Attori subordinati, autonomi indennità di disoccupazione e pensione

Transcript

1 Attori subordinati, autonomi indennità di disoccupazione e pensione appunti di Alfonso Veneroso attore, vicepresidente dell ApTI-Associazione per il Teatro Italiano Spero di poter dare un aiuto ai colleghi chiarendo il concetto di lavoro subordinato e autonomo, cosa dice la legge, lo stato attuale della normativa sull indennità di disoccupazione e cosa fare per impedire ai datori di lavoro di fare aprire la partita Iva agli attori scritturati. Cercherò di non usare termini tecnici e di semplificare, anche se così sarò meno preciso in termini di diritto. Si è lavoratore autonomo quando non si è diretti da altri. Quando il professionista stabilisce da solo luoghi, tempi e modi dello svolgimento del proprio lavoro (detto per questo autonomo). Poiché il professionista dirige la propria attività, si assume il rischio di impresa, cioè accetta il rischio che le spese e le perdite generate gravino solo su di lui. (1) Si è lavoratore subordinato (dipendente) se si è eterodiretti (diretti da qualcun altro), cioè se luoghi, modi e tempi dell attività sono stabiliti dal datore di lavoro/imprenditore che mette a disposizione anche gli strumenti con cui si lavora. Si desume la subordinazione quando c è una continuità lavorativa ed una retribuzione fissa. Così è stabilito dall art.2094 del codice civile e dalla pronuncia della Corte di Cassazione (2) Appare lampante che quando si è scritturati con prove e repliche in cui modi, tempi e luoghi di lavoro sono stabiliti dal regista e dall impresa ( per lo più per tramite del direttore di scena, che ha addirittura un potere disciplinare sul lavoratore), si è in concreto lavoratori dipendenti. Ma allora perché si può essere scritturati come autonomi? Perché, in contrasto con i criteri dettati dal codice civile, il legislatore ha previsto la possibilità di lavorare con entrambe le configurazioni? Nel corso di un dialogo con Tonino Pavan, sindacalista storico della nostra categoria, ho saputo che all interno del sindacato c è stata una accesa disputa negli anni 60 tra alcuni attori (per lo più del sindacato di Milano) che volevano essere configurati come autonomi ed altri che preferivano essere subordinati (per lo più di Roma).

2 Tutto ciò derivava dai diversi vantaggi dei due regimi. La subordinazione avrebbe potuto far avere l indennità di disoccupazione, mentre l autonomia permetteva di scaricare le spese di tournée e gli acquisti per la propria attività (oggi sono scaricabili anche il 40/50% di affitti e bollette della propria casa-ufficio). Quindi si è arrivati a questa soluzione salomonica, che lasciava la scelta all attore. Tutto ciò però ha dato il coltello dalla parte del manico ai datori di lavoro scorretti che ti pongono un aut-aut O vieni a partita Iva, o non ti assumo. (Ecco, tra l altro, da dove nasce la richiesta sfacciata di partita Iva dalla fondazione Campania dei festival per le audizioni de La bisbetica domata ) Questo aut aut, stando alle disposizioni di legge attuali, non è un reato, benché sia in contrasto con i criteri dettati dal codice civile. Possiamo solo contestare l assurda pretesa selettiva determinata dalla titolarità della partita Iva. Cosa fare, allora? Bisogna fare in modo che cambi la normativa, perché la partita Iva può causare alcuni problemi. Sappiamo che le condizioni lavorative di oggi non sono quelle ottimali degli anni 60 ed è diventato importante, e addirittura essenziale, ottenere l indennità di disoccupazione. L indennità è stata molto spesso rifiutata agli attori, in quanto titolari di partita Iva, e dal 2010 è stata addirittura negata anche se si era solo subordinati. Perché? Perché fino al 2012, il legislatore e i parlamentari se ne sono infischiati della nostra categoria lasciando gli effetti di una stortura del diritto che risaliva al Regno d Italia. L INPS ha infatti molto spesso rifiutato l indennità di disoccupazione agli attori, semplicemente titolari di partita Iva, anche se avevano superato le 78 giornate lavorate come subordinati, basandosi su un Regio Decreto del 1935 n 1827, art 40, comma 5 che escludeva dall'assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria il personale artistico, teatrale e cinematografico. Dopo una sentenza del 2010 della Corte di Cassazione che confermava quella norma, l INPS rifiutava addirittura l indennità anche agli attori-subordinati in quanto lavoratori dello spettacolo (!?!) Inserisco la mia piccola esperienza personale a riguardo, che mi ha permesso di orientarmi meglio nella giungla della legge e di capire come, combattendo da soli o in gruppo, si possano smuovere un po le cose. Poiché il legislatore per 80 anni non ha corretto questa ingiustizia (chiaro, noi attori siamo pochi e poco influenti come elettori), ritenendo la nostra sgangherata categoria capace di parlare molto, ma incapace di aggregarsi e lottare (salvo qualche rara, piacevole sorpresa negli ultimi anni), visto che l INPS mi aveva rifiutato per questi motivi l indennità, ho iniziato una causa legale, un po da vero Don Chisciotte, un po da persona che esige il rispetto del proprio lavoro (subordinato) e della propria dignità di attore.

3 L ho fatto non tanto per i pochi euro di indennità, ma per fare dichiarare incostituzionale la norma del 1935 che causava la stortura su cui si basava il diniego dell INPS. La mia formazione è di diritto ed ho intrapreso da solo questa lotta che certo mi costerà economicamente più dell indennità. Ho avuto l appoggio morale del Sai-Sindacato Attori Italiani e ho avuto al mio fianco l avvocato Marina Petronio, vicepresidente, come me, dell ApTI-Associazione per il Teatro Italiano. Tra i meriti dell ApTI vorrei ricordare, a proposito di lotte vittoriose, che è stato al suo interno che è nato il Comitato Gianpiero Bianchi per Villa Piccolomini e che, grazie all impegno di quest ultimo, ora la Fondazione Piccolomini riesce finalmente a ottemperare, e sempre meglio, al proprio scopo statutario di aiuto economico agli artisti teatrali indigenti. Tornando alla mia lotta per il sussidio di disoccupazione, devo dire che dopo 2 anni e mezzo aspetto ancora la sentenza (e poi dicono che il rito del processo del lavoro è il più rapido?!?). Questa è la giustizia e la tutela dei lavoratori in Italia. Ma combattere, essere insieme nell azione, è importante e fa la forza. In questi anni ho sempre sollecitato, ad ogni riunione del SAI, una discussione sul problema della disoccupazione e della subordinazione. Il segretario Feriaud riteneva che, alla via giudiziaria da me scelta, andava affiancata quella legislativa(nonostante il ritardo di 80 anni). I fatti gli hanno dato ragione perché il governo tecnico ha accelerato la riforma del lavoro. Si è aperta un opportunità di soluzione e infine, con la riforma Fornero, si è abrogato il maledetto articolo 40 del 1935 e ci è stata riconosciuta l indennità, oggi chiamata mini-aspi. Purtroppo è più difficile ottenerla: occorrono 13 settimane di lavoro all anno con 91 gg lavorativi (non più 78). E importante, però, che questa indennità ci sia stata definitivamente riconosciuta. Sono testimone che l inserimento del comma che abrogava quella maledetta norma è stata sollecitata e voluta dal sindacato, cui va riconosciuto questo merito. Adesso, quindi, gli attori lavoratori subordinati possono ottenere la mini Aspi. Bisognerà però attivarci per fare abbassare la soglia delle 13 settimane necessarie attualmente per ottenere la mini Aspi (da un indagine fatta con il Sai, la media nazionale di lavoro degli attori è di 70 giornate lavorative l anno). Come impedire ai datori di lavoro di farci aprire la partita iva al momento della scrittura? Nella mia personale battaglia giudiziaria, studiando le norme, ho letto che i calciatori, certamente economicamente più potenti di noi, ma come noi lavoratori dello spettacolo e iscritti all ENPALS, sono considerati subordinati per presunzione e che solo in alcuni casi (per poche ore alla settimana e massimo per 5 giorni al mese) possono essere considerati autonomi, nel caso che non siano previsti allenamenti e si tratti di esibizioni non collegate (3). Ecco, basterebbe riprendere la stessa struttura, nel nuovo contratto collettivo o ancora meglio in una nuova legge, e legare la subordinazione a situazioni oggettive.

4 In presenza di prove, se c e continuità lavorativa, retribuzione fissa, repliche e si è diretti da un regista, allora si è subordinati, senza possibilità di deroga. Se non ci sono prove, non c è un regista (ad esempio in occasione di un recital o di un turno di doppiaggio), non c è retribuzione fissa o continuità lavorativa, allora si è autonomi. A margine, vorrei toccare un altro problema riguardante i nostri contributi a fini pensionistici. Premesso che il massimo di contribuzioni è calcolato su 210 euro di retribuzione, se si prende di più, la differenza versata va all ente previdenziale, non a noi. Se si guadagna da autonomi più di 210 euro al giorno (come nel caso di una lettura o di una posa in cinema) risulta che hai lavorato un solo giorno, anche se ti sei dovuto preparare per più giorni. Il cachet, in questo caso, andrebbe spalmato su più giorni di lavoro. Esempio: cachet di = 5 giornate lavorative. In conclusione, invito tutti i colleghi a tenersi informati e a partecipare, attraverso la vita associativa e sindacale, alle battaglie per la categoria. A essere presenti. Il teatro stesso è parola e azione. Insieme potremo far muovere qualcosa. Alfonso Veneroso Note (1) Art Contratto d'opera. Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV. Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 27 luglio 2009, n in Altalex Massimario. (2) Art cc. : È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore Cfr. Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 28 luglio 2008, n Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza n Lavoro subordinato - lavoro autonomo - tratti distintivi - elementi decisivi specificità dell'incarico - conformazione della prestazione [art c.c.] La natura subordinata ovvero autonoma del rapporto di lavoro è collegata all'effettiva sussistenza di un vincolo di subordinazione, a tal fine costituiscono elementi decisivi per l'accertamento del vincolo di subordinazione:

5 la specificità dell'incarico conferito al lavoratore; la conformazione della prestazione del lavoratore alle esigenze dell'impresa. Costituiscono, invece, elementi sussidiari: la cd. assenza del rischio; la continuità della prestazione; l'osservanza di un orario; la localizzazione della prestazione; la cadenza e la misura fissa della retribuzione. e Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 27 luglio 2009, n in Altalex Massimario. (3) Circolari Enpals L'art. 3 della legge n. 91/81 stabilisce che "la prestazione di lavoro a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di un contratto di lavoro subordinato", salvo - ed in tal caso va ritenuta la sussistenza di un contratto di lavoro autonomo -ricorra almeno una delle seguenti condizioni: a) attività svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; b) atleta non contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento; c) prestazione pur continuativa ma non superiore a otto ore settimanali oppure a cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno. Tali condizioni devono ritenersi non meri indici rivelatori dell'autonomia del rapporto, ma elementi qualificatori esclusivi e vincolanti e pertanto, ove non ricorrano le circostanze suesposte, al rapporto di lavoro con l'atleta professionista deve essere riconosciuta natura subordinata