Aspetti tecnologici Tecnologie per la produzione delle basi

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1 8.2 Aspetti tecnologici Tecnologie per la produzione delle basi Come illustrato nella fig. 1 di cap. 8.1, le tecnologie per la produzione delle basi sono la distillazione sotto vuoto, il deasphalting, l eliminazione degli aromatici, la deparaffinazione e la finitura. Queste tecnologie sono prese in considerazione di seguito, con riferimenti anche a processi non più attuali. Distillazione sotto vuoto In questo caso il vacuum ha lo scopo di preparare le cariche ai trattamenti successivi eliminando gli idrocarburi più pesanti, le resine e gli asfalteni, che sono incompatibili con la produzione di oli base e con le prestazioni dei lubrificanti. È concepito quindi in modo diverso dal vacuum usato per la preparazione del gasolio da vuoto da alimentare in carica al cracking catalitico per i motivi seguenti: si devono evitare accuratamente i trascinamenti di resine nelle frazioni distillate, perché abbasserebbero la resa nell estrazione di aromatici e la velocità di filtrazione nella deparaffinazione, abbrevierebbero la vita dei catalizzatori per l aumento dei depositi di coke e ne diminuirebbero la selettività (Soudek, 1974); si vuole ottenere una selettività più alta possibile nell estrazione degli aromatici con solventi; il vacuum per lubrificanti produce in testa un gasolio e 4 o 5 frazioni laterali, delle quali in genere le tre più pesanti sono utilizzate per la produzione degli oli base, oltre al residuo. In sostanza il taglio gasolio vuoto è frazionato nel vacuum prima dell estrazione degli aromatici e non dopo (Kosters, 1977). Inoltre, a differenza del vacuum per il cracking catalitico, nel vacuum per lubrificanti ogni frazione laterale è distillata in corrente di vapor d acqua in una torre sotto vuoto (stripper). Gli stripper delle varie frazioni sono collocati uno sopra l altro in una colonna posta accanto al vacuum. In questo modo si migliora ancora la selettività dell estrazione con solventi degli aromatici e si controlla l infiammabilità degli oli base con l eliminazione delle loro parti più volatili. Deasphalting L uso di un impianto di deasphalting (precipitazione degli asfalteni) nella produzione degli oli base risale agli anni Trenta e si rese necessario per recuperare quella parte di olio presente nel residuo da vuoto, oltre all asfalto, che non può essere distillato neppure sotto vuoto per l insorgere dei fenomeni di cracking termico dovuti alle temperature che si dovrebbero utilizzare. Tuttavia questo processo non è sempre presente: la lavorazione del residuo da vuoto all impianto di deasphalting, infatti, non è effettuata se la quantità di asfalteni presenti nel greggio è molto piccola, oppure se la quantità di olio trattenuto nel residuo da vuoto è bassa rispetto alla quantità di asfalto per poter essere recuperata in modo economico, come avviene per i greggi naftenici venezuelani, usati per la produzione di oli naftenici dalle frazioni laterali del vacuum e di asfalti dal residuo da vuoto. Inoltre nel caso dei greggi a carattere paraffinico-naftenico ci si può limitare alla produzione dal vuoto di una frazione molto pesante, comunque più leggera del bright stock. Per il deasphalting del residuo da vuoto il solvente usato in generale per la produzione di oli base è il propano liquido, per la selettività, dovuta al suo basso peso molecolare, nel far precipitare le resine e gli asfalteni. Le paraffine più pesanti del propano, come i butani, il normalpentano, il normalesano, ecc., non sono impiegate perché sono meno selettive: le rese in olio sono più elevate perché non fanno precipitare parte delle resine, VOLUME II / AFFINAZIONE E PETOLCHIMICA 351

2 PODUZIONE DEI LUBIFICANTI che non possono essere presenti nei trattamenti successivi e negli oli base. Il propano bolle a 42,1 C e ha una temperatura e una pressione critiche rispettivamente di 96,8 C e 4,26 MPa. Il propano liquido fra 40 C e 20 C non scioglie gli idrocarburi saturi; fra 40 e 60 C gli idrocarburi saturi, in particolare le paraffine, sono molto solubili nel propano, che fa precipitare le resine e gli asfalteni, tanto più quanto più è elevata la temperatura. Al di sopra della temperatura critica il propano fa precipitare tutti gli idrocarburi (Soudek, 1974). Queste proprietà sono alla base degli impieghi del propano per il deasphalting dei residui, l estrazione di aromatici e la deparaffinazione. Nel deasphalting, inoltre, verso la fine degli anni Settanta è stato introdotto il recupero del propano dall estratto in condizioni supercritiche: al posto degli evaporatori vi sono degli scambiatori di calore in cui l estratto è portato al di sopra della temperatura critica del propano. L olio deasfaltenato si separa ed è poi alimentato alla colonna di stripping. Ne risulta un risparmio considerevole, che ha portato alla modificazione di molti impianti (Northrup e Sloan, 1996). Nella fig. 1 è riportato lo schema semplificato di un impianto di deasphalting con il recupero del solvente in condizioni supercritiche. Il residuo da vuoto è miscelato con il propano liquido e immesso, per esempio, a una temperatura di circa C nella torre d estrazione, a piatti forati o costituita da un miscelatore formato da diversi dischi rotanti calettati su un albero posto al centro della torre (DC, otating Disk Contactor); tale torre di contatto con dischi rotanti è usata anche per l estrazione di aromatici (v. oltre). Nei primi impianti, di piccola capacità, l operazione veniva effettuata tramite stadi estrattivi multipli collegati in controcorrente, essendo ogni stadio costituito da un miscelatore (mixer) e un decantatore (settler). Nella torre il deasphalting è effettuato in controcorrente: il propano liquido, più leggero, con una densità di 508 kg/m 3 a 15 C, è immesso sotto il punto d immissione della carica e in fondo poco prima dell uscita dell asfalto e sale dissolvendo gli idrocarburi e facendo precipitare verso il fondo della torre le resine e gli asfalteni, che da parte loro inglobano del propano. Il punto d immissione della carica, che può essere miscelata con propano liquido per la regolazione della viscosità, è fra la metà e due terzi dell altezza della torre, secondo il suo contenuto in resine e asfalteni. Nella parte superiore della torre la temperatura è regolata con vapor d acqua immesso in serpentine interne, in quella inferiore con l immissione di propano liquido al di sotto del punto d ingresso della carica e sul fondo. Si raggiungono in testa, per esempio, temperature di circa C, mentre il fondo è a circa vapori di propano propano gassoso e vapor d acqua estratto (olio deasfaltenato e propano liquido) vapore d acqua riscaldamento a condizioni supercritiche separatore colonna di stripping vapor d acqua residuo da vuoto torre di deasphalting propano liquido reintegro propano liquido condensatore di propano serbatoio propano liquido compressore propano gassoso e vapor d acqua lavaggio propano propano gassoso olio deasfaltenato acqua raffinato (asfalto e propano liquido) evaporatore colonna di stripping acqua vapore d acqua asfalto fig. 1. Processo di deasphalting con propano e con il recupero del solvente in condizioni supercritiche (Normand, 1973; Northrup e Sloan, 1996; efining [...], 2002). 352 ENCICLOPEDIA DEGLI IDOCABUI

3 ASPETTI TECNOLOGICI C: oltre che per la differenza di densità il propano liquido sale anche per effetto del gradiente di temperatura tra il fondo e la testa della torre. Aumentando la temperatura di testa, però, la resa in olio tende a diminuire perché aumenta la tendenza del propano a far precipitare tutti gli idrocarburi. Il propano che discende insieme alle resine e agli asfalteni si può considerare un riflusso interno alla torre, analogo al riflusso presente nelle torri di distillazione. La pressione nella torre è tale da garantire la fase liquida. Dalla testa della torre esce l estratto, cioè il propano liquido con l olio deasfaltenato disciolto; l estratto contiene per esempio circa l 80-85% di propano e il 15-20% in peso di olio, mentre il prodotto di fondo, cioè il raffinato, contiene circa il 65-70% di asfalto e il 30-35% in peso di propano, il che significa che occorre operare con un rapporto propano/carica piuttosto elevato. Il propano deve essere recuperato e riciclato: il raffinato alimenta prima un evaporatore e poi una colonna di stripping sotto vuoto con vapor d acqua per eliminare le tracce di propano. Il propano gassoso è liquefatto per compressione e raffreddamento dopo la separazione dell acqua per raffreddamento e il lavaggio dei vapori. Per l estratto si usa lo stesso procedimento, ma negli impianti meno recenti, a causa della maggiore quantità di propano, l evaporatore può avere due o tre stadi a pressione decrescente, non rappresentati nella fig. 1. Per la selettività del processo l asfalto ottenuto è molto duro e costituisce una base per la produzione degli altri asfalti. Le temperature di esercizio, il rapporto propano/carica e le rese variano con il tipo di greggio. Si possono ottenere per esempio rese in olio deasfaltenato (DeAsphalted Oil, DAO) di circa il 30-40% in peso sul residuo (Normand, 1973; Soudek, 1974). Un processo a suo tempo diffuso per il deasphalting è il DuoSol, utilizzato anche per l estrazione degli aromatici. In questo caso il propano liquido è usato per deasfaltare in combinazione con il selecto, una miscela di fenolo e di acido cresilico, una miscela; a sua volta, di orto-, meta- e para-cresolo che nello stesso tempo dearomatizza l olio. L estrazione è in controcorrente con il propano immesso in fondo alla torre, il selecto in testa e il residuo in un punto intermedio. Il recupero dei solventi è effettuato con modalità analoghe a quelle illustrate, ma non risulta in questo caso l adozione di condizioni supercritiche per il propano, mentre per il selecto si deve utilizzare un sistema più complesso poiché è a sua volta una miscela di solventi. Il processo DuoSol per l impiego di un sistema di solventi è di gestione più complicata e si presta meno al passaggio a grandi dimensioni dell impianto con propano, che è preferito anche perché il fenolo e i cresoli per la loro tossicità costituiscono un potenziale pericolo (Normand, 1973). Eliminazione degli aromatici Gli aromatici hanno un impatto negativo sulle caratteristiche delle basi e la loro eliminazione migliora la qualità delle basi stesse (Normand, 1973; Billon et al., 1975; Kosters, 1977; Kramer et al., 1999a; Kramer et al., 1999b; Werner et al., 2001). In particolare tale eliminazione: aumenta l indice di viscosità (quanto più è elevato l indice di viscosità tanto più bassa è la variazione della viscosità con la temperatura); aumenta la resistenza all ossidazione causata dall ossigeno dell aria sciolto in soluzione nel lubrificante e a contatto con la sua superficie. L ossidazione dà luogo alla formazione di composti acidi, tra l altro corrosivi e anche più leggeri e volatili; il progredire dell ossidazione porta alla formazione di particelle solide, visibili in sospensione, di depositi sul fondo e di residui carboniosi sulle superfici. L ossidazione è accelerata dall innalzamento della temperatura e catalizzata dai composti dei metalli, in genere presenti nell olio sotto forma di complessi, sia pure in quantità minime; aumenta la stabilità termica. Nel tempo, sotto l azione del calore, non devono formarsi rotture e condensazioni di molecole che portino alla formazione di prodotti volatili, sospensioni e depositi e di residui carboniosi sulle superfici. Gli effetti di una ridotta stabilità si possono sommare a quelli dell ossidazione; aumenta il valore della tensione superficiale con conseguente riduzione della formazione di schiuma; diminuisce la volatilità (le molecole aromatiche sono più volatili degli idrocaburi saturi). Nei motori degli autoveicoli diminuisce così la quantità di vapori di olio che bruciano insieme al carburante nelle camere di combustione: di conseguenza si abbassa il consumo di lubrificante e la formazione di emissione nocive, specialmente di particolato, diminuendo l inquinamento ambientale e aumentando la durata e l efficienza delle marmitte catalitiche. La prima tecnologia usata per eliminare gli aromatici, poi abbandonata per la scarsa selettività e la presenza delle melme acide da smaltire, fu il trattamento con acido solforico, che reagisce di preferenza con i composti più ossidabili, cioè con gli aromatici (Nelson, 1958). Oggi per l eliminazione degli aromatici si utilizzano i processi di estrazione con solventi (v. fig. 3 di cap. 8.1), il più diffuso, di hydrocracking (v. figg. 4 e 5 di cap. 8.1), e di hydrotreating. L hydrotreating (v. cap. 3.1), posizionato prima e anche dopo l estrazione degli aromatici con solvente, in questo caso ha come scopo la saturazione catalitica degli aromatici presenti nelle frazioni da vuoto e nell olio deasfaltenato per produrre basi di gruppo I e basi medie e pesanti VOLUME II / AFFINAZIONE E PETOLCHIMICA 353

4 PODUZIONE DEI LUBIFICANTI di gruppo II. Le condizioni operative sono più blande di quelle dell hydrocracking, ma più elevate rispetto a un trattamento di finitura con idrogeno (hydrofinishing). Con la saturazione degli idrocarburi aromatici le basi sono più paraffiniche rispetto al caso in cui si adotti l estrazione degli aromatici ed è eliminata (sotto forma di solfuro di idrogeno e di ammoniaca) parte dello zolfo e dell azoto presenti nelle molecole. La resa in oli base è aumentata, come pure la flessibilità rispetto ai greggi trattati (Arnold, 1997). Limitatamente agli oli naftenici, l hydrotreating ha in gran parte sostituito l estrazione degli aromatici. La saturazione degli aromatici con l idrogenazione è, inoltre, il modo attuale con cui sono prodotti gli oli bianchi tecnici e medicinali dai greggi naftenici (v. oltre). ispetto all hydrotreating, l hydrocracking (v. cap. 6.2) ha una flessibilità maggiore nei confronti dei greggi e dal suo utilizzo si ottengono migliori qualità degli oli base (anche di gruppo II dopo deparaffinazione con solventi, e di gruppo III con la deparaffinazione catalitica). In confronto alle tecnologie dell estrazione degli aromatici e della saturazione degli aromatici (hydrotreating), con l hydrocracking si ottengono in sostanza oli base più paraffinici perché il contenuto in idrocarburi aromatici è abbassato in modo più consistente, dal che conseguono sia il loro maggior livello qualitativo, sia le prestazioni più elevate dei lubrificanti. Inoltre l hydrocracking può essere meglio integrato con la produzione di combustibili perché consente un aumento delle rese della raffineria in benzina, cherosene, jet fuel e gasolio. Di seguito ci si limita quindi a illustrare le tecnologie dell estrazione con solventi e dell hydrocracking. Estrazione con solventi I solventi che presentano una forte polarità (derivante dall asimmetria della loro struttura molecolare e anche dalla presenza di un eteroatomo, come l ossigeno e l azoto) sciolgono facilmente le sostanze polari (per esempio, gli idrocarburi aromatici) e solo molto parzialmente le sostanze poco polari (per esempio, gli idrocarburi saturi). Dopo la miscelazione dell olio da dearomatizzare con il solvente a temperatura costante e a pressione sufficiente a mantenere il sistema in fase liquida, all equilibrio si osserva lo smescolamento in due fasi liquide: la fase più pesante (estratto) è composta prevalentemente da idrocarburi aromatici e dalla maggior parte del solvente, la fase più leggera (raffinato) è costituita in gran parte dagli idrocarburi saturi e da una parte minore del solvente. All aumentare della temperatura la lacuna di miscibilità si restringe fino ad annullarsi (Treybal, 1955). L estrazione è effettuata in controcorrente; la carica entra in un punto intermedio della torre e può essere già miscelata in parte con il solvente. Il solvente entra in testa e scende per gravità verso il basso, dissolvendo i componenti aromatici, mentre l olio più leggero sale dal basso verso l alto insieme a una piccola parte del solvente. Durante l estrazione si mantiene, tra fondo e testa della colonna, un gradiente di temperatura. In testa alle colonne si impiegano temperature quanto più elevate possibile, perché la riduzione delle dimensioni della lacuna permette di diminuire il rapporto solvente/olio in carica, mentre una temperatura più bassa in fondo alla torre facilita la separazione delle fasi estratto e raffinato. Le caratteristiche fisiche dei solventi hanno un significato tecnologico ben definito: una densità elevata facilita la separazione delle fasi raffinato ed estratto, un alto punto di ebollizione rende possibile l uso di pressioni inferiori per impedire fenomeni di vaporizzazione nella torre di estrazione, un calore latente basso facilita il recupero del solvente per distillazione; tale recupero invece è reso più difficoltoso dalla presenza di azeotropi con l acqua (come nel caso del furfurolo e del fenolo). I più elevati rapporti solvente/carica e le temperature di testa più alte si raggiungono nel trattamento delle cariche più pesanti, o comunque più aromatiche, oppure quando si vogliono ottenere indici di viscosità più elevati; un basso rapporto solvente/carica riduce le dimensioni di tutte le apparecchiature e i costi d esercizio. Può essere usato un solo solvente (comprendendo in questa categoria anche le miscele che nell estrazione si comportano come un solvente unico), oppure si impiegano sistemi binari, in cui i due solventi esercitano un azione diversa. I solventi binari, e le miscele più complesse, sono considerati obsoleti in quanto comportano modalità più complicate, e quindi più onerose, di recupero dal raffinato e dall estratto, soprattutto in corrispondenza di elevate capacità produttive. Attualmente i solventi più utilizzati sono il furfurolo, il N-metil-2-pirrolidone (NMP) e il fenolo: O H C O CH 3 N O OH furfurolo N-metil-2-pirrolidone fenolo Per i nuovi impianti, però, risultano utilizzati solo il furfurolo e il N-metil-2-pirrolidone, con preferenza per questo ultimo. Il NMP è sempre più applicato per la maggiore selettività e per la minore tossicità rispetto al fenolo: negli Stati Uniti e in Canada tutti gli impianti con fenolo esistenti sono stati convertiti all uso del N-metil- 2-pirrolidone. È da tenere presente che la sostituzione di un solvente con un altro richiede la verifica delle prestazioni dei lubrificanti. Si riporta nella fig. 2 lo schema semplificato del processo con furfurolo. Il furfurolo è un aldeide ciclica che a temperature superiori a 220 C è instabile e tende a decomporsi. Al di sotto di questa temperatura, con l aria, si ossida formando acidi corrosivi e tende a dare luogo a polimeri, che a loro volta formano depositi e sono concentrati nell estratto. La carica viene successivamente disaerata sotto 354 ENCICLOPEDIA DEGLI IDOCABUI

5 ASPETTI TECNOLOGICI frazioni da vuoto leggera, media, pesante e olio deasfaltenato disaeratore aria all eiettore torre di estrazione tipo rotating (disc contactor) riflusso esterno motore riflusso di furfurolo raffinato (olio paraffinoso e furfurolo) furfurolo secco reintegro furfurolo serbatoio furfurolo secco separatore estratto (aromatici e furfurolo) azeotropo fase ricca in furfurolo distillazione a media pressione distillazione ad alta pressione fig. 2. Processo di estrazione degli aromatici con furfurolo (Normand, 1973). azeotropo fase ricca in acqua separatore fasi azeotropo azeotropo stripper (essiccamento) acqua colonna di stripping colonna di stripping distillazione sotto vuoto vapor d acqua olio base paraffinoso vapor d acqua azeotropo distillazione sotto vuoto vapor d acqua estratto aromatico vuoto e il furfurolo è tenuto sotto un atmosfera di azoto nei serbatoi. Le prime colonne di estrazione con furfurolo erano a riempimento, poi l aumento delle capacità ha portato all adozione di modalità di miscelazione molto più efficienti, più adatte quindi ad aumentare la capacità degli impianti. A questo scopo si utilizzano torri di contatto con dischi rotanti (DC) analoghe a quelle usate per il deasphalting con il propano, costituite da una serie di compartimenti intercomunicanti tramite aperture circolari, in ognuno dei quali ruota un disco calettato su un albero posto al centro della torre (v. ancora fig. 2). La temperatura in testa alla torre è regolata dalla portata e dalla temperatura del solvente, mentre la temperatura del fondo, dove avviene la separazione dell estratto, è controllata dalla portata e dalla temperatura di un riflusso esterno immesso sul fondo della torre, dopo essere stato prelevato dal distributore posto sotto la zona di estrazione e sopra il decantatore della fase estratto. Per il recupero del furfurolo il raffinato è distillato con vapore d acqua in una torre sotto vuoto, dove nella parte inferiore (colonna di stripping) vengono eliminate le ultime tracce di furfurolo dall olio paraffinoso; in testa distilla l azeotropo ed è immesso un riflusso di furfurolo. L estratto, dopo una distillazione del furfurolo con vapore in due torri (la prima a media pressione, la seconda a pressione più elevata), passa in una torre finale sotto vuoto, analoga a quella in cui è trattato il raffinato, dalla cui testa distilla l azeotropo. Anche dalla torre a media pressione distilla l azeotropo, mentre dalla torre a pressione più alta in testa si ottiene furfurolo, riciclato dopo condensazione. Dalla decantazione di tutti gli azeotropi riuniti a temperatura ambiente si separano una fase ricca in furfurolo (96%) e una fase ad alto contenuto di acqua (92%), che è distillata in una torre dove in testa si ottiene l azeotropo, riunito agli altri nel decantatore, e dal fondo acqua. La fase ricca in furfurolo alimenta la distillazione a media pressione, da cui si estrae il furfurolo essiccato, che è riciclato (Nelson, 1958; Normand, 1973; Soudek, 1974; Kosters, 1977). Per quanto riguarda l estrazione con fenolo, si ricorda che tale solvente non si ossida ed è stabile. La carica di olio assorbe a caldo il fenolo presente nel vapor d acqua che proviene dalle colonne di stripping dove si recupera il solvente dal distillato e dal raffinato e dove distilla in testa l azeotropo. Le acque di scarico dopo l assorbimento sono sottoposte a trattamenti particolari per eliminare il fenolo rimasto. Dopo raffreddamento la carica è messa in contatto in controcorrente con il fenolo. Per l estrazione si utilizzano torri a piatti forati, DC, e anche estrattori Podbielniak, centrifughe di ridotte dimensioni, con asse orizzontale, in cui il flusso controcorrente delle fasi leggera e pesante è assicurato dalla forza centrifuga. Il fenolo solubilizza e porta nell estratto anche idrocarburi usualmente presenti nel raffinato; per evitare ciò s inietta acqua nell estratto nel fondo della torre di estrazione prima della sua uscita. Si separa una fase di pseudoraffinato che è riciclata e riestratta. Un effetto simile si ottiene abbassando la temperatura nel fondo. Il raffinato passa prima in un evaporatore, dove cede parte del fenolo che è condensato e riciclato, e poi in una colonna di stripping sotto vuoto con vapore, dalla cui testa VOLUME II / AFFINAZIONE E PETOLCHIMICA 355

6 PODUZIONE DEI LUBIFICANTI si distilla l azeotropo, mentre dal fondo si ottiene l olio base da deparaffinare. L estratto è trattato prima in un evaporatore a due stadi, dove è eliminato il fenolo, poi in una colonna di stripping sotto vuoto con vapore, dalla cui testa distilla l azeotropo e come fondo si ottiene l estratto (Nelson, 1958; Soudek, 1974; Kosters, 1977). Per quanto riguarda l estrazione con N-metil-2-pirrolidone, si ricorda che tale solvente è molto stabile, non forma azeotropi con l acqua ed è più selettivo per gli aromatici degli altri due solventi; di conseguenza richiede rapporti solvente/carica inferiori. Sostituendolo in un impianto al furfurolo o al fenolo a parità di quantità di carica trattata, occorre così rigenerare meno solvente, diminuendo i costi operativi. L estrazione è effettuata in controcorrente in colonne a piatti forati. Lo stadio di recupero del solvente dal raffinato è costituito da un evaporatore seguito dalla distillazione sotto vuoto del raffinato con vapore d acqua. I vapori provenienti dall evaporatore e dalla colonna di stripping sono condensati per raffreddamento e riuniti per separare l acqua. Per l estratto si deve ricorrere a un evaporazione a effetti multipli, ad alta e media pressione e infine sotto vuoto, per poi inviare l estratto a un altra colonna di stripping dove le ultime tracce di solvente sono eliminate con vapor d acqua. I vapori sono condensati e l acqua separata. imangono tracce d acqua nel solvente, che deve essere quindi essiccato per distillazione sotto vuoto. Un altra possibilità, invece, è iniettare NMP umido, o anche acqua, nell alimentazione in modo da controllare la solubilità degli idrocarburi (efining [...], 2002). È quindi più semplice convertire all uso del NMP un impianto con fenolo piuttosto che un impianto che usi furfurolo a causa della diversità del sistema per il recupero del solvente. Per quanto riguarda gli altri solventi, considerati oggi obsoleti, ci si limita a menzionare solo i sistemi binari più diffusi in passato (Nelson, 1958; Normand, 1973; Kosters, 1977): il biossido di zolfo liquido a cui si aggiungeva benzene perché il biossido è troppo selettivo per gli aromatici e scioglie poco i nafteni, mentre il benzene solubilizza tutti i tipi di idrocarburi. Questo processo è molto adatto a trattare gli oli naftenici, per i quali però non si usa il benzene, ed è stato il primo utilizzato per l estrazione degli aromatici; il selecto e il propano (processo DuoSol, già citato per il deasphalting); il selecto si comporta come un solvente unico discendendo nella colonna ed estraendo gli aromatici, mentre il propano liquido risale nella torre dissolvendo prevalentemente gli idrocarburi saturi. Hydrocracking Si possono distinguere tre modalità fondamentali di produzione degli oli base con l hydrocracking: utilizzazione del residuo atmosferico proveniente da un processo di hydrocracking finalizzato alla produzione di combustibili, in genere ad alta conversione; hydrocracking a un passaggio (once-through) della miscela del gasolio da vuoto con l olio deasfaltenato, a bassa conversione, per massimizzare le rese in basi (bulk-feed operation), e frazionamento del suo residuo atmosferico paraffinoso (waxy) in distillati leggero, medio, pesante e residuo da vuoto, da deparaffinare; hydrocracking a un passaggio delle singole frazioni provenienti dal vuoto e dell olio deasfaltenato, nelle condizioni operative più adatte per ogni carica a massimizzare le rese e la qualità dell olio base (blocked operation). La scelta fra questi possibili utilizzi dell hydrocracking dipende da molti fattori, tra cui i più importanti sono: a) la disponibilità di residui da hydrocracking (anche da altre raffinerie); b) il bilancio materiale ed economico delle lavorazioni; c) la qualità e le rese degli oli base ottenibili; d) le richieste del mercato per i combustibili e gli oli base. La qualità degli oli base, le loro rese e la flessibilità degli impianti rispetto al tipo di greggi differiscono sulla base dei catalizzatori utilizzati, del meccanismo delle reazioni e del processo adottato (bulk-feed operation o blocked operation). I catalizzatori sono costituiti da ossidi dei metalli, con attività idrogenante/deidrogenante, dei gruppi VIB (in genere il molibdeno e il tungsteno) e VIII, fra cui il cobalto, il nichel e i metalli nobili, platino e palladio, su supporto acido, amorfo o basato su zeoliti. I catalizzatori basati su zeoliti hanno struttura e dimensioni medie dei pori ben definite e un alta densità di siti acidi; di conseguenza presentano una minore formazione di coke e una maggiore attività di cracking rispetto ai catalizzatori con supporto amorfo (Corma et al., 1997). Se si desidera indirizzare l hydrocracking verso la massima produzione di benzina, cherosene, jet fuel e gasolio occorre massimizzare la conversione riciclando il residuo atmosferico e ricorrendo a più severe condizioni operative. Si rende pertanto necessario ricorrere all utilizzo di catalizzatori che favoriscano la produzione dei distillati leggeri e medi e nello stesso tempo presentino una bassa formazione di coke, quali appunto i catalizzatori zeolitici. I metalli nobili sono usati per massimizzare la resa in benzine perché all aumento dell attività per il cracking, tipica della matrice, deve corrispondere l aumento della funzione idrogenante/deidrogenante propria dei metalli. Se invece si vuole massimizzare la produzione di gasolio, e in particolare dei distillati sotto vuoto da destinare alla produzione di basi, le condizioni operative devono essere più blande e la conversione bassa: per la produzione di oli base non occorre riciclare il residuo atmosferico. 356 ENCICLOPEDIA DEGLI IDOCABUI

7 ASPETTI TECNOLOGICI reazioni di condensazione e dealchilazione, sulla matrice acida e per via termica aumento indice di viscosità, stabilità all ossidazione e stabilità termica, abbassamento della volatilità coke reazioni di idrogenazione sui solfuri metallici poliaromatici dinaftobenzeni tetraline alchilbenzeni polinafteni naftaleni dinafteni mononafteni paraffine C n H 2n 2 reazioni di deciclizzazione, dealchilazione, isomerizzazione e cracking sulla matrice acida aumento indice di viscosità, stabilità all ossidazione e stabilità termica, abbassamento della volatilità fig. 3. elazione fra le principali reazioni dell hydrocracking e le caratteristiche degli oli base (Billon et al., 1975; Tajbl, 1986; Shorey et al., 1992). Le reazioni di cracking devono essere limitate perché la resa in residuo atmosferico deve essere elevata; si cerca inoltre di mantenere nell intervallo di distillazione delle basi i componenti più pregiati, le paraffine. Sono quindi adatti per la produzione di oli base sia matrici amorfe, costituite da allumina o da silice/allumina, sia metalli con una minore attività idrogenante; si utilizzano pertanto catalizzatori contenenti cobalto e molibdeno su allumina, nichel e molibdeno su allumina, nichel e tungsteno su silice/allumina o su allumina. Gli ossidi dei metalli sono attivati dopo essere caricati nel reattore con un trattamento con solfuro di idrogeno trasformandosi in solfuri; durante l esercizio dell impianto si stabilisce un equilibrio tra i solfuri metallici e il solfuro di idrogeno presente nel gas e prodotto in seguito alla desolforazione della carica. Nella fig. 3 sono riportati lo schema semplificato delle reazioni, nell ordine in cui avvengono, la corrispondente variazione della struttura in molecole modello tipiche e l effetto delle trasformazioni chimiche sulla direzione del cambiamento delle proprietà desiderate negli oli base. Le reazioni più veloci, catalizzate dai solfuri metallici, sono l idrogenazione degli anelli aromatici e degli intermedi olefinici, formatisi per deidrogenazione; non sono presenti olefine nei prodotti se non in tracce. Di conseguenza sono idrogenate le molecole contenenti eteroatomi (zolfo, azoto e ossigeno) rimaste dopo l hydrotreating della carica, con formazione di solfuro di idrogeno, ammoniaca e vapor d acqua. D altra parte le reazioni di deidrogenazione portano alla formazione di depositi di coke sul catalizzatore. La matrice acida catalizza tutte le altre reazioni, delle quali ci si limita a elencare le più importanti per la produzione di oli base, nell ordine in cui si ipotizza che avvengano. Gli anelli aromatici presenti negli idrocarburi aromatici policiclici sono idrogenati uno dopo l altro ad anelli naftenici, gli anelli naftenici si aprono in successione (deciclizzazione) e i radicali alchilici si staccano dagli anelli nei punti in cui sono attaccati (dealchilazione) formando isoparaffine e normalparaffine, che subiscono le reazioni di isomerizzazione e di cracking in prodotti a più basso peso molecolare. La matrice acida catalizza anche le reazioni di condensazione degli anelli aromatici che portano alla formazione del coke, liberando idrogeno. Altro coke si forma per via termica perché le temperature impiegate promuovono le reazioni di deidrogenazione e di condensazione. I livelli qualitativi delle caratteristiche desiderate negli oli base aumentano al crescere sia della idrogenazione e dell apertura degli anelli (fino alla formazione dei monoalchilnafteni), sia della quantità di paraffine (in particolare delle normalparaffine). Le concentrazioni delle varie classi d idrocarburi non sono però uniformi al variare del punto di ebollizione: in particolare gli aromatici sono più concentrati nelle frazioni leggera e media, che hanno quindi indici di viscosità e stabilità all ossidazione e termica inferiori alla base pesante e al bright stock e una VOLUME II / AFFINAZIONE E PETOLCHIMICA 357

8 PODUZIONE DEI LUBIFICANTI tab. 1. ese (dopo deparaffinazione) e caratteristiche di basi prodotte mediante hydrocracking di gasolio da vuoto (Billon et al., 1975) Gasolio da vuoto Oli base da frazionamento del gasolio da vuoto prodotto Carica Prodotto 150 N 500 N BS 150 ese dopo la deparaffinazione (% in peso) 66,0 33,0 28,0 5,0 Caratteristiche Indice di viscosità Densità a 15 C (kg/m 3 ) Viscosità a 98,9 C (cst) 20,5 8,4 5,2 12,0 32 Punto di scorrimento ( C) Composizione (in %): carbonio negli anelli aromatici 21,4 3,5 5,2 1,2 0,5 carbonio nelle catene paraffiniche 51,9 69,7 64,6 72,7 74,0 carbonio negli anelli naftenici 26,7 26,8 30,2 26,1 25,5 volatilità che può essere elevata. La tab. 1 riporta le rese dopo la deparaffinazione e le caratteristiche di basi prodotte dal frazionamento di un gasolio da vuoto tipo carica al cracking catalitico da un buon greggio per lubrificanti del Medio Oriente, includendo quindi nel gasolio in carica anche l olio deasfaltenato. Dopo la deparaffinazione con solventi e il frazionamento del gasolio da vuoto prodotto con l hydrocracking si ottengono una base media (150 N) con indice di viscosità inferiore (102) all indice di viscosità (111) della base pesante (500 N) e del bright stock (111). In corrispondenza il contenuto in carbonio aromatico della base media è superiore (5,2%) ai contenuti della base pesante e del 150 BS (1,2 e 0,5%) con una conseguente minore stabilità. Con lavorazioni dell hydrocracking a severità inferiore questa caratteristica si accentua: il 150 N, il 500 N e il 150 BS hanno indici di viscosità di 80, 95 e 100 e contenuti di carbonio aromatico del 6,5, 3,9 e 3,0%. A questo si può porre rimedio riciclando la base media, con una perdita di resa, o utilizzando il vacuum per lubrificanti e lavorando separatamente le frazioni vacuum ottenute e l olio deasfaltenato. Si devono utilizzare prima e dopo l impianto più serbatoi, ma la qualità degli oli base è migliore e le rese sono maggiori perché ogni carica è lavorata alle condizioni più adatte: si aumenta così la flessibilità rispetto ai greggi (Billon et al., 1975). Tuttavia il catalizzatore di hydrocracking è in grado di ammortizzare solo in parte le variazioni della qualità dei greggi: la gamma dei greggi lavorabili per la produzione di basi si allarga rispetto alla raffinazione con solventi, ma solo entro certi limiti. È inoltre da tenere presente che la produzione di basi di gruppo II con i più elevati indici di viscosità dai greggi più scadenti si traduce in un abbassamento delle rese in oli a parità di quantità di greggio lavorata. La reazione è esotermica perché l effetto dell idrogenazione prevale sull endotermicità del cracking: un aumento di temperatura favorisce le reazioni di deidrogenazione e di cracking, aumentando la conversione a prodotti leggeri, ma non le reazioni d idrogenazione, favorendo la formazione di coke, che riduce la vita del catalizzatore perché si deposita su di esso. La diminuzione della velocità spaziale aumenta la conversione, favorendo in misura minore la formazione di coke. Per la maggiore complessità delle reazioni, le pressioni e le temperature di esercizio sono più elevate dei successivi trattamenti catalitici con idrogeno. Il processo di hydrocracking è effettuato secondo vari possibili schemi (v. cap. 6.2). Deparaffinazione Dopo l eliminazione degli aromatici, gli oli base paraffinici sono allo stato solido o semisolido a condizioni ambiente a causa del loro contenuto in normalparaffine, che deve quindi essere ridotto per consentire all olio di rimanere fluido fino a una temperatura stabilita (punto di scorrimento o pour point). Le normalparaffine, come gli aromatici, non possono essere eliminate con la distillazione sotto vuoto perché sono distribuite in tutto l intervallo di distillazione: quindi si deve ricorrere, per la deparaffinazione delle basi in genere, all uso di processi con solventi e 358 ENCICLOPEDIA DEGLI IDOCABUI

9 ASPETTI TECNOLOGICI di processi catalitici con idrogeno. Tuttavia, la necessaria diminuzione del contenuto in normalparaffine peggiora la qualità degli oli base perché queste paraffine sono gli idrocarburi a più alto indice di viscosità, con la maggiore stabilità all ossidazione e termica e la minore volatilità. Sono quindi preferite le tecnologie che non eliminano le normalparaffine, ma le trasformano per isomerizzazione in isoparaffine (idroisomerizzazione), massimizzandone il contenuto nella base, perché aumentano la resa in oli e innalzano la qualità delle basi. Le isoparaffine, infatti, rendono fluido l olio per il loro basso punto di scorrimento, facilitando anche l avviamento a freddo dei motori; hanno poi le migliori caratteristiche di stabilità e di volatilità, anche se a un livello inferiore alle normalparaffine: una base ideale dal punto di vista della qualità dovrebbe essere composta solo da isoparaffine. In sostanza il processo di idroisomerizzazione completa l azione dell hydrocracking (v. ancora fig. 4 di cap. 8.1), o viene eseguito sulla corrente delle cere deoliate (v. ancora fig. 5 di cap. 8.1). Esiste, inoltre, una diversa tecnologia di deparaffinazione, che si avvale della proprietà dei cristalli di urea di adsorbire selettivamente le normalparaffine formando, con sviluppo di calore, complessi (addotti) in soluzioni a C raffreddati per evaporazione del cloruro di metilene, poi recuperato e riciclato. Gli addotti, separati per filtrazione, si decompongono per riscaldamento e aggiunta di acqua, permettendo il recupero per distillazione delle normalparaffine dopo la separazione della soluzione acquosa di urea, che è concentrata e riciclata. L eliminazione delle normalparaffine dall olio è completa, al contrario dei trattamenti con solvente. Per le piccole dimensioni dei cristalli è possibile deparaffinare solo gli oli base leggeri, anche già deparaffinati con solvente, il che permette di produrre oli per applicazioni particolari, come quelli per trasformatori, per compressori usati nei frigoriferi, da greggi paraffinici invece che naftenici (Brenken e ichter, 1979). Deparaffinazione con solventi Uno stadio di deparaffinazione e separazione con solventi consiste nel diluire l olio da deparaffinare con adatti solventi, nel raffreddare la miscela a una temperatura più bassa del punto di scorrimento per provocare la formazione dei cristalli di paraffina e nel separare i cristalli con un filtro. Il solvente è recuperato e riciclato. Dopo il recupero del solvente la paraffina, o cera (wax), è una miscela di normalparaffine, isoparaffine e olio, con colore dal giallo al marrone scuro. Sono eliminate solo le normalparaffine necessarie a far rimanere allo stato liquido l olio fino a un dato punto di scorrimento: se si vuole che l olio rimanga liquido a temperature ancora più basse è necessario rendere più severo il trattamento, eliminando una maggiore quantità di normalparaffine. Per ogni tipo di olio da deparaffinare la velocità di filtrazione è data dalla relazione: 2222 dq DP 2222 dt m in cui dq/dt è il flusso di filtrato, cioè la portata del filtrato (miscela di olio e solvente) per unità di superficie del filtro (in m 3 /hm 2 ), m è la viscosità dinamica del filtrato alla temperatura di filtrazione, DP è la differenza di pressione fra l olio da filtrare e il filtrato e è la somma delle resistenze del filtro e dello strato di paraffina depositato sul filtro (torta, cake), che trattiene olio e solvente (Brown et al., 1966; Normand, 1973). Da questa relazione si desume che quanto più alta è, a temperatura ambiente, la viscosità dell olio da filtrare, tanto maggiore deve essere la quantità di solvente da aggiungere per ottenere, alla temperatura di filtrazione, una viscosità del filtrato tale da permettere velocità di filtrazione accettabili. Naturalmente la paraffina deve formare cristalli sufficientemente grandi, in modo tale da trattenere poco l olio e il solvente, il quale deve presentare una viscosità non elevata anche alle basse temperature. Si è notato inoltre che, per definire la struttura dei cristalli di cera, sono molto importanti la velocità con cui avviene l abbassamento di temperatura durante il raffreddamento e l agitazione della miscela del solvente con la carica da deparaffinare. isulta anche che la velocità di filtrazione nella deparaffinazione dei distillati da hydrocracking si abbassa sia per la maggiore quantità di isoparaffine e di alchilnafteni, dovuta all incremento dell indice di viscosità, sia per le cere microcristalline derivanti dal cracking di quelle a più alto peso molecolare presenti nelle frazioni pesanti e nell olio deasfaltenato (Arnold, 1997). La capacità dell impianto di deparaffinazione con solvente può quindi diminuire con una conseguente diminuzione della produzione di oli base e di cere. Nella torta il moto dell olio è laminare. A parità di differenza di pressione, con il progredire della filtrazione, lo spessore della torta aumenta e lo strato depositato si compatta, facendo diventare maggiore la resistenza al moto e diminuendo la velocità di filtrazione fino quasi ad annullarla. L importanza del tipo di solvente e della tecnologia della filtrazione è stata evidente fin dall impiego dei primi solventi, il gasolio per i distillati da vuoto e la virgin naphtha per i distillati più pesanti, bright stock e cylinder oil. Devono, infatti, in questo caso essere separati in modo diverso i cristalli di cera formatisi dopo raffreddamento delle miscele con evaporazione d ammoniaca liquida. I distillati leggeri e medi sono filtrati in filtropresse, anche di un centinaio di piatti, in ognuno dei quali una tela trattiene la cera oleosa (slack wax, «cera inattiva», perché è un semilavorato e non il prodotto finito VOLUME II / AFFINAZIONE E PETOLCHIMICA 359

10 PODUZIONE DEI LUBIFICANTI da commercializzare) impregnata di gasolio, che viene scaricata su un nastro trasportatore. L olio deparaffinato è inviato alla finitura dopo recupero del gasolio sotto vuoto con vapore d acqua. I distillati più pesanti e gli oli semilavorati da residui, invece, non possono essere trattati in questo modo per le piccole dimensioni dei cristalli di cera. Queste paraffine sono dette microcristalline (ceresina) e impediscono la filtrazione trattenendo l olio nella torta che si forma sul filtro, al contrario delle altre, macrocristalline: si deve ricorrere alla centrifugazione per la separazione della cera oleosa (petrolato o petrolatum). La virgin naphtha è recuperata per distillazione sotto vuoto e l olio deparaffinato e il petrolato sono inviati alla finitura. Il petrolato, inoltre, non può essere deoliato per riscaldamento (sweating), al contrario della slack wax. Per la deoliazione la slack wax, solidificata in pani, viene riscaldata in una camera a temperatura costante fino a circa C: l olio raccolto in basso (foots oil) fino a circa 40 C è in genere riciclato in carica alla pressatura, mentre l olio raccolto a temperature superiori è deparaffinato a sua volta. Si ottiene una cera deoliata in modo poco selettivo, inviata alla finitura, detta scale wax (cera che forma scaglie, incrostazioni; Nelson, 1958). I processi sopra descritti, che usano come solventi il gasolio e la virgin naphtha, sono oggi obsoleti perché onerosi (la pressatura è anche discontinua) e poco selettivi, e poiché mal si prestano al passaggio a grandi capacità. Più recentemente sono stati adottati nuovi tipi di solvente. Inoltre la filtrazione è stata resa continua e lo spessore della torta è stato limitato ricorrendo a filtri sotto vuoto con superficie ruotante tipo Oliver (Nelson, 1958; Brown et al., 1966; Normand, 1973). Vengono illustrati di seguito i solventi e i processi attualmente di maggiore importanza. Il benzene non viene usato per la sua pericolosità; il toluene è un solvente molto buono per le paraffine ed eccellente per gli altri idrocarburi, tuttavia non è possibile utilizzarlo da solo perché si dovrebbe raffreddare la miscela con l olio a temperature troppo basse rispetto a quella di scorrimento desiderata per l olio e inoltre la cera cristallizzerebbe in modo tale da impedire la filtrazione. Gli alchilchetoni, tra cui il metiletilchetone (MEK) e il metilisobutilchetone (MIBK), detti antisolventi, non dissolvono bene l olio e precipitano molto bene la cera in un modo che permette la filtrazione e trattiene poco olio. Gli antisolventi attenuano le proprietà solventi del toluene, avvicinandosi al solvente ideale. Benché il propano sia utilizzato da solo con successo, i risultati migliori si ottengono impiegando una miscela di due solventi. Attualmente i solventi generalmente usati sono miscele di MEK e toluene, i più diffusi, e di MIBK con MEK, questa ultima composta solo temperatura ( C) rapporto solvente/olio deparaffinato formazione di cristalli di paraffina (punto nebbia) La fig. 4 riporta un esempio di equilibrio di fase nella deparaffinazione con MEK/toluene, adottando un rapporto solvente/olio deparaffinato a 15 C uguale a 4/1 in volume. Per il 20% in volume di MEK nel solvente, il punto nebbia (ossia la temperatura a cui si formano i cristalli di paraffina nel liquido) vale 18 C; il punto A corrisponde al 30% in volume di MEK nel solvente e alla temperatura di 15 C: in A precipitano insieme le cere e l olio ed è il punto di scorrimento desiderato per l olio. Per concentrazioni di MEK superiori al 30% in volume precipita l olio inglobando tutta la paraffina, per esempio a 4 C con il 50% in volume, e quindi l olio non può essere deparaffinato. Il punto nebbia corrisponde alla temperatura di filtrazione, che può essere abbassata aumentando il rapporto solvente/olio deparaffinato e diminuendo la concentrazione di MEK nel solvente. Questo tipo di diagrammi è valido anche per altri solventi binari, incluso il MIBK/MEK (Normand, 1973). A 4/1 punto di scorrimento desiderato separazione dell olio concentrazione del MEK nel solvente (% volume) fig. 4. Equilibri di fase nella deparaffinazione con MEK/toluene (Normand, 1973). di chetoni, ma per la quale si adottano modalità di cristallizzazione particolari: CH O CH 3 3 CH 3 H 3 C H 3 C CH O 3 MEK MIBK toluene 360 ENCICLOPEDIA DEGLI IDOCABUI

11 ASPETTI TECNOLOGICI 1 stadio: eliminazione cera 2 stadio: deoliazione cera 3 stadio: frazionamento cera raffinato da estrazione aromatici olio paraffinoso da hydrocracking diluizione con solvente raffreddamento solvente per lavaggio diluizione con solvente (repulping) solvente per lavaggio diluizione con solvente a temperatura più alta solvente per lavaggio cera oleosa cera deoliata e solvente e solvente filtrazione raffreddamento filtrazione filtrazione riciclo olio e solvente cera dura e solvente cera morbida e solvente riciclo solvente recupero ed essiccamento solvente acqua olio base deparaffinato alla finitura cera oleosa cera deoliata cera dura alla finitura cera morbida fig. 5. Stadi di deparaffinazione, deoliazione e frazionamento delle cere nel processo con MEK/toluene (Normand, 1973). Lo schema di processo di un impianto di deparaffinazione, deoliazione e frazionamento che utilizza la miscela MEK/toluene è riportato in fig. 5. Nello stadio di deparaffinazione il solvente è aggiunto in genere all inizio e alla fine del raffreddamento, quando è raggiunta la temperatura di filtrazione. Nel caso del bright stock la quantità immessa all inizio è maggiore, anche perché in questo modo la filtrazione è facilitata dalla struttura dei cristalli. Immettendo in più punti il solvente durante il raffreddamento, si riduce il rapporto solvente/carica e si aumenta la velocità di filtrazione. Si impedisce il deposito di cristalli di cera negli scambiatori raschiando la loro superficie e riportandoli nella massa fluida. La miscela di olio con solvente e cristalli di paraffina è filtrata su filtri tipo Oliver, immersi in parte nel liquido e mantenuti in un atmosfera inerte a bassa pressione, costituita da prodotti di combustione (flue gas). La cera oleosa (slack wax) si deposita sul filtro, che ha la superficie suddivisa in pannelli dentro cui è fatto il vuoto per aspirare l olio filtrato e il solvente. Durante la rotazione del filtro, prima la slack wax raccolta viene lavata con una pioggia di solvente freddo, che è aspirato con l olio, poi viene distaccata per pressione di un gas inerte e, alla fine del giro, è raschiata con un coltello per essere scaricata in una coclea che la convoglia all esterno. Il solvente è recuperato dall olio con un sistema di evaporazione a effetto multiplo, con due o tre salti di pressione, e con distillazione finale sotto vuoto con vapor d acqua; dopo essiccamento, viene riciclato in modo da minimizzare la formazione di ghiaccio dovuta al vapor d acqua utilizzato nelle distillazioni, mentre l olio deparaffinato è inviato alla finitura. Dopo lo stadio di deparaffinazione, la slack wax può essere inviata all eliminazione del solvente per distillazione, con l impiego finale di una colonna di stripping con vapore, oppure può essere inviata al secondo stadio, la deoliazione, in cui è diluita con solvente, raffreddata, filtrata e lavata su filtri tipo Oliver. Il filtrato insieme al solvente è riciclato al primo stadio nella sezione di refrigerazione. La paraffina deoliata (scale wax) è privata del solvente in modo analogo alla slack wax, oppure è inviata al terzo stadio, il frazionamento, se è presente. In questo caso la scale wax è diluita con solvente a temperatura più alta, filtrata e lavata per raccogliere quanto più possibile le normalparaffine sul filtro; si ottiene una torta costituita dal solvente e da una cera dura (hard wax) per l alto contenuto in normalparaffine e il bassissimo contenuto in olio. Il solvente di lavaggio è riunito al filtrato, che è una cera morbida (soft wax), a elevato contenuto in olio e contenente solvente, la quale viene raccolta e lavata in una successiva filtrazione a temperatura più bassa. Il filtrato, non indicato nella fig. 5, è riciclato al primo stadio. Il solvente è recuperato in modo analogo agli altri stadi dalla soft wax e dalla hard wax, che è inviata alla finitura. Nel terzo stadio possono essere frazionati anche i petrolati, dopo deoliazione (Normand, 1973). Nella deparaffinazione con le miscele MIBK/MEK le modalità di cristallizzazione sono diverse: si evita la formazione di piccoli cristalli, che impedirebbero la filtrazione, aggiungendo gradatamente il solvente freddo all olio in una torre di cristallizzazione, suddivisa in stadi in ognuno dei quali la miscela è raffreddata e agitata energicamente. La cristallizzazione della paraffina avviene VOLUME II / AFFINAZIONE E PETOLCHIMICA 361

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