Angelo Conforti. Approfondimenti. Filosofia antica

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1 Angelo Conforti Approfondimenti Filosofia antica

2 Questo fascicolo di Approfondimenti è di supporto al Volume 1 di Percorsi della filosofia di Angelo Conforti Garamond didattica digitale aconf@libero.it

3 Approfondimenti, Indice INDICE Sezione 1 La filosofia antica 4 PERCORSO TEMATICO 1. LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA 5 PARAGRAFO 1. SAPIENZA E FILOSOFIA 5 PARAGRAFO 2. LA SAPIENZA DI APOLLO 5 PARAGRAFO 3. LA SAPIENZA DI DIONISO 6 PARAGRAFO 4. L ORIGINE DELLA SAPIENZA 7 PARAGRAFO 5. DAL DIVINO ALL UMANO 8 PERCORSO TEMATICO 2. TALETE: IL PRIMO FILOSOFO 11 PARAGRAFO 1. TALETE DI MILETO 11 PARAGRAFO 2. TALETE POLITICO, SCIENZIATO, MATEMATICO 12 PARAGRAFO 3. TALETE FILOSOFO 13 PARAGRAFO 4. TALETE E L ANIMA 14 PARAGRAFO 5. TALETE: «CONOSCI TE STESSO» 14 PERCORSO TEMATICO 3. PSICHE (O ANIMA) 16 PARAGRAFO 1. IL CULTO DI ORFEO 16 PARAGRAFO 2. ORFEO ED EURIDICE 17 PARAGRAFO 3. I FONDAMENTI DELL ORFISMO 19 PARAGRAFO 4. LA DOTTRINA PITAGORICA DELL ANIMA 21 PARAGRAFO 5. GLI SVILUPPI DEL PITAGORISMO 22 PERCORSO TEMATICO 4. FILOSOFIA E SCIENZA 23 PERCORSO TEMATICO 5. GNOSEOLOGIA 25 PARAGRAFO 1. LE ORIGINI DELLA GNOSEOLOGIA 25 PARAGRAFO 2. LA GNOSEOLOGIA FILOSOFICA: EMPEDOCLE 26 PARAGRAFO 3. ANASSAGORA: UNA GNOSEOLOGIA «MODERNA» 27 PARAGRAFO 4. LA GNOSEOLOGIA ATOMISTICA 29 PERCORSO TEMATICO 6. LA «QUESTIONE» SOCRATICA 31 PARAGRAFO 1. LA «QUESTIONE» E LE FONTI 31 PARAGRAFO 2. IL PROCESSO A SOCRATE: LA DIFESA 32 PARAGRAFO 3. IL PROCESSO A SOCRATE: LA CONDANNA 36 PARAGRAFO 4. SOCRATE DI FRONTE ALLE LEGGI 40 PARAGRAFO 5. IL DAIMON E LA RELIGIOSITÀ SOCRATICA 43 PERCORSO TEMATICO 7. PLATONE: LE DOTTRINE NON SCRITTE 45 PARAGRAFO 1. LA QUESTIONE DELLE DOTTRINE NON SCRITTE 45 PARAGRAFO 2. L INTERPRETAZIONE DELLE DOTTRINE NON SCRITTE 48 PERCORSO TEMATICO 8. PLATONE: IL SIMPOSIO 51 BIBLIOGRAFIA 59 SITOGRAFIA 60 3

4 I problemi della filosofia nel loro sviluppo storico Approfondimenti, Sezione 1 Sezione 1 La filosofia antica Questa sezione propone i seguenti percorsi di approfondimento: Le origini della filosofia Talete: il primo filosofo Psiche (o anima) Filosofia e scienza Gnoseologia La «questione socratica» Platone: le «dottrine non scritte» Platone: il Simposio 4

5 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 1 PERCORSO TEMATICO 1. LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA PREREQUISITI [ Conoscenza e comprensione dell Unità didattica 1, Capitoli 1 e 2, del Modulo-Base ] OBIETTIVI [ Approfondimento di alcuni percorsi di interpretazione delle origini della filosofia ] PARAGRAFO 1. SAPIENZA E FILOSOFIA Sul tema delle origini della filosofia un notevole contributo lo ha dato Giorgio Colli con le sue opere La nascita della filosofia (1973) e La sapienza greca (1977). Come abbiamo visto nel Modulo-base ( Sezione 1, Unità 1, Capitolo 1, Paragrafo 3), i fondamenti della filosofia si trovano nella stessa cultura greca precedente, nel mito e nella poesia. Aristotele, il primo storiografo della filosofia, scriveva che «anche colui che ama il mito (philomythos) è in certo modo filosofo, giacché anche il mito viene a formarsi dalla meraviglia» (Aristotele, Metafisica, I,2,982b), cioè da quello stesso atteggiamento mentale da cui deriva la filosofia. Ma Colli si spinge ben oltre questa tesi, poiché, secondo il grande studioso, la filosofia nacque in Grecia come un fenomeno di decadenza. Infatti, Platone chiamò filosofia la propria ricerca, legata al dialogo come forma letteraria. Ma nel chiamarla amore (philia) per la sapienza (sophia), Platone la poneva più in basso della sapienza stessa, e questa la situava nel passato, nella «remota tradizione della poesia e della religione greca», nell epoca in cui erano davvero esistiti i sapienti. Ora, quindi, seguendo, almeno per la prima parte, la traccia del saggio di Colli del 1973, analizzeremo gli elementi fondamentali di questa antica epoca della sapienza, racchiusa nel mito e nella sua simbologia. PARAGRAFO 2. LA SAPIENZA DI APOLLO Fin dai tempi più remoti i Greci attribuirono alla conoscenza il massimo valore nella vita umana. Altre civiltà riservarono alla conoscenza un ruolo importante, ma nessuna come quella greca la valorizzò al di sopra di tutte le altre attività umane. Nella società greca era grandissima, infatti, l importanza attribuita agli oracoli, luoghi dedicati al culto di qualche divinità, a cui chiedere consigli e profezie sul futuro. Il dio Apollo fu per i Greci il simbolo più alto della conoscenza e il culto del dio è appunto la celebrazione dell importanza che viene attribuita alla sapienza, cioè alla conoscenza del futuro. Per i Greci essa assunse un «aspetto teoretico fondamentale», che non trova riscontri altrettanto certi in altre civiltà, che pure conferivano alla conoscenza un ruolo importante, ma non così centrale. Apollo è il dio cui è dedicato il tempio di Delfi, dove ebbe sede l oracolo più importante di tutto il mondo greco antico. Bisogna precisare che la sapienza «apollinea» non va confusa con l esperienza, né con l abilità tecnica, o la destrezza, o la capacità di escogitare espedienti per trarsi d impaccio. Essa va collegata esclusivamente alla divinazione e alla profezia, cioè alla conoscenza del futuro e alla manifestazione di tale conoscenza: «manifestare l ignoto e precisare l incerto, gettando luce nell oscurità». Occorre però anche aggiungere che Apollo, Dio e simbolo della sapienza e della sua rivelazione, comunica in modo ambiguo e oscuro. Il suo oracolo è allusivo ed incerto, arduo da decifrare. È espresso, infatti, in modo difficile da comprendere: deve essere interpretato. Come ricorda Eraclito, «Il dio dell oracolo di Delfi non dice, né nasconde, ma accenna». Sembra quasi che Apollo, che conosce l avvenire e lo manifesta, voglia che l uomo non comprenda la sua rivelazione. 5

6 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 1 Sito archeologico di Delfi, Tempio di Apollo, Patrimonio dell umanità UNESCO PARAGRAFO 3. LA SAPIENZA DI DIONISO L altro Dio antico, più antico di Apollo e come lui legato alla conoscenza, era Dioniso, simbolo di un diverso tipo di sapienza. Dioniso, infatti, è legato ai Misteri di Eleusi 1, antichissimi rituali il cui approfondimento richiederebbe un ampia trattazione a parte, anche per la complessità dei simboli ad essi connessi. La simbologia fondamentale, legata al culto di Demetra e di Persefone, concerne il tema della morte e della rinascita, dei cicli stagionali della natura, dell inaridirsi e del rifiorire della terra, del rigenerarsi dell anima oltre il destino terreno. È importante, comunque, soprattutto capire che l iniziazione ai Misteri di Eleusi culminava nell epopteia, cioè in una visione mistica di beatitudine e purificazione. Essa è dunque una forma di conoscenza estatica, nella quale l individuo si spoglia delle proprie condizioni particolari per congiungersi con la totalità, rinuncia a sé per rinascere nell unità di tutto ciò che esiste. Nell estasi misterica scompare ogni distinzione tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, un esperienza che costituisce un «sovrappiù di conoscenza». 1 Riti religiosi misterici che si celebravano nel santuario di Demetra, nell'antica città greca di Eleusi. 6

7 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 1 Statua di Dioniso del II secolo a.c., esposta al Louvre PARAGRAFO 4. L ORIGINE DELLA SAPIENZA La simbologia di Apollo e Dioniso è complementare e rappresenta la convergenza di tutte le possibili forme di sapienza: la profezia e l estasi, la possibilità di intuire il futuro e il legame con il mistero della vita e dei suoi cicli di morte e rinascita, la razionalità e la passione. Apollo e Dioniso si completano a vicenda, esprimendo la sintesi di tutte le possibilità di conoscenza. Esse sono anche forme di «mania», nel senso più originario della parola, che deriva dal termine «mantica». Con questa parola ci si riferisce ad un complesso di attività conoscitive, in cui vengono esaltate le capacità sensoriali, intuitive e razionali umane, anche grazie al contatto con le forze primarie della natura e del cosmo, che sono in senso ampio forze «divine». Tale esaltazione è, appunto, la «mania», una sorta di «follia», che permette di superare il comune livello di percezione e di allargare i confini della coscienza, arrivando a «sentire», nel senso più alto del termine, i rapporti profondi ed intimi che connettono tra loro tutte le cose. La follia di cui si parla è la creatività, la capacità di andare oltre le regole stabilite, di scoprire orizzonti più vasti, inventare nuove prospettive. Apollo e Dioniso esprimono le possibili quattro forme di «mania». Alla simbologia di Apollo fa riferimento non solo la mania profetica, che è concretizzata nell oracolo, ma anche quella poetica: Apollo è dio della poesia, della parola suggestiva e rivelatrice: mania profetica e mania poetica sono dunque molto strettamente unite, in quanto la poesia è una forma di profezia, di rivelazione del futuro e del suo senso più profondo. Alla simbologia di Dioniso è collegata la mania misterica, quella che si esprime nell estasi mistica e nella fusione con il mistero dell energia vitale, della forze primitive da cui trae alimento la vita nella sua impulsività e passionalità; ma Dioniso è anche il dio dell eros ed è il simbolo della mania erotica, di quella forma terrena di estasi che è la congiunzione carnale con l altro, in cui i due amanti divengono una sola entità (così come nell estasi mistica l individuo si congiunge con il tutto divenendo una sola cosa con esso). Si può provvisoriamente concludere che: 7

8 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 1 1. Apollo e Dioniso hanno un affinità fondamentale sul terreno della «mania» e, insieme, esauriscono la dimensione della follia (le quattro forme di «mania»: profetica, poetica, misterica, erotica): entrambi, dunque, sono dèi dell invasamento e della «sana» follia, complementari più che opposti. 2. La follia è lo sfondo primordiale e la matrice della sapienza. Nel Fedro Platone istituisce un parallelismo tra il delirio dell innamorato in preda alla passione e il delirio profetico delle sacerdotesse dell oracolo di Delfi e da essi fa derivare la vera sapienza, dono della divinità, contrapponendola alla semplice ragionevolezza, propria degli umani: «Non è verace il discorso che ad un innamorato si debba preferire chi non ama, con il pretesto che il primo delira e l altro invece è sano e saggio. Ciò sarebbe detto bene se il delirio fosse invariabilmente un male; ora invece i più grandi doni ci provengono proprio da quello stato di delirio, datoci per dono divino. Perché appunto la profetessa di Delfi, le sacerdotesse di Dodona, proprio in quello stato di esaltazione, hanno ottenuto per la Grecia tanti benefici, sia agli individui che alle comunità; ma quando erano in sé fecero poco o nulla. [ ] la testimonianza degli antichi considera superiore lo stato di delirio che viene da un dio che il senno ch è proprio degli uomini» (Platone, Fedro, XXII 244 a-b, d). PARAGRAFO 5. DAL DIVINO ALL UMANO Pianta del palazzo reale di Cnosso. Si crede che dalla complessità del palazzo abbia avuto origine il mito del labirinto (fonte C è uno sfondo ancora più primordiale che fa riferimento al mito del Minotauro e che evoca una simbologia complessa in cui sono in gioco i conflitti e i legami tra razionalità e impulsività, tra mondo divino e mondo umano e i rapporti tra Dioniso e Apollo. Vediamo i principali simboli: 8

9 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 1 Il Labirinto è simbolo della complessa profondità e insondabilità della natura e della psiche, dell enigma da risolvere per accedere alla conoscenza: il Labirinto è perciò anche simbolo del primo problema filosofico da affrontare Il filo di Arianna simboleggia il delinearsi del lógos nel mondo umano: ma il filo è pur sempre il dono di una dèa, sposa di Dioniso. Successivamente, tutta la simbologia apollinea e dionisiaca si ripresenta, dopo alcuni secoli, nel mito di Orfeo, poeta e anche in qualche modo filosofo, per il quale rimandiamo allo specifico approfondimento ( Percorso 3). Il passaggio dal divino all umano si compie quando nasce la necessità interepretativa. L enigma del responso dato dall oracolo richiede la mediazione del discorso, dell astrazione, del lógos. Quelli che una certa tradizione chiama filosofi erano invece i grandi sapienti antichi: Eraclito, Pitagora, Parmenide, Zenone, Empedocle. Essi operarono il passaggio dalla sfera divina a quella umana, dall esaltazione e dalla mania al pensiero astratto, razionale, logico, risolvendo enigmi e inventando la dialettica, l arte della discussione, condotta tra persone viventi e reali, non come finzione letteraria (come sarà in parte nei dialoghi platonici). Ma con Platone la sapienza originaria è già perduta e nasce la filosofia come letteratura. 9

10 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 1 SCHEDA. IL MINOTAURO, TESEO E ARIANNA. Minosse, re di Creta, pregò Poseidone di inviargli un toro, come simbolo dell'apprezzamento degli dèi. Poseidone acconsentì e gli inviò un bellissimo e possente toro bianco di un valore inestimabile, chiedendogli in seguito di sacrificare il toro a lui stesso. Ma vista la bellezza dell'animale Minosse aveva deciso di tenerlo per sé. Poseidone, allora, per punirlo, fece innamorare perdutamente Pasifae, moglie di Minosse, del toro stesso. Il celebre architetto Dedalo costruì per Pasifae una mucca di legno montata su ruote, con l'interno cavo e ricoperta da una pelle bovina; la collocò nel prato dove il toro era solito pascolare, e Pasifae vi entrò dentro. Quando il toro le si avvicinò, la montò, come fosse una mucca vera, e si accoppiò con lei. Dall'unione mostruosa nacque il Minotauro, da «minos» (= re) e «tauro» (che significa toro). Il Minotauro era bipede e umanoide, ma aveva zoccoli, pelliccia bovina, coda e testa di toro. Era selvaggio e feroce, perché la sua mente era completamente dominata dall'istinto animale. Minosse fece rinchiudere il Minotauro nel Labirinto, costruito anch esso da Dedalo. Al Minotauro, che si cibava di carne umana veniva sacrificati ogni anno sette ragazzi e sette fanciulle che dovevano essere inviati in tributo da Atene, sottomessa a Creta. Allora Teseo, eroe figlio del re ateniese Egeo, si recò a Creta per sconfiggere il Minotauro. Entrò nel Labirinto e lo sorprese nel sonno, uccidendolo. Riuscì poi ad uscire dal Labirinto grazie al celebre filo, donatogli da Arianna, figlia di Minosse e Pasifae. In una delle tante versioni del mito di Teseo e Arianna, la fanciulla si innamorò dell eroe ateniese quando giunse a Creta. Arianna diede a Teseo un gomitolo di lana per poter segnare la strada percorsa nel labirinto e quindi uscirne agevolmente. Poi fuggì con lui e gli altri ateniesi verso Atene ma Teseo, stanco di lei, la fece addormentare per poi abbandonarla sull'isola di Nasso (o Dia). Forse ciò accadde su comando del dio Dioniso che la prese poi come sposa. 10

11 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 2 PERCORSO TEMATICO 2. TALETE: IL PRIMO FILOSOFO [ Conoscenza e comprensione dell Unità didattica 1, Capitoli 1 e 2, del Modulo-Base ] OBIETTIVI [ Approfondire la conoscenza della personalità di quello che è ritenuto il primo filosofo Approfondire la conoscenza della nascita della filosofia] PARAGRAFO 1. TALETE DI MILETO Sullo sfondo sapienziale che abbiamo delineato nel Percorso 1, nasce la filosofia vera e propria nel VII secolo a. C. con Talete di Mileto, considerato in modo unanime il primo filosofo della storia occidentale. Busto di Talete di Mileto, incisione, fonte Nessuno dei suoi scritti ci è pervenuto e le notizie sulla sua vita e la sua personalità non sono abbondanti. Anzi, sono piuttosto frammentarie. Tutte però concordano nel delineare un genio universale dai vastissimi interessi, fondatore di una sorta di «centro di ricerche» che divenne la culla della filosofia, delle scienze naturali, degli studi astronomici, geografici e storiografici. Egli fu cittadino illustre di quel grande porto del Mediterraneo che fu la greca Mileto, colonia sulle coste della Ionia, l attuale Turchia. Oggi il villaggio accanto al quale ancora si possono ammirare i resti archeologici dell antica città si chiama Balat. A Mileto egli nacque tra il 640 e il 624 (la data è incerta e le fonti sono discordanti). Morì nel 547 a. C. Fu matematico, astronomo, ingegnere, uomo politico e filosofo. Secondo la testimonianza di Diogene Laerzio (Vite dei filosofi, I, 22) «per primo ebbe il nome di sapiente, [.]». Dopo di lui, altri sei illustri personaggi della civiltà ellenica furono detti sapienti e ritenuti le massime autorità intellettuali tra i Greci (i Sette Savi, tra cui era incluso anche il grande legislatore ateniese Solone). Torneremo più avanti su questo punto, ma è chiaro fin d ora che Talete risalta con una rilevanza eccezionale su quello sfondo sapienziale che abbiamo delineato. 11

12 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 2 Così infatti, lo ricorda Apuleio: «Talete di Mileto fu senza dubbio il più importante tra quei sette uomini famosi per la loro sapienza - e infatti tra i Greci fu il primo scopritore della geometria, l osservatore sicurissimo della natura, lo studioso dottissimo delle stelle» (Apuleio, Florida, 18). Mileto, il teatro romano PARAGRAFO 2. TALETE POLITICO, SCIENZIATO, MATEMATICO Nelle sue Storie (I, 170) Erodoto ci parla della saggezza politica di Talete che propose alle città greche della costa ionica la costituzione di una federazione, per meglio difendersi dalla prevedibile aggressività dell Impero persiano. Lo stesso Erodoto (Storie, I, 75) rievoca il Talete geniale ingegnere idraulico quando deviò una parte del corso di un fiume per renderne possibile il guado alle truppe del re Creso: «[ ] giunto sul fiume Halys, Creso proseguì. [ ] secondo la voce corrente fra gli Elleni sarebbe stato Talete di Mileto a farlo passare. Si dice che Creso fosse molto imbarazzato per il passaggio dell'esercito oltre il fiume, perché allora non vi sarebbero stati ponti. Talete, che si trovava nell'accampamento, avrebbe fatto in modo che il fiume, che scorreva alla sinistra dell'esercito, scorresse anche alla sua destra, ricorrendo a un espediente. Da un punto a nord del campo avrebbe fatto scavare un profondo canale a semicerchio, in modo che il fiume, deviato in parte dall'antico letto, raggiungesse alle spalle le truppe accampate e poi, oltrepassato il campo, sfociasse nel corso antico, cosicché, diviso, il fiume, avrebbe avuto due bracci entrambi guadabili». Numerose fonti, tra cui Diogene Laerzio, nelle sue Vite, e Plutarco, nel Convivio dei sette sapienti, narrano che Talete avrebbe misurato l'altezza della piramide di Cheope, nella piana di Giza, stabilendo un rapporto proporzionale tra le ombre della piramide stessa e di un asta. Secondo Plutarco (Convivio dei Sette Sapienti, 2, 147 A), Talete, celebre per la sue conoscenze matematiche, giunto alla corte del faraone Amasis, fu da lui sfidato a misurare l'altezza della piramide di Cheope. Lo stesso faraone, dopo la geniale soluzione del problema da parte del sapiente greco, gli si rivolse, dicendosi «stupefatto del modo in cui hai misurato la piramide senza il minimo imbarazzo e senza strumenti. Piantata un asta al limite dell'ombra proiettata dalla piramide, poiché i raggi del sole, investendo l asta e la piramide formavano due triangoli, hai dimostrato che l altezza dell asta e quella della piramide stanno nella stessa proporzione in cui stanno le loro ombre». 12

13 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 2 La dimostrazione di Talete, fonte Talete utilizzò quindi il teorema di geometria che porta il suo nome e la cui scoperta, insieme a quella di altri quattro, gli è attribuita dalle fonti storiografiche. Come astronomo, grazie alla sua vasta conoscenza degli studi condotti anche dai Babilonesi e dagli Egizi, distinse le stelle dai pianeti, che chiamò appunto con quel nome, cioè «corpi erranti». Calcolò inoltre la durata dell anno solare in 365 giorni e ¼ e fissò la durata del mese a 30 giorni. Fu anche in grado di prevedere con anticipo l eclissi totale di sole che si verificò il 28 maggio 585. PARAGRAFO 3. TALETE FILOSOFO Questa breve panoramica di tutte le attività conoscitive e pratiche di Talete ci ha dato una vaga idea della grandezza del suo genio. Ma non ci deve fuorviare. La vastità degli interessi di Talete non deve farci pensare che possedesse molte conoscenze specialistiche. Se pensiamo in termini moderni, o persino postmoderni, trasferiremmo su Talete e sull antica filosofia un modo di pensare che considera la matematica, l astronomia, l ingegneria, come tante specializzazioni del sapere, separate le une dalle altre, applicabili a tanti settori diversi della realtà. Nulla di più lontano dal carattere che nell antichità veniva attribuito alla conoscenza, nulla a che vedere con le moderne specializzazioni. Infatti, come abbiamo già ricordato, questo genio universale è unanimemente riconosciuto anche come il primo filosofo della storia della civiltà occidentale. Filosofia, nell antichità, è sinonimo di amore per la sapienza, per la conoscenza nella sua totalità. Il filosofo indaga il Tutto, getta il suo sguardo sull intera natura e sull intero universo. Il filosofo, nell antica cultura greca, è il ricercatore di un sapere unitario che ricerca, innanzitutto, l origine di Tutto ciò che esiste (l arché). Come racconta Aristotele, «Talete [ ] dice che [il principio originario] è l acqua [ ]: forse prese quest'ipotesi osservando che l alimento di ogni cosa è umido, lo stesso calore deriva dall'umidità e di essa vive e ciò da cui le cose derivano è appunto il loro principio. È dunque di qui che egli trasse la sua ipotesi e dal fatto che i semi di tutte le cose hanno una natura umida» (Aristotele, Metafisica, I, 3, 983 b, 6). Emanuele Severino, uno dei più autorevoli studiosi della filosofia antica, osserva che «l acqua di cui parla Talete non è l'acqua sensibile in cui ci si bagna e che si beve: l'acqua sensibile - intesa cioè nel significato ordinario della parola - è infatti soltanto una delle molte e diverse cose dell'universo, e in quanto è soltanto una tra le molte non può essere ciò che vi è di identico in ognuna di esse, e quindi non può nemmeno essere il principio unitario (l arché) da cui tutte 13

14 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 2 derivano. L acqua si presenta in tal modo come una metafora [ ] Ponendo l acqua come sostanza identica di tutte le cose, Talete mostra di non intenderla come una realtà particolare e sensibile (appunto perché acqua sono anche il sole, il cielo e tutte le altre cose che non hanno le caratteristiche dell'acqua sensibile)» (E. Severino, La filosofia antica, Milano, Rizzoli, 1984). L acqua di Talete, correttamente intesa, rappresenta dunque il principio umido originario da cui tutto proviene e a cui tutto ritorna. Uscendo dalla metafora, per Talete Tutto è acqua poiché Tutto è vita e la vita è anima: la natura nella sua totalità è animata, è psichica. 2 PARAGRAFO 4. TALETE E L ANIMA È giunto ora il momento di tornare a Diogene Laerzio («Per primo ebbe il nome di sapiente») e ad Apuleio («Talete di Mileto fu senza dubbio il più importante tra quei sette uomini famosi per la loro sapienza»), per capire meglio il senso autentico della complessa sapienza di Talete. Bisogna tener ben presente quanto abbiamo cercato di illustrare nella prima parte di questo saggio sulla piena consapevolezza della natura della psiche (o anima) e soprattutto della natura fondamentalmente psichica (o animata) di tutto ciò che esiste. Tutti gli studiosi hanno riconosciuto che Talete e i suoi seguaci e successori della Ionia greca e della Magna Grecia possono essere considerati degli ilozoisti, cioè teorici che concepivano la natura e il cosmo come un unica entità vivente, animata appunto. 3 Ma non tutti gli studiosi collegano questa considerazione ad altri elementi che emergono, sia pure in modo frammentario, dalle testimonianze su Talete. Eppure Aristotele, nel De anima (A a 7; A a 19), riferisce che «forse Talete suppose che tutte le cose sono piene di dèi» e che «anche Talete, a quanto ricordano, abbia supposto che l anima sia qualcosa atto a muovere, se ha detto che la calamita è dotata di anima in quanto muove il ferro». Queste testimonianze di Aristotele sono molto preziose e ci confermano nella convinzione che Talete concepisse la realtà come un sistema di forze che agiscono nella profondità della natura. Esse sono, da un lato, riconducibili a divinità, cioè a forze che per l antica sapienza greca, come abbiamo visto nella prima parte di questo intervento, hanno un complesso valore simbolico. D altra parte l anima è posta come principio del movimento e della trasformazione. Mettendo insieme i frammenti del discorso, possiamo concludere che per Talete la filosofia è l indagine sull Anima come principio della vita e del divenire di tutte le cose. PARAGRAFO 5. TALETE: «CONOSCI TE STESSO» Ci manca ancora un elemento per completare il quadro e per restituire a Talete quella grandezza di sapiente e filosofo che non gli è stata del tutto attribuita, padre della filosofia e anche della psicoanalisi. Tutte le fonti concordano nell attribuire a Talete la massima «Conosci te stesso», che fu in seguito fatta propria da Socrate. La stessa massima era iscritta sul frontone del tempio di Apollo a Delfi. Questo elemento ci conduce dunque a 2 Sulla complessa simbologia dell acqua, già presente nei miti più antichi e connessa alla femminilità e alla maternità, ma anche più in generale all inconscio, si può consultare Gaston Bachelard, L Eaux et les rêves (1942), trad. it. Psicoanalisi delle acque, Red, Como, Lo sfondo più arcaico e primordiale, pre-filosofico, dell ilozoismo è costituito dall animismo, concezione del mondo attribuita alle popolazioni cosiddette primitive. Per approfondire lo studio dell animismo si può vedere innanzitutto il classico e fondamentale studio dell antropologo britannico Edward Burnett Tylor, Primitive Culture: Researches into the Development of Mythology, Philosophy, Religion, Language, Art and Custom, 1871, trad. it. del volume 4: Alle origini della cultura. Animismo, L anima e le anime. Dottrina e funzioni, Istituti Editoriali e Poligrafici, Pisa-Roma, Un altro testo molto importante, anche per la sua struttura enciclopedica, è quello di Joseph Campbell, The Masks of God ( ), in particolare il volume Mitologia primitiva, Milano, Mondadori, Consigliabile, tra gli altri, il recente saggio di Antoine Fratini, La religione del dio Economia, CSA Editrice, Crotone, 2009, che rifacendosi a Freud e, soprattutto, a Carl Gustav Jung, sviluppa una lettura psicoanalitica dell animismo. 14

15 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 2 quella sapienza apollinea con cui abbiamo iniziato questo discorso. Su quello sfondo sapienziale Talete si staglia con un particolare rilievo. «Conosci te stesso» può anche essere considerato il motto e il fine della psicoanalisi moderna, quella inaugurata da Sigmund Freud negli ultimi decenni dell'ottocento. Ma, se la psicoanalisi come «scienza» moderna del soggetto, con una sua specifica metodologia, nasce con Freud, ci sembra chiaro che già Talete avesse perfettamente coscienza della necessità di indagare la psiche, di conoscere a fondo la propria anima e l anima di tutte le cose. 15

16 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 3 PERCORSO TEMATICO 3. PSICHE (O ANIMA) PREREQUISITI [ Conoscenza e comprensione dell Unità didattica 1, Capitoli 1, 2 e 3, del Modulo-Base ] OBIETTIVI [ Approfondimento dei rapporti tra gli antichi culti religiosi della Magna Grecia e le prime dottrine filosofiche Conoscenza e comprensione del concetto di psiche (o anima)] PARAGRAFO 1. IL CULTO DI ORFEO Per approfondire la concezione pitagorica dell anima o psiche, occorre rifarsi innanzitutto alle antiche concezioni misteriche di cui abbiamo già parlato ( Percorso 1). In particolare, è necessario fare riferimento al culto di Orfeo e alle concezioni che ad esso si ispirano. Realmente esistito, Orfeo nel mito è rappresentato come poeta e musicista capace di incantare gli animali e soggiogare la natura col suo canto, come cultore del potere della parola e, secondo Platone, inventore anche della retorica. Ebbe una leggendaria origine tracia, che lo collega, secondo lo storico Erodoto, allo sciamanesimo. Si narra che gli sciamani della Tracia mettessero in rapporto il mondo dei vivi con quello dei morti, avessero poteri magici e, con la loro musica, producessero negli ascoltatori uno stato di trance. Inoltre il mito lo tramanda come figlio di Apollo, archetipo dell artista e del sapiente che domina la natura con la razionalità, ma anche come sacerdote del culto di Dioniso, dio dell impulso irrazionale, dell emozione, della simpatia immediata con la natura, della conoscenza intuitiva. Da un lato, dunque, la simbologia di Apollo è legata alla medicina, alla musica, alle arti (a lui facevano capo le Muse), alla profezia (l oracolo di Delfi, a lui dedicato, rivelava il futuro agli umani), al sole, alla luce, alla solarità, alla limpida conoscenza della realtà, alla razionalità. D altra parte, Dioniso sarebbe la reincarnazione di Zagreo che, figlio di Zeus e Persefone, dea del mondo ultraterreno e sotterraneo, era una divinità ctonia, cioè simboleggiava la terra. Destinato da Zeus a regnare su tutto l universo, fu ucciso per invidia dai Titani, ma il suo cuore, salvato da Atena, fu inghiottito da Zeus che lo fece rivivere in Dioniso. La simbologia di Zagreo è legata alla sua morte e rinascita e indica il ciclico alternarsi delle stagioni, lo sfiorire della vita in inverno e il rifiorire in primavera. Perciò, Dioniso, come reincarnazione di Zagreo, è associato alla fertilità (simboleggiata dalla dea Demetra, la Madre Terra, che è forse sua madre). 4 Dioniso è il dio più popolare e il più estraneo alla struttura aristocratica dell Olimpo della tradizione greca, è il più umano e terreno degli dèi, legato alla terra e all emotività carnale e passionale Come abbiamo già visto ( Percorso 1), mentre Apollo è il simbolo della conoscenza razionale, dell arte, della poesia e della misura soggettiva (arte e poesia come forma, armonia ed equilibrio), Dioniso è il simbolo della conoscenza intuitiva, della creatività, del genio folle, dell estasi erotica e del mistero della natura e della divinità, conoscibili soltanto con la perdita della soggettività e la fusione mistico-estatica con il tutto. 4 Il mito di Zagreo/Dioniso ha molte analogie e probabili legami con la religione egizia di Osiride e con quella babilonese di Tammuz. 16

17 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 3 Orfeo e gli animali, Mosaico romano di età imperiale, Palermo, Museo archeologico. PARAGRAFO 2. ORFEO ED EURIDICE Ma torniamo ora al mito di Orfeo per narrare la sua tragica storia d amore con la ninfa Euridice. Ella morì per il morso di un serpente, allora Orfeo, che la amava disperatamente, discese negli inferi per cercarla. Incantò i guardiani Caronte e Cerbero con la sua musica e la dea Persefone, commossa, tramite il dio Ade, suo marito, gli concesse di riavere Euridice e di ricondurla fuori dal regno dei morti. 17

18 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 3 Paesaggio con Orfeo e Euridice, Nicolas Poussin, Ma fu posta ad Orfeo una condizione molto rigida che, se non fosse stata rispettata, avrebbe perduto per sempre Euridice. Lungo il percorso che li avrebbe ricondotti fuori dal regno dei morti, Orfeo avrebbe dovuto precedere Euridice senza mai voltarsi. Accadde però che il poeta, timoroso che la sua sposa non lo seguisse, si voltò e così la perse per sempre. O forse si voltò perché Euridice lo chiamava e lo pregava di attenderla, non sapendo ella della condizione posta da Ade. E così, tornato sulla terra, Orfeo rinunciò al culto di Dioniso e rifiutò l amore eterosessuale per sempre, anche per fedeltà alla sua sposa. A causa di questa sua rinuncia, le Menadi (o Baccanti), sacerdotesse di Dioniso, infuriate, lo uccisero, sbranandolo. Ma la sua testa fu salvata dalle Ninfe e affidata alle Muse, da cui fu trasportata a Lesbo e lì sepolta. Da allora vi risuona eternamente e la sua arte è immortale. Il significato del mito fa emergere i due aspetti fondamentali che caratterizzano i misteri orfici: 1. Le pratiche dionisiache di iniziazione conducono all estasi mistica, al ricongiungimento con il divino. L estasi, cioè l uscire da sé, perdere l individualità per ricongiungersi con il Tutto (la dimensione del divino) è un sovrappiù di conoscenza (G. Colli, 1974 Percorso 1)); 2. Le pratiche poetiche e retoriche apollinee preparano alla sapienza divinatoria dell oracolo. La divinazione è innanzitutto conoscenza del destino futuro, del fato che governa gli eventi. Nelle concezioni orfiche il fato si presenta con i caratteri sia della necessità che del caso (tema che richiederebbe un ulteriore approfondimento). 18

19 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 3 PARAGRAFO 3. I FONDAMENTI DELL ORFISMO Orfeo è colui che ha osato vedere l invisibile (l Ade) ed ha avuto accesso ai segreti più profondi visitando il regno dei morti. In tal modo è divenuto il simbolo dell iniziazione spirituale e della conoscenza dei misteri, cioè delle realtà che restano inaccessibili a chi non accetta di percorrere un itinerario di purificazione. SCHEDA. L INNO ORFICO AL DIO PROTEO. Invoco Proteo, che ha le chiavi del mare, primigenio, che ha reso manifesti i principi di ogni natura mutando la sacra materia secondo figure multiformi, da tutti onorato, dai molti consigli, che conosce le cose che sono e quante erano prima e quante saranno ancora in avvenire; avendo infatti tutto, si trasforma, lui e nessun altro degli immortali che hanno la sede nell'olimpo nevoso e il mare e la terra e volano nell'aria; tutto infatti in Proteo la prima natura ha disposto. Ma, padre, vieni ai celebranti con santi propositi mandando un compimento di vita felice, buono nelle opere. In questa dimensione simbolica prendono corpo i fondamenti dell Orfismo, che sono i seguenti: 1. L anima o psyché è un daimon, cioè una realtà semidivina ed immortale; 2. Essa, a causa di un originario peccato d orgoglio, viene sepolta in un corpo (soma che in greco significa letteralmente «custodia»); 3. La morte fisica rappresenta, pertanto, una possibilità di liberazione dai limiti della corporeità; 4. Tuttavia, l anima, essendo stata legata al corpo non è pura, e perciò, dopo la morte, deve scontare una pena; 5. Essa trasmigra allora in un nuovo corpo (la cosiddetta metempsicosi o, come meglio sarebbe dire, metemsomatosi), che può essere umano, animale o vegetale, in base alla gravità delle colpe accumulate nella vita precedente (cfr. M. Vegetti, 1975); 6. Ne deriva la necessità di condurre una vita di purificazione, per ricongiungersi alla dimensione divina attraverso la conoscenza e l estasi mistica: all orgia dionisiaca originaria, al vino e alla carne, gli adepti dell Orfismo sostituiscono una dieta vegetariana e danze e canti rituali, in forma di inni rivolti alle divinità. Come si vede e come già abbiamo accennato, nell Orfismo si congiungono i simboli di: Apollo, dio e simbolo della conoscenza razionale, solare e logica, dove si manifesta la necessità del tutto. Dioniso, dio e simbolo della «visione» mistica. di tutto ciò che è misterioso ed inaccessibile ai sensi, poiché richiede una più alta forma di conoscenza dio e simbolo del gioco, della casualità e della creatività. Ne risulta chiaramente che, nelle antichissime concezioni orfiche, il misticismo 5 e la razionalità non si oppongono ma appaiono come aspetti strettamente collegati, intrecciati e armonizzati in un equilibrio quasi perfetto. Lo stesso dilaniamento di Orfeo è simbolo della sua duplicità interiore, della sua anima posseduta contemporaneamente da entrambe le divinità (cfr. G. Colli, 1974 Percorso 1). Ancora, la filosofia di Orfeo (poeta, ma già anche filosofo) include la divinizzazione della memoria, nella figura della dea Mnemosyne, madre delle Muse e della poesia, insegnando che c è tutto un tempo da attraversare a ritroso, attraverso tutte le generazioni di uomini e dèi, per ritrovare il «senza-tempo», il luogo da cui tutto trae origine. E poi, tra i simboli di Orfeo c è anche lo specchio di Dioniso, che riflette il mondo, e che allude al «conoscere come essenza della vita e come culmine della vita» (G. Colli, 1977) È un tema, questo, che richiederebbe un ulteriore approfondimento, per comprendere alcune basi filosofiche dell Orfismo, che saranno riprese da altri sapienti, come Eraclito e Parmenide. 19

20 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 3 La testa di Orfeo, dipinto di Gustave Moreau, fonte Non a caso, all Orfismo, sintesi di apollineo e dionisiaco, sono legati: 1. Sia i Misteri dionisiaci di Eleusi, nel santuario di Demetra, la Madre-Terra, madre di Persefone (a sua volta madre di Dioniso), sposa del dio dell oltretomba, che erano essenzialmente feste della conoscenza e della visione mistica; 2. Sia il culto di Apollo nel santuario di Delfi, dove si trovava l oracolo che concedeva agli uomini la conoscenza del destino futuro, anche se in forma enigmatica. Osserviamo infine che, oltre alle analogie, già sottolineate, con le religioni dell antico Egitto e di Babilonia, secondo gli studi di Pugliese Carratelli (2001), «affine a questa dottrina pitagorica appare quella che, nel medesimo tempo in cui si svolgeva in Magna Grecia il magistero di Pitagora, si esprimeva in India nella predicazione del Buddha: anche questa indicava nella tensione intellettuale verso il Nirvana la liberazione dal reiterarsi delle esistenze prodotto dal trsna, le sete di vivere» 20

21 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 3 PARAGRAFO 4. LA DOTTRINA PITAGORICA DELL ANIMA Raffaello Sanzio, Pitagora, particolare de La Scuola di Atene, , Stanza della Segnatura, Musei Vaticani, Roma Come abbiamo già visto nel Modulo-base ( ), per Pitagora, come già per Eraclito, l anima dell uomo ha natura cosmica e divina. L eclettica formazione di Pitagora, che era avvenuta a Mileto, ma anche in Egitto e a Babilonia, lo aveva condotto a rielaborare in chiave concettuale e scientifica i temi della sapienza orientale e dei misteri orfici. Il filosofo di Samo riprese il principio dualistico secondo cui la psiche, intesa come daimon (cioè come elemento divino), è custodita nel soma-corpo e lo ricondusse nell alveo del dualismo tra limite e illimitato e nell ambito della sua speculazione filosofica, facendone anche, nella comunità scientifica, religiosa e politica che fondò a Crotone, un principio morale ed una norma di vita comunitaria. Tali regole di vita precise e rigorose erano proprie degli iniziati ai misteri, ai «puri», dediti a pratiche ascetiche, connesse con la ricerca scientifica e l astrazione intellettuale (ove si ponevano le basi di quelle scienze che costituiranno le basi del quadrivio medioevale Sezione 2, Unità 2, Capitolo 1 Paragrafo 3): 1. Aritmetica 2. Geometria 3. Astronomia 4. Musica 21

22 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 3 Lo scopo è quello di purificare l'anima dai suoi contatti con la corporeità per ricondurla alla sua condizione divina durante la stessa vita terrena: l anima immortale va sottratta al ciclo delle trasmigrazioni e innalzata alla dimensione del divino. Il principio fondamentale è che l'ordine cosmico va trasferito nella vita individuale e collettiva degli uomini. Se, infatti, c è un ordine degli astri, un ordine delle stagioni, un ordine della natura, non si può accettare che nella vita degli uomini regni un grande disordine. Proprio riflettendo su questo conflitto, su questa contraddizione, una tradizione di tipo religioso, come quella di Delfi, e riflessioni più propriamente morali, filosofiche e politiche, si incontrarono sulla comune esigenza di migliorare la condizione umana. Il sacerdozio delfico tendeva a diffondere una sapienza dell'ordine: motti come nulla di troppo e conosci te stesso invitavano gli uomini a rispettare l ordine cosmico e divino. Ponendosi in continuità con tale insegnamento i pitagorici tentarono di realizzare un programma di riforma morale e politica della vita sociale (cfr. M. Vegetti, 1975). Nella scuola pitagorica, misticismo e razionalità trovano una sintesi ulteriore, potenziando quella già presente nei misteri orfici: Gli acusmatici (gli allievi ascoltatori, giunti al primo grado di iniziazione) erano spirituali puri e incarnarono le tendenze religiose della comunità; Ai matematici (gli allievi giunti al più alto grado di iniziazione, coloro che imparavano ) fu affidato lo sviluppo dei presupposti scientifici della scuola. Lo stesso Pitagora riuniva in sé gli attributi della conoscenza razionale, scientifica, matematica e di quella misticoestatica, magica, teologica. Non a caso, Pitagora fu venerato come un dio e chiamato a Crotone Apollo Iperboreo. Il riferimento ad Apollo Iperboreo fa risalire il culto del Dio agli sciamani del Nord Europa, alle loro capacità profetiche e magiche (cfr. G. Colli, 1974). PARAGRAFO 5. GLI SVILUPPI DEL PITAGORISMO L Orfismo era già diffuso nella Magna Grecia quando vi giunse Pitagora e la sua scuola lo integrò e lo investì di quella dimensione filosofica che conservò molto a lungo. Inoltre, formazione orfico-pitagorica ebbe anche Parmenide, che accolse e sublimò filosoficamente la dottrina della divinità dell anima. In seguito anche Empedocle ebbe formazione pitagorica e fece propria la dottrina della metemsomatosi. Socrate aveva con il sacerdozio delfico legami piuttosto stretti e, come abbiamo già sottolineato nel Modulo-base ( Sezione 1, Unità 2, Capitolo 2, Paragrafo 4), è ritenuto anche l inventore della psicoterapia (cura dell anima, cura della psiche), cioè di quella forma di ricerca e di conoscenza che, potenziando il filone orfico-pitagorico (ed eracliteo) della sapienza antica, mirava alla profonda conoscenza di sé come unica possibilità di miglioramento dell ordine umano e sociale. Inoltre, in Socrate c è il tema tipicamente orfico del daimon, su cui torneremo più avanti (per tutto questo tema Percorso 6). Poi, il più importante seguace del pitagorismo fu Platone che accolse ed elaborò in una grande sintesi anche il pensiero di Parmenide ed Empedocle (e non solo). Sulla dottrina della metemsomatosi fondò una nuova gnoseologia, una nuova ontologia metafisica ed una visionaria escatologia filosofica, con il «mito di Er» ( Sezione 1, Unità 3, Capitolo 2 Paragrafo 8). Per i rapporti di Platone con il pitagorismo Percorso 7. 22

23 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 4 PERCORSO TEMATICO 4. FILOSOFIA E SCIENZA PREREQUISITI [ Conoscenza e comprensione dell Unità didattica 1, Capitoli 1 e 2, del Modulo-Base ] OBIETTIVI [ Approfondimento dei rapporti tra filosofia e scienza ] Che cosa significa dire, come abbiamo detto nell Introduzione, che la filosofia è scienza? Oggi, per uno studente del Triennio superiore le scienze sono la biologia, la fisica, la chimica, le scienze della Terra,... La matematica è la scienza esatta per eccellenza, forse. La filosofia non si capisce bene che cosa sia. Fa parte delle materie scientifiche? Oppure delle materie umanistiche? Come risponderebbe uno studente a queste domande? Già la distinzione tra materie umanistiche e materie scientifiche, se ha un fondamento storico, lo ha molto meno sul piano teorico. È un tema, questo, che dovremo tornare a discutere nei prossimi volumi, anche se è già chiaro che la filosofia, fin dal suo emergere, è stata indubbiamente in rapporto anche con la letteratura, la poesia, l arte, il mito, la religione. Filosofia e scienza nell antichità. Per ora, comunque, limitiamoci a cercare di capire cosa è stata la filosofia antica e perché la si può definire anche scienza. Fin dalle origini, fin dalla sua prima comparsa nel mondo mediterraneo, la filosofia ha avuto delle caratteristiche che la accomunano a quello che ancora oggi si intende con la parola scienza: Tentativo di soluzione di problemi concreti; Atteggiamento costante di ricerca; Spirito di osservazione della realtà nei suoi aspetti percepibili; Metodo razionale e argomentazione logica; Esercizio del libero pensiero e della capacità critica rispetto alle opinioni più comuni e più diffuse e del patrimonio culturale della tradizione; Dialogo, discussione, dibattito; Tendenza al possesso di conoscenze affidabili e per quanto possibili certe, cioè di modelli teorici capaci di fornire un quadro esauriente dei problemi da affrontare e risolvere; Tendenza ad occuparsi di tutti gli aspetti della realtà: infatti, la filosofia si è ben presto articolata in settori diversi, tanti quanti sono quelli della stessa realtà che studia e indaga: l essere, il vivere, il conoscere, il pensare, il parlare, l agire, l arricchirsi, l associarsi, l organizzare uno stato, il governare, lo stabilire leggi, l educare, il giudicare, il punire, insieme a molti altri. Non c è dubbio, dunque, che filosofia e scienza hanno in comune tutte o quasi tutte le caratteristiche elencate sopra. Sembra, allora, di poter affermare che esse si identificano o differiscono di pochissimo. Questa affermazione ha un certo valore, se ci riferiamo, ad esempio, alla filosofia greca dei primi secoli. La conoscenza che si conseguiva con la ricerca filosofica fu quasi subito chiamata epistème, che significa «ciò che sta su un fondamento stabile», e che possiamo tradurre proprio con la locuzione «scienza certa», in opposizione alla dimensione dell opinione, in greco doxa, cioè al campo delle conoscenze incerte, discutibili. I primi filosofi sono stati anche i primi scienziati: Talete, Anassimandro, Anassimene ( Sezione 1, Unità 1, Capitolo 2) erano matematici, astronomi, meteorologi, ingegneri, geologi, geografi. Con loro è nata la civiltà occidentale, in una feconda sintesi di ricerca filosofica e scientifica e, come osserva Ludovico Geymonat, «pensiero filosofico e pensiero scientifico [ ] sono due facce della stessa razionalità» (1970). Vedremo in dettaglio come questo legame sia rimasto saldo per molti secoli, anche se le scienze ebbero la tendenza a specializzarsi e a ricercare una certa autonomia. La differenza tra filosofia e scienza. Ma perché possiamo dire che gli scienziati Talete, Anassimandro, 23

24 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 4 Anassimene sono stati anche i primi filosofi? Qual è la caratteristica che distingue la filosofia dalla scienza, o meglio dalle scienze? Il grande filosofo contemporaneo Emanuele Severino lo esprime con esemplare chiarezza: [ ] i greci hanno reso per primi testimonianza al tutto, cioè a quella dimensione di cose e vicende e mondi che non lascia nulla fuori di sé, e che quindi cela in sé ogni segreto, ogni risposta, ogni speranza, ogni delusione; hanno per primi pensato il tutto come tutto; e gli hanno dato un nome» (1984). Ecco, appunto, la caratteristica in più della filosofia rispetto a quelle comuni elencate prima. La filosofia non solo si occupa di tutta la realtà, in tutti i suoi aspetti specifici, ma si occupa della realtà intesa come Tutto, che non lascia nulla fuori di sé. In questo senso, i primi filosofi sono stati tali poiché hanno ricercato l origine di tutte le cose, il principio assoluto del Tutto, il suo significato, la sua struttura, le sue leggi di funzionamento. Questo è un punto fondamentale. Noi oggi siamo i pronipoti di quei grandi avventurieri della conoscenza. Come osserva di nuovo Emanuele Severino, «la nascita della filosofia è [l evento] più decisivo [nella storia dell uomo], se ci rende conto che il modo in cui la filosofia si è presentata fin dal suo inizio sta alla base dell intero sviluppo della civiltà occidentale, e che le forme di questa civiltà dominano ormai su tutta la terra e determinano perfino gli aspetti più intimi della nostra esistenza individuale» (1984). Unità o distinzione tra scienza e filosofia. I primi filosofi, geniali scienziati, erano coscienti della differenza? La risposta non è affatto facile. Vedremo nel secondo volume che, ancora nel XVII secolo, gli artefici della nascita della scienza moderna, che è la forma di scienza ancor oggi dominante, pur con qualche modifica, consideravano se stessi filosofi. Probabilmente, per la maggior parte dei grandi sapienti delle origini della filosofia (da Talete ai Pluralisti Sezione 1 Unità 1), anche se con differenti accentuazioni, l attività filosofica e quella scientifica erano strettamente correlate e non del tutto distinguibili. Del resto, anche successivamente, Socrate e Platone ( Sezione 1 Unità 2 / Sezione 1 Unità 3) tendono a identificare conoscenza, sapienza, filosofia e scienza. Sarà Aristotele ( Sezione 1 Unità 4) il primo a distinguere i diversi tipi di scienza dalla metafisica (o filosofia prima), ma pur sempre nell ambito di una concezione strutturalmente unitaria del sapere. Una prima forma di separazione tra ricerca filosofica e scientifica si verifica nell età ellenistica ( Sezione 1 Unità 5), quando, più per le circostanze storico-culturali che per una vera e propria forma di consapevolezza esplicita, il Museo di Alessandria, nato per iniziativa di alcuni discepoli del Liceo aristotelico, portò avanti le ricerche scientifiche dei peripatetici, ma in un ottica sempre più specialistica e sempre più separata dalla filosofia (anche per la lontananza geografica tra i due centri, Atene, rimasta la sede di tutte le scuole filosofiche tradizionali, e Alessandria, nuovo centro emergente della cultura enciclopedica dell epoca). Ma l argomento dovrà essere ripreso più in particolare nel secondo volume. 24

25 Approfondimenti, Sezione 1, Percorso 5 PERCORSO TEMATICO 5. GNOSEOLOGIA PREREQUISITI [ Conoscere i contenuti della Sezione 1, Unità 1 Aver compreso i concetti fondamentali della ricerca filosofica dalla Scuola di Mileto ai Pluralisti ] OBIETTIVI [ Approfondire la comprensione degli sviluppi della ricerca filosofica nell ambito della capacità conoscitive umane ] PARAGRAFO 1. LE ORIGINI DELLA GNOSEOLOGIA Gnoseologia è termine composto da due parole greche: ghnòsis (conoscenza) e lógos (discorso, ragione, studio). Indica, dunque, il «discorso sulla conoscenza», l analisi critica della conoscenza umana. La filosofia, come abbiamo detto sin dall inizio, si occupa di comprendere sia il Tutto (la totalità nel suo insieme) sia tutto (tutti gli aspetti particolari della totalità, tutte le forme della realtà in cui viviamo). La conoscenza, qualunque forma di conoscenza, compresa la filosofia, è una delle forme del Tutto, è uno degli aspetti della realtà. Perciò, fin dalle origini i filosofi hanno cercato di scoprire cosa fosse la loro stessa ricerca, il loro stesso tentativo di capire il cosmo e la natura. In quel sistema ordinato di relazioni che, per i primi filosofi, è il meraviglioso Tutto da scoprire e svelare, anche la relazione che lega il filosofo che vuol comprendere al Tutto e a tutto, è essa stessa una relazione da capire. La relazione conoscitiva, che è studiata dalla gnoseologia, è una relazione tra un soggetto che conosce e un oggetto conosciuto, in generale. Si chiama «soggetto» un essere capace di conoscenza, dotato almeno di sensibilità, cioè della capacità di ricevere sensazioni, oppure anche di pensiero, capace cioè di elaborare concetti. Si chiama «oggetto» un qualsiasi essere capace di trasmettere sensazioni. Dunque, il soggetto è un essere vivente, senziente, pensante, non necessariamente umano, anche se di solito ci si riferisce alla conoscenza umana. L oggetto è un qualsiasi essere percepibile e conoscibile: una cosa, un minerale, un vegetale, un animale, un essere umano, tutto ciò che esiste ed è conoscibile con la sensazione e il pensiero. L essere umano può essere soggetto e oggetto insieme, poiché può studiare tutto, compreso se stesso. La gnoseologia è uno studio teorico della conoscenza. Cerca di capire come sia possibile la conoscenza, come relazione tra soggetto e oggetto. Cerca di comprendere come funziona, come si attua, con quali limiti, difficoltà, problemi, risultati. Nascita della filosofia e gnoseologia. Lo studio teorico della conoscenza, come specifica relazione dello studioso con tutti gli aspetti della realtà, è implicito già nella distinzione operata da Talete tra l arché e la natura. Individuando la sostanza identica che permane al di sotto del cambiamento continuo della natura, che assume forme sempre diverse, Talete aveva già presente la differenza tra una conoscenza immediata, che constata con meraviglia il molteplice divenire di tutte le cose, ed una conoscenza razionale (il ragionamento scientifico-filosofico) che ne cerca l unica origine. Eraclito: svegli e dormienti. Nel pensiero di Eraclito si ritrova, approfondita, questa distinzione tra due livelli del conoscere, tra superficie e profondità. Egli, infatti, contrappone svegli e dormienti. Questi ultimi sono la maggior parte degli uomini, che si accontentano di una saggezza privata, di un punto di vista soggettivo. Esso impedisce loro di cogliere da un punto di vista generale la realtà della natura e del cosmo. Essi sono come coloro che dormono e sognano mondi illusori, rispetto a coloro che sono svegli e vedono la realtà delle cose, cercano di comprenderne a fondo la profondità e la complessità, che non appare in superficie («la natura delle cose ama celarsi», fr. 123 DK). Leggiamo nella sua interezza il frammento 1 DK e, a seguire, altri illuminanti frammenti sul tema della conoscenza: «Di questo lógos che è sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato sia subito dopo averlo ascoltato; benché infatti tutte le cose accadano secondo lo stesso lógos, essi assomigliano a persone inesperte, pur provandosi in parole ed in opere tali quali sono quelle che io spiego, distinguendo secondo natura 25

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