SOMMARIO. Anno XXXII DIRITTO SOCIETARIO DIRITTO DEI MERCATI FINANZIARI VALUTAZIONI E BILANCIO PROCESSO, ARBITRATO E MEDIAZIONE

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1 Le Società Anno XXXII Amministratori Bilancio DIRITTO SOCIETARIO SOMMARIO Patto parasociale di gestione e giusta causa di revoca Cass. civ., sez. I, 24 maggio 2012, n commento di Angelina-Maria Perrino 245 Determinazione giudiziaria del compenso dell amministratore di società di capitali Trib. Roma, sez. III, 12 settembre 2012, n commento di Emiliano Marchisio 254 Principi di redazione del bilancio di esercizio e funzione dei principi contabili Trib. Prato 25 settembre 2012 commento di Paola Balzarini 269 Società semplice Società commerciali con due soci con potere di amministrazione disgiunto di Vincenzo Salafia 289 DIRITTO DEI MERCATI FINANZIARI Imprese Oggetto sociale esclusivo delle imprese di assicurazione e atti connessi di assicurazione Cass. civ., sez. un., 30 dicembre 2011, n commento di Pierpaolo Marano 292 Amministratori I piani di successione degli amministratori esecutivi di Romina Guglielmetti 300 VALUTAZIONI E BILANCIO Stima del danno Stima del danno da violazione di proprietà intellettuali: Apple contro Samsung di Chiara Della Bella 313 PROCESSO, ARBITRATO E MEDIAZIONE Sequestro di quote Sequestro di quota offerta in prelazione, fumus e preannuncio della causa di merito Trib.BustoArsizio,sez.dist.diGallarate,ord.9marzo2012 commento di Giuseppe della Pietra 326 DIRITTO PENALE COMMERCIALE Reati fallimentari Il dissesto come evento della bancarotta fraudolenta per distrazione: rara avis oevoluzione della (fatti)specie? Cass. pen., sez. V, 6 dicembre 2012, n commento di Luca Troyer e Alex Ingrassia 335 OSSERVATORIO GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ acuradivincenzo Carbone e Romilda Giuffrè 345 GIURISPRUDENZA DI MERITO acuradialessandra Stabilini 347 GIURISPRUDENZA PENALE DELL IMPRESA acuradimarco Maria Scoletta 350 Le Società 3/

2 Le Società Anno XXXII CONSOB acuradifederico Venturini 355 FISCALE acuradimassimo Gabelli 357 COMUNITARIO acuradisilvia Olivieri 363 INDICE Indice Autori Indice Cronologico Indice Analitico 367 I contributi pubblicati in questa Rivista sono sottoposti, in forma anonima, alla valutazione di referees. COMITATO PER LA VALUTAZIONE F. Annunziata, C. Consolo, L. De Angelis, G. Fauceglia, G. Guizzi, M. Lamandini, V. Meli, S. Menchini, F. Mucciarelli, A. Pericu, A. Perrone, C. Piergallini, S. Rossi, L. Stanghellini, G.M. 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3 Diritto societario Amministratori Patto parasociale di gestione e giusta causa di revoca Cassazione civile, Sez. I, 24 maggio 2012, n Pres. Fioretti - Rel. Scaldaferri - P. ed altra c. Sire s.p.a. Società - Società di capitali - Consiglio di amministrazione - Patto parasociale di gestione - Giusta causa di revoca degli amministratori stipulanti - Sussistenza (Cod. civ. artt. 1322, 2383, 2386) Sussiste giusta causa di revoca degli amministratori di una società per azioni che abbiano stipulato con terzi un patto parasociale di gestione, in ragione della esclusività della funzione gestoria e della immanente situazione di conflitto nella quale gli stipulanti si trovano per effetto del patto (massima non ufficiale). La Corte (omissis). 1. Con il primo motivo si censura, sotto il profilo della violazione di legge (art. 345 c.p.c.), l accoglimento da parte della Corte territoriale di ragioni di invalidità del patto parasociale (nella parte riguardante la gestione della società), che la SIRE non aveva dedotto in primo grado, così consentendo inammissibilmente l introduzione in appello di una eccezione/domanda nuova (per diversità della causa petendi), non rilevabile d ufficio Con il secondo motivo, la violazione di legge viene prospettata dai ricorrenti anche sotto il distinto profilo della mancanza di ogni riferimento, nella motivazione della revoca contenuta nella delibera assembleare del luglio 2002 che l ha disposta, alle suddette ragioni di invalidità del patto. La prospettazione è così riassunta nel quesito di diritto conclusivo: «È ammissibile per una società che abbia deliberato la revoca degli amministratori addurre motivi di giusta causa diversi da quelli indicati nel verbale della delibera assembleare relativa?». Nella illustrazione del motivo di ricorso in esame, peraltro, si fa riferimento anche ad una contraddittorietà ed insufficienza della motivazione della sentenza impugnata, senza tuttavia esporre al riguardo in alcun modo la sintesi, omologa al quesito di diritto, richiesta dall art. 366 bis c.p.c. secondo l interpretazione consolidata della giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex multis Cass. civ., sez. un., n /2007; sez. III, n /2007; n. 8897/ 2008). Ne deriva l inammissibilità di tali ulteriori deduzioni, delle quali non può dunque tenersi conto. 2. Entrambi i motivi, da esaminare congiuntamente attesa la loro connessione, sono privi di fondamento Innanzitutto, va precisato che l oggetto di questo giudizio non consiste nell accertamento circa la validità, o non, del patto parasociale, bensì circa la sussistenza, o non, del diritto al richiesto risarcimento del danno ex art c.c., comma 3 per difetto di una giusta causa della revoca: la questione controversa attiene alla sussumibilità nella ipotesi normativa della giusta causa (clausola generale) del fatto costituito dalla partecipazione degli amministratori revocati ad un patto parasociale avente le caratteristiche sopra descritte. La Corte d Appello ha risposto positivamente a tale quesito, non ha accolto una domanda o un eccezione di nullità del patto, che non risultano esser state mai proposte dalla SIRE s.p.a. D altra parte, che la allegazione della giusta causa della revoca facesse per l appunto riferimento, sin dall inizio, al complessivo contenuto del patto parasociale - incidente sull esercizio non solo del diritto di voto in assemblea, ma anche della funzione gestoria - si evince chiaramente: a) dalle espressioni riportate nel verbale della delibera assembleare del 26 luglio trascritte nel controricorso della SIRE - con le quali l azionista di maggioranza motivava la sua richiesta di revoca (evidenzianti il venir meno del necessario rapporto di fiducia e la violazione del dovere di lealtà, fedeltà e correttezza, presente in tutti i rapporti di gestione di affari altrui, per la sottoscrizione di un patto parasociale diretto a condizionare ogni deliberazione e scelta di gestione della società); b) dalla comparsa di risposta della SIRE in primo grado, nella quale si riporta per intero la suddetta verbalizzazione e, tra i vari profili in discussione, si evidenzia anche la violazione del dovere, gravante sugli amministratori, di perseguire l interesse sociale; c) dalla comparsa conclusionale della SIRE in primo grado, ove tali concetti risultano ribaditi e approfonditi. Rettamente, dunque, la società ha insistito in atto di appello in questi aspetti della sua difesa, presenti sin dall inizio e disattesi dal primo giudice Tali considerazioni si mostrano idonee a smentire anche la critica esposta nel secondo motivo di ricorso. Le Società 3/

4 Diritto societario In relazione al quale deve inoltre precisarsi come la discussa esigenza di indicazione nella delibera delle ragioni della revoca - esigenza sottesa al principio di buona fede ed alla appartenenza alla sola assemblea della relativa valutazione (così Cass. n /08) - può comunque costituire valida ragione per ritenere preclusa la deduzione, nel corso del successivo giudizio per il risarcimento del danno, di fatti e circostanze ulteriori rispetto a quelli indicati nella delibera stessa, non anche lo sviluppo in quella sede di ulteriori considerazioni e argomentazioni in diritto circa le implicazioni dei fatti indicati. E poiché comunque nella specie risulta pacifica la avvenuta contestazione in sede assembleare del fatto costituito dalla partecipazione degli amministratori revocati ad un patto parasociale avente un determinato contenuto, le varie considerazioni e argomentazioni in diritto espresse al riguardo in giudizio dalla società non le erano precluse. 3. Con il terzo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione di legge (art c.c., comma 2, anche in relazione all art bis c.c.), sostenendo la liceità dei patti parasociali, aventi esclusivamente efficacia interna ai partecipanti e non risultando opponibili alla società, e l insufficienza della loro mera stipulazione ad integrare la giusta causa di revoca degli amministratori. Denunciano inoltre l insufficienza e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui (come si riassume nella rubrica) la Corte di merito avrebbe ritenuto illecito il patto con riguardo alla sua incidenza sul funzionamento dell organo gestorio e viceversa lecito con riguardo alla sua incidenza sulla assemblea. Con il quarto motivo la censura di violazione di legge nei riguardi della sussunzione della fattispecie in esame nella previsione normativa della giusta causa di revoca viene sviluppata ulteriormente con l assunto secondo cui il patto parasociale sottoscritto dai ricorrenti avrebbe mera efficacia obbligatoria e disciplinerebbe le decisioni attinenti alla sola competenza dell assemblea dei soci. Si deduce anche la insufficienza e contraddittorietà della motivazione per quanto attiene (come riassunto nella rubrica) alla rilevanza e alla vincolatività del patto, limitato ai soli soci (in tale qualità i ricorrenti avrebbero sottoscritto il patto), con riguardo alle competenze ed al corretto funzionamento dell organo gestorio. Si tratterebbe nella specie, ad avviso dei ricorrenti, di un sindacato di voto e non di gestione, che in ogni caso, quand anche per il suo contenuto fosse in ipotesi idoneo ad incidere sull organo di gestione e sulla sua attività, non potrebbe costituire giusta causa di revoca degli amministratori, i quali ben potevano determinarsi diversamente nel voto in Consiglio. Con il quinto motivo, infine, la violazione di legge viene prospettata sotto l ulteriore profilo che il patto parasociale, ove nullo per la parte riguardante il sindacato di gestione, non sarebbe conseguentemente idoneo a vincolare l organo amministrativo, e quindi la sua mera stipulazione, in assenza di prova di operazioni e atti concreti in violazione dei doveri inerenti alla funzione gestoria, non varrebbe ad integrare la giusta causa. Viene anche svolta una censura in ordine alla insufficienza e contraddittorietà della motivazione, della quale tuttavia, in assenza di sintesi idonea, non può tenersi conto, come già rilevato in relazione ad altro motivo. 4. Tali censure, da esaminare congiuntamente in quanto strettamente connesse, sono prive di fondamento Si ritiene utile esaminare prioritariamente le critiche riguardanti la (motivazione del provvedimento impugnato, con riferimento alla) ricostruzione della fattispecie concreta in esame, in particolare l interpretazione del contenuto del patto parasociale sottoscritto dai ricorrenti nel senso che esso prevedeva anche un c.d. sindacato di gestione, in base al quale i ricorrenti si sono obbligati, come amministratori, a svolgere i loro compiti di gestione della società in conformità a quanto voluto e deciso dalla direzione del sindacato a maggioranza semplice. Invero, la sentenza impugnata, riportando testualmente gran parte del capo 8 dell accordo parasociale (cfr. sopra), ha da tali inequivoche espressioni letterali tratto la logica conclusione: 1) che l accordo prevedeva non solo un sindacato di voto nelle delibere assembleari, ma anche in ogni delibera del consiglio di amministrazione (non escluse quelle riguardanti la nomina di dirigenti e quadri), e quindi aveva ad oggetto anche l attività di gestione della società; 2) che i ricorrenti, componenti del consiglio di amministrazione, sottoscrivendo il patto, si erano impegnati direttamente a rispettare le decisioni che la direzione del sindacato, a maggioranza semplice dei partecipanti, avrebbe assunto in ordine alla gestione sociale. Le critiche che i ricorrenti muovono a tale interpretazione contrapponendone una diversa (tendente a ridurre il contenuto dell accordo ad un sindacato di voto in assemblea pattuito tra soli soci), non risultando fondate sulla evidenziazione di uno o più elementi decisivi di prova che la Corte d appello avrebbe omesso di considerare (o avrebbe insufficientemente analizzato), si risolvono in una inammissibile richiesta di riesame del merito, estranea al controllo, riservato a questo giudizio di legittimità, sulla motivazione della sentenza impugnata. Motivazione che, stante la chiarezza delle espressioni riportate, non appare illogica né insufficiente per non aver ritenuto i ricorrenti estranei, in quanto amministratori, al patto parasociale da essi pacificamente sottoscritto, avente un contenuto quale quello descritto Quanto alla dedotta violazione dell art c.c., comma 2, va qui ribadito come la questione della nullità del patto parasociale in esame non costituisca propriamente il tema da decidere, anche se il percorso argomentativo può in parte coincidere. Qui il tema da decidere è se il giudice di merito abbia rettamente giudicato sussistente la giusta causa della revoca a norma dell art c.c., comma 3, nel ritenere che gli obblighi giuridici che dal patto parasociale derivano a carico dei ricorrenti pongano questi ultimi, nell espletamento delle loro funzioni di co-gestori della società, in una situazione di potenziale quanto immanente conflitto - tale da ledere il necessario rapporto fiduciario con la società - nella quale essi si trovano a seguito della sottoscrizione del patto parasociale in esame: conflitto tra il dovere di fedeltà nei confronti della società e quello nei confronti del patto di sindacato. Nel compiere tale disamina, peraltro, deve 246 Le Società 3/2013

5 Diritto societario tenersi presente che, in tema di c.d. clausole generali quale quella sulla giusta causa contenuta nell art c.c., comma 3, il controllo di legittimità sulla sussunzione della fattispecie controversa nella clausola generale, operata dal giudice di merito, deve limitarsi ad un giudizio di ragionevolezza di tale sussunzione (cfr. ex multis, sez. un. n. 5/2001) La questione così riassunta non può essere affrontata senza distinguere tra c.d. sindacato di voto in assemblea e c.d. sindacato di gestione, quale quello qui in esame. Il porre l esigenza di tale distinzione non appare in contrasto con il principio generale, affermato più volte dalla giurisprudenza di questa Corte (non però in relazione al tema specifico dei sindacati di gestione), secondo cui i patti parasociali, pur vincolando esclusivamente le parti contraenti e non potendo incidere direttamente sull attività sociale, devono ritenersi illegittimi quando il contenuto dell accordo si ponga in contrasto con norme imperative o sia idoneo a consentire l elusione di norme o principi generali dell ordinamento inderogabili, ma non quando siano destinati a realizzare un risultato pienamente consentito dall ordinamento (cfr. n /2010; n /2007; n /2001; n. 9975/1995). Vero è che l applicazione di tale principio generale alle singole fattispecie ha spesso condotto alla affermazione della legittimità di patti parasociali aventi ad oggetto l espressione del voto dei soci aderenti nell assemblea sociale: ciò in quanto, essenzialmente, si è ritenuto che tali patti, avendo ad oggetto atti destinati comunque a restare nella libera disponibilità dei soci secondo gli interessi e le contingenti valutazioni di questi ultimi, non violano, di per sé stessi (salve ipotesi specifiche in relazione alla illiceità dell oggetto del patto, come per l esonero degli amministratori dall azione di responsabilità: cfr. n /2010; n. 7030/1994), norme imperative o principi inderogabili dell ordinamento. Ma tali orientamenti non appaiono giustificare - neppure invero sotto il profilo della legittimità affrontato nelle pronunce richiamate - le conclusioni cui pervengono i ricorrenti in tema di sindacati di gestione. La differenza tra sindacato di voto in assemblea e sindacato di gestione, che induce a ravvisare in questo secondo caso una situazione immanente di conflitto per il solo fatto della adesione al patto parasociale, non appare invero collegabile ad una diversa forza vincolante del patto nell un caso rispetto all altro, bensì all incidenza del sindacato di gestione su comportamenti di soggetti che, a differenza dei soci, sono investiti inderogabilmente di una funzione, hanno cioè l intera ed esclusiva responsabilità della gestione dell impresa sociale, nell interesse della società ed anche dei terzi che con essa vengano in vario modo in contatto. Il principio generale della attribuzione in via esclusiva agli amministratori della attività di gestione risulta invero affermato espressamente, nella normativa regolante le società per azioni contenuta nel codice civile, solo a seguito della riforma del diritto societario approvata con D.Lgs. n. 6/ 2003 (inapplicabile ratione temporis alla fattispecie in esame) che ha introdotto l art bis c.c., il cui comma 1 per l appunto precisa che la gestione dell impresa sociale spetta esclusivamente agli amministratori. Ma tale principio, come è noto, era, già prima del suo recepimento da parte del legislatore della riforma (che del resto in più punti appare aver seguito tale metodo), affermato da dottrina e giurisprudenza sulla base di una interpretazione sistematica di alcune norme del codice civile (artt. 2364, 2392, 2394, 2395) che delimitavano le competenze dell organo deliberativo rispetto alla competenza generale dell organo investito della gestione della società, e attribuivano a quest ultimo la responsabilità piena di tale attività nei confronti non solo della società ma anche dei terzi, a chiusura e garanzia di un sistema incentrato sulla responsabilità limitata dei soci. Può dunque a ragione ritenersi che all intervento del legislatore della riforma nella normativa regolante la società per azioni non sia attribuibile più che un valore rafforzativo del principio della esclusività delle competenze gestorie degli amministratori. Innovazioni vere e proprie nell ambito dei rapporti tra i soci e la funzione della gestione sociale sono piuttosto rinvenibili, nella riforma in questione, nell ambito della regolamentazione del modello della società a responsabilità limitata (cfr. artt e 2475 c.c.), ma tale problematica (dalla quale forse potrebbe derivare la necessità di una diversa considerazione della questione in esame nell ambito della s.r.l.) non rileva in questa sede Va poi senz altro escluso che la impugnata statuizione sulla giusta causa della revoca abbia violato l art bis c.c. Si tratta, in primo luogo, di norma introdotta anch essa dal D.Lgs. n. 6/2003, ed avente certamente portata innovativa (quantomeno sotto il profilo della estensione a tutte le società per azioni di un riconoscimento dei patti parasociali che il Legislatore aveva in precedenza espresso solo in normative settoriali), si da escluderne, ratione temporis, la applicabilità alla fattispecie in esame. D altra parte, quand anche non si condividesse tale esclusione, dovrebbe comunque rilevarsi come l art bis, da un lato, si limiti a dettare (insieme all art ter) alcuni profili di disciplina dei patti parasociali senza alcun carattere esaustivo, specie con riferimento ai limiti di ammissibilità di tali accordi. D altro lato, tale norma non appare contemplare, nella descrizione ivi contenuta, patti parasociali incidenti direttamente sulla gestione sociale, neppure nella ipotesi contemplata alla lettera c), che, nel preciso riferimento all esercizio anche congiunto di un influenza dominante sulla società, richiama le varie situazioni di controllo previste dall art c.c., in nessuna delle quali si evidenzia un diretto controllo esterno sulla gestione, bensì sulla assemblea sociale. Quand anche, dunque, dovesse ritenersi in qualche modo operante in una fattispecie (quale quella in esame) definita anteriormente alla sua entrata in vigore, l art bis non dovrebbe comunque ritenersi rilevante in tema di sindacati di gestione, sulla base della interpretazione qui esposta, che appare del resto coerente, sotto il profilo sistematico, con la regola generale della esclusività della funzione di gestione, espressamente dettata dallo stesso Legislatore della riforma Il giudizio sulla ricorrenza nella specie di una ipotesi Le Società 3/

6 Diritto societario di giusta causa di revoca degli amministratori trova dunque valido fondamento nel principio normativo della esclusività della funzione gestori a, e quindi nelle peculiarità dei doveri ad essa inerenti, e si mostra non irragionevolmente motivato con il riferimento al venir meno del necessario rapporto fiduciario conseguente alla grave situazione immanente di conflitto nel quale, con la partecipazione al patto parasociale in questione, i ricorrenti versano. Situazione che, del resto, non può essere direttamente equiparata a quella dell influenza che possa derivare sull agire dell amministratore dai meri orientamenti espressi dal socio di maggioranza che lo ha nominato, stante l assunzione nel caso in esame di uno specifico vincolo giuridico di natura obbligatoria, che del resto non avrebbe ragione di essere costituito ove non aggiungesse alcunché. Non vale ad intercettare la suddetta ratio decidendi la deduzione da parte dei ricorrenti, nel quinto motivo, della inefficacia del patto parasociale, ove nullo: come si è detto, ciò che rileva ai fini della statuizione impugnata non è la illiceità in sé del patto, bensì le sue implicazioni sul rapporto fiduciario tra amministratori aderenti al patto e società. Il rigetto del ricorso principale si impone dunque. (omissis). 2. È fondato il primo motivo, con il quale si denuncia, in relazione all art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l omessa pronuncia sulla domanda di restituzione delle somme versate ai P. a seguito della sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva. Risulta dall esame delle conclusioni formulate in atto di appello (consentito in relazione ad una censura di vizio in procedendo) che in quella sede la SIRE ebbe a chiedere l emissione da parte della Corte territoriale di ogni provvedimento consequenziale, anche restitutorio delle somme tutte corrisposte agli appellati in virtù della immediata esecutorietà della sentenza impugnata. Trattasi invero di domanda conseguente alla richiesta di modifica della sentenza impugnata e ad un fatto sopravvenuto nelle more, che dunque è ritualmente e tempestivamente formulata in atto di appello (cfr. ex multis Cass. n /2010; n /2010; n /10). (omissis). IL COMMENTO di Angelina-Maria Perrino L Autrice ricostruisce l effetto che la stipulazione di un patto parasociale di gestione può esplicare sul pactum fiduciae intercorrente tra l amministratore e la società per azioni. Il fatto e la soluzione della sentenza Alcuni soci componenti del consiglio di amministrazione di una società per azioni stipularono un patto parasociale che, per i profili d interesse ai fini della decisione, contemplava il loro impegno a rispettare le determinazioni che la direzione del sindacato, a maggioranza semplice dei partecipanti, avrebbe assunto in ordine alla gestione della società. Il socio di maggioranza della società venne a conoscenza dell esistenza del patto e l assemblea ordinaria, su sua proposta, revocò per giusta causa dall incarico i componenti del consiglio di amministrazione che avevano stipulato il patto, reputando irrimediabilmente vulnerato il pactum fiduciae con loro intercorrente. La Corte di cassazione ha ravvisato, per il fatto stesso della stipulazione del patto parasociale, una situazione immanente di conflitto tra soci amministratori e società; una tale situazione, ha chiarito, scaturisce dall inderogabile funzione gestoria di cui sono investiti gli amministratori ed alla quale essi nella sostanza abdicano mercé la stipulazione del patto; l inderogabilità della funzione, ha rimarcato, discende dalla esclusività delle competenze gestorie degli amministratori, meramente rafforzata dall art bis c.c., non applicabile al caso ratione temporis, che l ha espressamente affermata; per conseguenza, ha concluso, l adesione al sindacato di gestione diviene giusta causa di revoca dall incarico degli amministratori. È rimasta sullo sfondo della decisione la valutazione circa la validità del patto, la stipulazione del quale ha acquisito rilievo soltanto ai fini della configurabilità della giusta causa di revoca. L esclusività delle funzioni gestorie nel diritto societario, prima e dopo la riforma La soluzione cui la sentenza è pervenuta è ragionevole, anche se alcuni passaggi meritano, forse, qualche precisazione. È senz altro vero che uno dei princìpi ordinatori del microcosmo delle società per azioni è l esclusività delle competenze gestorie degli amministratori; ma tale principio è espressione del nuovo protagonismo assunto dall amministratore a seguito della ri- 248 Le Società 3/2013

7 Diritto societario forma del diritto societario (1), del quale l art bis c.c., introdotto dalla riforma, che lo proclama, pare il manifesto. La norma s innesta difatti in un canovaccio, tutto rinnovato, che contempla, tra l altro: la modifica dell art. 152, comma 2, l.fall. (dovuta all art. 135, D.Lgs. n. 5/2006), che rimette agli amministratori e non più ai soci (salva diversa disposizione dell atto costitutivo o dello statuto) le decisioni in ordine alla proposta ed alle condizioni del concordato fallimentare; la nuova versione dell art. 2365, comma 2, c.c., in base al quale lo statuto può conferire agli amministratori importanti prerogative dell assemblea straordinaria, come le deliberazioni concernenti la fusione nei casi previsti dagli artt e 2505 bis c.c., l istituzione o la soppressione di sedi secondarie, l indicazione di quali tra gli amministratori hanno la rappresentanza della società, la riduzione del capitale in caso di recesso del socio, gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative, il trasferimento della sede sociale nel territorio nazionale; ma, soprattutto, la nuova veste dell art. 2364, n. 5, c.c., il quale prevede che l assemblea ordinaria delibera sulle «autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento degli atti degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti». Si è in tal maniera riformulato il vecchio art. 2364, n. 4, c.c., il quale consentiva che oggetti attinenti alla gestione della società, rientranti per legge nella competenza dell organo amministrativo, potessero dall atto costitutivo essere riservati alla competenza dell assemblea o sottoposti al suo esame dagli amministratori, inducendo qualcuno ad ammettere la possibilità che l assemblea delegasse a terzi il compimento di atti rientranti nella competenza dell amministratore, sia pure nei limiti in cui essa aveva competenza a deliberare (2). E il legislatore della riforma ha voluto marcare la differenza col regime previgente, al fine di sgombrare il campo dal pericolo «che, come in passato poteva accadere, nessuno risponda di una data operazione: né l assemblea che è per definizione irresponsabile, né gli amministratori che a discarico di responsabilità abbiano sottoposto l operazione all assemblea» (3). È venuto quasi naturale, dunque, ritenere inderogabile la regola dell esclusività delle competenze gestorie, con la conseguente invalidità del sindacato di gestione che vi si ponga in contrasto (4). Pare dunque inesatta l affermazione della sentenza in ordine al valore meramente rafforzativo del- Note: (1) In tema, v. G.E. Colombo, Amministrazione e controllo, in AA.VV., Il nuovo ordinamento delle società. Lezioni sulla riforma e modelli statutari, Milano, 2003, 177; F. Galgano - R. Genghini, Il nuovo diritto societario. Le nuove società di capitali e cooperative, in Galgano (diretto da), Trattato di diritto commerciale, Padova, 2006, XXIX, 421; sulla novità introdotte dalla riforma in relazione alla figura dell amministratore, v., anche F. Bonelli, Gli amministratori di s.p.a. dopo la riforma delle società, Milano, 2004; A. Gambino, La responsabilità dell impresa e la gestione, inla responsabilità dell impresa (Convegno per i trent anni di Giurisprudenza commerciale - Bologna 8-9 settembre 2004), Milano, 2006, 69; R. Rordorf, La responsabilità civile degli amministratori di s.p.a. sotto la lente della giurisprudenza (I parte), in questa Rivista, 2008, 1193; A. Sarcina, Corporate governance tra comunitarizzazione e (ri)nazionalizzazione italiana, in A. Sarcina - J.A. Garcia Cruces, L attività gestoria nelle società di capitali. Profili di diritto societario italiano e spagnolo a confronto, Bari, 2010, 21; L. Nazzicone, S. Providenti, Commento all art bis c.c., in Amministrazione e controlli nelle società per azioni, Milano, 2010, 9; B. Gagliano, La governance tradizionale delle s.p.a. chiuse, indir. e prat. soc., 2011, 41. Ribadisce che dal carattere originario ed autonomo dei poteri conferiti all amministratore, direttamente derivanti dall atto costitutivo, integrato dalle disposizioni legislative, discende che l organo amministrativo non è subordinato all assemblea, M. Franzoni, Società per azioni, III, Dell amministrazione e del controllo, 1-Disposizioni generali. Degli amministratori, in F. Galgano (a cura di), Commentario del Codice civile Scialoja - Branca, Bologna - Roma, 2008, 7. V., però, per accenti diversi, S.A. Cerrato, Il ruolo dell assemblea nella gestione dell impresa: il sovrano ha veramente abdicato?, inriv. dir. civ., 2009, II, 133. (2) G. Minervini, Gli amministratori delle società per azioni, Milano, 1956, 228. (3) Relazione al D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, 5, Dell assemblea. V., in argomento le osservazioni di A. Tina, L esonero da responsabilità degli amministratori di s.p.a., Milano, 2008, 194. (4) Trib. Modena 2 dicembre 2010, in questa Rivista, 2011, 831, con nota di R. Torino. Per accenti diversi, volti a prospettare la validità dei sindacati di gestione, ricostruiti come promesse, da parte dei soci, del fatto degli amministratori, riconducibili alla disciplina dell articolo 1381 c.c., vedi G.A. Rescio, Gli strumenti di controllo: i patti di sindacato, inriv. soc., 2008, 53. Più in generale, sull illegittimità dei patti parasociali qualora il vincolo assunto dai contraenti contrasti con norme imperative o sia tale da configurare uno strumento di elusione di quelle norme o dei principî generali dell ordinamento che ad esse sono sottesi, v. Cass. 18 luglio 2007, n , in Foro it., 2009, I, 2195; Cass. 23 novembre 2001, n , in questa Rivista, 2002, 431, con nota di L. Picone; Cass. 22 ottobre 1996, n. 9191, in Giur. comm., 1997, II, 237, con nota di P.G. Jaeger. V. anche, da ultimo, Cass. 28 aprile 2010, n , in Giur. comm., 2011, II, 802, con note di C. Fiengo - C. Di Donato - A. Tina, secondo cui il patto parasociale che impegna i soci a votare in assemblea contro l eventuale proposta di intraprendere l azione di responsabilità sociale nei confronti degli amministratori, non è contrario all ordine pubblico, ma agli artt e 2393 c.c., i quali non pongono principi aventi tale carattere, ma sono norme imperative inderogabili, con conseguente nullità del patto, in quanto avente oggetto (la prestazione inerente alla non votazione dell azione di responsabilità) o motivi comuni illeciti (perché la clausola mira a far prevalere l interesse di singoli soci che, per regolamentare i propri rapporti, si sono accordati a detrimento dell interesse generale della società al promovimento della detta azione, dal cui esito positivo avrebbe potuto ricavare benefici economici); né l estensione della nullità all intero negozio e la conversione del negozio nullo, di cui agli artt e 1424 c.c., implicano la violazione dell ordine pubblico, in quanto l istituto della nullità non è, di per sé, di ordine pubblico, potendo solo alcune sue (segue) Le Società 3/

8 Diritto societario l art bis c.c. di un principio di esclusività delle funzioni gestorie già preesistente alla riforma. Ma tale inesattezza è nei fatti ininfluente, in quanto, in base al vecchio regime, le competenze gestorie, nei limiti previsti dall art. 2364, n. 4, c.c., erano esercitate dall assemblea d intesa con gli amministratori, là dove, nel caso esaminato dalla pronuncia in rassegna, le decisioni rilevanti per la gestione sono demandate ad un centro di comando esterno all assemblea ed all insaputa di questa. La rilevanza del conflitto d interessi Né, forse, può risultare dirimente per la soluzione della vicenda il richiamo alla situazione immanente di conflitto d interessi di per sé derivante dalla stipulazione del patto parasociale di gestione, riferito, come fa la sentenza, all esclusività delle competenze gestorie in capo all amministratore. Il diritto positivo appresta una disciplina che riconosce rilevanza agli interessi degli amministratori articolata su due piani (5): uno esterno alla società, che richiama una vicenda esecutivo - rappresentativa, stabilito dall art c.c., il quale esprime un principio applicabile come tale, e nel concorso dei suoi presupposti, ad ogni contratto concluso autonomamente dall amministratore in conflitto d interessi con la società; uno interno alla società, che evoca la vicenda deliberativa, contemplato dall art c.c., il quale configura in capo all amministratore l obbligo d informare gli altri amministratori ed il collegio sindacale dell esistenza di interessi propri o di terzi in un operazione della società, precisandone natura, termini, origine e portata. La norma specifica, peraltro, che «se si tratta di amministratore delegato, deve astenersi dal compiere l operazione, investendo della stessa l organo collegiale, se si tratta di amministratore unico, deve darne notizia anche alla prima assemblea utile». In quest ultimo caso, si è sottolineato, l esclusività del potere gestionale degli amministratori comporta che l assemblea potrà soltanto revocare l amministratore, ovvero deliberare contro di lui l esercizio dell azione di responsabilità (6). Vi è chi sostiene, inoltre, che il dovere di non agire in conflitto d interessi è assorbito nel più ampio dovere di gestire la società con diligenza; in quest ottica, l art c.c., fissando gli obblighi procedurali in esso descritti, sarebbe volto a garantire che il perseguimento dell interesse sociale non sia pregiudicato dall inferenza di un interesse personale proprio o altrui degli amministratori nella gestione della società (7). Ad ogni modo, la disciplina riguarda il concreto agire degli amministratori e rifugge dal considerare situazioni conflittuali aprioristiche ed astratte. In particolare, la disciplina apprestata dall art c.c., sebbene regoli la condotta dell amministratore (non delegato, delegato o unico) sino alla soglia del compimento dell operazione, salvo, poi, prevedere il rimedio impugnatorio delle deliberazioni assunte nel caso d inosservanza delle regole fissate ov- Note: (segue nota 4) ipotesi essere generate dalla violazione di tali principi. Sulla validità del patto parasociale di durata indeterminata, che va integrato con l implicita, ma ineludibile previsione del diritto di recesso di ciascun partecipante, con obbligo di preavviso o per giusta causa, v. Cass. 22 marzo 2010, n. 6898, in questa Rivista, 2010, 1053, con nota di C. Di Bitonto. (5) Cass. 26 gennaio 2006, n. 1525, in Foro it., 2006, I, 2830; Cass. 29 settembre 2005, n , ivi, 2006, I, 3486; Cass. 26 settembre 2005, n , in Rep. Foro it., 2005, voce Rappresentanza nei contratti, n. 9; Trib. Catania 9 settembre 1999, in Riv. dir. comm., 2001, II, 37, con nota di D. Macrì. In dottrina, ex multis, A. Bellacosa, Il conflitto d interessi dell amministratore unico di società per azioni e l art c.c., ingiur. comm., 1997, I, 143, M. Tassi, Conflitto d interessi dell amministratore: rapporto tra l art e l art c.c., in questa Rivista, 1997, 293; L. Enriques, L opponibilità ai terzi del conflitto d interessi degli amministratori di società per azioni (nota a Corte Giust. 16 dicembre 1997, n. 104/96, Rabobank B.A.), in Giur. comm., 1999, II, 265 e, con riferimento alla disciplina successiva alla riforma, D. Maffeis, Il «particolare rigore» della disciplina del conflitto d interessi nelle deliberazioni del consiglio di amministrazione di società di capitali, inriv. dir. comm., 2004, I, 1053; C. Marchetti, Il conflitto di interessi degli amministratori di società per azioni: i modelli di definizione di un problema in un analisi economica comparata, in Giur. comm., 2004, I, 1229; G.M. Zamperetti, Il nuovo conflitto di interessi degli amministratori di s.p.a.: profili sparsi di fattispecie e di disciplina, in questa Rivista, 2005, 1087; G. Minervini, Gli interessi degli amministratori di s.p.a., in P. Abbadessa - G.B. Portale (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gianfranco Campobasso, Torino, 2006, vol. II, 581; P.P. Ferraro, Gli interessi degli amministratori negli organi delegati di società per azioni, innotariato, 2012, 331; G. Romano, La funzione della disclosure nella disciplina degli interessi degli amministratori, di S.p.A., in Diritto della banca e del mercato finanziario, 2012, 159. Da ultimo, in tema, v. Cass. 21 novembre 2008, n , in Rep. Foro it., 2008, voce Società, n. 810, secondo cui in tema di negozio concluso in conflitto di interessi dall amministratore unico di società di capitali (nella specie, società a responsabilità limitata), non essendovi separazione tra potere deliberativo e potere rappresentativo della volontà sociale, è inapplicabile l art c.c., che riguarda il conflitto di interessi degli amministratori in presenza di un consiglio di amministrazione, trovando, invece, applicazione la disciplina generale della rappresentanza di cui agli artt e 1395 c.c., i quali costituiscono eccezione al principio generale dell irrilevanza del rapporto interno tra rappresentante e rappresentato. Ad analoga soluzione si perviene allorché il singolo amministratore compia un atto che rientri nella competenza del consiglio, ma in mancanza della deliberazione di questo: v. Cass. 26 gennaio 2006, n. 1525, in Foro it., 2006, I, 2830, con osservazioni di M. Silvetti. (6) G. Minervini, Gli interessi degli amministratori di s.p.a., cit., 597. (7) A. Tina, op. cit., Le Società 3/2013

9 Diritto societario vero nel caso di deliberazioni del consiglio o del comitato esecutivo adottate con il voto determinante dell amministratore interessato, comunque ha riguardo ad «una determinata - e, quindi, concretaoperazione», richiedendo altresì che le deliberazioni impugnabili siano potenzialmente dannose. D altronde, in giurisprudenza, per un verso, con riguardo alla disciplina generale prefigurata dall art c.c., si ritiene che «il conflitto di interessi di cui all art c.c. postula un rapporto d incompatibilità fra le esigenze del rappresentato e quelle personali del rappresentante o di un terzo che egli a sua volta rappresenti, rapporto che va riscontrato non in termini astratti ed ipotetici, ma con riferimento al singolo atto, di modo che è ravvisabile esclusivamente rispetto al contratto le cui intrinseche caratteristiche consentano l utile di un soggetto solo passando attraverso il sacrificio dell altro» (8). Per altro verso, con riferimento alla disciplina speciale stabilita dall art c.c., nel testo previgente alla riforma, si è considerato che, ai fini dell impugnazione della delibera del consiglio di amministrazione a norma dell art. 2391, è necessario non solo che la stessa sia stata adottata con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi, ma che sia in grado anche, di per sé, di arrecare danno alla società (9), là dove, quanto al testo successivo alla riforma, si precisa che la deliberazione del consiglio di amministrazione di una cooperativa, anche se assunta col voto determinante di un consigliere portatore di un interesse proprio o di terzi, non è annullabile qualora la sua esecuzione non risulti, in concreto, potenzialmente dannosa per la società (10). Patto parasociale di gestione e conflitto d interessi Il punto è che, nel nostro caso, il sindacato di gestione, espressione con la quale si designa l accordo col quale «... i soci si impegnano a fare in modo che gli amministratori nominati grazie ai loro voti si conformino a pattuizioni riguardanti la gestione societaria, replicandole nelle sedi opportune e dandovi esecuzione» (11), non è capace, di per sé, d interferire direttamente con le delibere consiliari, né con atti compiuti dagli amministratori in mancanza di tali delibere: quindi, non riesce a provocare, almeno immediatamente, l applicazione né dell art né dell art c.c. E ciò in quanto il patto esplica efficacia meramente obbligatoria, circoscritta alle sfere giuridiche dei suoi stipulanti e postula, per avere attuazione, che gli amministratori recepiscano le direttive del sindacato e autonomamente decidano di dar loro esecuzione. Non a caso, in relazione al regime antecedente alla riforma del diritto societario, che è intervenuta Note: (8) Cass. 29 settembre 2005, n , in Foro it., 2006, I, 3486, la quale ha confermato la sentenza di merito, che aveva escluso la sussistenza del conflitto di interessi in ordine alla sottoscrizione dell aumento di capitale sociale deliberato da una srl da parte di una spa, a mezzo del suo amministratore delegato, che era anche presidente del consiglio di amministrazione della succitata srl, non sussistendo alcun interesse personale di detto amministratore delegato, contrapposto a quello della spa, che aveva sottoscritto l aumento in adempimento di un patto parasociale, rispetto al quale la s.r.l. era terza. V., peraltro, sia pure in obiter, per la non rilevanza della circostanza che l atto compiuto sia vantaggioso o svantaggioso per il rappresentato e per l esclusione della necessità che quest ultimo provi di aver subito un concreto pregiudizio, per domandare l annullamento o eccepire l annullabilità del negozio, Cass. 15 marzo 2012, n. 4143, in Foro it. 2012, I, 2400; conforme, Cass. 18 luglio 2007, n , in Contratti 2008, 589. (9) Trib. Roma 11 marzo 2005, in Foro it., 2006, I, 293, con osservazioni di H. Simonetti. Risponde ad analoghi principi Cass. 22 dicembre 1993, n , in questa Rivista, 1994, 782. (10) Trib. Napoli 6 giugno 2006, in Foro it., 2007, I, 628, con osservazioni di R. Rordorf, e, in dottrina, in relazione alla società a responsabilità limitata, A.-M. Perrino, Rilevanza sostanziale e processuale del conflitto d interessi dell amministratore di s.r.l., in questa Rivista, 2010, 433. (11) Trib. Milano 2 luglio 2001, in Giur. it., 2002, 562; in tema, anche Cons. Stato, sez. V, 26 novembre 2008, n. 5845, in Giurisd. amm., 2008, I, In dottrina, sulla classificazione dei patti parasociali, v. C. Trapuzzano, I patti parasociali, Riv. nel dir., 2010, 885; D. Scarpa, I patti parasociali nella s.p.a. e nella s.r.l., Milano, 2011, in part. 69 ss. Tra la vasta letteratura in tema, v. G. Santoni, Patti parasociali, Napoli, 1985; L. Farenga, Patti parasociali, indigesto comm., Torino, 1995, vol. XI, 12; G. Riolfo, I patti parasociali, Padova, 2003; V. Salafia, Statuti e riforma societaria: organizzazione, rapporti fra i soci, attività sociale, patti parasociali, inquesta Rivista, 2003, 409; D. Cremasco, L. Lambertini, Governo delle imprese e patti parasociali, Padova, 2004; V. Salafia, I patti parasociali nelle società non quotate, inquestarivista 2005, 945; F. Galgano - P.Zanelli - G.Sbisà, Società per azioni, in Galgano F. (a cura di), Commentario del codice civile Scialoja - Branca, V, Del lavoro (artt ter), I: Disposizioni generali - Della costituzione per pubblica sottoscrizione - Dei promotori e dei soci fondatori - Dei patti parasociali, aggiornato alla riforma delle società d.leg. 6/2003, Bologna - Roma, 2006; M. Bertuzzi - T. Manferoce - F. Platania, Società per azioni - Costituzione, patti parasociali, conferimenti, (artt c.c.), Milano, 2006; G.A. Rescio, Patti parasociali, inil diritto, Enc. giur., Milano, 2007, vol. XI, 19; E. Macrì, Patti parasociali e attività sociale, Torino, 2007; D. Piselli, I patti parasociali tra diritto dei contratti e diritto societario (nota a Cass. 20 giugno 2006, n ), inquestarivista 2007, 1111; S. Scarafoni, I patti parasociali nella legislazione e nella giurisprudenza (nota a Trib. Torino 3 novembre 2006), in Giur. mer., 2007, 2316; L. Sambucci, Patti parasociali, inriv. dir. impr., 2009, 21; D. Proverbio, I patti parasociali. Disciplina, prassi e modelli contrattuali, Milano, Su recenti fattispecie di patti parasociali, v. Trib. Milano 19 settembre 2011, in questa Rivista, 2012, 9, con nota di C. Bonavera (la sentenza è oggetto altresì del commento di C. Di Bitonto, Patti parasociali e patto commissorio: attenti a quei due?, inquestarivista, 2012, 903), con riguardo alle interferenze col patto commissorio e Trib. Milano 30 settembre 2011 e Trib. Milano 2011, in questa Rivista, 2012, 1158, con nota di A-M. Perrino, con riferimento al divieto di patto leonino. Le Società 3/

10 Diritto societario anche sul punto (12), la giurisprudenza di legittimità, posto che i patti parasociali sono accordi atipici volti a disciplinare unicamente i rapporti interni tra gli azionisti ad essi aderenti, ha ritenuto che il vincolo che ne discende opera su un terreno esterno a quello dell organizzazione sociale; e dal carattere «parasociale» ha inferito l esclusione della relativa invalidità ipso facto (13). È innegabile, tuttavia, che un tale patto «... è destinato ad influire... sull operare degli amministratori della società, sul presupposto che costoro siano più o meno direttamente legati ai soggetti che partecipano al sindacato...» (14). In questo modo, il patto diviene fonte in bianco delle regole dell azione amministrativa fissate dai partecipanti al sindacato, idonee a conformare in concreto gli atti in cui l agire trova espressione. Né incide, ai fini della decisione in commento, la circostanza che il patto debba essere considerato, o no, nullo per contrasto con l art bis c.c.: ciò che rileva, ai fini della valutazione sulla sussistenza della giusta causa di revoca, è che l amministratore si sia obbligato a vincolare pregiudizialmente il proprio agire alle indicazioni ricevute dal sindacato. Patto parasociale di gestione e giusta causa di revoca È difatti ineluttabile che, in conseguenza dell assunzione di un tale obbligo, si configuri a carico dell amministratore un «dovere di doppia fedeltà, nei confronti della società e nei confronti del sindacato» (15). Un tale doppio dovere, già difficilmente ipotizzabile nei fatti, rischiando quasi di essere un ossimoro, è incompatibile col nuovo profilo di amministratore delineato dalla riforma. Il legislatore, rimodulando il canone di diligenza dell agire dell amministratore, ha ripudiato il modello generico del diligente mandatario, propendendo per una figura che valorizza non soltanto il diligente professionista, evocato dal richiamo dell art. 1176, comma 2, c.c. (16), ma anche specifiche competenze, pure in considerazione della natura dell incarico (art c.c.) (17). Nel delineare questo particolare modello di amministratore, uno strategico rilievo assume l art c.c., introdotto ex novo dalla riforma del 2003, il quale, nel prevedere che «lo statuto può subordinare l assunzione della carica di amministratore al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza...», pare postulare che, comunque, l amministratore debba essere in possesso di tali requisiti su un piano generale; requisiti d altronde necessari a dare corpo al modello di diligente professionista munito di specifiche competenze. Non è configurabile una nozione univoca del requisito dell indipendenza (18). Al riguardo, merita menzione il punto 13.1 della raccomandazione della Commissione 15 febbraio 2005 n. 2005/162/CE, secondo cui «un amministratore dovrebbe essere considerato indipendente soltanto se è libero da relazioni professionali, familiari o di altro genere con la società, il suo azionista di controllo o con i dirigenti di entrambi, che creino un conflitto di interessi tale da poter influenzare il suo giudizio». Note: (12) Ai patti parasociali, già considerati dagli artt. 122 e 123, D.Lgs. n. 58/1998, è stata dedicata dalla riforma un apposita sezione del capo V del titolo V del libro V del codice civile, la sezione III bis, comprendente gli artt bis e 2341 ter. In particolare, una figura di sindacato di gestione è contemplata dall art bis, comma 1, lett. c), concernente i patti che «hanno per oggetto o per l effetto l esercizio anche congiunto di un influenza dominante» sulla società. (13) Cass. 5 marzo 2008, n. 5963, in Foro it., 2009, I, 2195, con osservazioni di M. Silvetti. (14) R. Rordorf, Il contratto sulla società: patti parasociali, ininterferenze, in V. Roppo (a cura di), Trattato del contratto, Milano, 2006, VI, 795. (15) R. Rordorf, op. cit., 806. V., peraltro, per una lettura restrittiva dell obbligo di fedeltà dopo la riforma, F. Giorgianni, Responsabilità dei gestori di s.p.a. e dovere di fedeltà: variazioni sul tema, inriv. dir. comm., 2010, I, 149. (16) Il parametro generale trova nella riforma del diritto societario specifiche puntualizzazioni con riguardo, ad esempio, alla disciplina degli assetti organizzativi, al contenuto delle informazioni dovute al consiglio di amministrazione, agli obblighi di compensazione nel perseguimento delle politiche di gruppo nonché particolare specificazione nel canone dell agire informato, fissato dall art. 2381, comma 5, c.c. Su questi temi, cfr. P. Montalenti, Gli obblighi di vigilanza nel quadro dei principi generali sulla responsabilità degli amministratori di società per azioni, inil nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gianfranco Campobasso, P. Abbadessa - G.B. Portale (diretto da), Torino, 2007, II, 837 ss.; A. Tina, op. cit., 25; A.-M. Perrino, Immunità ed esonero da responsabilità degli amministratori di società per azioni, in A. Sarcina - J.A. Garcìa Cruces, L attività gestoria nelle società di capitali. Profili di diritto societario italiano e spagnolo a confronto, Bari, 2011, 254. (17) È storia recente l ampliamento degli obblighi di contenuto specifico posti in capo agli amministratori di spa: si pensi, oltre che al dovere informativo fissato dall art c.c., agli obblighi fissati dagli artt ter e 2343 quater c.c., in tema di conferimenti senza perizia, introdotti dal D.Lgs. n. 142/2008 ed alle valutazioni prospettiche concernenti la solvibilità della società, tra le quali spicca l art c.c., il quale, in relazione alla possibilità di accordare prestiti o fornire garanzie per l acquisto o la sottoscrizione di proprie azioni, richiede agli amministratori della società la predisposizione di una relazione sull operazione che, tra l altro, illustri i «rischi che essa comporta per la liquidità e la solvibilità della società». (18) V., in tema, D. Regoli, Gli amministratori indipendenti, inil nuovo diritto delle società, cit., Le Società 3/2013

11 Diritto societario In questa accezione, quindi, la situazione di conflitto di interessi è assunta a monte, come situazione capace di condizionare l obiettività e l indipendenza di giudizio. D altronde, l accezione minima di indipendenza sembra appunto ravvisabile nell obiettività di giudizio. Val la pena rimarcare, peraltro, che, in un caso come quello in esame, la situazione capace di minare l indipendenza è ancora più radicale rispetto a quella considerata dalla raccomandazione della Commissione, in quanto oltrepassa il limite delle relazioni con la società e con la sua eventuale controllante, derivando direttamente dai rapporti intercorrenti con coloro che hanno stipulato il patto parasociale. Risalta, dunque, in questo caso, con particolare evidenza almeno il rischio di carenza di obiettività di giudizio. Per quel che rileva ai nostri fini, allora, l adesione ad un sindacato di gestione elide alla radice il requisito dell indipendenza. Anzi, dà corpo ad una situazione, almeno potenziale, di dipendenza, in quanto l amministratore accetta di dipendere da un centro di comando esterno alla società. Per converso, la conoscenza da parte dei soci della stipulazione di un tale patto non può che elidere il loro affidamento sui requisiti che li avevano indotti a scegliere quell amministratore nonché sul suo agire diligente. Di qui la configurabilità della giusta causa di revoca dall incarico: «la giusta causa della revoca dell amministratore di società, che ai sensi dell art. 2383, comma 3, c.c. esclude il diritto dell amministratore al risarcimento del danno prodotto dall anticipato scioglimento del rapporto, può derivare anche da fatti non integranti inadempimento, ma richiede pur sempre un quid pluris rispetto al mero dissenso (alla radice di ogni recesso ad nutum), ossia esige situazioni sopravvenute (provocate o meno dall amministratore stesso) che minino il pactum fiduciae, elidendo l affidamento inizialmente riposto sulle attitudini e le capacità dell organo di gestione, in modo tale da poter fondatamente ritenere che siano venuti meno, in capo allo stesso, quei requisiti di avvedutezza, capacità e diligenza di tipo professionale che dovrebbero sempre contraddistinguere l amministratore di una società di capitali» (19). Nota: (19) Cass. 5 agosto 2005, n , in Rep. Foro it., 2005, voce Società, n. 896; più di recente, anche se con riguardo alla società a responsabilità limitata, v. Cass. 12 settembre 2008, n , in Foro it., 2009, I, 1525, entrambe concernenti il regime antecedente alla riforma; quanto al regime successivo, v. Trib. Milano 24 maggio 2010, in questa Rivista 2011, 1404, con nota di G. Mina. In dottrina, in generale sulla revoca, v. I. Pagni, Revoca degli amministratori, azioni di responsabilità e tutela del credito, in questa Rivista, 2012, 449. Le Società 3/

12 Diritto societario Amministratori Determinazione giudiziaria del compenso dell amministratore di società di capitali Tribunale di Roma, Sez. III, 12 settembre 2012, n Pres. Raganelli - Rel. Romano - M.F. c. M.E. s.r.l. ed altro Società - Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Compenso dell amministratore unico - Determinazione giudiziaria - Rito ordinario - Applicabilità - Sussiste (Cod. civ. art. 2389; Cod. proc. civ. art. 409, comma 1, n. 3) La controversia promossa dall amministratore di una società di capitali contro la stessa società per ottenere il compenso dell attività svolta nell esclusivo esercizio della carica sociale non rientra nella competenza per materia del giudice del lavoro, ai sensi dell art. 409, n. 3, c.p.c. non essendo configurabile il rapporto di amministrazione societaria come rapporto di parasubordinazione ai sensi della predetta norma, laddove nell ordinamento della società di capitali, in virtù del rapporto organico che regola l attività dell amministratore, è esclusa quella diversificazione di piani tra l attività del prestatore di lavoro e l attività del destinatario della prestazione stessa che costituisce il presupposto per la configurabilità della parasubordinazione. Società - Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Compenso dell amministratore unico - Determinazione giudiziaria - Disciplina applicabile - Criteri per la determinazione del compenso (Cod. civ. artt. 1709, 2389) Se è vero che la determinazione giudiziaria del compenso dell amministratore di società di capitali non può che essere dominata dal criterio dell equità, è altrettanto vero che tale criterio deve trovare sicuro aggancio in un criterio di proporzione con l entità della prestazione in concreto eseguita e con il risultato fatto conseguire alla società. In particolare, come criteri individuati ai fini della determinazione del giusto compenso possono indicarsi: la situazione societaria, la resa economica e l impegno dell amministratore, l attività prestata, la situazione economica e gli utili conseguiti, i criteri di determinazione del compenso adottati nei precedenti esercizi, il compenso corrente nel mercato per analoghe prestazioni, in relazione a società di simili dimensioni. Appare utile, al proposito, anche una valutazione proporzionale rispetto a quanto percepito, a titolo di compenso, dagli amministratori di società facenti parte del medesimo gruppo. Società - Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Compenso dell amministratore unico - Prestazione dell attività presso più società del medesimo gruppo - Determinazione giudiziaria - Limitazione del compenso all attività prestata presso un unica società del gruppo - Ammissibilità - Non sussiste - Condizioni per l applicazione della presunzione di attività unitaria in favore di più società del gruppo (Cod. civ. artt. 2389, 2497) In assenza di una espressa rinunzia da parte dell amministratore al compenso dovutogli per l attività professionale svolta, non può ritenersi che all amministratore di una società appartenente ad un gruppo non spetti il compenso per lo svolgimento dell incarico svolto in favore di una diversa società appartenente al medesimo gruppo. Tuttavia, il compenso dell amministratore di più società può essere determinato in maniera unitaria qualora vi sia unitarietà della struttura, complementarietà dell attività, identità della compagine e dei collegi sindacali, salvo che l attore non provi di aver prestato attività separata per ciascuna delle società amministrate, sì da determinare distinti compensi partitamente valutabili. 254 Le Società 3/2013

13 Diritto societario Società - Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Compenso dell amministratore unico - Presentazione in assemblea di progetto di bilancio privo della remunerazione dell amministratore - Rinunzia tacita al compenso - Ammissibilità - Non sussiste (Cod. civ. artt. 2389, 2423) L approvazione di un bilancio che non prevede il compenso per gli amministratori non comporta rinunzia implicita al compenso anche se l amministratore abbia concorso, con il proprio voto, all approvazione del bilancio. Il Tribunale (omissis). 1. Va, in primo luogo, affermata la competenza del giudice ordinario a conoscere della presente controversia. Infatti, secondo l orientamento che questo Collegio ritiene condivisibile, la controversia promossa dall amministratore di una società di capitali contro la stessa società per ottenere il compenso dell attività svolta nell esclusivo esercizio della carica sociale non rientra nella competenza per materia del giudice del lavoro, ai sensi dell art. 409, n. 3 c.p.c. non essendo configurabile il rapporto di amministrazione societaria come rapporto di parasubordinazione ai sensi della predetta norma. Infatti, nell ordinamento della società di capitali, in virtù del rapporto organico che regola l attività dell amministratore, è esclusa quella diversificazione di piani tra l attività del prestatore di lavoro e l attività del destinatario della prestazione stessa che costituisce il presupposto per la configurabilità della parasubordinazione (in questo senso, cfr., Cass. civ., sez. lav., 8 giugno 2001, n. 7814). 2. Ciò posto, dal contenuto dell art c.c. si desume che l ordinamento riconosce agii amministratori delle società di capitali il diritto ad un compenso per l attività da essi svolta per conto della società in adempimento del mandato ricevuto (naturalmente oneroso ex art c.c.): in tal senso è del tutto pacifica la giurisprudenza (cfr., fra le altre, Cass. 22 luglio 1969, n. 2755; Cass. 22 giugno 1987, n. 1489) la quale ha correttamente qualificato in termini di diritto soggettivo perfetto la pretesa dell amministratore di una società al compenso per l opera prestata (così, Cass., sez. lav., 9 agosto 2005, n ), dovendosi presumere che l attività professionale sia svolta a titolo oneroso. Legittimato passivo rispetto a tale domanda di determinazione del compenso di cui si discute è, ovviamente, la società nel cui interesse l amministratore assume di avere agito mediante il compimento delle prestazioni, tipiche del rapporto gestorio, inerenti all esercizio dell impresa costituente l oggetto della società. Tanto chiarito in via generale, il Tribunale osserva che il disposto normativo di cui all art c.c., dettato in materia di società per azioni, nella parte in cui sancisce che i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all atto della nomina o dall assemblea, in mancanza di specifiche previsioni pattizie, può trovare applicazione anche riguardo alle società a responsabilità limitata. In difetto delle richiamate manifestazioni formali il compenso deve intendersi non definito, così che il compenso medesimo deve essere giudizialmente determinato, su domanda dell amministratore, in applicazione del richiamato art c.c., anche mediante liquidazione equitativa (cfr. Cass. 24 febbraio 1997, n. 1647; Cass. 19 marzo 1991, n. 2895; Cass. 21 febbraio 1979, n. 1113). In tale prospettiva, infatti, in mancanza di determinazione da parte dell atto costitutivo ovvero dell assemblea, rimangono prive di effetti altre eventuali forme di determinazione, tra cui l accordo orale eventualmente intervenuto fra amministratore e socio di maggioranza, con conseguente attribuzione del carattere di indebito oggettivo al compenso corrisposto, sulla base di un simile accordo, in mancanza del fatto costitutivo previsto dalla legge (cfr. Trib. Bari, sez. IV, 22 aprile 2010, n. 1394). Infine, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che non esiste un compenso minimo, tanto è vero che gli amministratori possono accettare di essere retribuiti in modo oggettivamente inadeguato al lavoro svolto, anche se, in tali ipotesi, vi deve essere il loro Compenso, ancorché tacito (cfr., Cass. civ., sez. II, 17 marzo 1981, n. 1554). 3. Venendo all esame delle eccezioni preliminari sollevate da parte convenuta, va premesso che, in primo luogo, la Med Energy s.r.l. abbia evidenziato come il F. avrebbe tacitamente rinunziato al proprio compenso, presentando all assemblea, per l approvazione, progetti di bilancio privi di una posta destinata a remunerare l attività svolta. Il rilievo non appare fondato, in quanto per giurisprudenza costante, l approvazione di un bilancio che non prevede il compenso per gli amministratori non comporta rinunzia implicita al compenso anche se l amministratore abbia concorso, con il proprio voto, all approvazione del bilancio (cfr. in tal senso, Trib. Lucca 18 gennaio 1989). Infatti, il diritto al compenso deriva direttamente dal rapporto negoziale che intercorre tra la società e l amministratore e non dipende dall inserimento o meno di detta voce nel bilancio societario. Sotto altro profilo, non può essere posta in dubbio la legittimazione del F. ad agire per difetto di interesse alla presente azione per avere la convenuta offerto, in epoca antecedente al giudizio, una somma asseritamente congrua rispetto all entità della prestazione professionale svolta (cfr., doc. 3 depositato dalla parte convenuta). Infatti, l attore, lungi dall avere accettato la proposta formulata stragiudizialmente, ha contestato la congruità della somma offerta (e, peraltro, rifiutata non risultando materialmente corrisposta in suo favore) e richiesto il Le Società 3/

14 Diritto societario pagamento, di una somma maggiore, parametrata a diversi criteri. D altra parte, appare del tutto evidente come la valutazione della congruità della somma offerta in epoca antecedente al giudizio costituisca una valutazione, nel merito, della pretesa fatta valere dall amministratore che non attiene in alcun modo alla legittimazione ad agire dell attore. 4. Tanto chiarito in punto di diritto e venendo all esame della fattispecie concreta sottoposta all attenzione del Tribunale, merita di essere osservato come risulti documentalmente che l attore abbia ricoperto la carica di amministratore unico della LNG System s.r.l. nel periodo intercorrente tra il 30 dicembre 2005 ed il 22 febbraio 2007 e di membro del Consiglio di amministrazione e poi di Presidente del medesimo consiglio di amministrazione della LNG Terminal s.r.l. tra l 11 maggio 2005 ed il 26 marzo È poi pacifico tra le parti che le assemblee delle due società amministrate dal F. non abbiano proceduto a liquidare il compenso dovuto all amministratore, cosicché detta determinazione deve essere compiuta da questo Collegio. Quanto alla concreta determinazione del compenso medesimo, se è vero che la stessa non può, per sua natura, che essere dominata dal criterio dell equità, è altrettanto vero che tale criterio deve trovare sicuro aggancio in un criterio di proporzione con l entità della prestazione in concreto eseguita e con il risultato fatto conseguire alla società (cfr. Cass. 13 febbraio 1970, n. 352; Cass. 28 aprile 1967, n. 396). In particolare, diversi sono i criteri individuati ai fini della determinazione del giusto compenso e in base ai quali il giudice deve adottare la propria decisione: la situazione societaria, la resa economica e l impegno dell amministratore, l attività prestata, la situazione economica e gli utili conseguiti, i criteri di determinazione del compenso adottati nei precedenti esercizi, il compenso corrente nel mercato per analoghe prestazioni, in relazione a società di simili dimensioni. Va da sé che tali elementi debbono costituire, sulla base degli ordinari criteri di riparto di cui all art c.c., oggetto di specifica attività assertiva e probatoria da parte dell attore che agisce al fine di ottenere la liquidazione del compenso spettantegli. Ciò posto, nel caso di specie, l attore non ha provato di avere svolto una attività di particolare rilievo nell ambito delle società da egli (1) amministrate. Infatti, il F. non ha depositato alcun documento da lui redatto e rivolto ai soci ovvero agli altri amministratori della LNG System s.r.l., e della LNG Terminal s.r.l. In particolare, l attore non ha depositato in atti l atto di conferimento, asseritamele concluso in data 26 marzo 2006, del progetto relativo al Terminal di rigassificazione di Gioia Tauro per un controvalore di E ,00 né ha specificato, con la necessaria chiarezza e concretezza, quale sia stato il suo ruolo nella descritta operazione economica. Sotto altro profilo, l attore ha richiesto l ammissione di una prova testimoniale che, per un verso, si presenta irrilevante e, per altro profilo, formulata in maniera del tutto generica. Infatti, non può revocarsi in dubbio come - alla luce di quanto sopra chiarito in punto di diritto e, in particolare, in ordine alla normale onerosità dell attività di amministratore - siano del tutto inconferenti ai fini della presente decisione i capitoli di prova volti a dimostrare le rassicurazioni rivolte al F. da A.B. ed aventi ad oggetto il pagamento degli emolumenti in favore dell attore. Al contrario, con riferimento al punto decisivo della controversia costituito dalla prova della attività concretamente svolta dall attore, questi si è limitato ad articolare un solo capitolo di prova del seguente tenore: vero è che l approvazione del bilancio di LNG Terminal S.r.l. intervenne all esito della laboriosa opera di mediazione intrapresa dal dottor F. per sanare i contrasti esistenti tra i soci e costituì personale successo, come tale riconosciuto tanto dagli uni quanto dagli altri. Come si vede, appare dei tutto evidente la genericità del capitolo di prova articolato, genericità che si pone in contrasto con il dettato di cui all art. 244 c.p.c. a mente del quale la prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata: ebbene, costituisce orientamento giurisprudenziale costante, ritenere che la richiesta di provare per testimoni un fatto esige non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato, ma anche che sia collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova ed alla controparte la preparazione di un adeguata difesa (cfr., ex plurimis, Cass. civ., sez. III, 22 aprile 2009, n. 9547; Cass. civ., sez. I, 31 gennaio 2007, n. 2201). Al contrario, nel capitolo di prova articolato, l attore non ha indicato i soggetti interessati dai contrasti societari, il periodo in cui ciò sarebbe avvenuto, l attività da egli (2) in concreto esercitata al fine dì procedere al superamento dei contrasti stessi. In definitiva, l attore non ha fornito alcun riscontro oggettivo in ordine all attività dallo stesso svolta ed all impegno, ih termini quantitativi e qualitativi, che lo svolgimento del mandato gestorio ha richiesto. Ciò posto, allo stato degli atti, deve necessariamente ritenersi che l attività del F. sia stata limitata alla predisposizione dei bilanci delle due società, essendo tale predisposizione un obbligo per l amministratore il cui rispetto parte convenuta non ha posto neppure in discussione. Ciò posto, ai fini della determinazione concreta degli emolumenti spettanti all attore, appare utile anche una valutazione proporzionale rispetto a quanto percepito, a titolo di compenso, dagli amministratori di società facenti parte dei medesimo gruppo. In tale prospettiva, parte convenuta ha correttamente depositato in atti il verbale di assemblea della Med Energy s.r.l. del 6 novembre 2008, con cui il compenso del- Note: (1) Così nel testo della sentenza. (2) Così nel testo della sentenza. 256 Le Società 3/2013

15 Diritto societario l amministratore unico, C.T., è stato determinato, per l anno 2008, nella misura di E 5,000,00 ed il verbale dell assemblea della Meridiana Gas s.r.l. del 20 novembre 2008 cui è stato determinato in E 6,500,00 annui il compenso dell amministratore unico, S.C., per gli anni 2008 e Ancora, secondo parte convenuta, «è prassi comune quella di remunerare l amministratore solo in una società, prevedendo invece la gratuità dell incarico nelle altre - così, in buona sostanza, determinando il compenso in misura forfetaria per tutti gli incarichi ricoperti nelle società del gruppo». Il rilievo non può essere preso in considerazione. Infatti, in assenza di una espressa rinunzia da parte dell amministratore al compenso dovutogli per l attività professionale svolta nell ambito di una società, e ribadita la presunzione di onerosità dell attività svolta, non può ritenersi che all amministratore non spetti il compenso per lo svolgimento dell incarico all interno di una società. Tuttavia, secondo un orientamento giurisprudenziale che appare, ad avviso di questo Collegio, sostanzialmente corretto (arg. da Corte d Appello di Venezia, sez. lav., 17 ottobre 2011, n. 546), il compenso dell amministratore di più società -qualora vi sia unitarietà della struttura, complementarietà dell attività, identità della compagine sociale e dei collegi sindacali - può essere determinato in maniera unitaria, salvo che Fattore non provi di aver prestato attività separata per ciascuna delle società amministrate, sì da determinare distinti compensi partitamente valutabili. Alla luce dei criteri ora evidenziati ed in conseguenza della scarna attività - risultata provata - svolta dal F. in favore delle società LNG System s.r.l. e LNG Terminal s.r.l., il Tribunale stima equo determinare in complessive E ,00 l entità dei compenso dovuto all attore. La Med Energy S.r.l., dunque, deve essere condannata al pagamento, in favore di M.F., di tale importo, maggiorato degli interessi, nella misura legale, dalla data del 26 marzo 2007 fino all effettivo soddisfo. 5. Attesa la circostanza che l importo determinato dal Tribunale a titolo di compensi dovuti dalla convenuta al F. corrisponde agli importi offerti dalla Med Energy s.r.l. in epoca antecedente al giudizio, sussistono i giusti motivi che consentono di compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio. Nessuna decisione si impone in ordine alla domanda proposta dall attore nei confronti di A.B. avendo M.F. rinunziato alla domanda proposta prima della costituzione del convenuto. (omissis). IL COMMENTO di Emiliano Marchisio La sentenza in commento si segnala per l aver affrontato tre temi meritevoli di approfondimento. Innanzitutto, quello della competenza del giudice ordinario in materia di determinazione del compenso dell amministratore. Poi, quello della quantificazione, in sede giudiziaria, del compenso dell amministratore che abbia prestato la propria attività in favore di più società appartenenti al medesimo gruppo. Infine, il tema della possibilità di ritenere il compenso tacitamente rinunziato da parte dell amministratore quando questo ultimo abbia presentato in assemblea, per l approvazione, un progetto di bilancio che non prevede una posta destinata a remunerare la sua attività. Nella nota si esaminano anche le due ulteriori statuizioni, seppure di natura meno controversa delle precedenti, relative all applicabilità alla s.r.l. dell art c.c. ed ai criteri generali di determinazione giudiziaria del compenso. Premessa La vicenda oggetto di causa può riassumersi come segue. L attore ha sostenuto di aver ricoperto, in un periodo compreso tra il 2005 ed il 2007, l incarico di amministratore unico di due società, LS s.r.l. ed LT s.r.l., senza che fosse determinata con le due società medesime la misura del compenso dovuto per tale attività (1). Nota: (1) Sul tema della determinazione del compenso degli amministratori di società di capitali cfr. A. Bonafini, I compensi degli amministratori di società per azioni, Milano, 2005; S. Cappiello, La remunerazione degli amministratori: incentivi azionari e creazione di valore, Milano, 2005; A. Ghini, I compensi degli amministratori, Milano, 2005; A.L. Bonafini, Sub art. 2389, in Commentario Marchetti - Bianchi - Ghezzi - Notari, III, Milano, 2005; Id., I compensi degli amministratori di società per azioni, Milano, 2005; F. Bonelli, Gli amministratori di s.p.a. dopo la riforma delle società, Milano, 2004; Id., La remunerazione degli amministratori. Incentivi azionari e creazione di valore, Milano, 2005; G. Caselli, Vicende del rapporto di amministrazione, intrattato Colombo - Portale, 4, Torino, 1991; F. Corsi, Le nuove società di capitali, Milano, 2003; A. Di Amato, Questioni in tema di compensi degli amministratori, in Riv. dir. impr., 1994, 232 s.; M. Franzoni, Gli amministratori e i sindaci, intrattato Galgano, III, Torino, 2002; Fré - Sbisà, Società per azioni, in Galgano (a cura di), Commentario Scialoja - Branca, I, Bologna, 1997; P.G. Jaeger, Ancora sulla determinazione del compenso degli amministratori: conflitto d interessi, commisurazione al fatturato, principio di ragionevolezza, in Giur. comm., II, 1987, 808 ss.; B. Libonati, L impresa e le società. Lezioni di diritto commerciale, Milano, 2004; G. Minervini, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1956; G.D. Mosco, Sub art. 2389, Commentario Niccolini - Stagno d Alcontres, II, Napoli, 2004; L. Nazzicone, Sub art. 2388, in Nazzicone - Providenti, Società per azioni. Am- (segue) Le Società 3/

16 Diritto societario Successivamente alla cessazione dalla carica, mancando ancora l accordo sul compenso spettategli, l ex amministratore ha citato in giudizio la MG s.r.l. (società nel frattempo succeduta alle due sopra dette) al fine della condanna al pagamento del compenso spettantegli, che ha chiesto di determinare, in via principale, in riferimento al CCNL Terziario (Dirigenti). Lo stesso attore ha citato in giudizio anche il Signor AB, qualificato, parrebbe dal testo della sentenza, come holding persona fisica del gruppo (seppure la domanda nei suoi confronti si è basata su asserite rassicurazioni fornite da parte di questo ultimo e della loro qualificabilità come promessa del fatto del terzo). Nel corso del giudizio tale domanda è stata rinunziata dall attore. La difesa della società convenuta ha contestato, in primo luogo, la legittimazione ad agire dell attore per difetto di interesse, in ragione dell avere, essa convenuta, offerto al medesimo il pagamento di una somma ritenuta congrua alle attività svolte. In secondo luogo, ha eccepito la mancata prova delle attività effettivamente prestate in favore delle società presso le quali l attore aveva ricoperto l incarico di amministratore. Infine ha eccepito che l ex amministratore avesse tacitamente rinunziato al proprio compenso laddove questi ha presentato all assemblea, per l approvazione, progetti di bilancio che non comprendevano nel passivo il debito societario corrispondente al compenso medesimo. La vicenda rappresenta occasione per riflettere su taluni aspetti trattati, o anche solo richiamati, dalla sentenza in esame: a) il rito applicabile (ordinario o del lavoro) alla materia di cui trattasi; b) la disciplina vigente per la determinazione giudiziaria del compenso dell amministratore di s.r.l. (ma più generalmente: di società di capitali), in mancanza di espressa previsione statutaria o assembleare, ed i relativi indici di quantificazione; c) la rilevanza, ai fini della determinazione giudiziaria del compenso, della prestazione dell attività di amministratore presso più società appartenenti al medesimo gruppo; d) la possibilità o meno di considerare il compenso tacitamente rinunziato in ragione della mancata appostazione del relativo debito nel bilancio presentato all assemblea per l approvazione nonché, piùin generale, la rilevanza della deliberazione di approvazione del bilancio in relazione alla determinazione del compenso dell amministratore. Il problema della competenza del giudice del lavoro Il Tribunale di Roma ha escluso, nella sentenza in esame, che la determinazione giudiziaria del compenso dell attore rientrasse nella competenza del giudice del lavoro ai sensi dell art. 409, n. 3, c.p.c., che assoggetta al rito speciale i giudizi aventi ad oggetto le prestazioni di «opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato». Tale esclusione è stata motivata ritenendo insussistente il rapporto di parasubordinazione dell amministratore rispetto alla società, laddove il Tribunale ha rilevato la mancanza, in ragione del rapporto organico, «quella diversificazione di piani tra l attività del prestatore di lavoro e l attività del destinatario della prestazione stessa che costituisce il presupposto per la configurabilità della subordinazione». Il problema della competenza giudiziaria in materia di remunerazione degli amministratori di società di capitali (2) è stato oggetto di un lungo dibattito e di oscillazioni giurisprudenziali (3), non Note: (segue nota 1) ministrazione e controlli, Commentario Lo Cascio, V, Milano, 2003; P. Rainelli, Sub art. 2389, Commentario G. Cottino - G. Bonfante - O. Cagnasso - P. Montalenti, Bologna, 2004; V. Sangiovanni, La quantificazione del compenso dell amministratore di s.r.l., ingiur. mer., 2011, 11, 2748 ss.; D.U. Santosuosso, Il principio di ragionevolezza nella disciplina della remunerazione degli amministratori, in P. Abbadessa - G.B. Portale, Il nuovo diritto delle società, II, Torino, 2006; A. Toffoletto, Amministrazione e controlli, indiritto delle società di capitali, Manuale breve, Milano, (2) Giova, forse, sottolineare come la questione della competenza giurisdizionale attenga esclusivamente al rito applicabile (e corrispondentemente al giudice competente) e non determini, invece, alcuna conseguenza in termini di applicabilità delle norme sostanziali sul lavoro subordinato (certamente non applicabili) all attività dell amministratore di società. (3) Tra le altre, cfr., per l applicazione del rito ordinario: Cass., sez. lav., 8 giugno 2001, n. 7814, in Riv. it. dir. lav., 2002, II, 651, con nota di A.V. D Oronzo; Cass. 14 dicembre 1991, n , in Foro it., 1992, I, 1803; Cass. 19 settembre 1991, n. 9788, ivi, 1804; Cass., sez. lav., 23 agosto 1991, n. 9076, in Giust. civ. Mass., 1991; Cass. 3 aprile 1991 n. 3980, in Orient. giur. lav., 1992, I, 241; Cass. 6 marzo 1987 n. 2386, in Giust. civ. Mass., 1987; Cass. 8 luglio 1986 n. 4463, ivi, 1986; Cass. 26 giugno 1980, n. 4028, in Foro pad., 1980, I, 112. Secondo tale orientamento, la parasubordinazione dell amministratore sarebbe da escludere, posto che il prestatore di lavoro ed il destinatario della prestazione sono entrambi rappresentati dalla medesima persona fisica. Per l applicazione del rito del lavoro, invece: Cass. 2 ottobre 1991, n , in Giust. civ. Mass., 1991; Cass. 24 marzo 1981, n. 1722, in Foro it., 1981, I, 1934; Cass., sez. lav., 17 dicembre 1981, n. 6706, in Giust. civ. Mass., Tale secondo orientamento valorizza invece la presenza, nel rapporto di amministrazione, dei caratteri della continuità e del coordinamento con l attività svolta dalla società. 258 Le Società 3/2013

17 Diritto societario completamente sopite neanche dopo la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione 14 dicembre 1994, n (4) che ha sostenuto la tesi dell applicazione del rito del lavoro sulla scorta della non incompatibilità, in principio, della qualificazione in termini di parasubordinazione dell incarico di amministratore di società (5). Le Sezioni Unite della suprema Corte hanno motivato tale soluzione (6) sulla premessa per la quale il c.d. rapporto di immedesimazione organica, richiamato anche nella sentenza in commento, opera nei soli confronti dei terzi, donde la coincidenza tra l ente e la persona che, in nome e per conto dell ente medesimo, agisce non si verifica nei rapporti tra la società e l amministratore, che mantengono nel loro rapporto piena alterità soggettiva. Tale precisazione sembra senz altro da condividere, laddove siffatta alterità è testimoniata in numerose disposizioni quali quelle che prevedono la remunerazione del compenso dell amministratore per l attività prestata in favore della società (art c.c.) o l obbligo di non concorrenza del primo nei confronti della seconda (art c.c.). La posizione della Corte di cassazione è stata poi riaffermata, in principio, nella giurisprudenza successiva, che ha però escluso la compatibilità della «qualità di lavoratore parasubordinato» con quella di amministratore unico e di amministratore delegato della società (7). Nelle parole del Giudice della legittimità, la ragione di tali eccezioni consiste, nel caso dell amministratore unico, nell esclusione del «vincolo di subordinazione quando difetti la soggezione del prestatore ad un potere sovraordinato di controllo e disciplina, escluso dalla concentrazione in un unico soggetto di tutti i poteri di gestione, comando e disciplina, nonché dall immedesimazione della veste di esecutore della volontà sociale e di quella di unico organo competente ad esprimerla» (8). Il caso dell amministratore delegato viene equiparato al primo «in quanto, essendo munito di autorizzazione ad esercitare i poteri dell organo collegiale di amministrazione, accentrerebbe in sé poteri corrispondenti a quelli dell amministratore unico» (9). (Segue): osservazioni critiche e precisazioni sull orientamento interpretativo oggi dominante L orientamento interpretativo oggi vigente non ci sembra condivisibile, in quanto in parte contraddittorio con le premesse su cui si fonda ed in parte ingiustificato. È pacifico che la qualificazione di una prestazione lavorativa come subordinata o autonoma non dipende dal suo contenuto ma dalle modalità con le quali essa, in concreto, viene prestata (10). Al- Note: (4) Che si legge in Riv. giur. lav., 1995, 805; in Dir. lav., 1995, II, 349, con nota di A. Pileggi; in Foro it., 1995, I, 1486; in Giust. civ., 1995, I, 2473, con nota di A. Neri. Ha ritenuto, in tal caso, la Suprema Corte che «La controversia nella quale l amministratore di una società di capitali, o ente assimilato, chieda la condanna della società stessa al pagamento di una somma dovuta per effetto dell attività di esercizio delle funzioni gestorie è soggetta al rito del lavoro ai sensi dell art. 409 n. 3 c.c., atteso che, se verso i terzi estranei all organizzazione societaria è configurabile tra amministratore e società, un rapporto di immedesimazione organica, all interno dell organizzazione ben sono configurabili rapporti di credito nascenti da un attività come quella resa dall amministrazione, continua, coordinata e prevalentemente personale, non rilevando in contrario il contenuto parzialmente imprenditoriale dell attività gestoria e l eventuale mancanza di una posizione di debolezza contrattuale dell amministratore nei confronti della società». (5) Cfr., infatti, Cass., sez. lav., 9 novembre 2010, n , in Giust. civ. Mass., 2010; Cass., sez. lav., 29 marzo 2001, n. 4662, in Notiziario giur. lav., 2001, 519; Cass., sez. lav., 4 marzo 2000, n. 2458, in Corr. giur., 2000, 1353, con nota di G. Mautone; Cass. 14 febbraio 2000, n. 1662, in Dir. e prat. soc., 2000, 12, 75; Cass., sez. lav., 17 giugno 1995, n. 6901, in Lavoro nella giur., 1996, 341; Cass., sez. lav., 27 maggio 1995, n. 5976, in Giust. civ. Mass., 1995; Trib. Genova 13 dicembre 2006, in De- Jure; Trib. Milano 9 giugno 2005, in Giustizia a Milano, 2005, 61 (s.m.); Pret. Milano 9 gennaio 1996, in Riv. crit. dir. lav., 1996, 838. (6) Così superando l opinione precedentemente sostenuta (ma fatta propria dal Tribunale di Roma nel caso in commento), tra le altre, da Cass. 19 settembre 1991, n. 9788, cit., secondo cui il ruolo di rappresentante organico tipico dell amministratore escluderebbe in radice qualsiasi presunto dualismo intersoggettivo tra questi e la società amministrata. In tal caso le sezioni unite hanno, giustamente, sostenuto che l immedesimazione organica opera solo nei rapporti esterni con i terzi, mentre sotto il profilo riguardante la sfera delle situazioni giuridiche soggettive cui l amministratore è titolare nei confronti della società, non esiste immedesimazione ma anzi l amministratore si contrappone a questa come autonomo soggetto di diritto. Altra affermazione ricorrente per sostenere l applicabilità del rito ordinario era quella concernente l asserito «debolezza contrattuale» insita in ogni rapporto di lavoro e non certamente in quello di amministrazione. Le Sezioni unite hanno ribadito che trattasi di dato meramente sociologico, non certamente tale da assurgere ad argomento giuridico decisivo per inquadrare la natura di un attività. (7) Cass. 2 marzo 1999, n. 1726, in questa Rivista, 1999, 830, con commento di R. Ambrosini, Competenza del giudice ordinario per le controversie tra società e amministratore unico o delegato. Cfr. già Cass., sez. lav., 17 dicembre 1981, n. 6706, in Giust. civ. Mass., 1981, nonché Cass. 29 maggio 1998, n. 5352, in Rep. Foro. it., 1998, voce Lavoro (rapporto), n. 601; Cass. 23 agosto 1991, n. 9076, ivi, 1991, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 71; Trib. Bologna 4 luglio 2002, in questa Rivista, 2004, 1140, con nota di F. Collia, Natura del rapporto tra amministratore delegato e società. (8) Cass. 2 marzo 1999, n. 1726, in questa Rivista, 1999, 830. (9) Ibidem. (10) Al proposito, Cass., sez. un., 14 dicembre 1994, n , cit., opportunamente rileva come non possa escludersi il rappor- (segue) Le Società 3/

18 Diritto societario trettanto pacifico è che la qualificazione dell attività come parasubordinata, ai fini dell art. 409 c.p.c., dipende dalla ricorrenza congiunta (11) dei requisiti della continuatività, della coordinazione e della prevalente personalità della prestazione - irrilevante essendo, a tal fine, la posizione di asimmetria di forza contrattuale esistente tra le parti (12). In relazione all esercizio della funzione di amministratore non c è dubbio sulla ricorrenza del requisito di prevalente personalità della prestazione. Meno pacifica è la ricorrenza del requisito di continuatività, da intendere non in termini meramente cronologici o in relazione alla durata obiettiva della prestazione (13), bensì in relazione alla sua non episodicità e non occasionalità (14). È, infatti, ben vero che tale requisito non viene meno in ragione della scadenza periodica dell incarico di amministratore (peraltro derogabile nella s.r.l.) (15); deve però chiedersi se esso persista in relazione all attività in concreto prestata dagli amministratori non impegnati nella gestione quotidiana - a quanti, insomma, limitano la propria attività alla partecipazione alle riunioni del consiglio. Può sostenersi che un amministratore, in ipotesi c.d. indipendente, che limita la propria prestazione alla partecipazione a quattro consigli di amministrazione l anno (magari presso numerose diverse società, svolgendo peraltro come attività principale quella di libero professionista), svolga una attività meritevole della tutela asimmetrica garantita dal rito del lavoro? Il vero punto dolente della ricostruzione correntemente adottata, tuttavia, ci sembra essere quello riguardante il requisito della coordinazione della prestazione. Questo viene identificato dalla giurisprudenza nella connessione funzionale tra l attività del prestatore d opera e l organizzazione del destinatario dell opera medesima (16). Riteniamo che tale requisito sia da identificare, a pena di eccessiva vaghezza concettuale, in una qualche forma di «vincolo di carattere personale che assoggetta il prestatore d opera al potere direttivo» del datore di lavoro o preponente (17). Note: (segue nota 10) to di parasubordinazione solo osservando che l attività di gestione sociale, destinata al conseguimento dell oggetto sociale, «abbia il contenuto proprio dell attività imprenditoriale», laddove, a ben vedere, «la natura imprenditoriale è parzialmente ravvisabile anche nel lavoro del dirigente e, del tutto, in quella dell institore (art c.c.), nei confronti dei quali la posizione dei lavoratori subordinati viene costantemente affermata». (11) Cass. 19 aprile 2002, n. 5698, in Lav. e sind., 2002, 1164, con nota di G. Girardi; G. Tarzia, Manuale del processo del lavoro, Milano, 1999, 11. (12) Come notato da Cass., sez. un., 14 dicembre 1994, n , cit., la debolezza contrattuale di una parte rispetto all altra rappresenta un elemento di incerta definizione «e, quel che più conta, è di contenuto sociologico, ossia valido quale ausilio intepretativo in quanto idoneo a ricostruire la ratio legis, ma non è assumibile quale presupposto di applicabilità di una norma». (13) G. Verde - G. Olivieri, Processo del lavoro, inenc. dir., t. XXXVI, Milano, 1987, 211; C. Vocino - G. Verde, Processo del lavoro, Napoli, 1989, 39. (14) Cass. 19 aprile 2002, n. 5698, cit.; Cass. 9 marzo 2001, n. 3485, in Giust. civ. Mass., 2001; Cass., sez. lav., 19 luglio 1990, n. 7374, ivi, 1990; Cass., sez. lav., 11 maggio 1987, n. 4353, ivi, (15) La disciplina dell amministrazione della s.r.l., contenuta negli artt c.c. ss., non contiene espresse limitazioni temporali della carica di amministratore (P. Morandi, Sub art. 2475, Commentario breve al diritto delle società Maffei Alberti, Padova, 2007, 1021 s.; N. Abriani, Sub art. 2475, in P. Benazzo - S. Patriarca, Codice commentato delle s.r.l., Torino, 2006, 335 ss.; Id., Decisioni dei soci. Amministrazione e controlli, in AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2008, 310) ed è pacifico che la durata possa essere fissata tanto a tempo determinato, anche per un periodo superiore a tre anni (cfr., invece, l art. 2383, comma 2, c.c. in materia di s.p.a.) che a tempo indeterminato (Cass. 21 marzo 2000, n. 3312, in Nuova giur. civ. comm., 2001, I, 428, con nota di E. Prosperetti; F. Iozzo, I sistemi di amministrazione nella s.r.l., in M. Sarale, Le nuove s.r.l., Bologna, 2008, 425). Si noti, per inciso, che, in mancanza di una disposizione analoga all art c.c., in materia di s.r.l., in assenza di espressa previsione nell atto costitutivo e nell atto di nomina, la dottrina prevalente ritiene che l incarico abbia durata indeterminata [G. Santoni, Sulla nomina di amministratori di s.r.l., inriv. dir. comm., 2005, 251; A. Picciau, Appunti in tema di amministrazione e rappresentanza, in C. Ibba - G. Racugno - A. Serra - F. Farina (a cura di), La nuova s.r.l. Prime letture e proposte interpretative, Milano, 2004, 228; N. Abriani, Sub art. 2475, cit., 335; Cagnasso, La società a responsabilità limitata, intrattato Cottino, 2007, V, 232]. L art. 2468, comma 3, c.c., d altra parte, prevede che l atto costitutivo della s.r.l. possa prevedere «l attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l amministrazione della società», il che porterebbe naturalmente ad escludere, in ragione del meccanismo di identificazione dei preposti, che l incarico sia attribuito a termine (F. Iozzo, I sistemi di amministrazione nella s.r.l., cit., 426). (16) C. Mancuso, Le controversie in tema di compenso degli amministratori di una società di capitali ed il rito societario, in Giur. mer., 2008, 5, nota 16 e testo cui si riferisce, ove si fa riferimento, al proposito, alle diverse funzioni «gestionale-decisoria, di natura sostanzialmente imprenditoriale», e «esecutiva sottoposta all altrui controllo o disciplina». Cfr. al proposito Cass. 6 maggio 2004, n. 8598, in Giust. civ. Mass., 2004; Cass. 19 marzo 2001, n. 3485, cit.; Cass. 30 dicembre 1999, n , in Orient. giur. lav., 2000, I, 39; Cass., sez. lav., 26 luglio 1996, n. 6752, in Lavoro nella giur., 1997, 169; Trib. Milano 21 novembre 1996, in questa Rivista, 1997, 221, con nota critica di B. Ianniello, Competenza in ordine alle controversie sui compensi dell amministratore unico. (17) È ben vero che nella giurisprudenza della legittimità si ritiene, pacificamente, che «qualora l elemento dello assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa del concreto atteggiarsi del rapporto, occorre far riferimento ad altri criteri, complementari e sussidiari», quali sono gli elementi «della collaborazione, della continuità della prestazione, dell osservanza di un orario determinato, del versamento, a cadenze fisse, di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell attività lavorativa all assetto organizzativo dato all impresa dal datore di lavoro, dell assenza, in capo al lavoratore di una, sia pur minima, struttura imprenditoriale», i quali, «se individualmente considerati sono privi di valore decisivo, ben pos- (segue) 260 Le Società 3/2013

19 Diritto societario In tal senso, deve notarsi come l amministratore non paia assoggettato al potere direttivo della società da questi amministrata. Senz altro non da parte dell assemblea di società per azioni, stante, in relazione a tale tipo di società, l attribuzione delle competenze gestorie in via esclusiva all organo amministrativo ai sensi dell art bis c.c. (in relazione al modello tradizionale; dell art novies, comma 1, c.c., per il consiglio di gestione nel modello dualistico; dell art septiesdecies, comma 1, c.c., per il modello monistico) e l incompetenza dell assemblea a fornire all amministratore direttive o indirizzi gestori (18). Diversamente può invece argomentarsi in relazione alla società a responsabilità limitata, nella quale non vige una siffatta regola di attribuzione esclusiva in favore dell organo amministrativo. I soci, al contrario, possono richiedere agli amministratori, o essere richiesti da parte di questi ultimi, di assumere singole decisioni gestorie (art. 2479, commi 1 e 4, c.c.) e possono finanche riservarsi una più ampia e generale competenza gestoria mediante apposita clausola dello statuto (art. 2479, comma 1, c.c.) (19). In tal senso, la rilocalizzazione, in favore dell assemblea, della competenza gestoria (di natura statutaria o, se di fatto, frequente e sistematicamente rilevante), può far ritenere che l amministratore sia in effetti soggetto alla coordinazione della propria attività con quella esercitata dall assemblea. Ed allora, pur a voler astrattamente condividere le premesse argomentative definite nella citata sentenza Cass., sez. un., n /1994, nella s.r.l. la parasubordinazione dovrebbe dirsi ricorrente, pur in presenza di amministratore unico, quando lo statuto riservi all assemblea ambiti di gestione o di indirizzo rilevanti ovvero quando, in fatto, sia provato che la gestione della società sia caratterizzata dalla frequente e sistematicamente rilevante richiesta dei soci di esercizio diretto della funzione gestoria (ovvero della frequente e sistematicamente rilevante rimessione di tale funzione all assemblea da parte degli amministratori). Neanche può sostenersi che il singolo amministratore sia soggetto ad un potere direttivo del consiglio di cui fa parte, laddove l appartenenza all organo collegiale non comporta, in sé e per sé, che Note: (segue nota 17) sono essere valutati globalmente come indizi probatori, da parte del giudice del merito» (Cass., sez. un., 30 giugno 1999, n. 379, in DeJure). D altra parte, l applicazione di tali criteri all incarico di amministratore di società ci sembra essere assai poco significativa circa l esistenza effettiva di un rapporto di parasubordinazione di questo ultimo rispetto alla società amministrata. (18) Ed infatti la legge (art. 2364, comma 1, n. 5 c.c.) attribuisce all assemblea di s.p.a. competenze gestorie solo in forma autorizzatoria, e ciò tanto in relazione agli «altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell assemblea» [cfr. artt. 2357, comma 2, c.c.; 2359 bis, comma 2, c.c.; 2361, comma 2, c.c.; 104, TUF; 121, comma 2, TUF; sul tema, tra i più recenti cfr. G. I. De Sandoli, Sub art bis, in N. Abriani - M. Stella Richter (a cura di), Codice commentato delle società, Torino, I, 2010, 1032 ss.] che - letteralmente - quanto alle «autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori» [M. Sarale, Il nuovo volto dell assemblea sociale, in S. Ambrosini (a cura di), La riforma delle società. Profili della nuova disciplina, Torino, 2003, 42; E. Alemagna, Potere di gestione e rappresentanza degli amministratori delle Spa dopo la riforma, in questa Rivista, 2004, 286]. Anche ove concessa, l autorizzazione assembleare non obbliga gli amministratori a dar seguito all operazione oggetto dell autorizzazione stessa - il che, ci sembra, evidenzia come l assemblea non si veda riconosciuto un potere di governo dell impresa societaria in senso proprio quanto, piuttosto, un potere di veto, laddove l autorizzazione all esecuzione dell operazione è da considerare come rimozione di un limite all esercizio del potere proprio degli amministratori [F. Galgano, Il nuovo diritto societario, in Id. (a cura di), Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell economia, XXIX, Padova, 2004, 203; V. Pinto, Brevi osservazioni in tema di deliberazioni assembleari e gestione dell impresa nella società per azioni, inriv. dir. impr., 2004, 445 s.]. Si noti, poi, che la sussistenza di una competenza gestoria (di natura autorizzatoria) in capo all assemblea non fa venir meno la responsabilità dell organo amministrativo, posto che questo ultimo è tenuto a disapplicare quelle deliberazioni assembleari eventualmente contrarie «alle regole di comportamento imposte dalla legge agli amministratori nell interesse della società, dei creditori e dei terzi» [P. Abbadessa, L assemblea nella s.p.a.: competenza e procedimento nella legge di riforma, in M. Rescigno - A. Sciarrone Alibrandi (a cura di), Il nuovo diritto delle società di capitali e delle società cooperative, Milano, 2004, 44. Così anche S. Ambrosini, Appunti in tema di amministrazione e controlli nella riforma delle società, in questa Rivista, 2003, 354; C. Granelli, La responsabilità civile degli organi di gestione alla luce della riforma delle società di capitali, in questa Rivista, 2003, 1566; G. Caselli, I sistemi di amministrazione nella riforma della s.p.a., incontr. e impr., 2003, 151; L. Nazzicone, in Ead. - S. Providenti, Amministrazione e controlli (artt noviesdecies c.c., in G. Lo Cascio (a cura di), La riforma del diritto societario, Milano, 2003, 9]. Si rileva, peraltro, come sia da escludere che lo statuto possa riservare statutariamente all assemblea decisioni di natura gestoria diverse da quelle identificate dalla legge [P. Abbadessa, L assemblea: competenza, in G.E. Colombo - G.B. Portale (a cura di), Trattato delle società per azioni, III, 1, Torino, 1994, 19 ss.; V. Calandra Buonaura, Gestione dell impresa e competenze dell assemblea nella società per azioni, Milano, 1985, 1 ss. e 95 ss.] o anche solo consentire agli amministratori di sottoporre decisioni siffatte all assemblea stessa [P.G. Marchetti, Il potere decisionale gestorio nella s.p.a., in G. Cian (a cura di), Le grandi opzioni del diritto societario, Padova, 2004, 470 s.; V. Calandra Buonaura, I modelli di amministrazione e controllo nella riforma del diritto societario, ingiur. comm., 2003, I, 536 ss.]. Oltre agli scritti citati supra, cfr. G. B. Portale, Rapporti fra assemblea e organo gestorio nei sistemi di amministrazione, in P. Abbadessa - G.B. Portale (a cura di), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, II, Torino, 2006, 3; G.B. Portale - A. Daccó, Accentramento di funzioni e di servizi nel gruppo e ruolo dell assemblea della società controllata, inriv. dir. priv., 2006, 463. (19) Donde si è ragionato, in dottrina, di «società a rischio limitato nella quale l organizzazione corporativa è solo residuale»: P. Spada, Classi e tipi di società dopo la riforma organica, inriv. dir. civ., 2003, 496. Le Società 3/

20 Diritto societario l attività dell amministratore sia limitata nella sua autonomia rispetto alla società, essendo le eventuali esigenze di coordinamento sussistenti solo nei confronti degli altri componenti del consiglio di amministrazione (20), in quanto componenti del medesimo organo e non nella qualità. Paradossalmente, un potere direttivo del consiglio sul singolo amministratore sussiste nel caso di delega, laddove il consiglio «può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega» (art. 2381, comma 3, c.c.) - paradossalmente, notiamo, posto che quello dell amministratore delegato è invece un caso in cui la Corte di cassazione nega la sussistenza di un vincolo di parasubordinazione. Di più: in materia di s.r.l. l adozione della modalità disgiuntiva di amministrazione (art. 2475, comma 3 e 2257 c.c.) determina senz altro l autonomia assoluta di ciascun amministratore rispetto agli altri e, pertanto, elimina ogni forma di coordinazione che invece si potrebbe in astratto ravvisare quando l attività di gestione pluripersonale sia organizzata in forma consiliare o congiuntiva. Il rigido criterio di esclusione della parasubordinazione nel caso di amministratore unico o delegato, poi, non tiene conto della circostanza che anche l attività di questi ultimi potrebbe dirsi eterodiretta ogni qualvolta la società gestita dai medesimi sia soggetta alla altrui direzione e coordinamento (cfr. artt ss. c.c.), a fortiori quando tale soggezione derivi o comunque sia veicolata da un contratto (artt sexies e septies c.c.) (21). Alla luce delle considerazioni svolte, l interpretazione dominante sopra riportata, facente capo a Cass., sez. un., n /1994, ci sembra da rigettare, laddove ritiene di rinvenire in principio, ma senza apparente fondamento, un vincolo di parasubordinazione dell amministratore rispetto alla società e di escludere tale vincolo, in maniera eccessivamente rigida, quando l amministratore sia unico o delegato, in questo secondo caso, peraltro, in palese contrasto con la subordinazione del delegato rispetto al consiglio delegante, disciplinata dall art. 2381, comma 3, c.c. (Segue): proposta interpretativa Riteniamo, invece, per tutti i motivi chiariti supra, che è «l amministratore che coordina e programma e non tanto la sua attività che è coordinata e programmata» (22). Pertanto, in principio, l attività dell amministratore non è soggetta al vincolo di direttiva o coordinazione con quella della società. Ne consegue, è da credere, che, in contrasto con la giurisprudenza ormai sostanzialmente pacifica, la regola residuale di selezione del rito applicabile ai giudizi di determinazione del compenso degli amministratori di società debba (e non possa che) essere quella in favore del rito ordinario. Non è escluso che l amministratore possa comunque dirsi soggetto a vincoli di parasubordinazione nel caso concreto, ma a tal fine l amministratore che agisce in giudizio dovrà dar prova dell esistenza degli elementi che costituiscono tale parasubordinazione (ad esempio: l essere delegato e soggetto alla direzione del consiglio; l essere vincolato o comunque in concreto soggetto alla eterodirezione all interno di un gruppo; nella s.r.l. l essere soggetto alle direttive assembleari ovvero il condividere con l assemblea l amministrazione della società). La disciplina applicabile alla s.r.l. ed il diritto al compenso La disciplina della s.r.l. non include alcuna regola espressa riguardante la determinazione del compenso degli amministratori. Il Tribunale di Roma ha ritenuto, recependo l orientamento della giurisprudenza in materia, che tale lacuna possa essere colmata facendo riferimento alla disciplina vigente in materia di s.p.a. e, in particolare, all art c.c. (23), laddove «dall art c.c. si desume che l ordinamento riconosce agli amministratori delle società di capitali il diritto al compenso per l attività da essi svolta per conto della società in adempimento del mandato ricevuto (naturalmente oneroso, ex art c.c.)» (24). Nel modello disegnato dal legislatore, la determinazione del compenso dell amministratore è effettuata nell atto costitutivo o da parte dell assemblea, all atto della nomina o con successiva deliberazione. La prassi è nel senso della determinazione assembleare, in quanto la determinazione del com- Note: (20) C. Mancuso, Le controversie in tema di compenso degli amministratori di una società di capitali ed il rito societario, in Giur. mer., 2008, 5, 1347 ss. (21) E. Marchisio, Contratti ed eterodirezione della società, in Nuovo dir. soc., 2012, 18, 99 ss. (22) A. Cerrai, L amministratore di società per azioni e il nuovo rito del lavoro, ingiur. comm., 1980, II, 585. (23) Almeno quando si tratti di s.r.l. a marcata connotazione corporativa, come ritiene A. Bonafini, I compensi degli amministratori di società per azioni, cit., 347 ss.; Trib. Bari 22 aprile 2010, n. 1394, in Guida dir., 2010, 30, 84. (24) Cass. 22 luglio 1969, n. 2755; Cass. 22 giugno 1987, n. 1489, in Giust. civ. Mass., Le Società 3/2013

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