230bis Impresa familiare (1)

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1 230bis Libro I - Delle persone e della famiglia 192 SEZIONE VI DELL IMPRESA FAMILIARE (1) (1) Sezione aggiunta dall art. 89 della l , n. 151 (Riforma del diritto di famiglia). 230bis Impresa familiare (1) Salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell azienda, anche in ordine all avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all impresa stessa. I familiari partecipanti all impresa che non hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi. Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell uomo. Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo. Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti i partecipi. Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, ed altresì in caso di alienazione dell azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in difetto di accordo, dal giudice. In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell azienda i partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione sulla azienda. Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la disposizione dell articolo 732. Le comunioni tacite familiari nell esercizio dell agricoltura sono regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme. (1) Articolo aggiunto dall art. 89 della l , n. 151 (Riforma del diritto di famiglia). 1 IL FONDAMENTO DELL ISTITUTO Può definirsi impresa familiare l impresa alla quale collaborano - anche attraverso il lavoro nella famiglia - il coniuge, i parenti entro il terzo grado (figli, nonni, fratelli e sorelle etc.) e gli affini entro il secondo grado (suoceri, generi e nuore etc.) dell imprenditore. Essa si costituisce non in seguito ad un espressa manifestazione di volontà dei partecipanti, ma per il solo fatto che i familiari svolgano la loro attività lavorativa in modo continuativo nell impresa. Il familiare, per poter essere considerato partecipante dell impresa familiare, non deve necessariamente prestare il proprio lavoro

2 193 Titolo VI - Del matrimonio 230bis all interno dell azienda, ma è sufficiente che svolga la sua opera all interno della famiglia (quindi è rilevante anche il lavoro domestico). L istituto dell impresa familiare è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge di riforma del diritto di famiglia (L , n. 151) al fine di porre rimedio alla frequente gratuità del lavoro svolto dai familiari all interno dell azienda di famiglia e di renderli partecipi delle decisioni più importanti per eliminare ogni posizione di soggezione nei confronti del titolare dell impresa. L istituto dell impresa familiare trova così il suo fondamento in numerose norme della Costituzione: l art. 1 per il quale l Italia è una Repubblica fondata sul lavoro; l art. 29 che riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio; l art. 3 che sancisce il principio di uguaglianza; l art. 35 che tutela il lavoro; l art. 36 che riconosce ai lavoratori il diritto ad una retribuzione adeguata; l art. 37 che tutelala la donna lavoratrice; l art. 46 che riconosce il diritto del lavoratore a collaborare alla gestione dell azienda. 2 OGGETTO DELL IMPRESA Nell impresa familiare può svolgersi qualsiasi attività: commerciale, industriale o agricola (ad eccezione dell attività assicurativa o bancaria, per la quale la legge prescrive la forma societaria). 3 CARATTERE RESIDUALE DELL IMPRESA FAMILIARE Come chiarito immediatamente dall inciso iniziale della disposizione ( salvo che sia configurabile un diverso rapporto ), l istituto dell impresa familiare ha carattere residuale: trova cioè applicazione solo nel caso in cui i soggetti coinvolti non hanno regolato diversamente i loro rapporti. Due coniugi, infatti, possono, ad esempio, costituire una società avente per oggetto la produzione e la vendita di capi di abbigliamento; in questo caso troveranno applicazione le norme dettate dal legislatore in materia di società. Gli stessi coniugi, poi, possono, una volta avviata l attività, assumere come dipendenti i propri figli; in questo caso si applicheranno le norme previste per i rapporti di lavoro subordinato. Se, invece, avviano l attività di produzione di scarpe senza alcun accordo iniziale, con il marito che si dedica a tempo pieno all impresa mentre la moglie vi collabora saltuariamente e con mansioni poco definite, pur intervenendo in tutte le scelte concernenti gli indirizzi produttivi, si avrà impresa familiare. Come è evidente, quindi, per la costituzione dell impresa familiare non è richiesto alcun negozio giuridico (atto costitutivo). Del resto, questa norma è stata introdotta proprio per tutelare i soggetti più deboli all interno della famiglia (donne e figli), che spesso in passato prestavano la loro attività lavorativa gratuitamente, quasi fosse un atto dovuto in virtù del rapporto di parentela che li legava all imprenditore. Questa necessità di tutela manca se il rapporto di lavoro è regolato da altre disposizioni (negli esempi fatti, dalle norme, appunto, in tema di società e di lavoro subordinato). 4 I DIRITTI DEI PARTECIPANTI I partecipanti all impresa familiare hanno: - il diritto al mantenimento secondo le condizioni patrimoniali della famiglia. Il diritto al mantenimento comprende non solo quanto è necessario a soddisfare i bisogni fondamentali dell individuo, ma anche ciò che permette allo stesso di condurre una appagante vita di relazione secondo quelle che sono le condizioni economiche e sociali del nucleo familiare nel quale è inserito. Il diritto al mantenimento si aggiunge al diritto di partecipazione agli utili, ma a differenza di questo non viene calcolato in funzione della quantità e qualità di lavoro prestato, ma in relazione alla condizione patrimoniale della famiglia; - il diritto di partecipare agli utili dell impresa, ai beni con essi acquistati e agli incrementi di valore dell azienda, in proporzione alla quantità ed alla qualità del loro lavoro; - il diritto di partecipare alla gestione dell impresa, soprattutto per quanto concerne le decisioni più importanti, ossia quelle concer-

3 230bis Libro I - Delle persone e della famiglia 194 nenti l impiego degli utili e degli incrementi, gli atti di straordinaria amministrazione, gli indirizzi produttivi e la cessazione dell impresa. In particolare, le decisioni più importanti devono essere prese da tutti i partecipanti a maggioranza, mentre la gestione ordinaria spetta esclusivamente al titolare dell impresa che non ha alcun obbligo di consultazione dei collaboratori; - il diritto di prelazione sull azienda in caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell azienda; in queste ipotesi, cioè, coloro che partecipano all impresa familiare hanno il diritto di essere preferiti ai terzi a parità di condizioni. In questo modo si vogliono privilegiare coloro che hanno operato nell impresa familiare evitando l inserimento di estranei. Infine, il diritto di partecipare all impresa può essere trasferito solo a favore di altri membri della famiglia e solo con il consenso unanime di tutti coloro che già partecipano all impresa. 5 IMPRESA INDIVIDUALE O COLLETTIVA? Ci si è chiesti, in dottrina, se l impresa familiare sia un impresa individuale o collettiva. Ciò anche in funzione del fatto che i familiari hanno una serie di diritti molto simili a quelli dei soci (diritto agli incrementi, diritto di partecipazione alla gestione dell impresa etc.). È opinione prevalente che si tratti in ogni caso di un impresa individuale, in cui imprenditore è solo ed esclusivamente il titolare e che i diritti e i poteri dei familiari non tocchino, di per sé, la titolarità dell esercizio (Buonocore). Ne consegue che i beni aziendali restano di proprietà esclusiva del titolare e a lui spetta il potere di prendere autonomamente le decisioni relative agli atti di gestione ordinaria. Inoltre, solo il titolare dell impresa è responsabile nei confronti dei terzi e, se ne sussistono i presupposti, è esposto al fallimento. IMPRESA FAMILIARE Titolare dell impresa Familiari partecipanti Gestione ordinaria Gestione straordinaria e impiego utili Diritto di partecipare agli utili Diritto di prelazione sull azienda TITOLO VII DELLA FILIAZIONE La filiazione è il rapporto che intercorre tra una persona fisica e coloro che la hanno concepita. La disciplina normativa in materia è posta sostanzialmente a tutela del figlio. Proprio per tale motivo, anche se i soggetti del rapporto sono il figlio e i genitori, il rapporto stesso prende il nome di filiazione (Bianca).

4 195 Titolo VII - Della filiazione 231 Il nostro ordinamento distingue due diversi rapporti di filiazione, ai quali corrispondono due diversi stati di figlio (la posizione di figlio costituisce, infatti, un cd. stato familiare, cioè una posizione giuridica fondamentale di diritto familiare, presupposto di altre posizioni giuridiche): - la filiazione legittima, che sussiste quando il figlio è procreato da due persone unite in matrimonio tra loro; - la filiazione naturale, che sussiste quando il figlio è procreato da un uomo e una donna non uniti in matrimonio tra loro. Esiste, poi, un rapporto che viene regolato come filiazione, anche se manca l evento naturale della generazione (si parla, pertanto, di filiazione civile): è il rapporto di adozione. 1 LA FILIAZIONE LEGITTIMA Si parla di filiazione legittima quando un individuo è procreato da un uomo e una donna uniti in matrimonio. Più precisamente, per poter definire la filiazione come legittima devono sussistere quattro presupposti: - deve esistere un valido matrimonio tra i genitori; - il figlio deve essere partorito dalla donna sposata; - il figlio deve essere stato generato dal marito; - il concepimento deve essere avvenuto in costanza di matrimonio. Fornire la prova dell esistenza di un valido matrimonio è piuttosto semplice e altrettanto può dirsi per la prova della maternità. Ben più difficile risulta provare che il figlio è stato generato dal marito e che il concepimento è avvenuto in costanza di matrimonio (non esiste, infatti, una durata certa e costante della gestazione). Per questo motivo, e poiché l ordinamento giuridico vede con favore lo status di figlio legittimo (la disciplina in materia, infatti, è CAPO I DELLA FILIAZIONE LEGITTIMA SEZIONE I DELLO STATO DI FIGLIO LEGITTIMO 231 Paternità del marito Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio. diretta a garantirne l acquisto e a renderne difficile la perdita), la legge pone due presunzioni: la presunzione di paternità, cui fa riferimento l articolo in esame; la presunzione di concepimento durante il matrimonio (cd. presunzione di legittimità), cui fa riferimento l articolo successivo ( 232). 2 LA PRESUNZIONE DI PATERNITÀ La presunzione di paternità è la presunzione in base alla quale il marito è considerato padre del figlio concepito durante il matrimonio; la legge, cioè, sulla base della normale fedeltà che sussiste tra i coniugi, presume che colui che è stato concepito durante il matrimonio sia figlio del marito. Si tratta di una presunzione relativa, in quanto ammette la prova contraria, ma tale prova non è libera: è necessario esperire l azione di disconoscimento della paternità, possibile solo nei casi previsti dall art. 235 ( ). 3 FUNZIONE INTEGRATIVO-COSTITUTIVA DELL ATTO DI NASCITA Secondo la giurisprudenza, la presunzione di

5 232 Libro I - Delle persone e della famiglia 196 paternità opera solo qualora sussista un atto di nascita dal quale risulti che il figlio è legittimo. In particolare, si è affermato che l art. 231 fissa una presunzione legale integrativa delle risultanze dell atto di nascita, che ha valore determinante in ordine all attribuzione dello status. Pertanto, nel caso in cui da tale atto risulti che la madre abbia dichiarato il figlio come naturale, resta esclusa l operatività di quella presunzione e difetta lo status di figlio legittimo, senza che sia necessario il disconoscimento, con l ulteriore conseguenza che non si frappongono ostacoli all azione per la dichiarazione giudiziale della paternità naturale di persona diversa dal marito (Cass , n. 3184). 232 Presunzione di concepimento durante il matrimonio (1) Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio. La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente. (1) Articolo così sostituito dall art. 90 della l , n. 151 (Riforma del diritto di famiglia). 1 LA PRESUNZIONE DI CONCEPIMENTO DURANTE IL MATRIMONIO In base alla presunzione di concepimento durante il matrimonio (cd. presunzione di legittimità), si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio. Tale presunzione si fonda sull ipotesi che le gravidanze concluse con la nascita non possano essere più brevi di sei mesi, né più lunghe di dieci. Si tratta di una presunzione assoluta, nel senso che non è ammessa la prova contraria. Il figlio nato nel periodo indicato, dunque, si ritiene senz altro concepito durante il matrimonio. 2 RILEVANZA NELLA FILIAZIONE NATURALE La presunzione legale di concepimento, prevista dall art. 232 per i figli nati in costanza di matrimonio, vale come presunzione semplice in tema di filiazione naturale. In tale ultima ipotesi essa legittima il collegamento causale genetico tra l unione sessuale e il parto avvenuto non prima dei centottanta e non oltre i trecento giorni dalla unione stessa (Cass , n. 317). 3 DECORRENZA DEI TERMINI Il termine di centottanta giorni decorre dalla celebrazione del matrimonio (e non dalla sua trascrizione), sia per il matrimonio civile sia per quello concordatario. Il termine di trecento giorni decorre: - in caso di morte del marito, dal giorno in cui essa è avvenuta; - in caso di dichiarazione di nullità o di annullamento e in caso di divorzio, dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.

6 197 Titolo VII - Della filiazione Matrimonio (valido o putativo) tra i genitori PRESUPPOSTI DELLA FILIAZIONE LEGITTIMA Figlio partorito da donna sposata Concepimento ad opera del marito Concepimento in costanza di matrimonio 233 Nascita del figlio prima dei centottanta giorni (1) Il figlio nato prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio è reputato legittimo se uno dei coniugi, o il figlio stesso, non ne disconoscono la paternità. (1) Articolo così sostituito dall art. 91 della l , n. 151 (Riforma del diritto di famiglia). 1 PORTATA DELLA NORMA E ONERE DELLA PROVA Il figlio nato prima che siano decorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio è parificato al figlio concepito durante il matrimonio, ma è ammessa la possibilità di esercitare l azione di disconoscimento della paternità. Secondo l opinione prevalente, l articolo in esame prevede un ipotesi di filiazione legittima vera e propria e non di legittimazione per susseguente matrimonio o di riconoscimento tacito o presunto, come pure si è sostenuto in passato. L azione di disconoscimento, nell ipotesi prevista dall art. 233, è soggetta ad una disciplina meno rigorosa di quella che trova applicazione in caso di concepimento durante il matrimonio: non operano, infatti, le condizioni di ammissibilità dell azione di cui all art. 235 ( ). L attore, tuttavia, è comunque tenuto a fornire la prova, con ogni mezzo, circa il difetto della paternità, in quanto il dato temporale non è di per sé ostativo all acquisto dello stato di figlio legittimo (Cass , n. 4281). 234 Nascita del figlio dopo i trecento giorni (1) Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni dall annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio. Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.

7 235 Libro I - Delle persone e della famiglia 198 In ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo stato di legittimo. (1) Articolo così sostituito dall art. 92 della l , n. 151 (Riforma del diritto di famiglia). 1 NASCITA DEL FIGLIO DOPO I TRECENTO GIORNI Il figlio nato dopo il decorso di trecento giorni dalla data dell annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio è considerato legittimo solo se ciascuno dei coniugi o i loro eredi provino che egli è stato concepito durante il matrimonio. Lo stesso vale per il figlio nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio. 235 Disconoscimento di paternità (1) L azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio è consentita solo nei casi seguenti: 1) se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo ed il centottantesimo giorno prima della nascita; 2) se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche se soltanto di generare; 3) se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio. In tali casi il marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità (2). La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità. L azione di disconoscimento può essere esercitata anche dalla madre o dal figlio che ha raggiunto la maggiore età in tutti i casi in cui può essere esercitata dal padre. (1) Articolo così sostituito dall art 93 della l , n. 151 (Riforma del diritto di famiglia). (2) La Corte costituzionale, con sentenza n. 266 del 6 luglio 2006, ha dichiarato l illegittimità costituzionale di questo numero, nella parte in cui, ai fini dell azione di disconoscimento della paternità, subordina l esame delle prove tecniche, da cui risulta che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre alla previa dimostrazione dell adulterio della moglie. 1 AZIONE DI DISCONOSCIMENTO DELLA PATERNITÀ Lo stato di figlio, quale risulta dall atto di nascita e da un conforme possesso di stato può essere contestato solo nei casi previsti dalla legge e solo attraverso tipiche azioni definite azioni di stato. La più importante di tali azioni è certamente l azione di disconoscimento della paternità, la quale è diretta a negare che il marito della madre sia il padre del bambino da questa generato ed è concessa, quindi, al fine di eliminare gli effetti della presunzione di paternità. Tale azione ha natura costitutiva, in quanto è finalizzata ad ottenere una sentenza che determini la rimozione dello stato di figlio legittimo. Presupposti dell azione sono la nascita del figlio e l esistenza di un titolo dello stato di figlio legittimo (occorre, cioè, che si sia formato l atto di nascita di figlio legittimo o che sussista il relativo possesso di stato). Qualora il figlio non abbia conseguito l accertamento formale dello

8 199 Titolo VII - Della filiazione 235 stato di figlio legittimo, infatti, l azione è inammissibile per mancanza di interesse (Bianca). Si distinguono due ipotesi. Se il figlio è stato concepito durante il matrimonio, perché è nato nel periodo di tempo indicato dall art. 232 ( ), l azione è concessa solo nei casi previsti dall art. 235: - quando i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso tra il trecentesimo e il centottantesimo giorno prima della nascita, cioè nel periodo del probabile concepimento; - quando in tale periodo il marito era affetto da impotenza, anche solo di generare. L art. 235, 1 comma, n. 3, c.c. stabiliva inoltre che l azione era consentita se nel detto periodo la moglie aveva commesso adulterio o aveva tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio. In tali casi il marito era ammesso a provare che il figlio presentava caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità. La Corte Costituzionale (con sentenza 6 luglio 2006, n. 266) ha affermato l illegittimità costituzionale del citato 1 comma, n. 3, dell art. 235 c.c. nella parte in cui, ai fini dell azione di disconoscimento, subordina l esame delle prove tecniche, da cui risulta che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, alla previa dimostrazione dell adulterio della moglie. La Corte, in sostanza, ha ritenuto non più ragionevole tale disposizione sia in virtù dei progressi scientifici intervenuti nel tempo sia a causa del mutato contesto sociale in cui la prova dell adulterio può essere estremamente difficile. Se il figlio non si presume concepito durante il matrimonio, perché è stato partorito prima del decorso di centottanta giorni dalla data del matrimonio, quindi al di fuori dei termini necessari affinché operi anche la presunzione di legittimità, l azione può essere esperita liberamente. 2 LEGITTIMAZIONE Sono legittimati all azione: il marito, nel termine di un anno dalla nascita oppure dal giorno in cui ha avuto conoscenza della nascita stessa, dell adulterio della moglie o della propria impotenza di generare; la madre, nel termine di sei mesi dalla nascita o dal giorno in cui è venuta a conoscenza dell impotenza di generare del marito; il figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età o dal giorno in cui è venuto a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento. 3 ONERE DELLA PROVA L onere di provare il difetto di paternità grava su colui che agisce in giudizio. La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità. 4 PROVE GENETICHE ED EMATOLOGICHE Ai fini dell accertamento del rapporto biologico di paternità o maternità naturale, sono ammissibili anche quelle indagini tecnico-scientifiche (sulla base genetica dei caratteri rilevabili con indagini ematologiche e immunogenetiche) che svolte in un certo numero, in combinazione tra loro e dando a ciascuna il relativo valore ponderale, consentono di pervenire a risultati di elevato grado di probabilità anche in positivo ; infatti, tali probabilità probative, da sole insufficienti a fornire la certezza, in quanto presentano ancora margini di errore, sono utilizzabili per corroborare gli elementi extra-scientifici previamente acquisiti attraverso prove testimoniali o documentali, per la conseguente formazione del convincimento definitivo del giudice, con la sintesi finale dei dati raccolti (Cass , n. 6400). 5 DISCONOSCIMENTO E FECONDAZIONE ETEROLOGA Qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in violazione del divieto posto dall'articolo 4 della l. n. 40/2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l'azione di disconoscimento della paternità nei casi previsti dall'art. 235, 1 comma, numeri 1 e 2, né l'impugnazione di cui all'art. 263.

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