OSSERVATORIO SUL DIRITTO DEL LAVORO NOVEMBRE - DICEMBRE 2014 AGGIORNATO AL 31 DICEMBRE 2014 A cura di Laura Sicari

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1 OSSERVATORIO SUL DIRITTO DEL LAVORO NOVEMBRE - DICEMBRE 2014 AGGIORNATO AL 31 DICEMBRE 2014 A cura di Laura Sicari CASSAZIONE SEZIONI UNITE SENTENZA DEL 14 NOVEMBRE 2014 N Sulla frazionabilità dell indennità premio di servizio in caso di successione di plurimi rapporti di pubblico impiego La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha interpellato le Sezioni Unite per dirimere il contrasto insorto sulla questione relativa alla possibilità di liquidare l indennità premio servizio 1 alla scadenza del primo rapporto di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione, qualora al predetto sia seguito un nuovo rapporto di lavoro sempre alle dipendenze di una p.a. e senza soluzione di continuità nel rapporto con l ente previdenziale. Il punto controverso riguarda, dunque, il diritto a percepire tale indennità al momento dell estinzione del rapporto di lavoro con un ente, senza dover attendere la fine del rapporto di lavoro successivamente instaurato con un altro ente pubblico. La Sezione Lavoro ha ritenuto sussistenti due diversi orientamenti giurisprudenziali: uno basato sul principio dell infrazionabilità dell indennità premio servizio ed un secondo orientamento che riconosce il diritto al pagamento dell indennità all atto della cessazione dal servizio medesimo e non del rapporto previdenziale, che invece può proseguire ove, come nel caso di specie, tra i due rapporti ci sia continuità temporale, sebbene non anche giuridica. In realtà, ad avviso della Corte i due gruppi di sentenze divergono nelle soluzioni perché si sono occupate di situazioni diverse. 1 L indennità premio di servizio è disciplinata dalla legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali) e spetta ai dipendenti degli enti locali, del Servizio sanitario nazionale e degli altri enti iscritti al fondo di previdenza ex INADEL, assunti con contratto a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000 e che cessino dal servizio, per qualsiasi causa, con almeno un anno ininterrotto di iscrizione all Istituto (a seguito dell estinzione dell INPDAP e dell ENPALS le relative funzioni sono state trasferite all INPS, ex art. 21, d.l. n. 201/2011, convertito in legge n. 241/2011). 1

2 Ed infatti, il principio che si evince dal primo gruppo di sentenze è che se il rapporto di lavoro continua con il medesimo ente, questo deve considerarsi unitario e conseguentemente, anche il relativo trattamento di fine servizio è unitario (dunque non frazionabile). Il secondo orientamento da un lato ribadisce il principio di infrazionabilità affermato anche dalle precedenti sentenze, dall altro, tuttavia, precisa che quel principio vale se il rapporto è unitario e non può applicarsi, invece, nel caso in cui estintosi il rapporto di lavoro con un ente pubblico, il dipendente venga assunto da un altro ente pubblico. Ad avviso del Supremo Consesso lungi dall essere in contrasto, le sentenze ragionano in modo coerente, trattando diversamente situazioni diverse e fissando il principio, pienamente condivisibile, per cui l infrazionabilità dell indennità di premio di fine servizio vale se il rapporto è unitario, mentre non vale se il rapporto di lavoro si estingue e ne nasce uno nuovo alle dipendenze di u soggetto diverso, per di più implicante trattamento di fine servizio di diverso tipo. Le Sezioni Unite, nel rilevare l insussistenza di un reale contrasto in materia, hanno precisato come l art. 2 della legge n. 152 del 1968 preveda il conseguimento del diritto all indennità al momento della cessazione dal servizio : ne deriva che il diritto non si può conseguire quando non vi sia cessazione dal servizio, ma solo una modifica del rapporto che non ne comporti l estinzione. In questo senso l indennità è infrazionabile. Al contrario, vi è cessazione, e quindi il diritto all indennità premio di servizio si consegue, nell ipotesi in cui un lavoratore estingua il rapporto con un Comune e venga assunto dallo Stato [ ] come nel caso in esame. In conclusione, le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto: In caso di estinzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di un ente locale, cui è seguita la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro alle dipendenze dello Stato per il quale matura il trattamento di fine rapporto ex art cod.civ., il lavoratore ha diritto a percepire l indennità premio di servizio, relativa al rapporto di lavoro con l ente locale, sin dal momento di estinzione di quel rapporto, senza che sia necessario attendere l estinzione del nuovo rapporto di lavoro con lo Stato. CASSAZIONE CIVILE SEZIONE LAVORO SENTENZA 26 NOVEMBRE 2014 N Sulla possibilità per il datore di lavoro di utilizzare gli accertamenti effettuati mediante agenzia investigativa per giustificare il licenziamento per giusta causa Nella sentenza in epigrafe, i Giudici di piazza Cavour hanno affrontato il tema del corretto bilanciamento tra il diritto del lavoratore alla riservatezza ed il diritto del datore di lavoro di 2

3 contestare le risultanze delle certificazioni mediche prodotte dal primo, facendo leva su circostanze di fatto assunte mediante indagini investigative ed idonee a dimostrare l insussistenza della malattia del lavoratore. La vicenda in esame prende le mosse da un licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore che, durante i giorni di assenza per malattia, era stato visto compiere azioni che apparivano ictu oculi incompatibili con la denunziata malattia. Tali accertamenti erano stati effettuati mediante ricorso ad un agenzia investigativa, circostanza che, ad avviso del lavoratore, rappresentava una chiara violazione dello Statuto dei Lavoratori. Orbene, la Suprema Corte, dando continuità all orientamento giurisprudenziale già consolidato, ha affermato che «le disposizioni dell art. 5 della legge n. 300 del 1970, non precludono che le risultanze delle certificazioni mediche prodotte dal lavoratore, e in genere degli accertamenti di carattere sanitario, possano essere contestate anche valorizzando ogni circostanza di fatto - pur non risultante da un accertamento sanitario - atta a dimostrare l'insussistenza della malattia o la non idoneità di quest'ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa, e quindi a giustificare l'assenza. È, altresì, naturalmente insito in tale giurisprudenza il riconoscimento della facoltà del datore di lavoro di prendere conoscenza di comportamenti del lavoratore, che, pur estranei allo svolgimento dell attività lavorativa, sono rilevanti sotto il profilo del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. In particolare, questa Corte si è già pronunciata in relazione a un caso in cui, di fatto, la ricerca degli elementi utili a verificare l'attendibilità della certificazione medica inviata dal lavoratore era stata compiuta da un agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro (Cass. n. 3704/1987, cit.)». Né, peraltro, ad avviso degli Ermellini, può ritenersi in alcun modo violato il diritto alla riservatezza poiché l agenzia investigativa non aveva vigilato sull attività lavorativa vera e propria che, come è noto, è riservata dall art. 3 dello Statuto dei Lavoratori direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori, ma ad attività afferenti la quotidianità del lavoratore. Dagli accertamenti operati era emerso che le condotte poste in essere dal lavoratore denotavano una buona efficienza fisica e risultavano del tutto incompatibili con l effettiva sussistenza dell affezione che aveva dato luogo alla sua prolungata assenza per malattia. Per tali ragioni, la Corte ha ritenuto corretto l iter logico seguito dal giudice del gravame in ordine al giudizio di proporzionalità e gravità dei fatti contestati al lavoratore e sulla base del quale si erano ritenuti integrati «gli estremi di una mancanza tanto grave da incidere in maniera diretta sul rapporto fiduciario, così da impedire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro». 3

4 CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA SENTENZA 26 NOVEMBRE 2014 CAUSE RIUNITE C-22/13, DA C-61/13 A C-63/13 E C- 418/13 Sull incompatibilità della normativa italiana in materia di assunzione nel settore scolastico e la normativa comunitaria in materia di lavoro a tempo determinato La sentenza in epigrafe è indubbiamente degna di nota per lo scalpore che ha creato nel settore della Pubblica Istruzione. Ed infatti, la Corte Europea, chiamata a pronunciarsi in merito alla conformità della legge nazionale alla celebre direttiva europea 1999/70/CE relativa all accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, ha ravvisato un incompatibilità tra le due normative. Le questioni pregiudiziali da cui promana la sentenza sono state sollevate in due diversi giudizi nazionali: da una parte il Tribunale di Napoli, dall altra la Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale dell articolo 4, commi 1 e 11 2, della legge n. 124 del 1999 per violazione dell art. 117, comma primo, della Costituzione letto in combinato disposto con la clausola 5 dell accordo quadro 3. 2 Ai sensi dell articolo 4 della legge n. 124/1999: «1. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreché ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell espletamento delle procedure concorsuali per l assunzione di personale docente di ruolo. 2. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell anno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario. 3. Nei casi diversi da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee. ( ) 6. Per il conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee sino al termine delle attività didattiche si utilizzano le graduatorie permanenti di cui all articolo 401 del testo unico, come sostituito dal comma 6 dell articolo 1 della presente legge. (...) 11. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) ( ) ( ) 14 bis. I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e sulla base delle graduatorie ( )». 3 Misure di prevenzione degli abusi (clausola 5 dell accordo quadro): 4

5 Le controversie sono sorte in virtù della ritenuta illegittimità della successione di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il Ministero della Pubblica Istruzione sollevata da alcuni docenti che, avendo svolto attività di insegnamento in condizioni di precariato per diversi anni, chiedevano la trasformazione di tali contratti in rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Il giudice europeo, prima di trattare le specifiche cause oggetto del giudizio, ha ricordato che la clausola 5, punto 1, dell accordo quadro, mira a limitare il ricorso ad una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (considerato come potenziale fonte di abuso in danno dei lavoratori) prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima tese ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti. Per tali ragioni, la clausola 5 dell accordo impone agli Stati membri l adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure che essa elenca, qualora il diritto interno non contenga norme equivalenti. Dunque, gli Stati membri dispongono di un ampia discrezionalità a tal riguardo, essendo vincolati al solo obiettivo della prevenzione dei citati abusi. Inoltre, la Corte ha ricordato come il diritto dell Unione non prevede sanzioni specifiche nell ipotesi in cui vengano accertati abusi poiché spetta unicamente alle Autorità nazionali adottare misure che siano corrispondenti ai principi di equivalenza ed effettività: non sussiste, dunque, un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. Alla luce di tali premesse, la Corte si è dichiarata incompetente a pronunciarsi sull interpretazione delle disposizioni del diritto interno, ritenuto che tale compito spetti esclusivamente al giudice del rinvio. Ciononostante, il giudice europeo, nel pronunciarsi sul rinvio pregiudiziale, ha fornito delle precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua valutazione. Per tali ragioni, la Corte Europea ha statuito che: Per quanto riguarda l esistenza di misure di prevenzione dell utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi della clausola 5, punto 1, dell accordo quadro, è pacifico che la normativa nazionale di cui 1. Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. 2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato: a) devono essere considerati "successivi"; b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato. 5

6 trattasi nei procedimenti principali consenta di assumere docenti con una successione di contratti di lavoro a tempo determinato per il conferimento di supplenze, senza prevedere alcuna misura che limiti la durata massima totale di tali contratti o il numero dei loro rinnovi [ ]. In tali circostanze, è importante che il rinnovo di siffatti contratti di lavoro sia giustificato da una «ragione obiettiva» ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell accordo quadro poiché i firmatari dell accordo quadro hanno ritenuto che l uso di contratti di lavoro a tempo determinato basato su ragioni obiettive sia un mezzo per prevenire gli abusi. A questo punto, il giudice europeo ha ribadito che per ragioni obiettive devono intendersi quelle circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare, in tale peculiare contesto, l utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Dette circostanze possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l espletamento delle quali sono stati conclusi i contratti in questione, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro. Per contro, una disposizione nazionale che si limitasse ad autorizzare, in modo generale e astratto attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato comporterebbe un rischio concreto di determinare un ricorso abusivo a tale tipo di contratti e, pertanto, non è compatibile con lo scopo e l effetto utile dell accordo quadro. Nel caso di specie l assunzione di personale nelle scuole statali ha luogo sia a tempo indeterminato tramite l immissione in ruolo sia a tempo determinato mediante lo svolgimento di supplenze. L immissione in ruolo si effettua secondo il sistema cosiddetto «del doppio canale», ossia, quanto alla metà dei posti vacanti per anno scolastico, mediante concorsi per titoli ed esami e, quanto all altra metà, attingendo alle graduatorie permanenti, nelle quali figurano i docenti che hanno vinto un siffatto concorso senza tuttavia ottenere un posto di ruolo, e quelli che hanno seguito corsi di abilitazione tenuti dalle scuole di specializzazione per l insegnamento. Si è fatto ricorso alle supplenze attingendo alle medesime graduatorie: la successione delle supplenze da parte di uno stesso docente ne comporta l avanzamento in graduatoria e può condurlo all immissione in ruolo 4. 4 La Corte prosegue rilevando che Dalle stesse ordinanze di rinvio emerge che la normativa nazionale di cui trattasi, come risulta dall articolo 4 della legge n. 124/1999, letto in combinato disposto con l articolo 1 del decreto n. 131/2007, prevede tre tipi di supplenze: in primo luogo, le supplenze annuali sull organico «di diritto», in attesa dell espletamento di procedure concorsuali per l assunzione di personale di ruolo, per posti vacanti e disponibili, in quanto privi di titolare, il cui termine corrisponde a quello dell anno scolastico, ossia il 31 agosto; in secondo luogo, le supplenze temporanee sull organico «di fatto», per posti non vacanti, ma disponibili, il cui termine corrisponde a 6

7 Ad avviso della Corte, dunque, in un settore quale quello dell insegnamento, è inevitabile che si rendano necessarie sostituzioni temporanee a causa dell indisponibilità di dipendenti e tale esigenza di flessibilità può costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5 dell accordo quadro. Tuttavia, la sussistenza di una ragione obiettiva non è da sola sufficiente a legittimare la normativa nazionale: occorre, infatti, che l applicazione concreta di tale ragione, in considerazione delle particolari attività di cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio, deve essere conforme ai requisiti dell accordo quadro. Dall analisi delle circostanze concrete è emerso che: il termine di immissione in ruolo dei docenti nell ambito del sistema scolastico è tanto variabile quanto incerto poichè la normativa non fissa alcun termine preciso per l espletamento delle procedure concorsuali (che dipendono dalle possibilità finanziarie dello Stato e dalla valutazione discrezionale dell amministrazione). Sulla base di tale analisi la Corte ha ritenuto che una normativa nazionale, quale quella di cui ai procedimenti principali, sebbene limiti formalmente il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato per provvedere a supplenze annuali per posti vacanti e disponibili nelle scuole statali solo per un periodo temporaneo fino all espletamento delle procedure concorsuali, non consente di garantire che l applicazione concreta di tale ragione obiettiva, in considerazione delle particolarità dell attività di cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio, sia conforme ai requisiti dell accordo quadro. Peraltro, con riferimento all esistenza di misure dirette a sanzionare l utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, il giudice europeo ha, altresì, rilevato che la normativa nazionale non prevede nessun diritto al risarcimento del danno subito a causa del ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore dell insegnamento. Ne consegue che, l unica possibilità per un lavoratore che abbia effettuato supplenze in una scuola statale di ottenere la trasformazione dei suoi contratti di lavoro a tempo determinato successivi in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato risiede nell immissione in ruolo per effetto dell avanzamento in graduatoria. Tale circostanza, tuttavia, non può essere considerata una sanzione effettiva e dissuasiva capace di garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell accordo quadro. Per questi motivi la Corte di Giustizia Europea ha espresso il seguente principio di diritto: La clausola 5, punto 1, dell accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere quello delle attività didattiche, ossia il 30 giugno, e, in terzo luogo, le supplenze temporanee, o supplenze brevi, nelle altre ipotesi, il cui termine corrisponde alla cessazione delle esigenze per le quali sono state disposte. 7

8 interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell espletamento delle procedure concorsuali per l assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Risulta, infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un esigenza reale, sia idoneo a conseguire l obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall altro, non prevede nessun altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. CASSAZIONE CIVILE SEZIONE LAVORO SENTENZA 18 DICEMBRE 2014 N Sulla compatibilità della reperibilità prestata in giorno festivo e il principio dell irrinunciabilità del diritto al riposo settimanale Con la sentenza in epigrafe, i giudici di Piazza Cavour chiariscono la portata dell istituto della reperibilità nella contrattazione collettiva del settore sanitario rilevando che la giurisprudenza di questa Corte ha già più volte affrontato le tematiche sollevate in ricorso, osservando che la reperibilità, prevista dalla disciplina collettiva, si configura come una prestazione strumentale ed accessoria qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistendo nell'obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori del proprio orario di lavoro, in vista di un'eventuale prestazione lavorativa; conseguentemente il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal giudice, mentre non comporta, salvo specifiche previsioni della contrattazione collettiva, il diritto ad un giorno di riposo compensativo, il cui riconoscimento, attesa la diversa incidenza sulle energie psicofisiche del lavoratore della disponibilità allo svolgimento della prestazione rispetto al lavoro effettivo, non può trarre origine dall'art. 36 della Costituzione, ma la cui mancata concessione è idonea ad integrare un'ipotesi di danno non patrimoniale (per usura psico-fisica) da fatto illecito o da 8

9 inadempimento contrattuale, che è risarcibile in caso di pregiudizio concreto patito dal titolare dell'interesse leso, sul quale grava però l'onere della specifica deduzione e della prova (Cfr., ex plurimis, Cass., nn /2008; 14439/2011; 14288/2011; 11727/2013). Alla luce di tale orientamento, la Corte di Cassazione ha ritenuto di non poter accogliere il ricorso presentato dai lavoratori per mancata deduzione e prova del danno non patrimoniale da usura psicofisica. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO SENTENZA 16 DICEMBRE 2014 N Sulla legittimazione passiva del cessionario in caso di impugnativa del licenziamento intimato al lavoratore dal cedente prima della cessione del ramo d azienda La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha affrontato la tematica della corretta individuazione degli effetti del licenziamento illegittimo in caso di cessione del ramo d azienda. Come rilevato dalla Corte, l effetto estintivo del licenziamento è del tutto precario e, perciò, suscettibile di essere annullato mediante pronuncia del giudice, con conseguente trasferimento al cessionario del rapporto di lavoro e legittimazione passiva dell impresa cessionaria nel giudizio di impugnativa del licenziamento. Coerentemente, il Supremo Consesso ha elaborato il seguente principio di diritto: In tema di trasferimento d azienda, l effetto estintivo del licenziamento illegittimo intimato in epoca anteriore al trasferimento medesimo, quanto meramente precario e destinato ad essere travolto dalla sentenza di annullamento, comporta che il rapporto di lavoro ripristinato tra le parti originarie si trasferisce, ai sensi dell art cod. civ., in capo al cessionario. Il cessionario è pertanto legittimato passivamente rispetto alla domanda di impugnativa del licenziamento proposta dal lavoratore. 9

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