6. LA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI

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1 6. LA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI 1- IL MIRACOLO DELLA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI NEI SINOTTICI E IN GIOVANNI (Giov. 6,1-15) 1 Dopo questi fatti, Gesù passò all altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2 e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3 Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4 Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5 Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?. 6 Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7 Gli rispose Filippo: Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo. 8 Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9 "C è qui un ragazzo che ha cinque pani d orzo e due pesci; ma che cos è questo per tanta gente?. 10 Rispose Gesù: Fateli sedere. C era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 11 Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12 E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto. 13 Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. 14 Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!. 15 Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. Scuola parrocchiale di teologia Parrocchia di Cristo Re IL VANGELO DI GIOVANNI 47

2 * * * * * A L episodio è storico? Il miracolo della moltiplicazione dei pani è stato considerato particolarmente importante da tutta la tradizione evangelica, tanto che tutti gli evangelisti lo ricordano, cosa che non accade per nessun altro miracolo; Matteo e Marco, poi, lo narrano addirittura due volte! Giovanni, da parte sua, non si accontenta di raccontarlo, ma lo fa seguire da un ampio discorso che lo commenta e che vedremo nel prossimo incontro. Tutto questo significa che il fatto è certamente storico. Si tratta di un avvenimento davvero prodigioso e straordinario: l aver sfamato in un luogo lontano dai centri abitati una folla immensa di persone! La cifra indicata di uomini va infatti riferita ai soli capifamiglia e quindi si può ipotizzare che in realtà ci fossero non meno di persone. La narrazione di tale episodio presenta però a prima vista diversi punti assurdi o inverosimili. Da dove erano venute in quella zona desertica tante migliaia di persone? Come potevano i discepoli pensare di comprare viveri per tutta quella gente? E, se davvero Gesù avesse spezzato di persona tanto pane (tonnellate di pane, visto che tutti si saziarono!), quante ore sarebbero occorse per l intera operazione? Se poi teniamo presente che il racconto riecheggia sia episodi ed espressioni del Primo Testamento che situazioni delle comunità cristiane delle origini, ci rendiamo conto di non avere davanti un fatto di cronaca, ma come sempre nei vangeli una rilettura credente della vita di Gesù alla luce delle profezie e dei simboli delle Scritture e sulla scorta dell esperienza effettivamente vissuta dai seguaci del Nazareno che avevano creduto nel Risorto. Il testo di Giovanni è molto vicino alla tradizione comune, visto che egli ha utilizzato sia fonti presinottiche che i sinottici; ma vi si aggiunge anche una fonte autonoma, che l evangelista ha rielaborato in modo che fosse in stretta relazione con il discorso seguente, come vedremo. Egli ha poi inserito e integrato il tutto nel racconto del cap.6, ma anche nell ambito dell intero suo vangelo. Infatti il dono del pane sta in parallelo con il dono del vino a Cana (cfr. cap.2,1-12); mentre il pane di vita, annunciato nel discorso, evoca il dono dell acqua viva promesso alla Samaritana (cfr. cap.4,1-42) Vino, acqua e pane tipici simboli giovannei si completano per significare, ognuno a suo modo, la vita che Gesù comunica al credente. Come sempre, Giovanni ha reinterpretato anzi ri-creato il dato tradizionale in base alla sua cristologia. v.3 Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Gesù salì su una montagna, ma non c è modo di individuare quale sia questo monte. Gesù che, come Mosè, si siede attorniato dai suoi discepoli, è un tema che ritorna anche negli altri vangeli (cfr.mt.5,1; Mc.4,1; Lc.4,20). Il gesto di sedersi per insegnare era normale per i rabbini, ma Giovanni al contrario di Marco 6,34 non accenna al fatto che Gesù abbia insegnato in questa circostanza. v.4 Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei Nel quarto vangelo si fa riferimento a tre celebrazioni della Pasqua, cui partecipa Gesù durante la sua vita pubblica. Questa sarebbe la seconda (la prima è in Giov.2,13; la terza in Giov.11,55) ed è da tener presente sullo sfondo assieme ai passi biblici del 1 Testamento che la caratterizzano. Così il pane donato da Dio richiama il dono della manna nel deserto, la salita sul monte di Gesù rievoca quella di Mosè, etc. 48 IL VANGELO DI GIOVANNI Scuola parrocchiale di teologia Parrocchia di Cristo Re

3 La Pasqua poi è una festa primaverile e infatti Giovanni annota che c era molta erba in quel luogo (v.10); questa frase è anche un indice di storicità, perché in Israele l erba cresce solo per pochissimi giorni all anno, alla fine della stagione delle piogge, quando anche il deserto fiorisce, ma per pochi giorni soltanto, perché poi il sole brucia tutto. E questi giorni stanno tra la fine di marzo e l inizio di aprile, al tempo appunto della Pasqua, che cadeva sempre in primavera. Il luogo erboso inoltre può essere un richiamo al pastore del Salmo 22/23: in pascoli erbosi mi fai riposare. Anche il riferimento ai cinque pani d orzo del v.9 è un indice di storicità, visto che il pane d orzo, che costava poco, era il pane usato comunemente dai poveri. v.5 Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?. Se si guarda una sinossi dei vangeli (cioè la disposizione dei testi su colonne parallele per coglierne immediatamente parti comuni e parti diverse) si possono notare alcune differenze tra i sinottici e Giovanni. Mentre i sinottici notano che il luogo è deserto e l ora è tarda e quindi è meglio lasciare andare la folla perché si procuri da mangiare, in Giovanni siamo in pieno giorno (come si capisce dal successivo v.16: venuta la sera) ed è Gesù stesso a prendere l iniziativa, chiedendo a Filippo dove sia possibile comprare il pane per la gente. Cioè: mentre nei sinottici si presenta Gesù come colui che dapprima insegna e poi, al calar delle tenebre, si preoccupa del bisogno di cibo della folla che lo ha ascoltato, in Giovanni Gesù, in pieno giorno, alza gli occhi, fissa il suo sguardo sulla folla che si avvicina e manifesta l intenzione di dare del cibo di sua iniziativa. Dunque il racconto giovanneo dà subito un risalto esclusivo a Gesù quale donatore di fronte alla moltitudine. La domanda a Filippo forse si giustifica storicamente col fatto che egli proveniva proprio da quella zona geografica e dunque doveva conoscerla meglio degli altri discepoli. Ma soprattutto ha lo scopo di aprire l animo di Filippo a ciò che il nutrimento simboleggia secondo la tradizione sapienziale presente in Isaia e ben nota ad ogni buon ebreo: il pane simboleggia la Parola. B Collegamenti con il Primo Testamento Da Giov. 6,31 ( I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo ) si capisce qual è il collegamento tra la folla di questo episodio e il Primo Testamento: l allusione è evidentemente al popolo di Dio uscito dall Egitto, nel deserto e privo di cibo, di cui parla Esodo 16. Il dono della manna era impresso nella memoria degli ebrei come un segno straordinario dell amore provvidente di Dio, che, mediante il suo servo Mosè, aveva soccorso il suo popolo in estremo pericolo di vita, durante la drammatica traversata del deserto. Ora, negli scritti giudaici apocrifi, o post-biblici, la manna era considerata come il cibo dell era messianica, quando il Messia, che si sarebbe rivelato in una notte di Pasqua, avrebbe dato di nuovo, come Mosè, la manna dal cielo. E evidente che nell episodio della moltiplicazione dei pani Gesù è visto come appunto il Messia, il nuovo Mosè che ottiene dal Padre il nutrimento per il popolo in una situazione estremamente critica. Inoltre un buon ebreo avrebbe ricordato altri passi del Primo Testamento in rapporto a questo episodio. Ad esempio, in 1 Re 17,7-16 leggiamo che il profeta Elia, in tempo di carestia, chiede un po di pane a una vedova che gli risponde: 12 Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po d olio nell orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo. 13 Elia le disse: Non temere; va a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, 14 poiché così dice il Scuola parrocchiale di teologia Parrocchia di Cristo Re IL VANGELO DI GIOVANNI 49

4 Signore, Dio d Israele: La farina della giara non si esaurirà e l orcio dell olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra. 15 Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. 16 La farina della giara non venne meno e l orcio dell olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia. Inoltre i pani d orzo richiamavano all orecchio del buon ebreo l episodio analogo del profeta Eliseo, narrato in 2 Re 4,42-44: un uomo offrì venti pani d orzo e farro che aveva nella bisaccia al profeta Eliseo che gli disse: Dallo da mangiare alla gente. Rispose l uomo: Come posso mettere questo davanti a cento persone? Il profeta replicò: Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: Ne mangeranno e ne avanzerà anche. Ed ebbe ragione. Il raffronto tra quest ultimo episodio e quello di Giov. 6 mostra uno svolgimento dei fatti molto simile (Eliseo ordina di dar da mangiare a 100 persone con soli 20 pani d orzo), ma nello stesso tempo come il miracolo compiuto da Gesù sia straordinariamente più grande: se con Eliseo il rapporto tra i pani a disposizione e le persone era di 1 a 5, con Gesù è di 1 a 1.000! La Bibbia ci presenta vari racconti di moltiplicazione, abbondanza, provvidenza, sia nel Primo che nel Nuovo Testamento (oltre a Cana di Giov.2, si veda la pesca abbondantissima e miracolosa di Pietro in Luca 5,1-10 e quella di Giovanni 21). Quindi la moltiplicazione dei pani fa parte di una serie di episodi il cui senso fondamentale è che Dio ha cura dei poveri che si affidano a Lui. una cura che, secondo la Bibbia, si esprime in due modi. Ordinariamente non si esprime in maniera miracolosa, bensì attraverso la cura che i membri del popolo di Dio hanno gli uni verso gli altri. Talora invece la cura di Dio si rivela in un fatto straordinario, che però è segno della cura ordinaria con cui gli uomini devono condividere il pane reciprocamente. C Collegamenti con l esperienza vissuta delle prime comunità cristiane Si è detto che l episodio della moltiplicazione dei pani, che pure ha certamente un fondamento storico, è costruito come rilettura credente della vita di Gesù alla luce delle profezie e dei simboli delle Scritture e sulla scorta dell esperienza effettivamente vissuta dai discepoli del Nazareno. Abbiamo visto i rapporti dell episodio con il Primo Testamento. Ora prenderemo in considerazione quali influssi delle vicende della comunità cristiana dopo la morte di Gesù hanno determinato la formazione del testo. v.11 Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. In questo versetto abbiamo più o meno la stessa sequenza di verbi (prese i pani benedisse diede) che si trovano nei racconti sinottici dell Ultima Cena (Mt. ; Mc. ; Lc.22,19), nell episodio dei discepoli di Emmaus (Luca 24) e in parte in Atti 2,46, che descrive la celebrazione eucaristica della primitiva comunità di Gerusalemme. La scena del miracolo è evidentemente esemplata su quella vissuta dagli apostoli nella cena pasquale con il loro Maestro, tanto più che la frase dopo aver reso grazie suona letteralmente: fece eucarestia. E chiara allora l intenzione dell evangelista di mostrare che il miracolo della moltiplicazione dei pani prefigura l altro, più grande, inimmaginabile miracolo che Dio avrebbe compiuto per il suo popolo: il dono di sé, della sua stessa vita, da parte di Gesù, e la permanenza di questo dono fino alla fine dei tempi. Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me dice Gesù ai Dodici Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi. (Luca 22,20). 50 IL VANGELO DI GIOVANNI Scuola parrocchiale di teologia Parrocchia di Cristo Re

5 Gli apostoli, e quelli che saranno i loro successori, ricevono da Gesù l altissimo mandato di rendere possibile, per i secoli a venire, il ripetersi di tale miracolo nella Chiesa. Nel 4 vangelo il riferimento all Eucarestia è reso esplicito anche grazie al lungo e bellissimo discorso che segue l episodio e che, come sempre in questo testo, illustra il segno della moltiplicazione. Per questo Giovanni, in prossimità della Pasqua, non ha il racconto dell istituzione dell Eucarestia, sostituito da quello della lavanda dei piedi (Giov.13), perché l evangelista considera il miracolo-segno della moltiplicazione dei pani e il successivo discorso un po come già una sorta di trattato eucaristico, offrendoci così una basilare fonte di riflessione teologica sul sacramento dell Eucarestia. E da notare che, come nelle nozze di Cana, il miracolo accade senza che venga pronunciata alcuna parola di potenza e senza che sia descritto il processo della trasformazione dell acqua in vino in Giov.2 e del passaggio da pochi pani e pesci ad una quantità in grado di saziare pienamente persone (!) in Giov. 6. Se rileggiamo Giov.6, 11 (vedi sopra) e lo confrontiamo con i versetti paralleli dei sinottici, ci accorgiamo di un altra differenza. I sinottici dicono che Gesù diede pani e pesci ai discepoli perché li distribuissero alla folla, mentre Giovanni ci presenta il solo Gesù che dà alla gente pane e pesci. Ora, se ci chiediamo come saranno andate effettivamente le cose, dobbiamo attribuire maggiore storicità ai sinottici: la folla era davvero troppo grande perché Gesù potesse fare tutto da solo! Se invece consideriamo l intenzione dei redattori, nel primo caso abbiamo un evidente sottolineatura della dimensione ecclesiale e del ruolo dei discepoli; Giovanni invece lascia intuire tale dimensione ecclesiale attraverso il radunarsi di una moltitudine di uomini che diventano commensali attorno a un banchetto, mentre concentra tutta l attenzione dei lettori sulla persona di Gesù, vero e unico donatore del pane del cielo. Se poi ricordiamo che, rispetto ai sinottici, è sempre e solo Gesù che prende l iniziativa di dar da mangiare alla folla, ci rendiamo conto che, a differenza dei primi, il 4 evangelista ha operato una concentrazione narrativa su Gesù, che assume l iniziativa di tutto ciò che avviene: solo Lui può distribuire il pane che sazia la gente, perché Lui stesso è il pane vero e conosce quale sia la fame più profonda dell uomo. Anche questo è un tratto della CRISTOLOGIA giovannea, che vedremo più avanti nella sua completezza. Possiamo aggiungere un altra considerazione a questa centralità di Gesù. Quello che sembrava impossibile, se non assurdo (dar da mangiare a persone con pochissimi alimenti) diventa possibile proprio con l intervento di Gesù. Cioè: Dio non ci chiede l impossibile; ci chiede di andare incontro ai bisogni dei fratelli mettendo a disposizione quello (poco o tanto) che abbiamo, ma avendo dentro di noi la stessa compassione, lo stesso amore di Gesù per gli uomini. E Lui che può moltiplicare un dono anche molto piccolo nelle mani di colui che vuole condividerlo. Colui che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, darà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia (2 Cor. 9,10) E ne avanzò, secondo la parola del Signore (2 Re 4,44); sì, perché la carità come dice S.Paolo non avrà mai fine! (1 Cor. 13,8). E questo un altro modo in cui Dio vuole continuare ad operare miracoli tra gli uomini: attraverso la nostra carità! v.12 E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto. A differenza dei sinottici, dove leggiamo e raccolsero il resto dei pezzi, qui è Giovanni che invece dà risalto ai discepoli, cui Gesù affida la raccolta. Se il Messia distribuisce, i discepoli dovranno raccogliere ciò che Egli ha distribuito. E, ancora in rapporto all Eucarestia, possiamo aggiungere che pure il comando di raccogliere gli avanzi perché nulla andasse perduto, sembra essere un gesto che apparteneva al rituale eucaristico antico. Scuola parrocchiale di teologia Parrocchia di Cristo Re IL VANGELO DI GIOVANNI 51

6 v.13 Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Non si può stabilire con certezza se il numero dei canestri sia un voluto richiamo al numero dei discepoli (e dunque alla Chiesa). Di sicuro, la frase vuole sottolineare di nuovo la grande abbondanza di cibo venuta da quei pochi pani d orzo benedetti da Gesù. Dobbiamo ancora notare che Giovanni sembra avere scarsa attenzione per i due pesci che erano stati offerti con i pani, probabilmente perché l episodio e il discorso che segue sono tutti incentrati solo sul pane, simbolo della vita donata da Gesù. D L equivoco della folla su Gesù-re Un ultimo tratto originale di Giovanni rispetto ai sinottici sono i vv.14-15, assenti nei tre vangeli paralleli. v.14 Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!. 15Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. Di solito, dopo i segni, Giovanni riporta le reazioni dei testimoni (es. Giov.2,11: i suoi discepoli credettero in lui, dopo il miracolo di Cana; e Giov.2,17: I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà, dopo la cacciata dei venditori dal Tempio). Qui invece caso unico in un racconto giovanneo di miracolo il taumaturgo viene acclamato dalla folla, che riconosce in Gesù non solo un profeta, ma il profeta atteso, quel personaggio promesso da Dio che sarebbe stato simile a Mosè, come leggiamo in Deut.18,15: Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me [Mosè]. A lui darete ascolto. Ma questa folla vuole anche farlo re (v.15), e questo come dice 1 Sam.8 significava un dominio con asservimento dei sudditi, un consegnare la propria vita nelle mani del re. Il gesto di Gesù capovolge la prospettiva, facendo della Sua vita un pane per sempre consegnato nelle mani dell uomo. Mostrando il volto del Padre, Gesù rivela anche come vada ricercata la relazione con Lui. Le dodici ceste di pane avanzato sono lì per ricordare anche questo: il pane donato da Gesù rimane per sempre, senza creare legami innaturali di dipendenza. Gli uomini non dovranno tornare ancora da Gesù per ricevere del pane, perché ormai l hanno con loro, e comunque possono imparare come donarlo e condividerlo. Gesù dunque sfugge al tentativo della folla di farlo re. Con ogni probabilità Giovanni ha collocato qui una delle tre tentazioni (il potere politico) che Matteo e Luca pongono in sintesi nella scena delle tentazioni nel deserto prima dell inizio del ministero pubblico di Gesù. La gente vuole fare re Gesù. Ma Egli delude totalmente l entusiasmo popolare. Il suo messianismo è diverso, la strada che il Nazareno intende percorrere è un altra. Eppure di fronte a Pilato riconoscerà di essere re, e la sua regalità sarà scritta sulla croce in tre lingue. Ma allora, nel contesto della Passione, gli equivoci non saranno più possibili, come vedremo. L errore della folla è di aver letto frettolosamente il segno, alla luce di uno schema già noto, senza aspettare la rivelazione della novità di Gesù. 52 IL VANGELO DI GIOVANNI Scuola parrocchiale di teologia Parrocchia di Cristo Re

7 2- GESU CAMMINA SUL MARE (LAGO) DI GALILEA (Giov. 6, 16-21) 16 Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare, 17 salirono in barca e si avviarono verso l altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; 18 il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. 19 Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. 20 Ma egli disse loro: Sono io, non abbiate paura!. 21 Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti. * * * * * Il racconto di Gesù che cammina sul mare dà l impressione di essere incompiuto. L evangelista annota che il mare si era ingrossato (v.18) e il lettore si aspetterebbe che Gesù cammini sul mare per aiutare i discepoli in difficoltà e che il miracolo consista nel placare il mare in burrasca (come accade negli episodi paralleli dei sinottici). E invece nulla di tutto questo. Al posto di una tempesta placata si parla sembrerebbe di uno sbarco miracoloso (v.21). Ma neppure questo interessa più di tanto all evangelista. Non sta parlando di Gesù che viene in soccorso dei discepoli, ma di Gesù che è il Signore maestoso, sottratto ai limiti della natura. Tutto il significato dell episodio è racchiuso nell affermazione Sono io, che è l equivalente del nome divino Jahvè = Io sono (colui che sono); Gesù mostra di avere le qualità proprie di Dio; non a caso si legge in Giobbe 9,8: Egli da solo stende i cieli e cammina sulle acque del mare. SONO IO oppure IO SONO è il nome divino che ricorre più volte nel 4 vangelo (ne parleremo specificamente), a sottolineare la divinità di Gesù. L episodio appare così un correttivo al fraintendimento della folla. Gesù non è semplicemente un profeta, tanto meno un re politico, ma è la presenza maestosa e salvifica di Dio fra gli uomini. Dunque, grazie alla presenza di Gesù, che si rivela presenza divina, subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti (v.21). Più che i 5-6 km percorsi rapidamente, vale l idea sottesa di una salvezza ottenuta proprio e solo per la provvidenziale presenza di Gesù che interviene a favore dei suoi. E un tipo di presenza nuova, che preannuncia la misteriosa presenza eucaristica. Con i due segni del pane moltiplicato e del cammino sull acqua, Giovanni reinterpreta cristo= logicamente i temi del Primo Testamento del passaggio del M. Rosso e della manna; ciò che là era l opera di salvezza di Dio diventa ora l opera di Cristo. Tenendo presente che si è prossimi alla Pasqua (Giov.6,4), ne deriva la conseguenza che Cristo sta scrivendo una nuova storia di Israele, con un nuovo popolo e nel contesto di una nuova Pasqua, quella della sua morte e resurrezione. C è un altro simbolismo nell episodio che va considerato. Secondo la mentalità degli antichi orientali, il mare in tempesta simboleggiava le forze ostili del caos e della morte; nella Bibbia troviamo molti passi del tipo Mi circondarono flutti di morte Flutti tempestosi mi assalirono (così nei Salmi); è questo appunto un modo simbolico di parlare della sofferenza, delle tribolazioni e della morte. Ora Gesù, camminando sul mare in tempesta, dimostrava non solo la sua superiorità sulla natura, ma anche la sua vittoria sulle forze ostili del caos e della morte, simboleggiate dall acqua. Era una prefigurazione della Sua vittoria sulla morte mediante la resurrezione, mistero cui in questo modo Egli intende preparare i suoi discepoli. Scuola parrocchiale di teologia Parrocchia di Cristo Re IL VANGELO DI GIOVANNI 53

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