporre il regolamento di giurisdizione anche nei processi sommari cautelari che sono caratterizzati da una certa celerità che contrasta con la sospensione derivante appunto dalla proposizione di un regolamento di giurisdizione. Nel 1996 la cassazione modificando la sua giurisprudenza afferma che nell ambito di un procedimento cautelare non è possibile proporre il regolamento di giurisdizione, non perché la sospensione contrasta con la funzione del processo cautelare, ma perché nell ambito di un processo cautelare il provvedimento del giudice è suscettibile di essere reclamato dinanzi ad un altro giudice (quindi anziché allungare i tempi con il regolamento di giurisdizione e possibile risolvere la questione di giurisdizione in tempi più celeri dinanzi al giudice del reclamo). L art.41 c.p.c. va analizzato sotto un altro aspetto indviduato nel 2 comma; infatti in tale comma è prevista la possibilità per la pubblica amministrazione che non sia parte in causa di far dichiarare dalla cassazione a sezioni unite il difetto di giurisdizione in ogni stato e grado del processo (non si parla qui di regolamento di giurisdizione perché questo può essere proposto solo in primo grado) purchè non sia già stata affermata la giurisdizione con sentenza passata in giudicato. In questa situazione è il prefetto che chiede al capo dell ufficio giudiziario davanti al quale pende la causa (ad es. presidente del tribunale) di sospendere il processo; ma dovrà essere una delle parti (quella più diligente) che dovrà attivarsi per adire la cassazione. Per ciò che riguarda la sentenza della cassazione sulla giurisdizione bisogna dire che questa ha efficacia pan-processuale, cioè efficacia generale in tutti i processi che dovessero essere promossi sulla stessa domanda (sulla stessa questione di giurisdizione); questo vale anche nel caso di estinzione del processo. A differenza della sentenza della cassazione, quella

17 del giudice di merito ha efficacia endo-processuale, cioè efficacia limitata al giudizio in corso. Nel nostro ordinamento manca l effetto di continuazione della causa da un giudice privo di giurisdizione ad un giudice fornito di giurisdizione (quindi manca il passaggio da una giurisdizione ordinaria ad un altra, essendo il nostro sistema fondato su di un assoluta separazione delle giurisdizioni); in ragione di ciò sorgono dei problemi: quello inerente al conflitto negativo e quello inerente agli effetti della domanda. Nel caso di conflitto negativo questo si presenta quando un soggetto che propone un domanda prima ad un giudice ordinario e poi ad un giudice amministrativo ottiene due decisioni di diniego della giurisdizione, in tal caso il soggetto in questione potrà rivolgersi alla cassazione che risolve il conflitto negativo e stabilisce di chi è la giurisdizione; in questa situazione il soggetto avrà proposto più domande perché nel nostro sistema non c è la continuazione. Per quanto riguarda gli effetti della domanda bisogna innanzitutto dire che la proposizione della domanda stessa interrompe la prescrizione del diritto ( credo nella sede adeguata ). Dato che nel nostro ordinamento non c è la continuazione, nel momento in cui il giudice presso il quale viene presentata la domanda dichiara di non avere la giurisdizione, la domanda deve essere ripresentata presso un altro giudice; questo potrebbe causare la decadenza del diritto in quanto il termine per la prescrizione (ad esempio quello di 60 giorni per impugnare gli atti amministrativi) è trascorso. Se vi fosse la continuazione è come se la domanda fosse stata proposta fin dal primo momento davanti al giudice fornito di giurisdizione. Ricordiamo poi che non si può presentare la stessa domanda presso giudici di organi differenti. RAPPORTO TRA PROCESSO CIVILE E PROCESSO PENALE Uno stesso fatto può originare effetti di natura diversa, cioè effetti di natura civile ed effetti di natura penale, ed inizialmente si fece strada l opinione secondo la quale un unico fatto dovesse essere sottoposto ad un unico giudizio; il problema che sorgeva era quello di scegliere il giudizio cui sottoporre un fatto che determinava sia effetti civili che penali ed infine la scelta cadde sul processo penale, ritenuto quello che poteva meglio garantire la ricerca della

18 verità per la presenza del pubblico ministero (organo pubblico che persegue interessi di ordine pubblico). La prevalenza del processo penale che si veniva a creare rispetto al processo civile si manifestava attraverso: - la possibilità per il danneggiato di costituirsi parte civile nel processo penale (dove il giudice veniva ad assumere non solo la giurisdizione penale ma anche quella civile); - l efficacia assoluta del giudicato penale in tutti gli altri giudizi (civile, amministrativo, disciplinare, tributario); - la sospensione necessaria del processo civile eventualmente promosso, fino alla definizione del processo penale affinché la sentenza penale potesse esplicare piena efficacia di giudicato. Per quanto riguarda la relazione tra processo civile e processo penale, questa si può realizzare in due modi: - la relazione al massimo grado di intensità se vi è un rapporto tra un processo penale ed un processo civile di danno (questo rapporto si ha quando vi è una totale identità del fatto che deve essere conosciuto sia da un giudice che dall altro), qui possiamo parlare di due cerchi concentrici di uguale diametro (es. incidente stradale); - la relazione di grado inferiore se vi è un rapporto tra un processo penale ed un processo civile non di danno (questo rapporto si ha quando non vi è una totale identità del fatto che deve essere conosciuto sia da un giudice che dall altro), qui possiamo parlare di due cerchi di diametro diverso diametro dei quali il cerchio più piccolo rappresenta il processo civile (es. accertamento di un diritto di proprietà sulla base di un atto pubblico falso). Per quanto riguarda la supremazia (prevalenza) del processo penale su quello civile, questa era disciplinata da alcune norme del codice di procedura penale del 1930 inerenti all efficacia del giudicato penale: l art.22 sulla legittimazione attiva e passiva all esercizio dell azione civile; l art.23 sull esercizio dell azione civile nel procedimento penale; l art.25 sulle relazioni tra il giudicato pale e l azione civile; l art.27 sull autorità del giudicato penale nel giudizio di danno; l art.28 sull autorità del giudicato penale in altri giudizi civili o amministrativi. La regola comune a tutti gli articoli è quella dell efficacia assoluta del giudicato

19 penale. Per ciò che riguarda invece la sospensione del processo civile, questa era disciplinata da altre norme del codice di procedura penale del 1930: l art.3 sui rapporti concernenti reati che risultano in procedimenti civili, amministrativi o disciplinari; l art.24 sull azione civile proposta in sede civile. Il sistema della prevalenza del processo penale costituito dalle norme citate iniziò a decadere in una prima fase costituita dall intervento della Corte cost. con alcune sentenze additive sugli artt.28 (nel 1971), 27 (nel 1973) e 25 (nel 1975) che sancivano un efficacia assoluta del giudicato indipendentemente dalla posizione delle parti nello stesso processo. La Corte cost. stabilì che la sentenza può avere efficacia soltanto nei confronti di coloro che sono stati posti nelle condizioni di difendersi e di far valere le loro opinioni (prima avveniva che nel caso in cui il danneggiato non si era costituito parte civile nel processo penale e veniva emanata una sentenza di assoluzione dell imputato, il danneggiato stesso subiva la decisione senza aver potuto far valere le proprie posizioni). Attualmente quando è in atto un processo penale ed uno civile, prima di sospendere il processo civile bisogna verificare che le persone presenti nel procedimento civile siano state poste in grado di partecipare al processo penale, in caso contrario il processo civile non andrà sospeso, perché la sentenza del processo penale non avrà efficacia vincolante sul processo civile (quindi la sospensione funziona solo se bisogna applicare la sentenza penale al processo civile). Questo nuovo sistema fa si che nei due processi si possa pervenire a decisioni differenti ed inconciliabili in quanto basate su premesse logiche differenti. La seconda fase della decadenza del sistema della prevalenza del processo penale è costituita dall intervento del legislatore con il decreto legge n.429/1982 (convertito nella legge n.516/1982) che riguarda i rapporti tra il processo penale ed il processo tributario. Il decreto legge in questione all art.12, pur prevedendo una deroga all art.3 c.p.p. (cioè alla sospensione del processo, tributario in questo caso), stabilisce che la sentenza irrevocabile (di condanna o di proscioglimento) pronunciata in seguito a giudizio e relativa a reati previsti in materia di imposte sui redditi o di imposta sul valore aggiunto ha l autorità di cosa giudicata nel processo tributario per

20 quanto concerne i fatti materiali che sono stati oggetto del giudizio penale. Questa disposizione distingue la sospensione del processo dall efficacia del giudicato penale (infatti anche se la sentenza penale ha efficacia nel giudizio tributario, questo non dev essere sospeso). Quindi non sempre quando vi è efficacia di giudicato vi deve essere sospensione (la ratio di ciò sta nell interesse del fisco ad ottenere nel tempo più breve la condanna del contribuente al pagamento di quanto dovuto). Dal punto di vista pratico poteva accadere che se la sentenza penale interveniva mentre il processo tributario era ancora in corso essa aveva efficacia piena nei confronti del processo tributario, se invece si perveniva prima alla sentenza del giudice tributario essa era valida e non veniva intaccata dalla successiva sentenza penale. Sulla base della situazione venutasi a creare nel 1988 si giunse alla riforma del processo penale. In Italia si è passati in campo penale da un sistema inquisitorio (in cui vi era la supremazia del processo penale rispetto alle altre giurisdizioni che dovevano sospendere i giudizi in corso) ad un sistema accusatorio (in cui vi è l indipendenza e l autonomia fra le varie giurisdizioni). Nel 1988 si è affermato il principio per il quale il giudice penale ha la capacità di poter risolvere tutte le questioni che si presentano nel corso del giudizio, rilevanti ai fini della decisione, con la precisazione che il giudice penale conosce tutte queste questioni ai fini limitati del giudizio a lui affidato, quindi senza che la sua decisione possa acquistare una valenza al di fuori del processo avanti a lui pendente (art.2 del nuovo codice di procedura penale); quanto detto costituisce un cambiamento rispetto a ciò che era previsto negli artt.18, 19, 20 e 21 del codice di procedura penale del 1930 che ammettevano la sospensione del procedimento penale per questioni pregiudizievoli penali, civili o amministrative che ora, invece, possono essere conosciute dal giudice penale). Per quanto riguarda il rapporto tra processo civile e processo penale, bisogna innanzitutto dire che nel codice del 1988 viene mantenuta la possibilità di costituirsi parte civile nel processo penale (nonostante tale possibilità sia stata molto discussa perché si riteneva potesse compromettere i tempi di svolgimento del processo e ciò è in contrasto con la funzione del sistema accusatorio che è quella di arrivare nel più breve tempo possibile alla decisione). Quindi nel codice di

21 procedura penale del 1988 all art.74 vi è la possibilità per il danneggiato di costituirsi parte civile nel processo penale. Nell art.75 poi il legislatore prende in considerazione la possibilità per il danneggiato che ha proposto l azione in sede civile di trasferire l azione civile stessa in sede penale fino a che non sia stata pronunciata una sentenza di merito (ed anche se questa sentenza non è passata in giudicato essa precluderà al danneggiato la possibilità di trasferire l azione civile in sede penale). Se il danneggiato non trasferisce l azione civile in sede penale o non è più ammessa la costituzione come parte civile, l azione civile prosegue in sede civile (questa è una differenza rispetto a quanto stabilito nell art.24 del codice di procedura penale del 1930 che prevedeva la sospensione del processo civile nel caso in cui il danneggiato decideva di continuare la sua azione civile in sede civile). Tuttociò serve ad affermare quella che è l autonomia e l indipendenza dell azione civile di danno rispetto al processo penale. In sostanza il legislatore per indurre il danneggiato a non costituirsi parte civile nel processo penale ha previsto che il processo civile non venga sospeso quando il processo penale è in corso; in questo modo si evita l allungamento dei tempi in cui si perviene alla decisione che era dovuto alla costituzione del danneggiato come parte civile. La continuazione del processo civile di danno, nonostante il processo penale in corso è una regola che ha delle eccezioni (3 comma dell art.75); le eccezioni per le quali si verifica la sospensione sono la costituzione in sede civile dopo essersi costituiti parte civile nel processo penale e la costituzione in sede civile dopo che sia intervenuta una sentenza penale. Queste due eccezioni hanno a loro volta delle eccezioni che si hanno nel caso in cui il danneggiato venga costretto ad abbandonare il processo penale o nel caso in cui il processo penale venga sospeso per incapacità dell imputato (in questo caso il danneggiato non può essere costretto ad aspettare che il processo penale riprenda). In sostanza la sospensione del processo civile non si ha nel caso in cui il trasferimento dalla sede penale alla sede civile non è imputabile ad una libera scelta del danneggiato. In conclusione possiamo ribadire ciò che stabilisce l art.75: il processo civile di danno non viene ad essere sospeso per la pendenza di un processo penale, tranne quelle due ipotesi eccezionali che

22 peraltro sono di difficile ricorrenza pratica. Ora è importante l analisi di due articoli che trattano dell efficacia del giudicato penale nei processi civili di danno: l art.651 c.p.p. e l art.652 c.p.p. L art.651 tratta del caso in cui la sentenza penale sia di condanna e stabilisce che tale sentenza avrà efficacia di giudicato (quanto all accertamento dei fatti) nel giudizio civile o amministrativo di danno e questo sempre per ciò che riguarda l imputato ed il danneggiato (che ricercava la condanna), ma per quanto riguarda il responsabile civile è necessario che sia stato citato o che sia intervenuto in giudizio affinché la sentenza abbia efficacia nei suoi confronti (in caso contrario la sua responsabilità potrà essere fatta valere dal danneggiato nel processo civile). L art.652 tratta del caso in cui la sentenza penale sia di assoluzione e stabilisce che tale sentenza avrà efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo di danno nei confronti del danneggiato che si sia costituito o sia stato posto nelle condizioni di costituirsi parte civile nel processo penale, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l azione civile a norma dell art.75 2 comma (nel senso che se il danneggiato promuove l azione civile in sede civile elimina gli effetti civili del giudicato di assoluzione). Possiamo vedere come dal combinato disposto degli artt.75, 651 e 652 otteniamo un sistema che è improntato sull autonomia e sull indipendenza delle due giurisdizioni. Mentre per il rapporto tra processo penale e processo civile di danno c è unanimità di vedute, anche in funzione della chiarezza delle norme inerenti, ciò non vale per il rapporto tra processo penale e processo civile non di danno un tempo disciplinato dall art.3 e dall art.28 del codice di procedura penale del 1930 che disponevano rispettivamente la sospensione del processo civile e l efficacia del giudicato penale per il processo civile non di danno. Mentre l art.3 non ha trovato conferma nel codice del 1988 l art.28 trova il suo omologo nell art.654 del nuovo codice. Ciò che fa sorgere dei problemi è il richiamo fatto dall art.331 c.p.p ad una previsione contenuta nel vecchio art.3 c.p.p senza che però si faccia riferimento al rapporto tra processo penale e processo civile (qui parliamo della previsione dell obbligo per il giudice di fare rapporto al pubblico ministero quando viene a conoscenza di un fatto che costituisce reato), ma ancor più importante è il rinvio fatto dall art.295 c.p.c.

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