Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile

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1 Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile Sentenza del 19 febbraio 2014 n Integrale Lavoro ed occupazione - indennita' - indennita' (in genere) REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. STILE Paolo - Presidente Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere Dott. MAISANO Giulio - Consigliere Dott. D'ANTONIO Enrica - Consigliere Dott. BUFFA Francesco - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1

2 (OMISSIS) vedova (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), nella qualita' di eredi di (OMISSIS), domiciliate in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentate e difese dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti; - ricorrenti - contro (OMISSIS) S.P.A. P.I. (OMISSIS), gia' (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avvocato MASCHERONI EMILIO, giusta delega in atti; - controricorrente - avverso la sentenza n. 1125/2011 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 01/02/2012 R.G.N. 1451/2006; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/01/2014 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA; udito l'avvocato (OMISSIS); udito l'avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS); udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo che ha concluso per l'inammissibilita' in subordine rigetto del ricorso. FATTO E DIRITTO 1. (OMISSIS), dipendente dell' (OMISSIS), cessato il rapporto nel 1992, chiedeva nei confronti dell'ex datore di lavoro il riconoscimento di vari diritti fondati sul rapporto lavorativo, tra i quali, per quanto in questa sede rileva, il pagamento delle differenze per maggior indennita' di anzianita' calcolata sulla base dei 54/30 (e non dei 30/30) dell'ultima retribuzione percepita, ai sensi dell'articolo 42 del C.C.N.L. 4 aprile Il giudizio, introdotto dal lavoratore, veniva proseguito dagli eredi (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre l' (OMISSIS) (oggi (OMISSIS) spa) subentrava all'(omissis). 2. Il Tribunale di Catania, con sentenza , riformando la sentenza del pretore della stessa sede del 2

3 , accoglieva sul punto la domanda del lavoratore. Ricordava la sentenza della corte territoriale, per quel che qui interessa, che con un accordo aziendale del 1957 ed altro del 1963 si era convenuto di non iscrivere i dipendenti al fondo di previdenza (OMISSIS), salva diversa volonta' degli stessi, e che l'iscrizione del (OMISSIS) al fondo, operata dall'azienda solo nel 1978, dopo circa venti anni di ininterrotta applicazione, a tutto il personale, dell'accordo del 1957 e nonostante il rifiuto espresso del (OMISSIS), era illegittima, sicche' l'eventuale pensione integrativa maturata non poteva impedire la maturazione della maggiorazione di cui all'articolo 42 del C.C.N.L. 4 aprile 1974 invocato dal lavoratore (la cui applicazione, quale trattamento di maggior favore per i lavoratori, era stata fatta salva del C.C.N.L. del 1980, che aveva ridotto per il futuro l'importo della maggiorazione nella misura dei 30/30 della retribuzione globale). Il giudice di secondo grado condannava pertanto l'(omissis), sulla scorta di consulenza tecnica contabile, a pagare agli eredi appellanti la complessiva somma di circa euro 45mila a titolo di trattamento di fine rapporto, oltre al rimborso delle ritenute operate in favore del (OMISSIS). 3. La sentenza veniva impugnata in cassazione dal datore di lavoro, che evidenziava che il tribunale non aveva tenuto presente i requisiti richiesti dall'articolo 42 C.C.N.L. del 1974 per fruire della maggiorazione, prevedendo la norma contrattuale il beneficio solo in favore dei lavoratori licenziati o collocati a riposo senza aver diritto alla pensione integrativa e di quelli dimissionari che non avessero acquisito il diritto ne' alla pensione integrativa ne' a quella di legge; rilevava, in proposito, che i giudici di appello non avevano considerato che il lavoratore aveva cessato la sua attivita' a seguito di dimissioni incentivate e che lo stesso fruiva di pensione. Aggiungeva il datore che, a seguito della sottoscrizione del C.C.N.L. del 1978, l'indennita' di anzianita' era prevista nella misura di 30/30 della retribuzione globale in atto alla cessazione del servizio per ogni anno dell'intero arco di servizio, sicche' in ogni caso, alla luce di tale nuova disposizione - secondo le regole sulla successione dei contratti - non competeva piu' la maggiorazione nella maggior misura di 54/30 gia' prevista dalla contrattazione del Deduceva infine, in ulteriore subordine, che, atteso che l'articolo 50 del C.C.N.L. del 1980 faceva comunque salve le disposizioni locali di miglior favore, potevano trovare applicazione per il lavoratore al piu' le piu' favorevoli disposizioni dei soli contratti aziendali del 1957 e del 1962, che prevedevano una maggiorazione del t.f.r. nella misura da 12 a 23/30, aumentata a 32/30 dall'accordo del La Cassazione, con sentenza n del , ha ritenuto fondato il motivo, per non essere adeguatamente indicate dal giudice in motivazione le ragioni della mancata considerazione del fatto che il lavoratore fruisse di pensione, condizione ostativa alla fruizione della maggiorazione ai sensi dell'articolo 42 del C.C.N.L. del La sentenza e' stata quindi cassata con rinvio alla Corte d'appello di Catania al fine di "rimediare ai vizi logici in cui e' incorsa nella sentenza impugnata nella dimostrazione che al signor Corsaro, per effetto della applicazione dell'accordo aziendale del 1957, era applicabile il C.C.N.L. del 1974, articolo 42, lettera b; e dare conto, in caso di dimostrata applicazione di tale norma, della eccepita efficacia ostativa del godimento della cd. pensione di legge". 5. Con sentenza , la Corte d'appello di Catania, sul punto che in questa sede rileva, ha negato la configurabilita' di un diritto del lavoratore alla maggiorazione dell'indennita' di anzianita' nella misura dei 54/30 ed 3

4 ha condannato gli eredi del lavoratore a restituire quanto percepito al detto titolo in corso di causa, pari ad oltre euro 51 mila, oltre interessi. 6. Ha ritenuto la sentenza della corte territoriale l'inapplicabilita' dell'articolo 42 suddetto al lavoratore, in quanto derogato in pejus dal contratto collettivo del 1980, nonche' la non riconoscibilita' della invocata maggiorazione sulla base degli accordi aziendali del 1957 e 1963, non essendo prevista la misura dei 54/30 dai detti accordi, ma solo dal contratto collettivo nazionale del 1974, inapplicabile nella specie per quanto detto. 7. Avverso tale pronuncia propongono ricorso gli eredi del lavoratore, con due motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso, accompagnato da memoria, il datore di lavoro. 8. Con il primo motivo, si deduce - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3 - violazione e falsa applicazione dell'articolo 2077 cod. civ. e articolo 1362 cod. civ., in relazione all'articolo 42 lettera B) del c.c.n.l. del 1974, lamentando che il giudice del rinvio abbia applicato disposizioni contrattuali peggiorative di accordi individuali plurimi fatti salvi dall'articolo 50 del c.c.n.l. del 1980, violando per di piu' l'articolo 2077 cod. civ., che prevede la sostituzione di diritto delle clausole dei contratti individuali con quelle del contratto collettivo, salvo che le prime siano piu' favorevoli. Si rileva, in particolare, che il diritto al trattamento di anzianita' - nella misura dei 54/30 dell'ultima retribuzione - ha fondamento negli accordi notarili individuali integrati dalla contrattazione collettiva, cui si fa espresso richiamo in caso di regolamentazione migliorativa, e che il detto diritto e' un diritto quesito, non modificabile da successivi contratti collettivi nazionali ed anzi fatto salvo dall'articolo 50 suddetto. 9. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5 - violazione degli articoli 392 e 394 cod. proc. civ., ed omessa erronea ed insufficiente motivazione della controversia, lamentando che la corte territoriale, nell'applicare le regole di successione nel tempo dei contratti collettivi omogenei per livello, abbia deciso su punti non oggetto di rinvio, avendo per converso la S.C. gia' definitivamente sancito la natura di accordi individuali degli accordi notarili 1957 e Il primo motivo e' in parte improcedibile, con riferimento alla dedotta violazione dell'articolo 1362 cod. civ. ed all'invocata interpretazione della clausola della "salvezza delle condizioni locali di maggior favore" prevista dall'articolo 50 del c.c.n.l., non essendo stati prodotto nel testo integrale il contratto collettivo della cui interpretazione ci si duole, nonostante la chiara previsione dell'articolo 369 c.p.c., comma 2 (nell'interpretazione costantemente seguita da questa Corte: tra le tante, Cass. Sez. U, Sentenza n del 03/11/2011, secondo la quale nel giudizio di cassazione, l'onere del ricorrente di produrre, a pena di improcedibilita' del ricorso, "gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda" e' soddisfatto, sulla base del principio di strumentalita' delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d'ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi 4

5 dell'articolo 369 c.p.c., comma 3, ma resta ferma, in ogni caso, l'esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilita' ex articolo 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi; tra le altre, nel medesimo senso, Sez. 6 - L, Ordinanza n del 15/10/2010). 11. Il motivo e' pure inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, nella parte in cui si richiamano le disposizioni degli accordi del 1957 e 1963 senza trascriverne le disposizioni rilevanti. Ha precisato infatti la giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, Sez. 3, Sentenza n del 06/02/2007) che l'interpretazione della volonta' delle parti in relazione al contenuto di un contratto o di una qualsiasi clausola contrattuale importa indagini e valutazioni di fatto affidate al potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabili in sede di legittimita' ove non risultino violati i canoni normativi di ermeneutica contrattuale e non sussista un vizio nell'attivita' svolta dal giudice di merito, tale da influire sulla logicita', congruita' e completezza della motivazione. Peraltro, quando il ricorrente censuri l'erronea interpretazione di clausole contrattuali da parte del giudice di merito, per il principio di autosufficienza del ricorso, ha l'onere di trascriverle integralmente perche' al giudice di legittimita' e' precluso l'esame degli atti per verificare la rilevanza e la fondatezza della censura (con riferimento alla contrattazione collettiva, poi, tra la altre, Sez. L, Sentenza n del 02/04/2002) motivo e' per il resto infondato con riferimento alla dedotta violazione dell'articolo 2077 cod. civ.. Occorre premettere che il diritto invocato dal lavoratore ha fondamento solo nella contrattazione collettiva del 1974, come correttamente ritenuto dalla corte territoriale nella sentenza impugnata, e non nei pregressi accordi che prevedevano maggiorazioni del trattamenti in misura diversa e meno favorevole al lavoratore. La maggiorazione e' poi venuta meno con il c.c.n.l. del 1980, che ha fatto salvo solo diverse previsioni locali piu' favorevoli. Cio' posto va rilevato che e' infondata la prospettazione del ricorrente secondo cui l'articolo 2077 cod. civ. garantirebbe un effetto sostitutivo in melius delle clausole contrattuali individuali, recependo il contenuto piu' favorevole di clausole collettive successive, precludendo nel contempo l'operativita' concreta della successione nel tempo delle disposizioni contrattuali collettive ove le successive siano meno favorevoli. 13. La giurisprudenza di questa Corte ha infatti chiarito che il divieto di deroga in pejus posto dall'articolo 2077 cod. civ. e' relativo solo alle disposizioni contenute nel contratto individuale di lavoro in relazione alle disposizioni del contratto collettivo, non viceversa, mentre i rapporti di successione temporale tra contratti collettivi sono regolati non dall'articolo 2077 cod. civ. ma dal principio della libera volonta' delle parti stipulanti, cosicche', nell'ipotesi di successione tra contratti collettivi, le precedenti disposizioni possono essere modificate da quelle successive anche se in seguito sfavorevole al lavoratore, con il solo limite dei diritti quesiti, ovvero di quei diritti che sono gia' entrati a far parte del patrimonio individuale del lavoratore (Sez. L, Sentenza n del 05/11/2003). Si e' pure precisato (Sez. L, Sentenza n del 14/06/2007) che, nel caso in cui ad una disciplina collettiva privatistica succeda altra disciplina di analoga natura, si verifica l'immediata sostituzione delle nuove clausole a quelle precedenti, ancorche' la nuova disciplina sia meno favorevole ai lavoratori, giacche' il divieto di deroga in pejus e' posto dall'articolo 2077 cod. civ. unicamente per il contratto individuale di lavoro in relazione alle disposizioni del contratto collettivo, con la conseguenza che i lavoratori non possono vantare posizioni 5

6 di diritto quesito trovando i loro individuali interessi tutela solo tramite quella dell'interesse collettivo. Correlativamente, nell'ipotesi di successione tra contratti collettivi, per cui le precedenti disposizioni possono essere modificate da quelle successive anche in senso sfavorevole al lavoratore, con il solo limite dei diritti quesiti, il lavoratore stesso non puo' pretendere di mantenere come definitivamente acquisito al suo patrimonio un diritto derivante da una norma collettiva non piu' esistente e cio' in quanto le disposizioni dei contratti collettivi non si incorporano nel contenuto dei contratti individuali, ma operano dall'esterno come fonte eteronoma di regolamento, concorrente con la fonte individuale, sicche', nel caso di successione di contratti collettivi, le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento piu' favorevole (articolo 2077 cod. civ.), che riguarda il rapporto fra contratto collettivo ed individuale (Sez. L, Sentenza n del 10/10/2007; Sez. L, Sentenza n del 24/08/2004). 14. Non vi e' dubbio, peraltro, che anche nell'ambito del rapporto di lavoro sono configurabili diritti quesiti, che non possono essere incisi dalla contrattazione collettiva in mancanza di uno specifico mandato o di una successiva ratifica da parte dei singoli lavoratori, ma tale situazione (come precisato da Sez. L, Sentenza n del 29/09/2009) e' configurabile solo con riferimento a situazioni che siano entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato, come nel caso dei corrispettivi di prestazioni gia' rese, e non invece in presenza di quelle situazioni future o in via di consolidamento, che sono frequenti nel contratto di lavoro, da cui scaturisce un rapporto di durata con prestazioni ad esecuzione periodica o continuativa, autonome tra loro e suscettibili come tali di essere differentemente regolate in caso di successione di contratti collettivi. 15. Il secondo motivo di ricorso e' del pari infondato, atteso che la corte territoriale non ha superato i limiti del rinvio, non essendosi in alcun modo occupata della qualificazione degli accordi 1957 e 1963, che non sono stati applicati al caso non in quanto norme collettive derogate da altre omogenee collettive, ma in quanto norme non recanti la previsione della maggiorazione nella misura invocata dall'attore. 16. Le spese e competenze di lite seguono la soccombenza. P.Q.M. rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 3.000,00, di cui euro 100,00 per spese, oltre accessori come per legge. 6

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