Il futuro dei Balcani è nell unione economica
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- Albana Grimaldi
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1 Prima il crollo del comunismo, poi la dissoluzione della Jugoslavia, infine la guerra. I flussi commerciali nel Sud Est dell Europa sono ora ridotti al lumicino. Ma è certo che una maggiore integrazione economica Il futuro dei Balcani è nell unione economica BALCANI di Gianfranco Viesti aiuterebbe i Balcani a decollare e soprattutto faciliterebbe l ingresso dei paesi dell area nella Comunità Europea e, non ultimo, sarebbe presupposto per un futuro di pace e di integrazione politica U n maggiore integrazione economica fra i paesi del Sud Est Europa (SEE: Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia- Montenegro, Macedonia, Albania, Bulgaria, Romania) è un obiettivo fondamentale: per l area, per l intera Europa e in particolare per l Italia. Lo è in quanto possibile presupposto di un futuro di pace e di integrazione politica. Un area che, per limitarsi al dopoguerra, ha prima vissuto un lungo periodo di notevole frammentazione, con l Albania isolata dal mondo, Romania e Bulgaria nel Patto di Varsavia, la Jugoslavia in posizione di maggiore autonomia; e che ha poi vissuto, per tutto l ultimo decennio del secolo scorso un lungo periodo di guerre. L attuale, pessima, situazione dei collegamenti nei trasporti origina dalla situazione politico-strategica dell epoca: le modestissime connessioni dell Albania, o l esistenza di un solo ponte sul Danubio fra Romania e Bulgaria, o la voluta inaccessibilità della Bosnia. Lo è in quanto presupposto di una progressiva, piena integrazione di tutti i Paesi nell Unione Europea: per Bulgaria, Romania e più recentemente Croazia il percorso è già avviato; la Macedonia ha presentato domanda; per gli altri Paesi la Commissione (Commissione Europea 2004) continua a disegnare un futuro di ingresso nell UE: cooperare su base regionale ne è un presupposto fondamentale. Lo è, infine, in quanto componente indispensabile di un processo di crescita economica: come sperimentato per decenni con enorme successo nell ambito dell Unione, infatti, i processi di crescita si accompagnano ad una progressiva apertura internazionale, con fenomeni di specializzazione, scambio e aumento di efficienza nella produzione. A che punto è l integrazione economica? È bene ricordare che nel passato è sempre stata molto modesta. Si consideri ad esempio la situazione dell interscambio commerciale nella prima metà degli anni Ottanta (Banca mondiale 2003): l Albania non commerciava nulla; la Bulgaria era pienamente inserita nella divisione del lavoro di stampo comunista: il 57% del suo import proveniva dall URSS e solo il 3% dai Paesi SEE; tale dato era ancora inferiore per Romania (1,7%) e Jugoslavia (1%). Ovviamente molto intensi erano i flussi commerciali all interno della Jugoslavia. Alcuni dati sul commercio fra le repubbliche federate (Banca mondiale 2003), mostrano come le vendite nelle altre repubbliche fossero in 62
2 BALCANI media maggiori delle esportazioni; questo era particolarmente vero per Bosnia, Montenegro, Vojvodina e Kosovo (Uvalic 2003); meno per Croazia e Macedonia; e ancor meno per Slovenia e Serbia, le uniche repubbliche per cui i mercati internazionali fossero più importanti che quelli jugoslavi. Il crollo dei regimi comunisti e la dissoluzione della Jugoslavia, assieme ai lunghi periodi di guerra e al conseguente lungo embargo nei confronti della Serbia e alla forte recessione dei primi anni Novanta hanno ulteriormente ridotto i flussi tanto intra-see quanto soprattutto intra-ex Jugoslavia. La nascita di nuovi Stati ha moltiplicato frontiere e dogane, che hanno successivamente rappresentato un ostacolo molto rilevante agli scambi (non a caso le organizzazioni internazionali, per esempio con il programma TTFSE (Agevolazioni commerciali e nei trasporti nell Europa orientale), hanno immediatamente operato, con discreti risultati, per ridurre questi ostacoli). Solo nel periodo più recente, a seguito della fine dei conflitti, della svolta politica in Croazia e Serbia (2000), degli interventi per rimediare ai danneggiamenti occorsi con la guerra in Kosovo e con i bombardamenti NATO, e soprattutto delle pressioni della comunità internazionale e dell Europa, i flussi commerciali hanno ripreso a crescere. Restano però modesti. La tabella 1 mostra le importazioni dei Paesi SEE nel 2003 per principali Stati di provenienza. Il commercio intraarea, misurato sommando l import, ammonta a poco più di 3 miliardi di dollari: intorno al 5% del totale; si pensi che solo l import romeno dall Italia supera nello stesso anno i 4,5 miliardi di dollari. La situazione è però piuttosto diversificata e la media dell area può nascondere interessanti informazioni (Uvalic 2003). La Romania difatti ha importazioni intra-see quasi irrilevanti (1,1%), e provenienti solo dalla Bulgaria; ha invece un fortissimo import dall UE (Italia, Germania, ma anche Ungheria) oltre che da Russia e Turchia. Quasi lo stesso accade per la Bulgaria, il cui import, oltre che dai grandi Paesi dell UE, proviene in maniera cospicua da sud (Grecia e Turchia) e est (Russia). I Balcani orientali (questi due Paesi) hanno dunque un com- 1. COMMERCIO INTERNAZIONALE NELL'EUROPA SUD ORIENTALE (DATI DI IMPORTAZIONE, MILIONI DI DOLLARI, 2003) Albania Bosnia Serbia Croazia Macedonia Romania Bulgaria Totale Erzegovina Montenegro (1) importatori Albania Bosnia-Erzegovina Serbia-Montenegro Croazia Macedonia Romania Bulgaria Totale % su mondo 5,4 22,6 12,2 3,9 19,8 1,2 3,2 5,2 esportatori Grecia Turchia Russia Ungheria Slovenia Austria Germania Italia Mondo (1 ) 2002 Fonte: Elaborazioni su dati ONU - Comtrade 63
3 IL FUTURO DEI BALCANI È NELL INTEGRAZIONE ECONOMICA mercio quasi nullo con i Balcani occidentali (gli altri). Molto basso è anche l import intra-area della Croazia, il cui commercio proviene in modo massiccio dall UE, con un ruolo importante della vicina Slovenia. Ancora, questo accade per l Albania, che importa quasi esclusivamente dalle vicine Italia e Grecia, e in parte dalla Turchia. Più rilevanti sono i flussi di importazione di Serbia-Montenegro dagli altri Paesi, tranne l Albania. Ancora di più per la Macedonia, con provenienza Serbia-Montenegro e la vicina Bulgaria; e per la Bosnia-Erzegovina, che invece importa moltissimo dalla Croazia. Tre considerazioni aggiuntive su questo quadro. La prima è che la rilevanza percentuale del commercio intra-area è maggiore se si considerano piuttosto i flussi di export che di import (Uvalic 2003, Christie 2004); questo dipende dal fatto che l export è inferiore all import, dato che vi sono enormi deficit nell interscambio con l UE. Il quadro però, seppur su scala superiore, non cambia. Incidentalmente si noti che i flussi commerciali interni all area sono assai più equilibrati nei saldi rispetti a quelli con l UE. La seconda è che i dati doganali possono sottostimare anche notevolmente i flussi di commercio, specie nei Balcani occidentali: esistono flussi di contrabbando e comunque di commercio non registrato, che possono essere cospicui, particolarmente fra Repubblica Serba di Bosnia e Serbia, e fra Albania e Kosovo (BERS 2004). L ultima è che la dinamica recente non mostra tendenze chiare, e il dato aggregato si mantiene grosso modo stabile. Il peso del commercio intra- SEE decresce sensibilmente per la Serbia- Montenegro, come effetto della fine delle sanzioni internazionali e quindi con la possibilità di importare direttamente, mentre cresce un po per Croazia e Macedonia. Modestissimi sono i flussi di servizi; resi difficili, oltre che dal basso livello di reddito, _Il crollo dei regimi comunisti, lunghi periodi di guerra, l embargo e la nascita di nuove frontiere e dogane non hanno certo agevolato lo sviluppo degli scambi tra i vari Paesi così come la debole crescita dell economia
4 BALCANI anche dagli ostacoli ai movimenti delle persone. Questi derivano non solo da relazioni politico-culturali ancora da migliorare, e dall irrisolto problema dei rifugiati, ma anche dalle forti, e poco motivate, restrizioni agli spostamenti imposte ancora oggi ai cittadini serbi. Stando ai più recenti dati disponibili sugli arrivi dall estero (Christie 2004), i viaggi dei cittadini del Sud-est europeo rappresentano il 31% degli arrivi in Serbia; ma solo l 11% in Romania (in netta maggioranza Bulgari) e il 3% in Croazia. Gli arrivi da altri Paesi SEE in Romania sono meno della metà di quelli dall Ungheria; in Croazia sono un terzo di quelli dalla Repubblica Ceca e circa un quarto di quelli dalla Slovenia. Questo è allo stesso tempo causa ed effetto della straordinaria carenza di collegamenti ferroviari e aerei all interno dell area: si pensi solo che non vi sono voli diretti fra Bucarest e Sofia; per volare all interno dell area occorre spesso passare per Vienna. Allo stesso tempo, Paesi come Bosnia- Erzegovia, Serbia-Montenegro e Albania stanno sperimentando flussi di emigrazione I processi di crescita si accompagnano sempre a una progressiva apertura internazionale, con fenomeni di specializzazione, scambio e aumento di efficienza. Ma le difficoltà ancora esistenti nei collegamenti e bassi livelli di reddito non aiutano il percorso di integrazione Daniele Dainelli_Contrasto (2)
5 IL FUTURO DEI BALCANI È NELL INTEGRAZIONE ECONOMICA 2. INVESTIMENTI DIRETTI NELL'EUROPA SUD ORIENTALE (1) (STOCK, MILIONI DI DOLLARI, 2003) Albania (2) Bosnia Croazia Macedonia Romania Bulgaria Totale (3) Erzegovina Destinazioni Albania Bosnia-Erzegovina n.d Serbia-Montenegro n.d Croazia n.d Macedonia n.d Romania n.d Bulgaria n.d Totale % su Mondo 3,6 21,1 0,2 2,9 0,3 2,3 2,0 Origini Grecia Turchia n.d Russia n.d Ungheria n.d Slovenia n.d Austria n.d Germania n.d Italia Mondo (1) Non vi sono dati completi disponibili per la Serbia-Montenegro, (2) Le cifre relative agli investimenti di singoli Paesi in Albania sono stime, (3) Sei Paesi, esclusa Serbia-Montenegro Fonte: wiiw (istituto degli studi economici internazionali di Vienna (2004) e stime
6 BALCANI verso l Unione europea estremamente cospicui. Ovviamente molto contenuti sono i flussi di investimenti diretti (tabella 2), complessivamente stimabili in poco più di 600 milioni di dollari; meno del 2% degli stock in entrata. Sono significativi solo alcuni investimenti croati in Bosnia e serbi in Bulgaria. Vi sono stati recenti, primi investimenti croati in Serbia. Gli investimenti riproducono relazioni internazionali già viste: si notino nella tabella 2 i casi della Slovenia in Croazia e Bosnia, ma ancor più della Grecia in Bulgaria, Albania, Macedonia e Romania e della stessa Turchia in Romania. Il potenziale delle relazioni economiche intra-see è assai più elevato. Con gli attuali livelli di reddito, i flussi commerciali potrebbero essere rispettivamente otto e tre volte maggiori nelle relazioni di Romania e Bulgaria con i Balcani occidentali; assai maggiori con tutti i Paesi nel caso dell Albania e, in parte, della Macedonia (Kaminski e De la Rocha 2002). Tali coefficienti possono moltiplicarsi tenendo conto degli assai elevati tassi di crescita registrati nell area nel periodo più recente e di quelli prevedibili per il futuro. Cosa fare per raggiungere questi obiettivi? Le priorità sono: 1) completare la stabilizzazione politica dell area, affrontando le ultime, rilevanti e complesse, questioni: lo status del Kosovo, le relazioni fra Serbia e Montenegro e quelle fra le due entità bosniache; 2) proseguire nel processo di avvicinamento all Unione di tutti i Paesi dell area, avendo cura in particolare che la possibile adesione dei Paesi più pronti non ostacoli o rallenti la loro integrazione con gli altri; 3) intensificare gli investimenti, dell Unione e delle altre organizzazioni internazionali, volti alla ricostruzione istituzionale e infrastrutturale dell area, con particolare priorità per i principali collegamenti stradali e per il superamento degli ostacoli alle frontiere; 4) intensificare gli investimenti delle imprese europee nell area, che, avendo interesse alla creazione di un mercato regionale, possono favorirne l evoluzione. Sono investimenti nel futuro. Una scelta strategica per l intera Unione e in particolare per l Italia, che potrebbe essere come già accade (Viesti 2002) - la prima a trarre ogni beneficio da un area regionale ampia, molto vicina, pacificata e in forte sviluppo. Daniele Dainelli_Contrasto (2)
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