Come ottenere la rivalutazione moneteria e gli interessi anatocistici nel processo tributario (con fac-simile)

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1 Stampa Come ottenere la rivalutazione moneteria e gli interessi anatocistici nel processo tributario (con fac-simile) admin in Contenzioso e processo tributario Rivalutazione monetaria In forza del "principio della concentrazione" della tutela giurisdizionale, che caratterizza l'attuale sviluppo dell'ordinamento anche in materia tributaria, sussiste la giurisdizione del giudice tributario in ordine alla questione relativa alla rivalutazione monetaria delle somme versate a titolo di imposta e di cui il contribuente ottiene pronuncia di rimborso, in quanto consequenziale a una controversia tributaria (Sezioni unite della Cassazione sentenza n del 31 luglio 2007). Appartiene alla giurisdizione esclusiva delle Commissioni tributarie non solo la cognizione dell'obbligazione principale e di quella concernente la corresponsione degli interessi, anche anatocistici, ma altresì la cognizione della domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno da svalutazione monetaria sulla somma indebitamente versata e trattenuta (Cass. SS.UU. Sent.n del 04/10/2002 ; Cass., SS.UU., Sent. n del 21/12/1996; Cass. SS.UU.Sent del 10/10/1994). L'Amministrazione che debba rimborsare somme riscosse a titolo di tributo è tenuta anche alla corresponsione degli interessi del danno da svalutazione monetaria, ove il contribuente dimostri di averlo subito (Sent. n del 29 settembre 2006 dep. il 16 ottobre 2006 della Corte Cass., Sez. tributaria). Il contribuente, che chieda la rivalutazione delle somme indebitamente versate e non tempestivamente restituite, deve fornire, anche attraverso presunzioni, la prova che un rimborso tempestivo gli avrebbe consentito di ridurre gli effetti depauperativi della svalutazione monetaria; non è quindi sufficiente che il creditore invochi, genericamente, la rivalutazione monetaria senza provare il danno da ritardo (Sent. n del 5 maggio 2005 dep. il 5 ottobre 2005 della Corte Cass). Nelle obbligazioni pecuniarie, tra le quali rientrano anche i crediti di imposta, la svalutazione monetaria intervenuta durante la mora debendi non giustifica un risarcimento automatico, ma al creditore spetta l'onere di provare l'esistenza di un danno maggiore di quello risarcito mediante la corresponsione degli interessi. In particolare, a quelle peculiari obbligazioni pecuniarie costituite dai crediti di imposta sono inapplicabili le disposizioni di cui agli articoli 1224, comma 1, e 1284 del Codice civile, essendo la disciplina dei relativi interessi moratori regolata da norme speciali, giustificate dalla natura del credito. Di conseguenza, l'accertamento del danno da "svalutazione monetaria", impone una più rigorosa valutazione della domanda risarcitoria proposta dal contribuente-creditore che ha l'onere di dimostrare che un pagamento tempestivo lo avrebbe messo in grado di evitare o ridurre gli effetti economici depauperativi che l'inflazione produce a carico di tutti i possessori di denaro. 1 di 7

2 A tal fine, lo stesso creditore non può limitarsi ad addurre la propria qualità di imprenditore e a dedurre il fenomeno inflativo come fatto notorio, essendo egli tenuto, in base al generale criterio dell'onere della prova (articolo 2697 del Codice civile), a fornire indicazioni in ordine al danno da lui subito come effetto della indisponibilità del denaro determinata dall'inadempimento (quale, ad esempio, quello derivante da specifici investimenti programmati e non attuati), in modo da consentire al giudice di merito di verificare se lo stesso possa essersi verosimilmente prodotto, senza che l allegata qualità si risolva in un meccanismo di automatica rivalutazione di crediti.(sezioni unite della Cassazione sentenza n del 31 luglio 2007). In definitiva, secondo le Sezioni unite della Cassazione si può affermare che: 1) Nelle obbligazioni pecuniarie, tra le quali rientrano anche i crediti di imposta (restando irrilevante la natura pubblica del debitore), la svalutazione monetaria intervenuta durante la mora debendi non giustifica un risarcimento automatico, ma al creditore spetta l'onere di allegare (prima) e di provare (poi) l'esistenza di un danno maggiore di quello risarcito mediante la corresponsione degli interessi. A quelle peculiari obbligazioni pecuniarie costituite dai crediti di imposta, per altro, sono inapplicabili le disposizioni di cui agli artt. 1224, comma 1, e 1284 del codice civile, essendo la disciplina dei relativi interessi moratori regolata da norme speciali, giustificate dalla particolare natura del credito, qualità dei soggetti e presupposti del rapporto - nel caso, dall'art. 44 del D.P.R. n. 602 del 1973, applicabile a tutte le ipotesi in cui siano dovuti dall'amministrazione finanziaria interessi in dipendenza di un rapporto giuridico tributario -, le quali, prevalendo in ragione del principio di specialità sulla regola civilistica, l'assorbono ed integralmente la sostituiscono. Se ciò - in assenza di una specifica disposizione del tipo di quella prevista dall'art. 30, comma 4, del D.M. 19 aprile 2000, n. 145, dettata per il capitolato generale d'appalto dei lavori pubblici - non porta ad escludere tout court che al ritardato rimborso di un credito di imposta possa conseguire il risarcimento (oltre che del danno forfettizzato nella specifica misura degli interessi moratori, anche) del danno da svalutazione monetaria, impone per altro una più rigorosa valutazione della domanda risarcitoria che fosse proposta dal contribuente-creditore. Appare cioè necessario che il creditore deduca e dimostri che un pagamento tempestivo lo avrebbe messo in grado di evitare o ridurre gli effetti economici depauperativi che l'inflazione produce a carico di tutti i possessori di denaro. Al fine di tale riconoscimento, lo stesso creditore non può limitarsi ad allegare la propria qualità di imprenditore e a dedurre il fenomeno inflattivo come fatto notorio, essendo egli tenuto, in base al generale criterio dell'onere della prova (art del codice civile), a fornire indicazioni in ordine al danno da lui subito come effetto della indisponibilità del denaro determinata dall'inadempimento (quale, ad esempio, quello derivante da specifici investimenti programmati e non attuati), in modo da consentire al giudice di merito di verificare se lo stesso possa essersi verosimilmente prodotto, senza che la allegata qualità si risolva in un meccanismo di automatica rivalutazione di crediti. È inammissibile la domanda di risarcimento danni da svalutazione per il ritardato rimborso di imposta che venga proposta come automatica conseguenza della mora debendi, senza che vengano neppure allegate le ragioni che giustificherebbero questo risarcimento. E tale inammissibilità può essere rilevata anche dal giudice di cassazione quando si debba pronunciare circa la questione relativa alla sussistenza (o meno) della giurisdizione del giudice tributario in ordine a questa forma di risarcimento. L appartenenza alla categoria dell esercente attività d impresa da parte del soggetto che formuli al giudice domanda di risarcimento del danno da svalutazione monetaria non costituisce alcuna forma di implicita od automatica spettanza del risarcimento né integra esonero od inversione del principio 2 di 7

3 dell onere della prova. Qualora si intenda ottenere il riconoscimento di siffatto danno occorre assolvere l onus probandi allegando le circostanze - suffragate da documenti o presunzioni - giusta le quali sia possibile desumere l incidenza dei costi riferibili al ricorso al capitale di terzi ovvero la correlazione con l utilità marginale netta quale conseguenza dell inadempimento (Sent. n del 10 giugno 2008 dep. il 16 luglio 2008 della Corte di Cass., SS.UU. Civ). In tema di contenzioso tributario, la svalutazione monetaria verificatasi durante la mora del debitore non giustifica il riconoscimento d'ufficio del maggior danno derivante dall'inadempimento, ai sensi dell'art. 1224, secondo comma, cod. civ. occorrendo a tal fine un'apposita domanda, la quale non può essere proposta per la prima volta in appello, stante il divieto di cui all'art. 345 cod. proc. civ. il quale è applicabile anche nel processo tributario, come si desumeva nel rito previgente dall'art. 19 bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e come risulta espressamente dal vigente art. 57 del D.lg. 31 dicembre 1992, n. 546 (Sentenza Cassazione civile, sez. Tributaria, , n ). Interessi anatocistici Per le obbligazioni dell'amministrazione finanziaria di rimborso di imposte il contribuente-creditore è tenuto ad indicare tutti gli elementi necessari alla liquidazione di essi, a cominciare dalla capitalizzazione del primo semestre di interessi maturati sul capitale e, soprattutto, è tenuto a formulare la richiesta nell'atto introduttivo del giudizio tributario (e non anche nella memoria illustrativa) avente ad oggetto il rimborso d'imposta, non potendosi gli interessi anatocistici considerare un accessorio del credito principale conseguente in via automatica all'accoglimento della domanda di rimborso o di quella degli interessi maturati dalla domanda già rivolta al fisco (Sentenza Cassazione civile, sez. Tributaria, , n. 4935). Richiede una specifica domanda, autonoma e distinta rispetto a quella volta ad ottenere il riconoscimento degli interessi principali, ed è inammissibile ove proposta per la prima volta in appello, l'attribuzione degli interessi anatocistici, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la natura corrispettiva o moratoria degli interessi principali, in quanto l'art cod. civ. si riferisce agli interessi di qualsiasi natura. (Sentenza Cassazione civile, sez. Tributaria, , n ). Gli interessi anatocistici sui rimborsi in materia tributaria sono dovuti solo a seguito di domanda giudiziale esplicita e chiara (art del codice civile), la quale - nel processo tributario - deve essere contenuta nel ricorso introduttivo, con il quale si definisce la materia del contendere, mentre non assume rilievo la domanda formulata per la prima volta in appello, o in una memoria illustrativa (Sent. n del 16 dicembre 2005 dep. l'8 marzo 2006 della Corte Cass., Sez. tributaria). L'attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti, secondo la previsione di cui all'art c.c. poi (Cass. trib. 8 marzo 2006 n. 4935; id. 3, 4 giugno 2001 n. 7507), postula anch'essa una specifica domanda del creditore, autonoma e distinta rispetto a quella rivolta al riconoscimento degli interessi principali, per cui, quando sia stata proposta in primo grado solo tale ultima domanda, la richiesta degli interessi anatocistici non può essere avanzata per la prima volta in appello, ostandovi il medesimo divieto di cui all'art. 345 c.p.c., dell'art. 57 cit., comma 1, perchè nuova rispetto a quella proposta per il solo riconoscimento degli interessi principali scaduti, a nulla rilevando (Cass., 3, 19 maggio 2004 n. 9474), ai fini dell'applicabilità di tale principio, la natura corrispettiva o moratoria degli interessi principali, atteso che la disposizione di cui all'art cit. si riferisce agli interessi di 3 di 7

4 qualsiasi natura: gli interessi in questione, pertanto, in difetto di apposita domanda, non possono essere riconosciuti d'ufficio dal giudice (Cass., 1, 20 giugno 2000 n. 8377). Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale il contribuente che chiede il rimborso del credito d'imposta può avere diritto a conseguire la condanna dell'amministrazione finanziaria al pagamento degli interessi anatocistici, ma, ove tali interessi siano richiesti in sede di giudizio di ottemperanza, il giudice deve accertare se la relativa domanda abbia o meno formato oggetto del decisum in sede ordinaria, dovendosi, nel caso ciò non sia avvenuto, dichiarare inammissibile la domanda stessa se formulata ex novo nel giudizio di ottemperanza.( Corte di cassazione sentenza n del 6 agosto 2003). La richiesta di interessi anatocistici va formulata nell'atto introduttivo del giudizio tributario avente ad oggetto il rimborso d'imposta, non potendosi essa conseguire automaticamente dall'accoglimento della domanda di rimborso (Cassazione civile Sentenza 08/03/2006, n. 4935). Nell ambito del giudizio d ottemperanza in sede tributaria non possono essere introdotte domande nuove (sentenza n /04 della Corte di Cassazione). E domanda nuova, e pertanto improponibile in tale sede processuale, quella con la quale si chiede il pagamento degli interessi anatocistici scaturenti dall avvenuto riconoscimento del diritto al rimborso Le richieste di condanna dell'amministrazione finanziaria al pagamento degli interessi anatocistici e del risarcimento danni per svalutazione monetaria non possono essere fatte, per la prima volta, in occasione del giudizio d ottemperanza, di cui all'art. 70 D.lg. n. 546 del 31/12/1992. ccorre che nel giudizio di accertamento del rapporto sia stata avanzata una specifica domanda, autonoma e distinta da quella relativa agli interessi principali, essendo inammissibile la domanda di corresponsione degli interessi anatocistici proposti per la prima volta in sede di ottemperanza. Novella normativa Giova ricordare che con il comma 50 dell'articolo 37 del decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006, il legislatore ha pronunciato la parola "fine" in relazione alla vexata quaestio della debenza o meno degli interessi anatocistici sui crediti dei contribuenti nei confronti del Fisco. In applicazione della nuova norma, gli interessi maturati sui tributi sono dovuti nella misura fissa stabilita dalla singola legge d'imposta e non sono cumulabili con quelli anatocistici, di cui all'articolo 1283 del Codice civile, che ne consente la capitalizzazione. In mancanza di una disposizione di carattere transitorio, tale norma si rende applicabile a decorrere dalla data di pubblicazione del provvedimento normativo sulla gazzetta ufficiale della repubblica italiana n. 153 e cioè dalla data del 4 luglio Non appare giuridicamente fondata, quindi, la domanda del contribuente per il riconoscimento del diritto alla corresponsione degli interessi anatocistici in relazione a quelli maturati successivamente alla data di entrata in vigore di tale novella normativa. (Commissione Tributaria Provinciale di Roma sez. 27 sentenza n. 182 del 30 giugno 2008) Come evidenziato anche nella circolare dell'agenzia delle entrate n. 28/E del 4 agosto 2006, in assenza di specifiche disposizioni, la norma "chiarificatrice" entra in vigore il 4 luglio 2006, applicandosi agli interessi che maturano da tale data. In sostanza, per i crediti già esistenti alla data di entrata in vigore del decreto, dovrà applicarsi un doppio sistema per il calcolo degli interessi: fino al 4 luglio 2006 il credito tributario produce interessi anatocistici, successivamente smette di produrne. 4 di 7

5 Angelo Buscema 11 Novembre 2008 ALLEGATI (1) COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI... RICORSO Per: la Soc.... nel giudizio contro: Agenzia delle Entrate - Ufficio di... nella persona del Direttore rappresentante protempore La Soc...., con sede in... (Cod. fisc....), nella persona del proprio rappresentante legale sig...., difesa per delega a margine del presente atto dall'avv./dott./rag.... ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in..., C.A.P...., via... n...., RICORRE avverso l'atto di diniego al rimborso.. n.... emesso dall'agenzia delle Entrate - Ufficio di..., notificato il..., per i seguenti motivi, salvo altri ai sensi del comma 2 dell'art. 24, D.Lgs. n. 546/1992. IN FATTO Con provvedimento di diniego n...., notificato il... l'ufficio... respingeva l istanza di rimborso..., affermando che... (illustrare i fatti salienti della controversia, utili ad introdurre e fondare le successive doglianze in diritto) IN DIRITTO Il provvedimento di diniego n.... è illegittimo per i seguenti motivi (illustrare progressivamente i motivi di impugnazione allegando in riferimento alla richiesta di rivalutazione monetaria le circostanze - suffragate da documenti o presunzioni - giusta le quali sia possibile desumere l incidenza dei costi riferibili al ricorso al capitale di terzi ovvero la correlazione con l utilità marginale netta quale conseguenza dell inadempimento dell ufficio al rimborso): 1)... 2)... Per i sopra indicati motivi la società, tramite il sottoscritto difensore, CHIEDE che codesta On.le Commissione tributaria provinciale di..., in accoglimento del presente ricorso, dichiari la illegittimità del provvedimento impugnato, con vittoria delle spese di giudizio condannando l ufficio al rimborso comprensivo della svalutazione monetaria e degli interessi anche anatocistici maturati quest ultimi fino al 4 luglio 2006) Si deposita: 5 di 7

6 1) originale del ricorso (ovvero copia del ricorso consegnato all'ufficio periferico dell'agenzia delle Entrate, con ricevuta di deposito, ovvero copia del ricorso spedito a mezzo servizio postale con fotocopia della ricevuta della spedizione per raccomandata con avviso di ricevimento); 2) copia dell'atto di diniego impugnato; 3) procura speciale per atto notar..., del..., Rep. n.... (se la delega non è a margine o in calce al ricorso); 4) altri eventuali documenti con cui si fornisce, anche attraverso presunzioni, la prova che un rimborso tempestivo gli avrebbe consentito di ridurre gli effetti depauperativi della svalutazione monetaria(specifici investimenti programmati e non attuati). Luogo e data Attestazione di conformità della copia del ricorso (da apporre sulla copia del ricorso prima del deposito presso la Segreteria della Commissione tributaria provinciale) (2) Sent. n del 10 giugno 2008 (dep. il 16 luglio 2008) della Corte di Cass., SS.UU. Civ.. Svolgimento del processo 1. Varie società editrici si opposero, con atti distinti, a diversi decreti ingiuntivi emessi nei loro confronti dal pretore di Roma su istanza dell'inpgi - "G.A." per il pagamento di somme dovute per omesso versamento di contributi assicurativi e relative sanzioni civili relativamente a periodi compresi tra il 1980 ed il Dedussero che, a seguito della fiscalizzazione di cui alla L. n. 782 del 1980, art. 1 le somme non erano dovute e, in subordine, che l'inps-istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, che chiamarono in giudizio unitamente al ministero del tesoro, era tenuto a restituire quanto percepito in eccesso. Con sentenza del 1996 il pretore respinse le opposizioni e condannò l'inps a tenere indenni le società opponenti di quanto avrebbero dovuto pagare all'inpgi in base ai decreti ingiuntivi. Decidendo con sentenza n del 2003 sugli appelli proposti ed in parziale accoglimento dell'appello incidentale condizionato proposto dalla R.C.S. E. s.p.a. (anche quale incorporante di R.C.S. E.Q. s.p.a.) la sezione lavoro del tribunale di Roma ha, per quanto in questa sede interessa, condannato l'inps alla restituzione dei contributi indebitamenti versati dalla predetta società per l'ammontare di Euro ,29, "oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo, dalla data di notificazione all'inps dei ricorsi in opposizione ai decreti di ingiunzione fino al soddisfo". Ha ritenuto il tribunale che, secondo quanto affermato da Cass. n. 6420/2001, ai fini del risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria ex art c.c., comma 2, la semplice qualità di imprenditore del creditore rileva come elemento presuntivo idoneo a far ritenere che la somma, se restituita tempestivamente, sarebbe stata reinvestita nell'attività produttiva, con conseguente neutralizzazione degli effetti della svalutazione monetaria. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'inps, affidandosi ad un unico motivo, col quale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt e 2697 cod. civ. e vizio di motivazione per essere stato il maggior danno da svalutazione monetaria riconosciuto in contrasto col principio enunciato da Cass. nn. 9910/03 e 14970/02; principio secondo il quale, a tale fine, il creditore non può limitarsi ad allegare la propria qualità di imprenditore, essendo invece tenuto, in base al generale principio dell'onere della prova, a fornire indicazioni in ordine al danno subito per effetto 6 di 7

7 dell'indisponibilità del denaro determinata dall'inadempimento (quale, ad esempio, quello derivante da specifici investimenti programmati e non attuati), giacché altrimenti si darebbe luogo ad un meccanismo di automatica rivalutazione dei crediti, analogo a quello previsto per i lavoratori subordinati dall'art. 429 cod. proc. civ.. Ha resistito con contro ricorso la R.Q. s.p.a. (nuova denominazione della RCS Editori s.p.a.), che ha depositato anche memoria illustrativa. 3. L'esame del ricorso è stato rimesso dal primo presidente a queste sezioni unite a seguito di ordinanza interlocutoria della sezione lavoro n del , depositata il , per il ravvisato contrasto di giurisprudenza in ordine alla sufficienza della qualità di imprenditore del creditore ai fini della presumibilità di impieghi antinflattivi della somma non tempestivamente versata dal debitore. Con la predetta ordinanza la sezione lavoro, premesso che il caso di specie concerne sicuramente un credito pecuniario ordinario, rileva che si sono formati diversi orientamenti giurisprudenziali, sostanzialmente riducibili a due, sull'applicazione dei principi enunciati dalla innovativa sentenza delle sezioni unite n. 3776/1979 in ordine alla prova che, nelle obbligazioni pecuniarie, il creditore appartenente alla categoria degli imprenditori deve offrire perché possa essergli riconosciuto il maggior danno da svalutazione monetaria, rispetto a quello già coperto dagli interessi legali: - secondo un primo orientamento, è sufficiente dedurre la qualità di imprenditore per ritenere provato, per effetto di presunzione collegata alla qualità professionale, il maggior danno in questione (vengono citate: Cass., s.u. n. 2318/83, sez. 1 n. 1403/98, sez. 1 n. 5732/99, sez. 2 n. 409/00, sez. 2 n. 1770/01, sez. lav. n. 6420/01, sez. lav. n /02, sez. lav. n. 2113/03, sez. 3 n. 58/04, sez. 3 n /04, sez. 3 n /04, sez. 3 n /04, sez. 1 n. 4885/06, sez. 2 n. 5860/06); - secondo un diverso orientamento, invece, il pur legittimo ricorso al notorio ed a presunzioni non può prescindere dall'assolvimento, da parte del creditore, ancorché appartenente ad una categoria soggettiva come 7 di 7

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