NOTA A CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA SENTENZE 24 gennaio 2014, nn. 4 e 5 A cura di Stefania Martinez
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1 NOTA A CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA SENTENZE 24 gennaio 2014, nn. 4 e 5 A cura di Stefania Martinez L Adunanza Plenaria su azione revocatoria ed incompatibilità endoprocessuali Massime Processo Amministrativo Revocazione Valida composizione del Collegio giudicante Art. 51 n. 4 c.p.c. Dovere di astensione Non sussiste Dolo del giudice Dovere di astensione Sussiste. (Artt. 106 e 107 c.p.a.; art. 51, n. 4 c.p.c.; art. 395, n. 6 c.p.c.) Ai sensi degli artt. 106 e 107 del codice del processo amministrativo, i magistrati che hanno pronunciato la sentenza impugnata per revocazione possono legittimamente far parte del collegio investito della cognizione del ricorso per revocazione, poiché il dovere di astensione, previsto dall art. 51 n. 4 c.p.c., sussiste solo quando nel medesimo ricorso sia lamentato il dolo del giudice o quando il giudice abbia un interesse proprio e diretto nella causa. Processo Amministrativo Revocazione Valida composizione del Collegio giudicante Ordinanza cautelare Art. 51 n. 4 c.p.c. Dovere di astensione Non sussiste Dolo del giudice Dovere di astensione Sussiste. (Artt. 106 e 107 c.p.a.; art. 51, n. 4 c.p.c.; art. 395, n. 6 c.p.c.) Ai sensi degli artt. 106 e 107 del codice del processo amministrativo, i magistrati che hanno pronunciato l ordinanza cautelare impugnata per revocazione possono legittimamente far parte del collegio investito della cognizione del ricorso per revocazione, poiché il dovere di astensione, previsto dall art. 51 n. 4 c.p.c., sussiste solo quando nel medesimo ricorso sia lamentato il dolo del giudice o quando il giudice abbia un interesse proprio e diretto nella causa. 1
2 L Adunanza Plenaria, con le sentenze in epigrafe, si è pronunciata sulla legittima composizione dei Collegi investiti della cognizione del giudizio revocatorio. Il Supremo Consesso amministrativo, per vero, era stato già investito della questione, pervenendo, in tale occasione, ad un indirizzo interpretativo diametralmente opposto a quello espresso con le sentenze in esame. In un ottica ricostruttiva dei due diversi approcci ermeneutici, pare opportuno delineare, seppur brevemente, le motivazioni sottese alla sentenza 25 marzo 2009 n. 2. Con quest ultima decisione, l Adunanza Plenaria aveva ritenuto sussistente il dovere di astensione, ai sensi dell art. 51, n. 4, c.p.c., anche nei confronti del giudice chiamato a pronunciarsi nuovamente sulla vertenza, a seguito del ricorso per revocazione della precedente sentenza. In generale, il dovere di astensione previsto dall art. 51, n. 4, c.p.c., secondo la sentenza da ultimo citata, sussiste non solo nell ipotesi in cui la seconda pronuncia intervenga in un nuovo e diverso grado di giudizio, ma anche ove il giudice sia chiamato a partecipare alla decisione della causa, su cui si è già pronunciato, nello stesso grado di giudizio (annullamento con rinvio). Tale impostazione, in linea con l indirizzo accolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 27/02/2008 n. 5087, trova fondamento nel principio di imparzialità e terzietà del giudice, che ha pieno valore costituzionale in relazione a qualunque tipo di processo (Corte Cost. 21/03/2002 n. 78). D altronde, tale assunto è conforme alla linea interpretativa, espressa in più pronunce, dalla Corte Costituzionale, in base alla quale l alterità del giudice, in sede di giudizio prosecutorio, risponde all esigenza di impedire che lo stesso si pronunci due volte sulla medesima res iudicanda. Il che fa leva sulle convinzioni precostituite, in ordine alla materia controversa, che potrebbero derivare dal primo giudizio. A tale specifico riguardo, il giudice, quale soggetto terzo, deve essere privo di propri interessi, che possano impedire la rigorosa applicazione del diritto, ma anche libero da convinzioni createsi, in occasione dell esercizio di funzioni giudicanti, in altre fasi del giudizio (Corte Cost. 3/07/2002 n. 305; Corte Cost. 22/07/2003 n. 262). Orbene, secondo le pronunce in commento, l indirizzo interpretativo sopra esposto appare, tuttavia, superato dalla normativa del nuovo codice del processo amministrativo. 2
3 Per vero, i principi di diritto della decisione 2/2009 non sono stati trasfusi negli artt. 106 e 107 del codice del processo amministrativo, seppur quest ultimo sia stato emanato a breve distanza di tempo dalla suddetta pronuncia. È noto che, ai sensi dell art. 106, comma 2, c.p.a., la revocazione è proponibile dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. Ne consegue che può far parte dell organo giudicante la stessa persona fisica che ha emesso la sentenza revocanda. Rispetto al profilo da ultimo delineato, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che per stesso giudice la legge intende stesso ufficio giudiziario e, di conseguenza, la causa può essere affidata sia alla stessa sia ad altra Sezione (Cass. 5/09/2006 n ). Ora, quanto statuito dalla norma in esame, a parere dei giudici del Supremo Consesso Amministrativo, è supportato dal disposto di cui all art. 398, comma 1, c.p.c. e, più in particolare, dall art. 395, n. 6, c.p.c., così come interpretato dalla più recente giurisprudenza di legittimità. Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che non sussiste alcuna incompatibilità a partecipare al giudizio di revocazione per il magistrato che ha pronunciato la sentenza impugnata, salva l ipotesi di revocazione per dolo del giudice. In questo quadro normativo, non manca di rilevare che le incompatibilità de quibus non coincidono con le incompatibilità soggettive del giudice fissate nel processo penale, poiché nel processo amministrativo trovano applicazione solo le cause di astensione e ricusazione stabilite nel codice di procedura civile. In altri termini, ad avviso dell Adunanza Plenaria, da un lato, è vero che il principio di imparzialità e terzietà della giurisdizione ha pieno valore costituzionale con riferimento a qualunque tipo di processo; dall altro lato, tale principio deve trovare, tuttavia, attuazione in base alle peculiarità proprie di ciascun tipo di procedimento (Corte Cost. 15/10/1999 n. 387). Il processo civile e quello amministrativo, infatti, presentano la caratteristica di essere fondati sull impulso paritario delle parti e, di conseguenza, non è arbitraria la scelta legislativa di garantire i principi costituzionali del giusto processo (art. 111 Cost.) tramite gli istituti dell astensione e della ricusazione. In tal senso, tali istituti sono previsti dall art. 51, n. 4, c.p.c. e assicurano l estraneità del giudice rispetto agli interessi oggetto del processo. La linea interpretativa sin qui prospettata argomenta dall esigenza imprescindibile, valida per ogni tipo di processo, di impedire che lo stesso giudice, nel decidere, ripercorra l identico itinerario 3
4 logico, seguito precedentemente. Ne consegue che condizione necessaria per ritenere una incompatibilità endoprocessuale è la previsione di valutazioni che cadano sulla stessa res iudicanda. Invero, per i magistrati che si sono pronunciati sulla sentenza revocanda, non sussiste alcuna incompatibilità a partecipare alla decisione sulla domanda di revocazione, posto che l errore di giudizio non è presupposto dell azione revocatoria. Tale assunto trova giustificazione nella valutazione che il distorto utilizzo di tale rimedio straordinario potrebbe dare luogo ad un inammissibile ulteriore grado di giudizio di merito, non previsto e non ammesso dall ordinamento. Pertanto, salva l ipotesi di dolo del giudice, l incompatibilità in esame non sussiste qualora la decisione impugnata sia dovuta ad un errore involontario del giudice ovvero ad un errore talmente grossolano da risolversi in una svista. A tal proposito, l Adunanza Plenaria, con la sentenza n. 5, si sofferma ad individuare le caratteristiche dell errore di fatto revocatorio. Più in particolare, l errore di fatto, idoneo, ai sensi dell art. 106 c.p.a. e dell art. 395, n. 4, c.p.c., a rimettere in discussione il contenuto di una sentenza, deve: a) derivare da una pura e semplice errata o omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, ossia facendo ritenere un fatto documentalmente escluso, ovvero inesistente, un fatto documentalmente provato; b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, atto a porre in essere, necessariamente, un rapporto di causalità tra l erronea presupposizione e la pronuncia stessa (ex pluribus, Cons. St., A.P., n. 1 del 2013 e n. 2 del 2010; Cons. St. 1/10/2012 n. 5162; Cons. St. 24/05/2012 n. 3053). Per quanto sin qui esposto, l errore di fatto revocatorio consiste in una svista o in un abbaglio dei sensi, tale da provocare l errata percezione degli atti di causa. Tale errore determina, invero, un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto: a) quella emergente dalla sentenza; b) quella risultante dagli atti e dai documenti di causa. Ne consegue che l errore in questione non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare 4
5 l ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o dell abbaglio dei sensi. L errore de quo, dunque, si configura a fronte dell attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, con riferimento alla loro esistenza e al loro significato letterale. Di contro, l Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la pronuncia sopra meglio specificata, ha affermato che si rinviene un errore di giudizio (non censurabile mediante revocazione) nelle seguenti ipotesi: a) erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali; b) anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio; c) risoluzione della controversia sulla base di specifici canoni ermeneutici o di un esame critico della documentazione acquisita (ex multis, Cons. St. 8/10/2012 n. 5212; Cons. St. 26/03/2012 n. 1725). Alla luce delle superiori argomentazioni, l Adunanza Plenaria, con entrambe le pronunce in esame, ha ritenuto che, anche alla luce del nuovo codice del processo amministrativo, debba escludersi l applicabilità della norma di cui all art. 51, n. 4, c.p.c. richiamata dalla norma di rinvio di cui all art. 17 c.p.a. che prevede l obbligo del giudice di astenersi quando abbia conosciuto della causa in altro grado del processo, allorquando sia lo stesso ufficio giudiziario che ha reso la pronuncia oggetto di revocazione, competente a decidere nuovamente; ne consegue che, ad eccezione dell ipotesi del dolo del giudice o, comunque, dell ipotesi in cui il giudice abbia un interesse proprio o diretto nella causa, i magistrati che hanno pronunciato la sentenza impugnata per revocazione possono legittimamente far parte del collegio investito del giudizio revocatorio. Del resto, l illegittima composizione dell organo giudicante è ravvisabile solo ed esclusivamente nelle diverse ipotesi di alterazioni strutturali dell organo medesimo per vizi di numero o qualità dei suoi membri, che ne precludono l identificazione con quello delineato dalla legge. Ciò posto, le sentenze in epigrafe hanno, ad avviso di chi scrive, l indiscusso pregio di cercare di disciplinare in modo compiuto il giudizio revocatorio, ripetutamente oggetto di vivaci dibattiti giurisprudenziali. Tuttavia, secondo un opinione personale, le pronunce de quibus lasciano aperti margini di perplessità nel delineare, in concreto, le ipotesi di errore di fatto, in cui la preesistente valutazione non cada sulla stessa res iudicanda, dalle ipotesi di errata percezione dei fatti di causa, frutto dell apprezzamento del giudice nell esercizio dei suoi poteri cognitori. 5
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Consiglio di Stato. in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) SENTENZA
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