LA "PASQUA SETTIMANALE" DEGLI EDUCATORI
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- Adriano Vecchi
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1 LA "PASQUA SETTIMANALE" DEGLI EDUCATORI XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 1 LA PARABOLA DEL SEMINATORE "È LA PAROLA DI DIO CHE TOCCA I CUORI" (Spunti per la meditazione personale e per la riflessione agli alunni) 1. Premessa Fr. Donato Petti La parabola è uno dei mezzi espressivi più caratteristici impiegati da Gesù per esporre ai contemporanei il suo insegnamento. La pericope del vangelo odierno (Mt 13,1-23), segue molto fedelmente quella dell'evangelista Marco (Mc 4,1-20). La struttura generale è la stessa: l'ambientazione (Mt 13,l-3a = Mc 4,1-2), la parabola del seminatore (Mt 13,3b-9 = Mc 4,3-9), il motivo del parlare con parabole (Mt 13,10-17 = Mc 4,10-12), e l'interpretazione della parabola (Mt 13,18-23 = Mc 4,13-20). Lo scopo principale della presentazione delle parabole di Gesù, secondo Matteo, è la constatazione del rifiuto della Parola di Gesù sul Regno; situazione registrata anche successivamente, al tempo dei giudeo-cristiani. I commenti alle parabole e gran parte delle caratteristiche allegoriche sono quasi universalmente considerati dagli studiosi come elaborazioni fatte dalla Chiesa primitiva. 2. La parabola del seminatore Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole (Mt 13, 1-3). «In quel giorno uscì di casa»: rispetto all'evangelista Marco, Matteo evidenzia che Gesù è passato dalla casa al lago; il particolare ha un significato simbolico, indi- 1 Prima lettura: Is 55, Seconda lettura: Rm 8, Vangelo: Mt 13,
2 ca il passaggio dalla rivelazione speciale riservata ai discepoli alla rivelazione pubblica aperta alla folla. «egli salì su una barca, parlò con parabole»: dobbiamo immaginarci una folla tanto grande che l'unico modo per Gesù di poter essere visto e ascoltato da tutti era di salire su una barca e parlare alla folla da una certa distanza dalla riva. Il modo caratteristico di Gesù di insegnare alla folla è quello delle «parabole», metafore o similitudini tratte dalla natura o dalla vita quotidiana che colpiscono l'ascoltatore con la loro vivezza e originalità e lo lasciano in quel minimo di dubbio sufficiente a stimolare il pensiero. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un'altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti» (Mt 13, 3-9). «Il seminatore uscì: è il protagonista del racconto parabolico; la presenza dell'articolo, che per sé potrebbe intendersi come un articolo di categoria, sta forse ad indicare, già dalle prime battute, Gesù che «uscito» dal Padre è venuto nel mondo a gettare il seme salvifico della Parola. La «strada» non è la strada principale, ma quella parte del campo che a forza di camminarvi sopra si trasforma in un sentiero di campagna. Le «spine», l'erbaccia più comune nei campi, non vengono strappate prima dell'aratura ma vengono sotterrate dall'aratro insieme al seme. Il «seme» viene sparso su tutto il campo, anche alle estremità e agli angoli dove la roccia arriva quasi in superficie. «Il cento, il sessanta, il trenta»: nonostante il titolo della parabola («il seminatore»), il vero punto d'interesse è il seme e la resa che esso dà. Più importante che il risultato delle quattro diverse semine è il contrasto tra le tre semine infruttuose e la quarta eccezionalmente fruttuosa. La triplice infruttuosità è controbilanciata dalla triplice fruttuosità del seme caduto in terreno adatto. Il pessimismo iniziale cede il posto, in modo del tutto insperato, alle prospettive più rosee sulla sorte della predicazione evangelica. Matteo ha invertito l'ordine ascendente di Marco («ora il trenta...il sessanta... il cento per uno») dando così maggior risalto all'insolita resa. «Chi ha orecchi intenda»: è un detto inserito per indicare che quanto è stato affermato ha un significato più profondo di quanto sembri a prima vista. Questo richiamo sapienziale indica l'intendimento di tutta la persona. La storia di Israele è 2
3 un lungo ed insistente invito di Dio ad ascoltare con gli orecchi docili, che percepiranno così la divina Sapienza (Dt 5,1; Prov 2,2; Bar 3,9; Sal 78(77),1). 3. Il motivo del parlare con parabole Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaia... In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e a- scoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! (Mt 13, 10-17). «A voi è dato conoscere... a loro non è dato»: la parabola del seminatore insiste anche sul metodo della predicazione di Gesù. Perché a loro parli con parabole? domandano i discepoli (Mt 13,10). E Gesù risponde ponendo una distinzione tra loro e la folla: ai discepoli, cioè a coloro che si sono già decisi per Lui, Egli può parlare del Regno di Dio apertamente, invece agli altri deve annunciarlo in parabole, per stimolare appunto la decisione, la conversione del cuore; le parabole, infatti, per loro natura richiedono uno sforzo di interpretazione, interpellano l intelligenza ma anche la libertà. 2 «A chi ha sarà dato»: espressione dura che ad alcuni può apparire deludente come spiegazione. La parabola dei talenti (Mt 25,14-30) in realtà lo spiega bene: tutti hanno ricevuto dall'inizio i loro talenti. Tutti hanno. Alcuni li commerciano, altri li immobilizzano e li rendono sterili. A questi è tolto tutto, poiché è come se non a- vessero mai avuto. Le parabole evangeliche del regno, oltre alla funzione didattica di «chiarificare», hanno soprattutto uno scopo teologico; esse debbono nascondere agli occhi di chi è mal disposto il mistero: «affinché - è l'amara esperienza fatta dal profeta Isaia di fronte all'ostinata insensibilità del popolo di Israele, che ora si ripete nella predicazione di Gesù - vedendo non vedano, udendo non odano e comprendano e si convertano e sia concesso loro il perdono (Is 6,9-10). «Così si compie per loro la profezia di Isaia»: il testo della profezia doveva essere un efficace strumento per i primi cristiani nel loro impegno di mettere Gesù in relazione ai grandi personaggi biblici (come il profeta Isaia) e di spiegare perché non tutti i Giudei hanno accettato il messaggio di Gesù. Senza spiegare esattamente perché il messaggio di Isaia (e di Gesù) venga respinto, la citazione descrive il fe- 2 BENEDETTO XVI, Angelus, 10 luglio
4 nomeno dell'«indurimento» da parte del popolo e lo presenta come conforme alle Scritture e perciò alla volontà di Dio. Le situazioni descritte probabilmente rispecchiano le mancanze di alcuni dei primi cristiani. 4. La spiegazione della parabola Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende... Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è... Quello seminato tra i rovi è... Quello seminato sul terreno buono è...» (Mt 13, 18-23). Gesù così spiega la parabola del seminatore: a) la semente caduta sulla strada designa quanti ascoltano la parola sul Regno di Dio, ma non la comprendono; sopraggiunge il Maligno e porta via quanto era stato seminato nel loro cuore (Cfr. Mt 13, 19); b) il grano caduto sulle pietre indica le persone che ascoltano la parola e l'accolgono subito con gioia ma, poiché non hanno radici in sé e sono incostanti, non producono frutto (Cfr. Mt 13, 20-21); c) la semente caduta tra i rovi si riferisce alle persone che ascoltano le parole ma che, a causa delle loro preoccupazioni mondane e del loro attaccamento alle ricchezze, soffocano la parola che così non può dare frutto (Cfr. Mt 13, 22); d) la semente caduta su terreno fertile rappresenta quanti ascoltano la parola e la comprendono, e porta in essi buoni frutti (Cfr. Mt 13, 23). 4
5 SPIRITUALITÀ DELL'EDUCATORE LASALLIANO La Parabola di Dio è Gesù stesso che, con abbondanza e gratuità, getta il seme della sua parola, pur sapendo che esso potrà incontrare un terreno inadeguato. Tuttavia, una parte di questo seme è destinato a trovare il terreno buono, cioè cuori capaci di accoglierlo, per ridonarne con generosità il frutto a beneficio degli altri. L immagine del terreno evoca in particolare il cuore dei giovani, a cui è rivolto il servizio di ascolto e di accompagnamento degli educatori. A seminare nel cuore dei giovani è sempre e solo il Signore. È, infatti, la Parola di Dio che tocca i cuori. E l'educatore deve resistere alla tentazione dello scoraggiamento, di fronte ai risultati apparentemente fallimentari. Già sant Agostino a tal proposito scriveva: «Noi parliamo, gettiamo il seme, spargiamo il seme. Ci sono quelli che disprezzano, quelli che rimproverano, quelli che irridono. Se noi temiamo costoro, non abbiamo più nulla da seminare e il giorno della mietitura resteremo senza raccolto. Perciò venga il seme della terra buona» (Discorsi sulla disciplina cristiana, 13,14: PL 40, ). Gesù conosceva bene questa esperienza e ne parlava con i suoi: «Diceva: Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa» (Mc 4,26-27). È il mistero delle meravigliose grandi cose della salvezza che il Signore opera nella storia degli uomini e di cui gli uomini ignorano il segreto. 3 Dagli s critti di Jean Baptiste de La Salle "Patrono degli Educatori" La Parola di Dio Vedete quant'è potente la parola di Dio per commuovere i cuori! Essa è - afferma san Paolo - viva ed efficace; trafigge il cuore più che non farebbe una spada a due tagli; entra e penetra nelle pieghe più nascoste dell'anima. Anche voi potrete essere felici e degni del vostro ministero educativo, se permetterete alla parola divina di penetrare fino in fondo al vostro cuore! (M 180,II). Alcuni non possono sentir parlare di Dio, o gustare la sua parola nella lettura dei libri sacri. Questi tali non si danno mai completamente a Dio perché, di solito, è la lettura dei libri sacri che ci riempie maggiormente del suo spirito (M 64,I). Voi avete l'incarico di istruire i ragazzi: dovete essere molto abili nell'arte di parlare a Dio, di parlare di Dio e di parlare a favore di Dio. Siate certi però che non parlerete mai bene ai vostri alunni e non li conquisterete a Dio, se prima non avrete imparato a ben parlare a lui e di lui (M 64,I). 3 BENEDETTO XVI, Udienza Generale, 12 ottobre
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