La perequazione delle pensioni

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1 La perequazione delle pensioni Prima di entrare nel merito delle iniziative unitarie che abbiamo avviato a tutela del reddito da pensione, vorrei fare il riassunto delle puntate precedenti, ricordando prima di tutto che bloccare la perequazione delle pensioni per riequilibrare la finanza pubblica è stata pratica comune a governi di ogni orientamento politico: nel 1997 si bloccano per un anno tutte le pensioni superiori a 5 volte il minimo e se ne riduce per ulteriori 2 anni la percentuale dal 75% al 30%; si bloccano altresì per tre anni le pensioni superiori a 8 volte il minimo; nel 2008 si blocca per un anno la perequazione delle pensioni superiori a 8 volte il minimo; nel 2011 si blocca per il 2012 e per il 2013 la perequazione delle pensioni superiori a 5 volte il minimo; sempre nel 2011 il governo Monti blocca per lo stesso periodo la perequazione delle pensioni superiori a 3 volte il minimo Tutte queste operazioni vengono realizzate in vigenza del sistema di perequazione per fasce orizzontali. Nel 2013 il governo Letta modifica il sistema, istituendo, per il triennio , la perequazione per fasce verticali. Nel 2015, la Corte Costituzionale interviene sulla materia e, in risposta alle questioni di costituzionalità poste dal tribunale di Palermo, dalla Corte dei Conti dell Emilia Romagna e dalla Corte dei Conti della Liguria, dichiara l incostituzionalità dell articolo 24, comma 25, del D.L. 214/2011, in quanto in contrasto con gli articoli 3, 36 e 38 della Costituzione. 38: l assenza di rivalutazione impedisce la conservazione nel tempo del valore della pensione, menomandone l adeguatezza; 36: il blocco della perequazione lede il principio della proporzionalità tra la retribuzione e il trattamento retributivo percepito durante l attività lavorativa;

2 combinato disposto 36, 38 e 3: si altera il principio di uguaglianza e di ragionevolezza, causando una irrazionale discriminazione in danno della categoria dei pensionati. Bisogna tenere bene a mente che la sentenza della Corte Costituzionale afferma che il trattamento pensionistico è a tutti gli effetti un salario differito e non una rendita: questa affermazione apre ulteriori spazi che si possono utilizzare soprattutto per equiparare il trattamento fiscale delle pensioni a quello del lavoro dipendente. Per altro la CC si era già pronunciata in materia nel 2010, quando aveva ritenuto non illegittimo il blocco per un solo anno delle pensioni superiori a 8 volte il minimo, ammonendo però nel contempo il legislatore, poiché la sospensione a tempo indeterminato del trattamento perequativo, o la frequente reiterazione di un blocco anche a tempo determinato si scontrano con il principio della ragionevolezza e della proporzionalità. Quindi, si potrebbe legittimamente affermare che il legislatore stesso, quando afferma che restituire ai pensionati l intero importo degli arretrati maturati e riallineare il montante pensionistico porterebbe un danno al bilancio dello stato, ha solo se stesso da biasimare, in quanto non ha tenuto a suo tempo conto del monito della Suprema Corte. In questo contesto è intervenuto il decreto legge 65/2015, decreto che, è opportuno ricordarlo, è stato emanato senza alcun confronto con il sindacato in generale e con quello dei pensionati in particolare. Il contenuto di tale norma vi è ben noto: arretrati pari al 40% di quanto effettivamente dovuto ad 3 a 4 volte il minimo, pari al 20% oltre a 4 e fino a 5 volte il minimo, al 10% da 5 fino a 6 volte il minimo, niente oltre 6 volte il minimo. Si tratta di una norma ambigua, che si presta a interpretazioni diverse. Infatti, secondo l interpretazione della Ragioneria Generale dello Stato la norma sulla rivalutazione si applicherebbe solo per determinare l importo degli arretrati, senza modificare la pensione in essere.

3 Si genera così un danno permanente per i pensionati, che si aggiunge alla beffa di indicare come bonus, come gratuità, come elargizione, quella che è, invece, solo una parziale restituzione di quanto dovuto. I legali che compongono la consulta giuridica dell INCA hanno ravvisato nel decreto legge 65/15 rilevanti profili di incostituzionalità, a fronte dei quali lo SPI CGIL, nella riunione del Dipartimento previdenza dello scorso settembre, ha stabilito di avviare una azione di tutela individuale per rivendicare migliori condizioni per i pensionati e le pensionate penalizzate dal decreto Poletti. Per altro il bacino dei penalizzati è molto ampio: in Liguria i pensionati con reddito superiore a 3 volte il minimo sono il 46% sul totale, con un massimo dal 51% a Genova e un minimo del 26% a Imperia. Questa situazione è prevalente nel Nord, mentre nel Sud le pensioni sono mediamente più basse, con l eccezione delle aree in cui si trovano insediamenti industriali. A Genova, in particolare, i nostri iscritti con un reddito superiore a 3 volte il minimo sono più di solo per la gestione INPS, a cui si dovrebbero aggiungere almeno altri 2500 di gestione INPDAP. Proprio per questo i territori del nord Piemonte, Liguria, Toscana, Emilia, Veneto e, seppur con diverse modalità, anche la Lombardia hanno stabilito di mettere in atto una strategia comune ed unitaria- indirizzata in primo luogo agli iscritti ai sindacati dei pensionati. Tale strategia si articola in due diverse fasi: 1. Lettera di diffida (azione di tutela individuale) per interrompere i termini della prescrizione, che scatta alla fine del 2016: 2. Ricorsi pilota ne seguenti casi specifici: complessivamente e tutti, in quanto danneggiati in modo permanente dal mancato adeguamento del montante pensionistico; ai casi limite, coloro che, per pochi euro, sono in una fascia piuttosto che in un altra;

4 ai pensionati con pensione superiore a 6 volte il minimo, che non hanno avuto nulla. Tali ricorsi hanno una finalità ben precisa, che è quella di ottenere un nuovo pronunciamento da parte della Corte costituzionale (rischi, cautele, insufficienza del pronunciamento del giudice ordinario); Attendiamo l incontro, che si svolgerà a breve, tra gli avvocati di SPI FNP e UILP per definire il numero dei ricorsi e i fori in cui è più opportuno presentarli. Nel frattempo ciascun territorio si dovrà attrezzare per individuare gli iscritti con una pensione superiore a 3 volte il minimo, contattarli e invitarli a sottoscrivere e inviare alla sede INPS di competenza la lettera di diffida. Naturalmente, per aiutare i nostri compagni sui territori e per semplificare il contatto con gli iscritti, sarà nostra cura avviare una campagna di comunicazione, utilizzando sia i social networks (Facebook, Twitter), sia le reti radiotelevisive, sia la stampa. Infine, è il caso di sottolineare che l azione di tutela individuale che stiamo per intraprendere si affianca, come accade per ogni altro Categoria della CGIL, all azione negoziale di confronto con le controparti. Nel nostro case, la controparte è quella pubblica, cioè il Ministero del Lavoro e Welfare: è proprio con il Ministro Poletti che si è aperto un tavolo unitario che dovrebbe affrontare in modo più complessivo il tema dei redditi da pensione e del contrasto alla povertà. Tuttavia, se questo tavolo non dovesse dare i risultati previsti e i contenuti della legge di stabilità non favoriscono l ottimismo!- il contatto capillare con i nostri iscritti diventerebbe un fattore essenziale per la mobilitazione della categoria. Per altro questa azione di categoria si inserisce nel quadro più ampio di una campagna confederale e unitaria sul tema della previdenza, che riguarda non solo chi in pensione c è già, ma anche chi ci sarebbe dovuto andare e chi ci andrà nel futuro.

5 Per concludere, compagne e compagni, con questa iniziativa unitaria non ribadiamo ancora una volta la nostra ferma determinazione a difendere, con tutti i mezzi a nostra disposizione, il reddito dei pensionati. Paola Repetto Segreteria integrata SPI CGIL Genova e Liguria Genova, 20 ottobre 2015