Malato in stato vegetativo permanente: rifiuto delle cure quale diritto di libertà assoluto con efficacia erga omnes

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1 O S S E R V A T O R I O D I D I R I T T O S A N I T A R I O 2 6 N O V E M B R E 2014 Malato in stato vegetativo permanente: rifiuto delle cure quale diritto di libertà assoluto con efficacia erga omnes

2 Malato in stato vegetativo permanente: rifiuto delle cure quale diritto di libertà assoluto con efficacia erga omnes Cons. St., sez. III, 2 settembre 2014, n Pres. Deodato Est. Noccelli Regione Lombardia c. OMISSIS e altri Malato in stato vegetativo permanente Prestazioni sanitarie Distacco del sondino nasogastrico Nutrizione e idratazione artificiali Trattamenti medici Rifiuto delle cure Diritto alla salute Diritto all autodeterminazione del paziente Diritto di libertà assoluto con efficacia erga omnes Malato in stato vegetativo permanente Prestazioni sanitarie Distacco del sondino naso-gastrico Intenzione di interrompere il trattamento sanitario Rifiuto del ricovero del paziente Illegittimità Rifiuto della struttura sanitaria per obiezione di coscienza Illegittimità Con la pronuncia in rassegna, i Giudici di Palazzo Spada si sono definitivamente pronunciati sul noto caso Englaro, confermando quanto statuito dai Giudici di prime cure nel 2009 (sul punto, si veda: Tar Lombardia, Milano, sez. III, 26 gennaio 2009, n. 214). Come noto, oggetto del presente giudizio era la legittimità del provvedimento con il quale la Regione Lombardia aveva respinto la richiesta, formulata dal tutore padre di una ragazza in stato di coma vegetativo permanente, che la stessa amministrazione regionale mettesse a disposizione una struttura sanitaria per il distacco del sondino nasogastrico che alimentava e idratava artificialmente la ragazza. Numerose sono state le questioni trattate dai Giudici di seconde cure, di cui sono alcune verranno approfondite in tale nota. In primo luogo, il Collegio ha chiarito nel senso della sussistenza, in capo alla Regione, di un interesse quantomeno morale ad una decisione in appello, ancorché sia sopravvenuto il decesso della ragazza. Ad avviso dei Giudici, infatti, residua in capo all amministrazione un interesse concreto, attuale e perdurante a vedere accertata la legittimità o l illegittimità del potere in concreto esercitato. 2 federalismi.it Osservatorio di diritto sanitario

3 In secondo luogo, il Consiglio di Stato è stato chiamato a pronunciarsi in merito alla questione pregiudiziale inerente alla giurisdizione in caso di controversie concernenti il fondamentale diritto alla salute. In particolare, il Collegio, dopo aver evidenziato anche alla luce dei più recenti e consolidati orientamenti giurisprudenziali e dottrinali che la teoria dei c.d. diritti indegradabili non ha più rilevanza alcuna, ha richiamato come del resto ha fatto il Tar Lombardia nel 2009 la nota pronuncia n. 140 del 2007, con la quale la Consulta ha affermato che non osta alla validità costituzionale del sistema di riparto giurisdizionale la natura fondamentale dei diritti soggettivi coinvolti nelle controversie, non essendovi nel nostro ordinamento alcun principio di riserva in favore del giudice ordinario della tutela dei diritti costituzionalmente garantiti. Giova osservare che il Collegio, con riguardo a tale questione, ha concluso per la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, nel caso di specie, esclusiva ai sensi dell art. 33, co. 2, lett. f), D.Lgs. n. 80/1998, applicabile, ratione temporis, laddove l amministrazione, nell ambito di un servizio pubblico si contrapponga ad un soggetto privato come nel caso di specie ha fatto la Regione Lombardia esercitando un potere autoritativo. Affrontate, dunque, le suddette questioni preliminari, i Giudici di seconde cure si sono soffermati, anzitutto, sulla nozione di idratazione e alimentazione artificiali con sondino nasogastrico. Ad avviso del Collegio, è del tutto pacifico che, la nutrizione e l idratazione artificiale costituiscono trattamenti medici che, per l appunto, sottendono un vero e proprio sapere scientifico posto in essere da medici e proseguito da non medici. Come si evince da precedenti pronunce del medesimo Giudice (si veda sul punto, Cons. St., sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364), infatti, la nutrizione artificiale è un complesso di procedure mediante le quali è possibile soddisfare i fabbisogni nutrizionali di pazienti che non sono in grado di alimentarsi sufficientemente per la via naturale. A sostegno di tale orientamento, viene richiamata anche la posizione della Società Italiana di Nutrizione Parentale ed Enterale ( SINPE ), la quale aderendo alla posizione di omologhe società scientifiche internazionali ha chiarito che la nutrizione artificiale ( NA ) è da considerarsi, a tutti gli effetti, un trattamento medico fornito a scopo terapeutico o preventivo e che, pertanto, non può essere considerata quale ordinaria misura di assistenza. La NA, infatti, al pari di qualsiasi tipo di trattamento medico, ha delle indicazioni, delle controindicazioni e degli effetti indesiderati, richiede l utilizzo di specifiche tecniche mediche, deve necessariamente essere messa in atto da personale specializzato e richiede un costante monitoraggio della situazione nutrizionale e metabolica. Ne deriva che la NA presuppone obbligatoriamente il consenso informato del paziente (o del suo delegato). 3 federalismi.it Osservatorio di diritto sanitario

4 La decisione di somministrare al paziente l alimentazione e l idratazione artificiale (tecnica alquanto invasiva per il paziente), infatti, è il frutto di una strategia terapeutica che il sanitario adotta con il consenso libero e consapevole del paziente, valutandone i relativi costi-benefici. Ciò premesso, il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla centrale e delicata questione nell assenza di una specifica regolamentazione legislativa della materia del fondamentale diritto di autodeterminazione terapeutica del paziente e del suo rapporto con le strutture assistenziali del S.S.N.. Giova, sul punto, osservare che i Giudici di Palazzo Spada hanno richiamato e, pertanto, fatto proprio il nucleo del ragionamento sotteso alla decisione della Suprema Corte di Cassazione del caso in esame. Con riguardo al consenso informato, il Collegio ha osservato che lo stesso consenso libero e consapevole del paziente implica la possibilità di scelta non solo tra le diverse tipologie di trattamento medico, ma anche di rifiuto della terapia, con conseguente decisione di interromperla. Tale scelta, in particolare, può essere compiuta in tutte le fasi della vita e, pertanto, anche in quella terminale. Tale orientamento, tra l altro, è pienamente conforme a due principi cardine della nostra Carta Costituzionale: il principio c.d. personalistico, che vede nella persona umana un valore etico in sé e il diritto alla salute, una salute che nella sua nuova accezione non è più intesa quale assenza di malattia, bensì quale stato di completo benessere fisico e psichico (e, in quanto tale coinvolgente anche gli aspetti più intimi della vita umana). Il diritto alla c.d. autodeterminazione terapeutica del paziente, dunque, non può essere in alcun modo limitato, anche laddove da esso consegua un sacrificio del bene vita. Il rifiuto di una cura da parte di un soggetto, infatti, ove sia un rifiuto informato, autentico ed attuale, non può essere disatteso e ciò lo si evince direttamente dal disposto di cui all art. 32 della Costituzione. Il principio dell alleanza terapeutica, infatti, riporta il singolo paziente, la sua volontà e il suo consenso informato al centro del percorso sanitario nel quale medico e paziente concorrono alla scelta della strategia terapeutica più congrua e vicina alla visione della vita e della salute propria della persona che si sottopone alla cura. La cura, quindi, non è più espressione di un principio autoritativo, ma, al contrario, si struttura secondo un fondamentale principium individuationis che è manifestazione di quel valore personalistico costituzionalmente garantito. Conseguentemente, deve ritenersi che la decisione terapeutica abbia nel consenso informato e nel diritto autodeterminazione del paziente, da un lato il suo principio cardine e, dall altro lato, la sua stessa fine, poiché è il paziente stesso il valore che l intervento medico è volto a salvaguardare. Sul punto, il Collegio, richiama anche la pacifica interpretazione della funzione del consenso informato, quale sintesi tra i due fondamentali diritti all autodeterminazione e alla salute. Più specificamente, tali diritti, nella sintesi del consenso informato e nell ambito della c.d. alleanza terapeutica trovano il loro indefettibile equilibrio a tutela della persona (art. 2 Cost.). 4 federalismi.it Osservatorio di diritto sanitario

5 In particolare, il diritto alla salute e del consenso informato oltre ad essere un diritto assoluto e inviolabile e, come tale, efficace erga omnes, e, in particolare, nei riguardi del medico, è anche un diritto soggettivo pubblico o diritto sociale avente per oggetto una prestazione medica che ha quali necessari e primari interlocutori le strutture sanitarie e, in primis, il Sistema Sanitario Nazionale. Tale diritto, inoltre, ad avviso dei Giudici, ha una natura ancipite, perché è un diritto che ha una indubbia valenza privatistica, in quanto massima ed inviolabile espressione della personalità individuale, ma anche una innegabile connotazione pubblicistica, perché può e deve, se lo richiede la sua soddisfazione, trovare adeguata collocazione e necessaria attuazione all interno del S.S.N., non potendo dimenticarsi che la salute, anche nella declinazione personalistica che è venuta ad assumete nel nostro ordinamento, è pur sempre insieme diritto fondamentale dell individuo e interesse della collettività (art. 32 Cost.). Tuttavia, come osservato in dottrina, il consenso informato, nella sua accezione privatistica e con riferimento al rapporto medico-paziente, presenta la duplice caratteristica di essere un diritto fortemente affermato, ma allo stesso tempo debolmente tutelato. Infatti, solo la diretta responsabilizzazione dell organizzazione sanitaria consente di non vedere sacrificato, nel possibile conflitto medico-paziente, il diritto fondamentale di quest ultimo. Sul punto, viene richiamata una pronuncia della Corte Costituzionale (n. 383 del 1998), secondo la quale organizzazione e diritti sono aspetti speculari della stessa materia, l una e gli altri implicandosi e condizionandosi reciprocamente. Ad avviso del Collegio, in particolare, a fronte del diritto inviolabile del paziente di rifiutare le cure mediche riconosciuto definitivamente nel caso di specie dal giudice ordinario e, quindi, di interrompere il trattamento medico non voluto, sta correlativamente l obbligo da parte dell amministrazione sanitaria di attivarsi e attrezzarsi perché tale diritto possa essere concretamente esercitato non potendo essa contrapporre a tale diritto una propria nozione di prestazione sanitaria ne subordinare il ricovero del malato alla sola accettazione delle cure. Giova, infatti, osservare, che secondo quanto disposto dai Consiglio di Stato, per cura deve intendersi non ciò che l amministrazione sanitaria ritiene di proporre o imporre al paziente in una visione autoritativa di salute, che coincida, pertanto, con il solo principio di beneficialità, ma il contenuto, concreto e dinamico, dell iter umano, prima ancora che curativo, che il malato ha deciso di costruire, nell alleanza terapeutica con il medico per il proprio benessere psico-fisico, anche se tale benessere dovesse condurre alla morte. Conseguentemente, alla luce di tale interpretazione, deve necessariamente considerarsi opzione curativa, strategia terapeutica e cura anche il diritto e la possibilità di interrompere il trattamento sanitario, già intrapreso e non più voluto o tollerato; la scelta consapevole ed informata di accettare serenamente la progressione inarrestabile del male fisico sino alla morte. 5 federalismi.it Osservatorio di diritto sanitario

6 Ne deriva l amministrazione sanitaria non può certamente sottrarsi al proprio obbligo di curare il malato e di accettarne il ricovero, anche ove si tratti del ricovero di soggetto che rifiuti un determinato trattamento sanitario nella consapevolezza della certa conseguenza morte. Tale condotta, ad avviso dei Giudici di seconde cure, infatti, risulta illegittima, in quanto viola da un lato il principio personalistico di cui è espressione informata e volontaria la scelta di rifiutare le cure da parte del paziente e dall altro il principio solidaristico, poiché, come già osservato, il distacco del sondino nasogastrico voluto dal paziente è un atto medico che richiede la necessaria cooperazione della struttura sanitaria. L interruzione del trattamento sanitario, quindi, non deve essere intesa soltanto quale preciso adempimento di un obbligo giuridico di interrompere cure non volute in presenza di un espresso rifiuto del paziente, ma anche quale adempimento del più generico dovere solidaristico che impone alla struttura sanitaria di far cessare tale trattamento senza cagionare sofferenza aggiuntiva al paziente laddove egli non voglia più accettarlo ma non sia tecnicamente in grado di farlo da sé. Il Consiglio di Stato, pertanto, conclude affermando che in capo all amministrazione sanitaria, sussiste un vero e proprio obbligo di facere, poiché solo mediante la prestazione della struttura sanitaria è possibile che il diritto del paziente, di fronte al rifiuto del medico, trovi attuazione. Tale obbligo di facere, più specificamente, discende dalla natura e dall oggetto del diritto di rifiutare le cure riconosciuto al paziente alla luce dei principi costituzionali suesposti. Il diritto di rifiutare le cure, infatti, è un diritto di libertà assoluto, efficace erga omnes e, quindi, nei confronti di chiunque intrattenga con l ammalato il rapporto di cura, sia nell ambito di strutture sanitarie pubbliche che private. Con riguardo, infine, alle problematiche legate alla c.d. obiezione di coscienza, i Giudici di seconde cure confermano l orientamento espresso dal Tar Lombardia (nella specie il diritto di obiezione di coscienza non viene riconosciuto). Ad avviso del Consiglio di Stato, resta, comunque, urgente e necessario un intervento chiarificatore del legislatore nazionale sui principi e le norme volte a disciplinare una materia così delicata, che, per l appunto, tange valori intimi dell esistenza dell essere umano. M.S.B. 6 federalismi.it Osservatorio di diritto sanitario