REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D APPELLO DI BOLOGNA SECONDA SEZIONE PENALE Composta dai Magistrati: 1 - Dott.
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1 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D APPELLO DI BOLOGNA SECONDA SEZIONE PENALE Composta dai Magistrati: 1 - Dott. Salvatore Guarino - Presidente 2 - Dott. Stefano Valenti - Consigliere 3 - Dott. Antonio Esti - Consigliere Udita la relazione della causa fatta alla udienza odierna dal Consigliere Relatore Dott. Stefano Valenti; Inteso l appellante Inteso il Procuratore Generale ed i difensori, ha pronunciato la seguente: SENTENZA In Camera di Consiglio nella causa penale contro: 1 - Ri. Pi. - nato a Sa. il (...) con domicilio dichiarato: Ge., Piazza Sa. Gi., 32/10 B, libero assente Imputato (modifiche al capo di imputazione effettuate dal P.M. all udienza preliminare del 31/10/2000) (An. Ca. Ti. posizione stralciata) - Ri. Pi.: a) art. 216 comma 1 n. 1 L.F., 110 c.p. poiché, in concorso tra loro, il Ri. Pi. in veste di amministratore di diritto della fallita Gi. S.r.l. ed il An. Ca. Ti. in qualità di amministratore di fatto, distrevano fraudolentemente a loro profitto ed in danno dei creditori almeno la somma di risultante da prelevamenti di somme in contanti senza giustificazione dal 01/08 al 31/12/1995, nonché merce varia costituita in particolare dalla forniture effettuate alla Gi. S.r.l. da Fa. Am. Sp. e Fa. S.r.l. nel settembre 1995 per un valore di circa 40 milioni di lire. b) art. 223, 216 comma 1 n. 2 L.F., per aver nelle rispettive qualità indicate al capo a) omesso di tenere o avere comunque tenuto i libri e le altre scritture contabili in guisa da rendere
2 impossibile la ricostruzione del movimento degli affari della Gi. S.r.l. per procurarsi un ingiusto profitto in pregiudizio ai creditori. c) art. 220 L.F. perché entrambi, nella qualità ut supra, violavano l obbligo di residenza sancito dall art. 49 della citata legge rendendoli irreperibili agli organi della procedura fallimentare. Commessi in Pa. il 27/5/1996. Conclusioni delle parti. Il Procuratore Generale ha così concluso: Confermarsi la sentenza impugnata. Il difensore dell imputato ha così concluso: Insiste per l accoglimento dei motivi ai quali si riporta. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Il Giudice dell udienza preliminare del Tribunale di Parma, giudicando nel giudizio abbreviato a carico di Ri. Pi., imputato di bancarotta impropria per distrazione e documentale nonché di violazione dell obbligo di residenza imposto dall articolo 49 L.F., come meglio specificato in epigrafe, con sentenza n. 87/2001 in data 03/04/2001 ha dichiarato la penale responsabilità dell imputato (in concorso con l amministratore di fatto An. Ca. Ti.) in ordine a tutte le imputazioni ascritte, condannandolo, con la riduzione del rito, alla pena di anni uno, mesi quattro e giorni dieci di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulla aggravante dei più fatti di bancarotta (art. 219 L.F.) e ritenuta la continuazione con il reato p. e p. dall articolo 220 L.F. rubricato al capo C), per il quale ha in concreto determinato l aumento di pena in giorni 15 di reclusione, ridotta a giorno 10 per la scelta del rito abbreviato; nonché applicandogli le pene accessorie come per legge. 2. Avverso tale decisione è stato proposto appello dal difensore dell imputato. L appello si articola in due motivi: 2.1. con il primo, omesso ogni rilievo e/o contestazione sulla sussistenza dei fatti e delle condotte di bancarotta, si contesta la riferibilità di tali condotte alla persona dell imputato Ri. Pi., sulla scorta del rilievo che egli si limitò ad assumere nella società fallita Gi. S.r.l. la veste di amministratore unico nell ambito di un quadro di mera apparenza formale e come mero prestanome, del tutto privo di poteri effettivi e pertanto del tutto estraneo alle condotte di amministrazione, tutte riferibili in via esclusiva al coimputato An. Ca. Ti. (giudicato separatamente con il rito della applicazione della pena su richiesta); 2.2. con il secondo motivo, dedotta la mera leggerezza del comportamento del Ri. Pi., si chiede la qualificazione dei fatti come bancarotta semplice.
3 3. All esito della discussione in camera di consiglio e pronunciando sulle conclusioni delle parti che sono trascritte in epigrafe, la Corte ha deliberato la presente sentenza con la quale conferma la sentenza impugnata nel capo relativo alle imputazioni di bancarotta fraudolenta e dichiara d ufficio la estinzione del reato di cui al capo C) per intervenuta prescrizione, con eliminazione della pena irrogata a quel titolo; per i seguenti MOTIVI IN FATTO E DIRITTO 4. Preliminarmente, attesa la natura solo parzialmente devolutiva dell appello, si osserva che costituisce oggetto del presente giudizio di gravame il solo punto della attribuibilità soggettiva all imputato - per dolo o colpa - della condotte di bancarotta contestate e ritenute dal primo Giudice sussistenti e concretamente punibili sulla scorta di ampia ed accurata motivazione, che la Corte ritiene possibile fare propria in toto. 5. Esaminando subito il secondo motivo di appello, per dedicare poi la più ampia attenzione al primo, sul quale si concentra la più approfondita argomentazione della difesa, si osserva che le condotte, come accertate dal primo Giudice, integrano pacificamente distrazioni e manomissioni della contabilità idonee ad integrare le sole ipotesi di bancarotta fraudolenta e in nessun modo possono ad esse attagliarsi le previsioni astratte dell articolo 217 L.F.. 6. Il primo motivo prende le mosse da un dato che emerge in modo evidente dagli atti del processo e che il primo Giudice ha correttamente ritenuto pienamente provato: amministratore di fatto della fallita società Gi. S.r.l. fu, nel periodo di sua operatività in cui si collocano temporalmente le condotte distrattive e di manomissione della contabilità per cui è causa, tale An. Ca. Ti. (il quale, come già detto, ha definito il procedimento a suo carico con il rito della applicazione della pena su richiesta); nello stesso periodo, precisamente dal 31/8/1995, Ri. Pi. aveva assunto la qualità di amministratore unico, divenendo poi, dal 26/10/1995, anche unico titolare del capitale sociale Secondo la prospettazione difensiva, alla formale assunzione di responsabilità amministrativa da parte del Ri. Pi. non sarebbe corrisposto alcun effettivo esercizio di poteri e pertanto nessuna delle condotte penalmente rilevanti tenute dal An. Ca. Ti. sarebbe attribuibile a colui che si limitò a svolgere una funzione e ruolo di mero prestanome, senza che - peraltro - potesse avere consapevolezza delle condotte del coimputato. 7. Ad avviso della Corte tale deduzione è priva di fondamento sia in diritto che in fatto In diritto, si deve rilevare che la giurisprudenza ormai assolutamente consolidata della Cassazione (1) sulla tematica dell amministratore prestanome (o testa di legno o uomo di paglia, che dir si voglia) è nel senso di non escludere la responsabilità di questi per il solo fatto di non avere concretamente svolto le finzioni proprie dell amministratore, e ciò sulla scorta del rilievo che con la semplice accettazione della carica egli assume - a norma dell articolo 2392 del c.c. - un dovere specifico, inderogabile e non delegabile di vigilanza e controllo sulla organizzazione e gestione della attività di impresa, la cui violazione, in quanto costituisce condizione dell evento lesivo della integrità patrimoniale della società e della conoscibilità ex post della sua operatività commerciale, comporta sul piano oggettivo la sua responsabilità, in
4 applicazione del principio generale sancito dall articolo 40 comma 2 c.p. in merito al nesso causale nei reati omissivi Il summenzionato criterio di imputazione all amministratore di diritto delle condotte di bancarotta tenute dall amministratore di fatto opera sul solo piano oggettivo dell accertamento del contributo causale e pertanto non esclude il successivo doveroso accertamento in ordine all elemento soggettivo del reato. Anche sotto tale profilo, tuttavia, la giurisprudenza menzionata in nota ha da tempo preso posizione univoca nel ritenere che a tale fine è sufficiente l accertamento della generica consapevolezza che l amministratore di fatto ponga in essere condotte integranti il reato di bancarotta... senza necessità che detta consapevolezza investa i singoli episodi di rilievo penale, fermo restando solo che essa non può presumersi per il solo fatto che l imputato abbia accettato la carica. La stessa giurisprudenza anche chiarito che l elemento soggettivo dell amministratore prestanome può configurarsi anche nella forma del dolo eventuale, inteso come accettazione del rischio che le condotte di rilevanza penale si verifichino In fatto: Valutando l elemento oggettivo della fattispecie, si osserva: La omissione di controllo da parte del Ri. Pi. è pacifica, essendo pienamente provato - e dedotto dalla stessa difesa appellante - che egli lasciò al coimputato An. Ca. Ti. il più ampio margine di manovra operativa, e ciò fin dal momento della sua investitura formale e nella fase iniziale della operatività, in cui per consentire a An. Ca. Ti. di operare liberamente gli aveva fatto ottenere libretti di assegni prefirmati (rinvenuti nel domicilio del coimputato in sede di verifica della Guardia di Finanza), e poi nella fase successiva in cui gli rilasciò una ampia delega formale. Tali condotte, non solo meramente omissive ma addirittura positive, costituiscono sicuro antecedente causale delle condotte penalmente rilevanti contestate ai capi A) e B) tenute materialmente da An. Ca. Ti Valutando l elemento soggettivo della fattispecie, si osserva: La evidente anomalia del momento genetico della investitura nelle funzioni di amministratore di un soggetto che non dovrà intromettersi nelle manovre di un dominus occulto, costituisce di per sé elemento oggettivo di prova che il preposto abbia accettato il rischio - alto fino a sfiorare la certezza - che condotte illecite di bancarotta vengano poste in essere dal preponente (amministratore di fatto) il quale, con la stessa interposizione fittizia del prestanome evidenzia ab origine la intenzione di agire in modo contrario alla legge ed ai principi di corretta amministrazione delle imprese in genere e delle società di capitali in specie. Inoltre, la peculiarità della fattispecie concreta, connotata dalla prova certa che il Ri. Pi., oltre a rendersi disponibile ad assumere la qualità di amministratore unico della società Gi. S.r.l. per l evidente scopo di favorire An. Ca. Ti., prima consegnò al predetto blocchetti di assegni firmati e poi conferì allo stesso una ampia delega scritta ad operare in rappresentanza della società,
5 costituisce ulteriore elemento valutabile come prova dell elemento soggettivo del reato (peraltro già ampiamente motivata dal primo Giudice con rilievi che vengono condivisi e fatti propri dalla Corte), atteso che le ricordate condotte - riferibili direttamente alla volontà consapevole del Ri. Pi. - rappresentano in modo sufficientemente chiaro come lo stesso versasse nello stato soggettivo di piena consapevolezza che An. Ca. Ti. doveva operare in modo clandestino o quantomeno indiretto nell evidente prospettiva di gestire in modo irregolare e delittuoso la impresa societaria. Infine, non può trascurarsi che il Ri. Pi., benché non risulti aver mai operato nell impresa con le prerogative e funzioni proprie dell amministratore, non fu tuttavia del tutto estraneo alla esistenza ed operatività della impresa stessa se è vero, come affermato dalle dipendenti, che fu da esse visto in occasione di qualche visita in sede: tale condotta evidenzia (al pari della consegna degli assegni prefirmati e del rilascio della delega) una continuità di rapporto con An. Ca. Ti., incompatibile con la negatoria di uno stato soggettivo di attenzione anche vaga sul suo operato; essa inoltre dimostra come il Ri. Pi. si fosse trovato nella condizione di effettuare controlli e/o quantomeno di constatare come l attività commerciale fosse gestita (illegalmente) da An. Ca. Ti Per questi convergenti motivi, ed applicando i criteri ermeneutici indicati dalla Cassazione sull accertamento del nesso causale e dell elemento soggettivo, considerando che la omissione dell adempimento del dovere di impedire condotte di bancarotta da parte dell amministratore di fatto fu condizione determinante dell evento lesivo imputato, e considerando che il quadro fattuale noto e conoscibile consentiva al Ri. Pi. di avere una rappresentazione generale della operatività in senso illegale data da An. Ca. Ti. alla società, la Corte ritiene sia provata la responsabilità dell imputato in ordine alle condotte di bancarotta, sotto il duplice profilo oggettivo e soggettivo Il reato di cui al capo c), commesso nel maggio 1996, è estinto per intervenuta prescrizione, atteso che l articolo 220 L.F. lo sanziona edittalmente con la pena massima di 18 mesi di reclusione e si deve pertanto applicare la previsione del n. 4 dell articolo 157 c.p.; e ciò senza che alcun effetto possa avere la disciplina speciale prevista per il reato continuato dall articolo 158 c.p., atteso che tale norma incide solo sul momento iniziale del decorso del termine e non anche sull ampiezza del termine stesso, che rimane quello proprio di ciascuno dei reati unificati in continuazione (2) Conseguentemente, la pena deve essere rideterminata con eliminazione dell aumento (giorni 10 di reclusione) applicato per la continuazione in relazione al suddetto reato. P.Q.M. Visti gli artt. 157 c.p. e 605 c.p.p. in parziale riforma della sentenza del G.U.P. del Tribunale di Parma in data 03/04/2001, appellata da Ri. Pi., dichiara n.d.p. nei confronti dello stesso in ordine al reato contestatogli al capo c), perché estinto per intervenuta prescrizione;
6 determina conseguentemente la pena in anni uno e mesi quattro di reclusione. Conferma nel resto (1) Sez. V, sent in data 25/03/ /05/1997; Sez. V, Sent in data 24/06/ /09/1999; Sez. V, Sent in data 27/04/ /05/2000; (2) ex plurimis, Cassazione penale, sez. V, 03/03/2000, n. 5097: la decorrenza del termine prescrizionale di ciascun reato decorre dalla data di cessazione della continuazione ai sensi dell art. 158 c.p..
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