Credere ci manda Schede di catechesi per gruppi giovani Anno pastorale

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1 Credere ci manda Schede di catechesi per gruppi giovani Anno pastorale

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3 INDICE Introduzione 3 SCHEDA 1 VOI SIETE LA LUCE DEL MONDO 7 SCHEDA 2 ALLA SORGENTE DELLA LUCE 11 SCHEDA 3 LI MANDÒ A DUE A DUE 17 SCHEDA 4 NEL MONDO VENNE LA LUCE 23 SCHEDA 5 VI MANDO COME AGNELLI 29 Allegato 1 Test: Quanto illumini? 37 Allegato 2 Una regola di vita 39 Allegato 3 Enzo Bianchi, Perché pregare, come pregare 41 Allegato 4 Agostino d Ippona, Confessioni 43 Allegato 5 La Chiesa riceve e dona la fede 45 Allegato 6 La mappa del mio mondo 47 Allegato 7 Questione di stile 49 Allegato 8 Film: Alla luce del sole 51 Allegato 9 Bolletta della luce 53 APPENDICE 1 Mons. Vincenzo Paglia, Credere ci manda (3 giugno 2014) 59 APPENDICE 2 Relazione sulla Tre giorni diocesana di formazione comune (giugno 2014) 67 APPENDICE 3 Giovanni Paolo II, Omelia conclusiva GMG Toronto APPENDICE 4 Vita del Beato don Pino Puglisi 81 APPENDICE 5 Quadri di luce 85 APPENDICE 6 Proposte celebrative 97

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5 INTRODUZIONE Siamo giunti alla terza ed ultima articolazione della Lettera pastorale triennale Sulla Tua Parola : Credere ci manda. Come già l anno scorso, con questo sussidio si è inteso mettere a disposizione innanzitutto dei gruppi giovanili della diocesi (nonché dei loro animatori e parroci) un cammino che ne sostenga la missionarietà ed in questo modo realizzi l auspicio di papa Francesco, che nella Esortazione Evangelii gaudium scrive: 106. Anche se non sempre è facile accostare i giovani, si sono fatti progressi in due ambiti: la consapevolezza che tutta la comunità li evangelizza e li educa, e l urgenza che essi abbiano un maggiore protagonismo. ( ) Che bello che i giovani siano viandanti della fede, felici di portare Gesù in ogni strada, in ogni piazza, in ogni angolo della terra! Giovani viandanti della fede ovvero testimoni di luce! Voi siete il sale della terra (Mt 5,13), voi siete la luce del mondo (Mt 5,14): l'identità cristiana è da subito relazionale, è essere-per, prende senso solo nella relazione, così come il sale ha senso solo in relazione ai cibi o la luce rispetto all ambiente circostante. Ne consegue che se viene meno la relazione, viene meno l'identità. Alla luce della Parola costruire relazioni secondo l Evangelo attraverso una catechesi cherigmatica e mistagogica, ci suggerisce sempre papa Francesco: 165. Non si deve pensare che nella catechesi il kerygma venga abbandonato a favore di una formazione che si presupporrebbe essere più solida. Non c è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio Un altra caratteristica della catechesi, che si è sviluppata negli ultimi decenni, è quella dell iniziazione mistagogica. L incontro catechistico è un annuncio della Parola ed è centrato su di essa, ma ha sempre bisogno di un adeguata ambientazione e di una motivazione attraente, dell uso di simboli eloquenti, dell inserimento in un ampio processo di crescita e dell integrazione di tutte le dimensioni della persona in un cammino comunitario di ascolto e di risposta È bene che ogni catechesi presti una speciale attenzione alla via della bellezza (via pulchritudinis). Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove. In questa prospettiva, tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù. A questo fine, ogni scheda è stata costruita secondo una precisa scansione, che è la seguente. All inizio si dichiarano con semplicità gli obiettivi. Poi il primo posto è all ascolto della Parola dell Evangelo, letta in se stessa ed alla luce del magistero della Evangelii gaudium. Quindi, diverse proposte di attività formative attraverso la dinamica di gruppo, il gioco e appunto la via della bellezza (alcuni quadri e un film). Infine, un invito alla preghiera. 3

6 In appendice, i testi della Tre giorni diocesana di formazione comune del giugno scorso (APPENDICE 2), a cominciare dalla relazione del vescovo mons. Vincenzo Paglia (APPENDICE 1); la testimonianza di due santi moderni quali san Giovanni Paolo II (APPENDICE 3) e il beato don Pino Puglisi (APPENDICE 4); infine lo schema di alcune proposte celebrative da utilizzare con i giovani durante l anno (APPENDICE 6). Le schede sono, per così dire, abbondanti, proprio perché sono affidate al necessario adattamento di ogni educatore/animatore, che saprà calarle sapientemente nella propria realtà. Riportiamo qui lo specchietto riassuntivo delle 5 schede: 1. VOI SIETE LA LUCE DEL MONDO Mandati: l identità missionaria del discepolo Mt 5, ALLA SORGENTE DELLA LUCE Mandati da chi: la relazione col Dio di Gesù Gv 8, LI MANDO A DUE A DUE Mandati insieme: la relazione ecclesiale Mt 10, 5-16 (=Mc 6, 7-13) 4. NEL MONDO VENNE LA LUCE Mandati dove: il contesto a cui si è inviati Gv 1, VI MANDO COME AGNELLI Mandati come: lo stile dell evangelizzatore Lc 10, 1-9 L augurio, per tutti i giovani, è ancora una volta papa Francesco a rivolgerlo, quando scrive, proprio nell incipit della Evangelii gaudium : 1. La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia! Buon gioioso cammino! 4

7 SCHEDE DI CATECHESI

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9 scheda 1 VOI SIETE LA LUCE DEL MONDO Mandati: identità missionaria del discepolo L OBIETTIVO Maturare la consapevolezza della costitutiva identità missionaria del cristiano e scoprire nel Vangelo le fondamenta della testimonianza personale e comunitaria. LA PAROLA DEL VANGELO Matteo 5, Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. 14 Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15 né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli. Commento alla Parola Il nostro brano evangelico si trova nel contesto del discorso della montagna (Mt 5,1-7,28) e immediatamente dopo le beatitudini. Gesù, maestro e Signore, insegna rivolgendosi con autorità e audacia ai suoi discepoli, rivelando la loro identità più profonda e svelandone tutte le potenzialità. Se il discorso della montagna e la magna charta del Regno, è qui che il discepolo è chiamato a maturare i suoi tratti caratteristici per non correre il rischio di rendere la sua fede "inutile". Al cristiano è chiesto di essere semplicemente né più né meno di ciò che deve essere: assomigliare il più possibile al Figlio di Dio. Il compito missionario nasce proprio da questa consapevolezza. «Voi siete il sale della terra»: la forma verbale non va attenuata: il Maestro non fa auspici, non mostra eventuali possibilità, ma dichiara «siete», toccando le fibre più profonde del nostro essere. Il sale é ciò che da sapore, ma anche ciò che preserva dalla corruzione, ciò che aiuta a custodire, a conservare. La comunità cristiana è sale quando vive e resta fedele alle beatitudini, quando vive del Vangelo e lo proclama sine glossa, quando è capace di pagare di persona la fedeltà a Dio e all uomo, quando e in grado di anticipare in questo tempo e in questa storia i cieli nuovi e la terra nuova. «della terra»: i doni di Dio sono fatti all uomo, ma questi non lo chiudono in una beatitudine che lo autorizza a estraniarsi dal mondo, anzi! ll senso e il compito della fede non risultano pienamente sviluppati quando dovesse mancare o venir meno il rapporto col mondo. Al discepolo di Cristo sta a 7

10 cuore il modo in cui vive il mondo, non lo può lasciar andare alla deriva. La comunità è per la terra, per il mondo, seppure è solo dal Vangelo che fa dipendere la sua logica e il suo cammino. «ma se il sale perde il sapore...»; nessuno può dirsi "arrivato" o al sicuro. Il discepolo non deve venir meno, deve poggiare la sua esistenza non su sabbie mobili, ma sulla solida roccia, su Cristo (cfr. Mt 7,24-27). Perdere il proprio sapore è dimenticare il centro attorno a cui far ruotare la propria esistenza; parafrasando Pier Giorgio Frassati potremmo dire che vivere senza sale non é vivere, ma vivacchiare. E il segno più eloquente del sale che perde il suo sapore e diviene insignificante per sé e per gli altri è un cristiano che non ama. «Voi siete la luce del mondo»: la luce é la prima opera del Creatore (cfr. Gen 1,3); nel Vangelo si dice che é Gesù la luce vera, quella che illumina ogni uomo (cfr. Gv 1,4-5.9); l evangelista Matteo vede Gesù come una grande luce che viene a illuminare quanti sono nelle tenebre e nell ombra di morte (Mt 4,12-17): del Battista si precisa che egli non era la luce, ma solo un testimone della luce. Eppure Gesù dice che i suoi sono luce. Lumen gentium è Gesù e in Lui la Chiesa potrà essere comunità luminosa chiamata ad essere tale lungo il pellegrinaggio nella storia fino al giorno senza tramonto quando non ci sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà» (cfr. Ap 22,4-5). Col Battesimo siamo diventati anche noi, come Gesù, «luce da luce» (come professiamo nel Credo). Ai nostri genitori, nel giorno della nostra rinascita dal fonte battesimale è stata affidata la luce come segno pasquale ed è stato dato il compito di aver cura che i figli «illuminati da Cristo, vivano sempre come figli della luce». «Non può restare nascosta una città... [...]risplenda la vostra luce davanti agli uomini[...]vedano le vostre opere buone»: in queste parole, il Maestro sembra animato da una grande inquietudine. L umanità, sembra dirci, non può maledire la vita per colpa vostra. E sono le "opere belle" ad attirare anche nel buio gli sguardi di tanti che sono assetati di luce. Nessuno deve bestemmiare il Cielo per colpa nostra, ma a tutti deve essere data la buona possibilità di scoprire la mano provvidente di Dio che di tutti ha cura. Gesù non ci invita ad ostentare in maniera farisaica la nostra carità, né e nostro problema preoccuparci di illuminare: se si è sale e luce, non si può non illuminare e non dare sapore. A tutti rimane l esempio di Gesù che nell ora più buia in quel Venerdì santo sul Calvario, nel massimo del suo nascondimento, rivelò appieno il Suo amore. Il mondo attende questa luce. Da te, da noi. Forza, andiamo gente! LA GIOIA DEL VANGELO Discepoli missionari ovvero in uscita Evangelii Gaudium (n. 20, 21, 48, 273) 20. Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di uscita che Dio vuole provocare nei credenti. Abramo accettò la chiamata a partire verso una terra nuova (cfr Gen 12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata di Dio: «Va, io ti mando» (Es 3,10) e fece uscire il popolo verso la terra promessa (cfr Es 3,17). A Geremia disse: «Andrai da tutti coloro a cui ti manderò» (Ger 1,7). Oggi, in questo andate di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova uscita missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla 8

11 propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo. 21. La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria. La sperimentano i settantadue discepoli, che tornano dalla missione pieni di gioia (cfr Lc 10,17). La vive Gesù, che esulta di gioia nello Spirito Santo e loda il Padre perché la sua rivelazione raggiunge i poveri e i più piccoli (cfr Lc 10,21). La sentono pieni di ammirazione i primi che si convertono nell ascoltare la predicazione degli Apostoli «ciascuno nella propria lingua» (At 2,6) a Pentecoste. Questa gioia è un segno che il Vangelo è stato annunciato e sta dando frutto. Ma ha sempre la dinamica dell esodo e del dono, dell uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre. Il Signore dice: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!» (Mc 1,38). Quando la semente è stata seminata in un luogo, non si trattiene più là per spiegare meglio o per fare segni ulteriori, bensì lo Spirito lo conduce a partire verso altri villaggi. 48. Se la Chiesa intera assume questo dinamismo missionario deve arrivare a tutti, senza eccezioni. Però chi dovrebbe privilegiare? Quando uno legge il Vangelo incontra un orientamento molto chiaro: non tanto gli amici e vicini ricchi bensì soprattutto i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati, «coloro che non hanno da ricambiarti» (Lc 14,14). Non devono restare dubbi né sussistono spiegazioni che indeboliscano questo messaggio tanto chiaro. Oggi e sempre, «i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo»,*52+ e l evangelizzazione rivolta gratuitamente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un appendice, o un momento tra i tanti dell esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere sé stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare. Lì si rivela l infermiera nell animo, il maestro nell animo, il politico nell animo, quelli che hanno deciso nel profondo di essere con gli altri e per gli altri. Tuttavia, se uno divide da una parte il suo dovere e dall altra la propria vita privata, tutto diventa grigio e andrà continuamente cercando riconoscimenti o difendendo le proprie esigenze. Smetterà di essere popolo. LE ATTIVITÀ FORMATIVE 1 COSA ILLUMINA LA TUA VITA? Al gruppo si propone di andare a intervistare alcuni giovani della parrocchia e/o del quartiere chiedendo: «Cosa illumina la tua vita?» e «E tu, che cosa illumini?». Questa attività può essere utilizzata per introdurre successivamente una discussione sulle diverse luci che orientano oggi la vita e le scelte dei giovani. Come attraverso un prisma, ogni partecipante al gruppo si interrogherà sulle sue "luci", cercando di scorgerne tutti gli elementi costitutivi. Scindere la luce, infatti, significa analizzare i diversi colori che la compongono, da quelli più chiari a quelli più scuri. Significa scoprire da dove nasce la luce che ci guida per capire in che direzione stiamo andando, verso cosa e verso chi. Sarà interessante verificare quanto ciascun giovane sia consapevole di poter essere egli stesso luce che illumina la strada di altri. 9

12 Alcune possibili domande: Qual è il tipo di luce che ti caratterizza? Questa luce la vedi solo tu o la notano anche gli altri? Ti impegni ad essere luce per gli altri? O invece fai un po di ombra? Cosa condiziona l intensità della tua luce? Quali sono gli ostacoli che le impediscono di irradiarsi? 2 QUANTO ILLUMINI? Viene proposto un test per "valutare" la luminosità della propria testimonianza (ALLEGATO 1). Successivamente il gruppo cerca di individuare tutte le caratteristiche (somatiche, caratteriali, comportamentali, ecc.) del "testimone ideale", prendendo spunto dalle risposte al test, che possono mettere in luce punti di vista diversi. Si può realizzare un cartellone riportando questi tratti. Una volta delineato un profilo, ogni partecipante sarà poi chiamato a confrontarsi, individuando i punti sui quali lavorare per essere davvero lampade "sopra il moggio". Infine ci si confronta su cosa concretamente il gruppo possa fare per aiutare tutti i suoi componenti a diventare testimoni sempre più luminosi. 3 I SANTI ILLUMINANO Ci lasciamo illuminare dalla luce di alcuni santi contemporanei: il papa San Giovanni Paolo II e il beato don Pino Puglisi. In appendice sono riportati alcuni passi del discorso di Giovanni Paolo II in occasione della XVII Giornata Mondiale della Gioventù (Toronto 2002) dal tema Voi siete il sale della terra Voi siete la luce del mondo (APPENDICE 3) e una scheda sulla vita di don Pino Puglisi (APPENDICE 4). La testimonianza delle parole, dei fatti e della vita stessa di questi santi offrono diversi spunti per una riflessione di cosa voglia dire essere luce di Cristo, che può essere utilizzata per animare anche altri incontri durante l anno. LA PREGHIERA E saremo contagiosi della gioia. Poiché le tue parole, mio Dio, non son fatte per rimanere inerti nei nostri libri, ma per possederci e per correre il mondo in noi, permetti che, da quel fuoco di gioia da te acceso, un tempo, su una montagna, e da quella lezione di felicità, qualche scintilla ci raggiunga e ci possegga, ci investa e ci pervada. Fa che, come fiammelle nelle stoppie, corriamo per le vie della città, e fiancheggiamo le onde della folla, contagiosi di beatitudine, contagiosi della gioia Madeleine Delbrel 10

13 scheda 2 ALLA SORGENTE DELLA LUCE Mandati da chi: la relazione col Dio di Gesù L OBIETTIVO Coltivare una relazione personale, quotidiana e creativa con Gesù, Luce del mondo, che abita in noi come Sorgente inesauribile. LA PAROLA DEL VANGELO Gv 8, Di nuovo Gesù parlò loro e disse: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita". 13 Gli dissero allora i farisei: "Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera". 14 Gesù rispose loro: "Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. 15 Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. 16 E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. 17 E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. 18 Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me". 19 Gli dissero allora: "Dov'è tuo padre?". Rispose Gesù: "Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio". 20 Gesù pronunciò queste parole nel luogo del tesoro, mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora venuta la sua ora. 21 Di nuovo disse loro: "Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire". 28 Disse allora Gesù: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. 29 Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite". 30 A queste sue parole, molti credettero in lui. Commento alla Parola Dall Omelia 34, n.2-3 di Sant Agostino L'affermazione del Signore: Io sono la luce del mondo (Gv 8, 12), ritengo sia chiara a quanti hanno occhi che consentono loro di venire a contatto con questa luce; chi invece possiede soltanto gli occhi della carne, rimane sorpreso di fronte all'affermazione del Signore Gesù Cristo: Io sono la luce del mondo. Probabilmente non manca chi tra sé dice: forse Cristo Signore è questo sole che, sorgendo e tramontando, segna il giorno? Non sono mancati infatti degli eretici che così hanno pensato. I Manichei 11

14 hanno creduto che Cristo Signore fosse questo sole, visibile agli occhi di carne, che apertamente compare alla vista non solo degli uomini, ma anche degli animali. Ma la retta fede della Chiesa cattolica riprova tale invenzione e sa che è un insegnamento del diavolo. E non soltanto lo sa per fede, ma lo dimostra anche, a chi può, con argomenti di ragione. Respingiamo, dunque, tale errore, che la santa Chiesa condannò fin dall'inizio. Non dobbiamo pensare che il Signore Gesù Cristo sia questo sole che vediamo nascere in oriente e tramontare in occidente, al cui corso segue la notte, i cui raggi vengono coperti dalle nubi e che con determinati movimenti si sposta da un luogo ad un altro. Non è questo Cristo Signore! Non è Cristo Signore un sole creato, ma colui per mezzo del quale il sole è stato creato. Tutto - infatti - per mezzo di lui è stato creato, e senza di lui niente è stato creato (Gv 1, 3). Egli è, dunque, la luce che ha creato quella che vediamo. Amiamola, questa luce, aneliamo alla sua comprensione, siamone assetati, affinché, sotto la sua guida, possiamo finalmente pervenire ad essa e vivere in essa, così da non morire mai più. Questa è la luce di cui un'antica profezia in un salmo ha cantato: Salverai gli uomini e gli animali, o Signore; secondo l'abbondanza della tua misericordia, o Dio (Sal 35, 7-8). Son parole del salmo ispirato. E notate come l'antico Testamento si esprime a proposito di questa luce: Tu salverai, o Signore, gli uomini e gli animali; secondo l'abbondanza della tua misericordia, o Dio. Siccome tu sei Dio e la tua misericordia è molteplice, questa tua misericordia si estende, non solo agli uomini che hai creato a tua immagine, ma anche agli animali che hai sottomesso agli uomini. Da chi dipende la salute degli uomini, dipende anche la salute degli animali. Non vergognarti di pensare così del Signore Iddio tuo; anzi sii sicuro, fidati, e guardati dal pensare in modo diverso. Chi dà la salute a te, la dà anche al tuo cavallo, alla tua pecora e, giù giù, fino alla tua gallina. Dal Signore viene la salvezza (Sal 3, 9), e Dio dà la salute anche a queste cose. Vedo che sei perplesso, che hai dei dubbi, ed io mi stupisco dei tuoi dubbi. Disdegnerà di salvare, colui che si è degnato di creare? Dal Signore viene la salvezza degli angeli, degli uomini, degli animali: dal Signore viene la salvezza. Come nessuno ha l'essere da sé, così nessuno si salva da sé; per cui con piena verità e ottimamente il salmo dice: Salverai, o Signore, gli uomini e gli animali. E perché? Perché molteplice è la tua misericordia, o Dio. Siccome tu sei Dio e mi hai creato, tu mi salvi; tu che mi hai dato l'essere, mi dai di essere sano. LA GIOIA DEL VANGELO L'incontro personale con l amore di Gesù che ci salva Evangelii Gaudium (n. 264, 267, 9, 11, 12) 264. La prima motivazione per evangelizzare è l amore di Gesù che abbiamo ricevuto, l esperienza di essere salvati da Lui che ci spinge ad amarlo sempre di più. Però, che amore è quello che non sente la necessità di parlare della persona amata, di presentarla, di farla conoscere? Se non proviamo l intenso desiderio di comunicarlo, abbiamo bisogno di soffermarci in preghiera per chiedere a Lui che torni ad affascinarci. Abbiamo bisogno d implorare ogni giorno, di chiedere la sua grazia perché apra il nostro cuore freddo e scuota la nostra vita tiepida e superficiale. Posti dinanzi a Lui con il cuore aperto, lasciando che Lui ci contempli, riconosciamo questo sguardo d amore che scoprì Natanaele il giorno in cui Gesù si fece presente e gli disse: «Io ti ho visto quando eri sotto l albero di fichi» (Gv 1,48). Che dolce è stare davanti a un crocifisso, o in ginocchio davanti al Santissimo, e semplicemente essere davanti ai suoi occhi! Quanto bene ci fa lasciare che Egli torni a toccare la nostra esistenza e ci lanci a comunicare la sua nuova vita! Dunque, ciò che succede è che, in definitiva, «quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo» (1 Gv 1,3). La migliore motivazione per decidersi a comunicare il Vangelo è contemplarlo con amore, è sostare sulle sue pagine e leggerlo con il cuore. Se lo accostiamo in questo modo, la sua bellezza ci stupisce, torna ogni volta ad affascinarci. Perciò è urgente ricuperare uno spirito contemplativo, che ci permetta di riscoprire ogni giorno che siamo depositari di un bene che umanizza, che aiuta a condurre una vita nuova. Non c è niente di meglio da trasmettere agli altri. 12

15 267. Uniti a Gesù, cerchiamo quello che Lui cerca, amiamo quello che Lui ama. In definitiva, quello che cerchiamo è la gloria del Padre, viviamo e agiamo «a lode dello splendore della sua grazia» (Ef 1,6). Se vogliamo donarci a fondo e con costanza, dobbiamo spingerci oltre ogni altra motivazione. Questo è il movente definitivo, il più profondo, il più grande, la ragione e il senso ultimo di tutto il resto. Si tratta della gloria del Padre, che Gesù ha cercato nel corso di tutta la sua esistenza. Egli è il Figlio eternamente felice con tutto il suo essere «nel seno del Padre» (Gv 1,18). Se siamo missionari è anzitutto perché Gesù ci ha detto: «In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto» (Gv 15,8). Al di là del fatto che ci convenga o meno, che ci interessi o no, che ci serva oppure no, al di là dei piccoli limiti dei nostri desideri, della nostra comprensione e delle nostre motivazioni, noi evangelizziamo per la maggior gloria del Padre che ci ama. 9. San Paolo: «L amore del Cristo ci possiede» (2 Cor 5,14); «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16). 11. Un annuncio rinnovato offre ai credenti, anche ai tiepidi o non praticanti, una nuova gioia nella fede e una fecondità evangelizzatrice. In realtà, il suo centro e la sua essenza è sempre lo stesso: il Dio che ha manifestato il suo immenso amore in Cristo morto e risorto. Egli rende i suoi fedeli sempre nuovi, quantunque siano anziani, riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» (Is 40,31). La Chiesa non cessa di stupirsi per «la profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio» (Rm 11,33). Egli sempre può, con la sua novità, rinnovare la nostra vita e la nostra comunità, e anche se attraversa epoche oscure e debolezze ecclesiali, la proposta cristiana non invecchia mai. Gesù Cristo può anche rompere gli schemi noiosi nei quali pretendiamo di imprigionarlo e ci sorprende con la sua costante creatività divina. Ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale. In realtà, ogni autentica azione evangelizzatrice è sempre nuova. 12. Sebbene questa missione ci richieda un impegno generoso, sarebbe un errore intenderla come un eroico compito personale, giacché l opera è prima di tutto sua, al di là di quanto possiamo scoprire e intendere. Gesù è «il primo e il più grande evangelizzatore».[9] In qualunque forma di evangelizzazione il primato è sempre di Dio, che ha voluto chiamarci a collaborare con Lui e stimolarci con la forza del suo Spirito. La vera novità è quella che Dio stesso misteriosamente vuole produrre, quella che Egli ispira, quella che Egli provoca, quella che Egli orienta e accompagna in mille modi. In tutta la vita della Chiesa si deve sempre manifestare che l iniziativa è di Dio, che «è lui che ha amato noi» per primo (1 Gv 4,10) e che «è Dio solo che fa crescere» (1 Cor 3,7). LE ATTIVITÀ FORMATIVE 1 UNA REGOLA DI VITA Questa attività si può svolgere in due momenti. Dapprima è opportuno che i giovani riflettano sull'importanza delle "regole" per una vita che sia realmente una vita nello Spirito. Utilizzando lo schema ALLEGATO 2, ciascuno può individuare alcune attività che svolge nella propria settimana, associando ad esse le regole che le caratterizzano e come riesce a esprimersi in quelle situazioni. Ogni riflessione personale può essere poi condivisa con il gruppo. A questo punto l'educatore potrà far notare come le regole siano fondamentali per lo svolgimento di ogni specifica attività, non imbrigliano ma anzi aiutano ciascuno ad esprimere al meglio le proprie potenzialità senza disperderle invano (ad es. nell ambito sportivo). 13

16 Si passa poi a riflettere sul funzionamento analogo della vita secondo lo Spirito: senza regole, senza un ordine nelle cose, senza priorità si perde e i propri talenti rimangono inespressi. Diventa importante, allora, darsi una regola che non diventi "incasellamento", ma strada verso la libertà e la verità della propria vita, perché è regola di vita, cioè un atteggiamento, uno stile che coinvolge tutti gli ambiti di impegno per passare in progressione dal "chi sono" al "chi voglio essere" e, infine, al "chi sono chiamato ad essere". Alcune possibili domande: Negli ambiti in cui operi ci sono regole? Ne cambieresti qualcuna? Ti sei mai dato delle regole? Pensi che vivresti meglio senza? Che giovane vuoi essere? Quale meta vuoi raggiungere? Vuoi crescere in amicizia con Gesù? Che regole darsi per alimentare questa amicizia? 2 LUCE DA LUCE In questa attività si vuole mettere in risalto la ricchezza della preghiera sia personale che comunitaria e l importanza nell educarsi a definire tempi di preghiera personale prefissati affinché la preghiera non sia solo evento sporadico o legato all'aspetto emozionale della propria vita, ma diventi cibo quotidiano per la vita nello Spirito. L'attività proposta può essere suddivisa in 3 parti complementari, ma indipendenti: l'educatore in questa tappa potrà partire dalle domande: «Perché pregare? Come pregare?», che esprimono la necessità di definire la preghiera non tanto astrattamente, quanto vivendola nella propria realtà di gruppo e con una particolare attenzione personale a tutti i giovani. Come spunto di riflessione si può fare riferimento a Enzo Bianchi, Perché pregare, come pregare, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2009 (estratti nell ALLEGATO 3). Una seconda parte può essere quella di presentare quelle che sono le forme di preghiera presenti nella propria comunità (liturgia delle ore, rosario, celebrazioni comunitarie, adorazioni, Eucaristia, ecc.). Per comprendere il valore di tali esperienze, si può incontrare il parroco o un laico impegnato in parrocchia nell'animazione liturgica. Nella terza parte si può approfondire con i giovani del gruppo l'aspetto personale della preghiera. Le modalità con cui ognuno vive questo momento, i tempi preferiti, le difficoltà incontrate, i passi avanti fatti nel corso degli anni, ecc, facendo emergere la necessità di un equilibrio tra preghiera personale e preghiera nella comunità. 3 L INQUIETUDINE SORPRENDENTE L attività ha come obiettivo di aiutare i giovani a scoprire che le inquietudini sono un modo in cui il Signore chiama a dare risposte serie alla nostra vita. Ci facciamo guidare da una delle tante figure magistrali nella tradizione della Chiesa che hanno saputo ascoltare l inquietudine del proprio cuore fino ad arrivare a Dio: Sant Agostino di Ippona. Al gruppo si possono far leggere alcune frasi tratte dalle sue Confessioni (ALLEGATO 4), parlarne insieme e presentarne poi la vita vivace e turbata. È importante stimolare i giovani a ricercare dentro di sé le proprie inquietudini e le proprie passioni e a condividerle poi con il gruppo. Successivamente si cercherà di comprendere come questi sentimenti influiscono sul nostro rapporto con Dio. Possibili domande: C è un ambito della tua vita in cui sei particolarmente sensibile? Che cosa più ti fa sussultare il cuore? C è qualcosa di cui sei alla ricerca? Stai aspettando anche tu un segnale? C è una persona a cui confidi le tue inquietudini? Apri ma il tuo cuore o hai paura di quello che contiene? Ne parli mai con Dio nella preghiera? 14

17 4 TESTIMONI DI LUCE Per relazionarsi integralmente con il Signore occorre una purificazione del cuore che non si improvvisa, ma va curata e alimentata quotidianamente. Come primo passaggio di questa attività, il gruppo potrà essere accompagnato (o inviterà alcuni testimoni della propria comunità preparati sul tema) a conoscere lo stile di vita ed episodi significativi, di alcune realtà che vivono quotidianamente l'affidarsi a Dio, mettendolo al centro della loro vita fino al punto di affidarsi totalmente alla Provvidenza. Si possono invitare alcuni testimoni (un seminarista, un giovane prete, una coppia di sposi, un missionario, ecc.) o andare a visitare alcune realtà di preghiera (un convento, una casa di spiritualità, ecc.). Sarà importante dall'incontro con queste persone far emergere il percorso che ha portato loro stessi (ed eventualmente la loro comunità) fino a questo grado di fiducia, facendo emergere le difficoltà e la gioia di una scelta così evangelica. I giovani vengono così invitati a prendere coscienza che il discernimento è un dono dello Spirito e si esprime in una coscienza che, facendosi interrogare dalla Parola, diviene in grado di interpretare criticamente, di pensare, riflettere. LA PREGHIERA Facci giungere a te Dio onnipotente, eterno, giusto e misericordioso, concedi a noi, miseri, di fare, per la tua grazia, tutto quello che sappiamo che tu vuoi e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, purificati dal male, illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le tracce del Figlio tuo, Signore nostro Gesù Cristo. E fa' che, attratti unicamente dalla tua grazia, possiamo giungere a te, Altissimo; tu che vivi e regni glorioso nella Trinità perfetta e nella semplice unità, o Dio onnipotente, per tutti i secoli dei secoli. Amen. San Francesco 15

18 16

19 scheda 3 LI MANDÒ A DUE A DUE Mandati insieme: la relazione ecclesiale L OBIETTIVO Farsi prossimi, personalmente e come gruppo, annunciando la novità di relazioni fraterne improntate al Vangelo. LA PAROLA DEL VANGELO Matteo 10, Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: "Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6 rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'israele. 7 Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8 Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. 9 Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, 10 né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. 11 In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. 12 Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 13 Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. 14 Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. 15 In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città. 16 Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Commento alla Parola Siamo nel discorso missionario. Un discorso ricco di fiducia verso i discepoli che da allora in poi saranno in cammino col Vangelo nel cuore, sulle labbra e tra le mani. Infatti il Maestro aveva trasmesso loro tutto quello che era necessario per andare in giro per il mondo con passione e con entusiasmo per raccontare una Bella Notizia: il Regno é vicino, anzi é in mezzo a noi! Una notizia che in tanti aspettavano, stanchi ormai delle prediche, degli ordini da rispettare... Oggi, proprio noi siamo inviati a portare questa Notizia Bella, a dire parole che facciano sentire che Dio e davvero buono, a compiere gesti che facciano vedere che Dio cammina per le stanze di casa nostra. Può essere che uno dei discepoli abbia chiesto a Gesù da chi e come cominciare. Sicura-mente Gesù, senza esitare un attimo, avrà fatto la lista e le raccomandazioni per i più poveri ed emarginati, per coloro che il Regno lo aspettavano (...e lo aspettano!) veramente. Il Regno e innanzitutto per loro. La 17

20 predicazione e l`annuncio che passa attraverso la testimonianza é una proposta di bene per la vita di tutti e ancor più per chi e povero, e povero in spirito. È una proposta fatta non di parole, ma di opere che salvano, che guariscono, che ridanno la vista, che fanno camminare, che ridanno vita. «Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni». Non le parole, ma i fatti fanno crescere il Regno. È questo fare che ti rende oggi vero discepolo. È questo fare che oggi rende visibile e vicino il regno di Dio. Un Regno vicino, non solo nel senso temporale dell essere ora qui; ma ancor più nel senso spaziale perché non é altrove, non é nel tempio dei "perfettini", non é nelle nicchie delle nostre devozioni, non e sull altare delle belle parole, ma é qui, proprio qui dove vive ogni uomo, dove soffre e gioisce ogni persona. È questo il prodigio, il miracolo che tutti cercano e che il buon discepolo deve saper compiere. «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date»: gratuitamente, un avverbio tutto speciale, scomparso dai vocabolari di chi segue i criteri di questo tempo. L unico interesse che Gesù ci chiede di coltivare é di essere annunciatori, per questo non c e tempo di fare fagotto, non c e voglia di pensare a cosa portare con se. Quando si va in vacanza, ci si organizza con i bagagli, si pianifica il cammino, si calcola il tempo". ma nel viaggio di chi annuncia c é solo una preoccupazione: non perdere occasioni, non sprecare opportunità! E con assoluta gratuita... in qualunque città o villaggio entriate! Ogni fratello, ogni sorella mi stanno a cuore. Il discepolo va anche incontro alla persecuzione, al fallimento, alla derisione, all indifferenza... forte solo di una cosa: io vi mando, dice Gesù indica sicurezza, certezza, ma anche protezione. Io vi mando: fidatevi di chi vi manda, non portatevi troppe provviste, sganciatevi dalle preoccupazioni di come andrà a finire. Io vi mando: una vera e propria garanzia che sarà capace in tutti i tempi di colmare ogni debolezza, di spianare la strada. Una Forza che spinge oltre le proprie capacita, perche si é veri discepoli non peri progetti che si é capaci di attuare, ma solo per la strada che si é percorsa annunciando. «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani»:e un indicazione precisa che limita e orienta i discepoli. Ma più che un limitare, a Gesù sta a cuore attenersi alla volontà del Padre che é quella di salvare dapprima le pecore perdute della casa di Israele. E oggi questa indicazione di Gesù indica sicuramente il prendersi reciprocamente cura della fede di chi condivide già con noi il cammino, ma e pure una forte provocazione perché ci impegna a non contare il numero delle iniziative che facciamo o il numero delle persone che raggiungiamo, ma a fare la volontà di Dio, e non nostra o dei nostri progetti pastorali. Proviamo a chiederci qual è questa volontà di Dio. Verso quale ovile ci chiede di andare? Quali malattie dobbiamo oggi curare e quali morti dobbiamo risuscitare? Quando siamo testimoni della vicinanza del Regno? Eccomi, Gesù perché ho tanto ricevuto e tutto voglio dare. Tutto, perché sino a quando non avrò dato tutto, so di non aver dato nulla... questo e il mio sogno per il Regno! LA GIOIA DEL VANGELO Il piacere spirituale di essere popolo Evangelii Gaudium (n. 268, 269) 268. La Parola di Dio ci invita anche a riconoscere che siamo popolo: «Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio» (1 Pt 2,10). Per essere evangelizzatori autentici occorre anche sviluppare il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente, fino al punto di scoprire che ciò diventa fonte di una gioia superiore. La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo. Quando sostiamo davanti a Gesù crocifisso, riconosciamo tutto il suo amore che ci dà dignità e ci sostiene, però, in quello stesso momento, se non siamo ciechi, incominciamo a percepire che quello sguardo di Gesù si allarga e si rivolge pieno di affetto e di ardore verso tutto il suo popolo. Così riscopriamo che Lui vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato. Ci prende in mezzo al popolo e ci invia al popolo, in modo che la nostra identità non si comprende senza questa appartenenza. 18

21 269. Gesù stesso è il modello di questa scelta evangelizzatrice che ci introduce nel cuore del popolo. Quanto bene ci fa vederlo vicino a tutti! Se parlava con qualcuno, guardava i suoi occhi con una profonda attenzione piena d amore: «Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò» (Mc 10, 21). Lo vediamo aperto all incontro quando si avvicina al cieco lungo la strada (cfr Mc 10,46-52) e quando mangia e beve con i peccatori (cfr Mc 2,16), senza curarsi che lo trattino da mangione e beone (cfr Mt 11,19). Lo vediamo disponibile quando lascia che una prostituta unga i suoi piedi (cfr Lc 7,36-50) o quando riceve di notte Nicodemo (cfr Gv 3,1-15). Il donarsi di Gesù sulla croce non è altro che il culmine di questo stile che ha contrassegnato tutta la sua esistenza. Affascinati da tale modello, vogliamo inserirci a fondo nella società, condividiamo la vita con tutti, ascoltiamo le loro preoccupazioni, collaboriamo materialmente e spiritualmente nelle loro necessità, ci rallegriamo con coloro che sono nella gioia, piangiamo con quelli che piangono e ci impegniamo nella costruzione di un mondo nuovo, gomito a gomito con gli altri. Ma non come un obbligo, non come un peso che ci esaurisce, ma come una scelta personale che ci riempie di gioia e ci conferisce identità. Essere Chiesa: Tutto il Popolo di Dio annuncia il Vangelo Evangelii Gaudium (n. 111, 113, 114) 111. L evangelizzazione è compito della Chiesa. Ma questo soggetto dell evangelizzazione è ben più di una istituzione organica e gerarchica, poiché anzitutto è un popolo in cammino verso Dio. Si tratta certamente di un mistero che affonda le sue radici nella Trinità, ma che ha la sua concretezza storica in un popolo pellegrino ed evangelizzatore, che trascende sempre ogni pur necessaria espressione istituzionale. Propongo di soffermarci un poco su questo modo d intendere la Chiesa, che trova il suo ultimo fondamento nella libera e gratuita iniziativa di Dio Questa salvezza, che Dio realizza e che la Chiesa gioiosamente annuncia, è per tutti,[82] e Dio ha dato origine a una via per unirsi a ciascuno degli esseri umani di tutti i tempi. Ha scelto di convocarli come popolo e non come esseri isolati.[83] Nessuno si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le sue proprie forze. Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che comporta la vita in una comunità umana. Questo popolo che Dio si è scelto e convocato è la Chiesa. Gesù non dice agli Apostoli di formare un gruppo esclusivo, un gruppo di élite. Gesù dice: «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19). San Paolo afferma che nel popolo di Dio, nella Chiesa «non c è Giudeo né Greco... perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Mi piacerebbe dire a quelli che si sentono lontani da Dio e dalla Chiesa, a quelli che sono timorosi e agli indifferenti: il Signore chiama anche te ad essere parte del suo popolo e lo fa con grande rispetto e amore! 114. Essere Chiesa significa essere Popolo di Dio, in accordo con il grande progetto d amore del Padre. Questo implica essere il fermento di Dio in mezzo all umanità. Vuol dire annunciare e portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo, che spesso si perde, che ha bisogno di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che diano nuovo vigore nel cammino. La Chiesa dev essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo. 19

22 LE ATTIVITÀ FORMATIVE 1 LA BELLEZZA DELLA COMUNIONE I cristiani non vivono come tante fiammelle separate, ma si alimentano a vicenda come un grande fuoco, nel quale trovano la loro fede e la loro identità di credenti. Vale la pena aprirsi agli altri, uscire dalle mura delle nostre sale e scoprire che non siamo soli. Si propone allora di incontrare altre realtà che vivono nelle parrocchie o all'interno del tessuto territoriale diocesano, prima fra tutte la Pastorale Giovanile, ma anche i vari movimenti, per conoscersi e raccontarsi attraverso attività, riflessioni, condivisione o preghiera. Ad esempio, si può pensare un incontro dove vari gruppi di coetanei si raccontano la propria esperienza di fede (alcune domande: cos è per te la fede? quali sono le fatiche del credere? hai mai avuto momenti di crisi? come li hai superati? chi ti ha aiutato?); oppure condividere semplicemente un momento di festa a tema; o ancora strutturare e vivere un momento di preghiera comunitario (ad esempio con un gesto che prevede la luce e il fuoco, oppure seguendo lo schema di una delle celebrazioni allegate). 2 LA CHIESA CHE SOGNO Si propone ai giovani di mettere a nudo le proprie sensazioni e il proprio modo di sentirsi appartenenti alla Chiesa. Ognuno di noi, forse, ha qualcosa che non condivide della Chiesa, qualche scelta, qualche idea, qualche linea guida, qualche prassi. I giovani, in particolare, spesso vivono con pesantezza alcune indicazioni, sentendole a volte forzature. È bene approfondire gli apparenti dissensi che spesso nascono da pregiudizi e mancanza di conoscenza. Il gruppo giovani potrebbe confrontarsi sulla realtà della Chiesa oggi e della propria parrocchia accompagnati da alcune domande: Cosa ti piace della tua parrocchia? Cosa vorresti cambiare? Quali aspetti fai fatica a comprendere e ad accettare? Che parrocchia sogni? Quali sono le proposte che vorresti venissero attuate? Successivamente ci si può interrogare su come si può attuare questo sogno, su come prendersi cura di questa Chiesa, che in fin dei conti è la nostra famiglia, la nostra casa: Cosa posso fare io in concreto per migliorare questa Chiesa? In fondo, voglio bene al mio gruppo, al mio parroco, alla mia comunità? 3 LA CATENA La fede è un atto personale ma non è un atto isolato. Nessuno può credere da solo, così come nessuno può vivere da solo. Infatti nessuno si è dato la fede da se stesso, così come nessuno da se stesso si è dato l esistenza. Il credente ha ricevuto la fede da altri e ad altri la deve trasmettere. Ognuno è come un anello nella grande catena dei credenti: io non posso credere senza essere sorretto dalla fede degli altri e con la mia fede contribuisco a sostenere quella degli altri. Utilizzando come traccia per l incontro la scheda ALLEGATO 5, si propone di far pensare ai giovani una persona che per loro è stata significativa per la trasmissione della fede (i genitori, un fratello maggiore, la nonna, un catechista, il vecchio parroco, ecc.). Successivamente si condividono le esperienze. Alcune domande: Che cosa ti ha colpito di questa persona? Se non l avessi incontrata oggi ti diresti credente? Secondo te, a chi potresti essere ugualmente importante nella trasmissione della fede? Per chi potresti essere un esempio? 20

23 LA PREGHIERA Stai con me, e io inizierò a risplendere come tu risplendi; a risplendere fino ad essere luce per gli altri. La luce, o Gesù, verrà tutta da Te: nulla sarà merito mio. Sarai Tu a risplendere, attraverso di me, sugli altri. Fa' che io Ti lodi così, nel modo che Tu più gradisci, risplendendo sopra tutti coloro che sono intorno a me. Da' luce a loro e da' luce a me; illumina loro insieme a me e attraverso di me. Insegnami a diffondere la Tua lode, la Tua verità, la Tua volontà. Fa' che io ti annunci non con le parole ma con l'esempio, con quella forza attraente, quella influenza solidale che proviene da ciò che faccio, con la mia visibile somiglianza ai tuoi santi, e con la chiara pienezza dell'amore che il mio cuore nutre per Te. J.H. Newman 21

24 22

25 scheda 4 NEL MONDO VENNE LA LUCE Mandati dove: il contesto a cui si è inviati L OBIETTIVO Aprire gli occhi sulla realtà e viverla come sfida, proprio nella sua complessità ed ambiguità. LA PAROLA DEL VANGELO Giovanni 1, In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2 Egli era, in principio, presso Dio: 3 tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. 4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5 la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta. 9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. 10 Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. 11 Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. 12 A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13 i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. 23

26 Commento alla Parola Giovanni colloca il Verbo in Dio, presentandone la preesistenza eterna, l'intimità di vita con il Padre e la sua natura divina. Il termine "Verbo" ha come sottofondo la letteratura sapienziale e il tema biblico della parola di Dio nell'antico Testamento, dove sia la Sapienza che la Parola vengono presentate come "persona" legata a Dio e mandata da Dio nel mondo per orientarlo verso la vita. Il Verbo è forza che crea, rivelazione che illumina, persona che comunica la vita di Dio. Dopo i primi due versetti introduttivi, Giovanni ci presenta il ruolo del Verbo nella creazione dell'universo e nella storia della salvezza: "Tutto accadde per mezzo di lui e senza di lui non accadde nulla (v.3). Il Verbo spinge tutte le cose all'essere e alla salvezza in quanto esse partecipano alla comunione di vita con lui. Tutta la storia appartiene a lui. Tutte le cose sono opera del Figlio di Dio, di Gesù di Nazaret. Ogni uomo è fatto per la luce ed è chiamato ad essere illuminato dal Verbo con la luce eterna di Dio, che è la vita stessa del Padre donata al Figlio. La luce di Cristo splende su ogni uomo che viene nel mondo e le tenebre lottano per eliminarla. Tuttavia l'ambiente del male, che si oppone alla luce di Dio e alla parola di Gesù-Verbo, non riesce ad avere il sopravvento e a vincere. Gesù è la luce autentica e perfetta che appaga le aspirazioni umane; la sola che dà senso a tutte le altre luci che appaiono nella scena del mondo. Questa luce divina illumina ogni uomo che nasce in questo mondo. E' la luce che si offre nell'intimo di ogni essere come presenza, stimolo e salvezza. Gesù-Verbo, presente tra gli uomini con la sua venuta, è vicino ad ogni uomo. Benché fosse già nel mondo come creatore e come centro della storia, "il mondo non lo riconobbe" (v.10), cioè gli uomini non hanno creduto nel Verbo incarnato e nella sua missione di salvatore. Al rifiuto del mondo, Giovanni ne aggiunge un altro ancora più grave: "E' venuto tra la sua gente e i suoi non l'hanno accolto" (v.11). In altri termini: la Parola del Signore è venuta nel popolo ebraico, ma Israele l'ha respinta. E' presente qui il lungo cammino dell'umanità che, nonostante il progetto di amore e di vita voluto da Dio, ha perso col peccato l'orientamento di tutto il suo essere e non ha riconosciuto il piano amoroso e salvifico di Dio. Se il comportamento dell'umanità, e in particolare quello d'israele, è stato di netto rifiuto di Gesù- Verbo, tuttavia, un gruppo di persone, un "resto di Israele", l'ha accolto e ha dato una risposta positiva al suo messaggio, stabilendo un nuovo rapporto con Dio: "A quanti l'hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio" (v.12). Solo coloro che accolgono il Verbo e credono nella sua persona divina diventano figli di Dio, perché sono nati da Dio e non da elementi umani. Questo dono della figliolanza divina si accoglie credendo nel Cristo e approfondendo la nostra vita di fede in lui. Accogliere il Verbo significa "credere nel nome" di Gesù, ossia aderire pienamente alla sua persona, impegnare la propria vita al suo servizio. Il versetto 14 è come la sintesi di tutto l'inno: si afferma solennemente l'incarnazione del Figlio di Dio. Il vangelo afferma che "il Verbo divenne carne", cioè che la Parola si è fatta uomo, nella sua fragilità e impotenza come ogni creatura, nascendo da una donna, Maria. E' questo l'annuncio da credere per essere salvati: "Ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio" (1Gv 4,2-3). L'espressione "e pose la sua tenda in mezzo a noi" sottolinea lo scopo dell'incarnazione: Dio dimora con il suo popolo stabilmente e per sempre (cfr Ap 7,15). La sua presenza è nella vita stessa dell'uomo e nella carne visibile di Gesù (cfr Gv 2,19-22). I discepoli hanno contemplato nella fede il mistero di Gesù-Verbo, cioè la gloria che egli possiede come Unigenito venuto da presso il Padre (v. 14). Gesù è la rivelazione di Dio, ma in un modo nascosto e umile. Nel vangelo di Giovanni la gloria del Signore è qualcosa di interiore che solo l'uomo di fede può comprendere. La "gloria" di Cristo è la verità del suo mistero: la rivelazione nell'uomo-gesù del Figlio di Dio venuto da presso il Padre. La "grazia della verità" (v.14) nel linguaggio biblico è il dono della rivelazione che Dio ha offerto all'uomo. La verità, in Giovanni, indica la rivelazione piena e perfetta della vita divina. Il Verbo incarnato è "pieno della verità", ossia è tutto quanto rivelazione. Gesù è "la verità" (Gv 14,6) ossia la rivelazione definitiva e totale. E questa verità è la "grazia" del Padre, il dono supremo che ci ha fatto il Padre. Tutta la vita di Gesù è manifestazione di Dio, ma per l'evangelista il momento centrale in cui si manifesta la gloria di Dio un tutta la sua potenza è la croce: l'innalzamento di Gesù è la sua glorificazione. Può 24

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