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1 pubblicato il 19 Dicembre 2014 copyright 2008 Dott. A. Giuffrè Editore S.p.A. Tutti i diritti riservati ATTO GIUDIZIARIO IN MATERIA DI DIRITTO PENALE Traccia n 2 Con sentenza pronunciata dal Tribunale nel 2009, divenuta irrevocabile nel novembre 2012, Tizio viene condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno di reclusione ed euro 600 di multa, per il reato di cui all art. 646 del codice penale per essersi appropriato indebitamente nell anno 2008 di beni mobili (cucina e arredi completi di un bar ristorante, nonché della somma di euro ), appartenenti alla società Alfa, della quale era amministratore unico. Nell aprile 2012 viene dichiarato il fallimento della società Alfa e, per le condotte di distrazione relative ai medesimi beni e alla stessa somma di denaro, Tizio viene denunciato e nuovamente sottoposto a processo, questa volta per il reato di bancarotta fraudolenta di cui all art. 216, comma 1 n. 1 Regio Decreto 16 marzo 1942 legge fallimentare, processo nel quale rimane contumace. Con sentenza in data 09/05/2014, Tizio viene condannato alla pena di anni tre di reclusione. Ricevuta la comunicazione dell avvenuto deposito della sentenza il 03/06/2014, Tizio si reca il giorno dopo in Tribunale, dove acquisisce copia della sentenza. Il giorno 09/06/2014 Tizio si reca da un avvocato, rappresentandogli la situazione e mostrandogli le due sentenze di cui sopra. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga l atto ritenuto più idoneo alla difesa dello stesso. GIURISPRUDENZA Cassazione Penale, sez. V, 09 luglio 2010, n (IN CODICE PERCORSI, pag. 1951, colonna destra) Non sussiste il concorso formale dei reati di bancarotta fraudolenta ed appropriazione indebita (nella specie con riferimento a beni oggetto di locazione finanziaria), quando oltre ad esservi perfetta identità della cosa su cui si sono concentrate le rispettive attività criminose e simultaneità delle attività stesse, unica risulti la destinazione data dal soggetto attivo ai beni da lui appresi indebitamente, in quanto la condotta dell'apprensione di beni di cui il fallito abbia la disponibilità, pur essendo astrattamente riconducibile alle due distinte ipotesi delittuose in questione, ricade sotto la previsione dell'art. 84 c.p., con la conseguenza che il reato meno grave di appropriazione indebita è assorbito da quello di bancarotta fraudolenta. Cassazione Penale, sez. V, 18 novembre 2008, n (IN CODICE PERCORSI, pag. 416, colonna destra) La decisione irrevocabile d'estinzione per prescrizione del delitto d'appropriazione indebita imputato all'amministratore di una società non preclude, dopo l'intervento della dichiarazione

2 di fallimento della società, l'esercizio dell'azione penale nei confronti dello stesso per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione dei medesimi beni. La Corte ha precisato che le due fattispecie sono strutturalmente diverse, integrando, se consumate contestualmente, un reato complesso con assorbimento del delitto d'appropriazione indebita in quello di bancarotta fraudolenta, e, se realizzate in tempi diversi, un reato progressivo, con conseguente applicazione, nel caso di specie, dell'art. 170 c.p.). Cassazione Penale, sez. V, 03 ottobre 2003, n La bancarotta fraudolenta per distrazione in ambito societario (art. 216 comma 1 e 223 comma 1 r.d. 16 marzo 1942 n. 267) è figura di reato complessa, che comprende tra i propri elementi costitutivi una condotta di appropriazione indebita del bene distratto, per se stessa punibile ai sensi dell'art. 646 c.p. Ne consegue che, per il caso di identità del bene appropriato e distratto, l'agente non risponde di entrambi reati, ma solo di quello complesso, come stabilito dall'art. 84 comma 1. Qualora il delitto di appropriazione indebita sia stato oggetto di sentenza di condanna prima della dichiarazione di fallimento, non è preclusa nel successivo procedimento per bancarotta la contestazione del reato fallimentare, ma in tal caso il giudice deve, in sede di eventuale condanna per tale ultimo reato, considerare assorbito quello sanzionato ai sensi dell'art. 646 c.p., secondo un principio di equità che trova espressione anche nello scioglimento del giudicato sulle pene in caso di riconoscimento della continuazione in fase esecutiva. (In applicazione di tale principio la Corte, preso atto che il giudice di merito aveva posto in continuazione il reato fallimentare perseguito con quello di appropriazione indebita già giudicato in altra sede, ha direttamente eliminato la quota di pena pertinente al reato meno grave). Cassazione Penale, sez. V, 24 settembre 2012, n Nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione lo stato di insolvenza che da luogo al fallimento costituisce elemento essenziale del reato, in qualità di evento dello stesso e pertanto deve porsi in rapporto causale con la condotta dell'agente e deve essere, altresì, sorretto dall'elemento soggettivo del dolo. Ibidem. In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, la natura di elemento costitutivo del reato del fallimento comporta, da un lato, che non qualsiasi atto distrattivo può di per sé considerarsi reato, dall'altro, che la punibilità non può essere condizionata ad un evento la cui realizzazione prescinda da una compartecipazione soggettiva dell'agente, o, ancor peggio, da qualsiasi collegamento eziologico tra la condotta ed il verificarsi del dissesto, in contrasto con i principi di cui agli art. 40, 41, 42, 43 c.p.; ne consegue che la situazione di dissesto, che dà luogo al fallimento, deve essere rappresentata e voluta (o quanto meno accettata come rischio concreto della propria azione) dall'imprenditore e deve porsi in rapporto di causalità con la condotta di distrazione patrimoniale. Svolgimento CORTE D'APPELLO DI ATTO DI APPELLO Il sottoscritto Avv. difensore di fiducia, giusta nomina in calce al presente atto, di Tizio, nato a, il, residente in, Via, imputato nel procedimento penale R.G.N.R., dichiara ai sensi degli artt. 571, comma 3 c.p.p., 581

3 c.p.p. e 593 c.p.p., di proporre APPELLO avverso la sentenza n., pronunciata in data 09 maggio 2014, il cui avviso di deposito è stato comunicato a Tizio in data 03 giugno 2014, con la quale l imputato, rimasto contumace, ad esito di dibattimento, è stato condannato dal Tribunale di in composizione collegiale, alla pena di anni tre di reclusione, per il reato di bancarotta fraudolenta di cui all'art. 216, comma 1 n 1 R.D. 16 marzo 1942, per i seguenti MOTIVI - La sentenza impugnata è manifestamente erronea, sotto un primo profilo, laddove ha omesso di valutare la circostanza per cui l odierno imputato, con sentenza n., depositata in data 2009 e divenuta irrevocabile in data novembre 2012, fosse già stato condannato, in via definitiva, alla pena di un anno di reclusione e di 600 euro di multa, per la medesima condotta contestata nel presente procedimento, in quanto ritenuta idonea ad integrare il reato di cui all art. 646 c.p. - Al riguardo, infatti, pare appena il caso di ricordare che, mediante la pronuncia de qua, egli sia stato ritenuto responsabile in ordine alla indebita appropriazione, commessa nell anno 2008, di alcuni beni mobili appartenenti alla società Alfa e, in particolare, di cucine ed altri arredi del bar- ristorante nonché della somma pari ad euro ,00. - Si tratta, evidentemente, della medesima condotta materiale contestata nel capo di imputazione formulato a carico del prevenuto nel presente procedimento, seppure diversamente qualificata sotto il profilo giuridico. - Ebbene, l art. 649 c.p.p., il quale prevede, per quanto qui interessa, che l imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, stabilendo l improcedibilità dell azione penale successivamente esercitata, deve considerarsi applicabile in tutte le ipotesi in cui la materialità dei reati coincida pienamente. - Sul punto, non può dubitarsi del fatto che, in relazione alla condotta consistita nella appropriazione dei beni facenti parte del patrimonio della società Alfa, Tizio sia già stato condannato con sentenza irrevocabile, per il reato di cui all art. 646 c.p.; pertanto, in applicazione del suesposto principio del ne bis in idem, la pronuncia impugnata ben dovrà essere riformata, con conseguente dichiarazione di non doversi procedere, nei confronti dell imputato, per il reato di cui all art. 216 R.D. 267/ Sotto altro profilo, nella denegata ipotesi in cui dovesse ritenersi che le condotte materiali contestate al prevenuto nei due diversi procedimenti siano tra loro differenti o che, comunque, la Corte adita ritenga di dover escludere l applicabilità dell art. 649 c.p.p., la sentenza impugnata deve senza alcun dubbio essere riformata laddove ha erroneamente ritenuto sussistente, in capo all odierno appellante, l elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta. - Al riguardo, pare appena il caso di precisare che quest ultimo, seppure consistente nel solo

4 dolo generico, deve necessariamente concretizzarsi nella coscienza e volontà di porre in essere una condotta distrattiva di beni facenti parte del patrimonio societario, idonea a cagionare lo stato di insolvenza della società e ad arrecare un pregiudizio alle ragioni dei creditori. - Tale evento, pertanto, deve essere concretamente percepito, quanto meno come possibile, dal soggetto agente e da questi voluto, dovendo in difetto, pur in presenza di una condotta distrattiva, ritenersi insussistente l elemento soggettivo del reato. - Sul punto, anche la giurisprudenza di legittimità ha recentemente confermato che nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione lo stato di insolvenza che da luogo al fallimento costituisce elemento essenziale del reato, in qualità di evento dello stesso e pertanto deve porsi in rapporto causale con la condotta dell'agente e deve essere, altresì, sorretto dall'elemento soggettivo del dolo (Cassazione Penale, sez. V, 24 settembre 2012, n ). - Ebbene, nel procedimento in oggetto è del tutto evidente l insussistenza, in capo a Tizio, dell elemento soggettivo del reato o, quanto meno, la palese carenza di prova sul punto; al riguardo, giova rilevare che la condotta appropriativa posta in essere dal prevenuto risalga al lontano 2008, ben quattro anni prima della dichiarazione di fallimento di Alfa, di cui egli era amministratore.. Dalla summenzionata circostanza deve senza alcun dubbio inferirsi la assenza, all epoca dei fatti, di uno stato di insolvenza della società e, conseguentemente, di una specifica volontà dell appellante, volta ad ottenere la diminuzione del patrimonio sociale. - Egli, infatti, seppure avesse, a suo tempo, sottratto i beni in questione, appropriandosene, lo avrebbe fatto unicamente al fine di trarne una utilità propria e non, invece, con l intento di determinare il dissesto della società, all epoca sicuramente neppure ipotizzabile o prevedibile. - Conseguentemente, la sentenza impugnata dovrà essere riformata e l imputato dovrà essere mandato assolto perché il fatto non costituisce reato o, quanto meno, ai sensi dell art. 530, comma 2 c.p. - Da ultimo, in via ulteriormente subordinata, qualora nella condotta posta in essere dal prevenuto dovesse ritenersi integrato, sia sotto il profilo oggettivo che quello soggettivo, il reato di cui all art. 216 R.D. 267/ circostanza che, in ogni caso, si contesta - la pena irrogata dal Giudice di primo grado ben dovrà essere rideterminata, tenuto conto di quella precedentemente inflitta con la sentenza n., già passata in giudicato in data novembre Ciò in quanto, sulla base di quest ultima, è stata riconosciuta la penale responsabilità del prevenuto in ordine al reato di appropriazione indebita, il quale deve ritenersi senza alcun dubbio assorbito nella più grave fattispecie illecita della bancarotta fraudolenta, di cui rappresenta un elemento costitutivo. - Come detto, infatti, si è proceduto alla contestazione di una unica condotta, avente ad oggetto l impossessamento dei medesimi beni mobili; conseguentemente, non può dirsi sussistente una ipotesi di concorso di reati dovendo, invece, ritenersi il primo assorbito nel secondo. Quest ultimo, infatti, costituisce certamente un reato complesso, ai sensi dell art. 84 c.p.,

5 caratterizzato dalla condotta prevista dall art. 646 c.p., unitamente all ulteriore requisito - in questo caso sopravvenuto - della dichiarazione di fallimento della società. - Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che non sussiste il concorso formale dei reati di bancarotta fraudolenta ed appropriazione indebita (nella specie con riferimento a beni oggetto di locazione finanziaria), quando oltre ad esservi perfetta identità della cosa su cui si sono concentrate le rispettive attività criminose e simultaneità delle attività stesse, unica risulti la destinazione data dal soggetto attivo ai beni da lui appresi indebitamente, in quanto la condotta dell'apprensione di beni di cui il fallito abbia la disponibilità, pur essendo astrattamente riconducibile alle due distinte ipotesi delittuose in questione, ricade sotto la previsione dell'art. 84 c.p., con la conseguenza che il reato meno grave di appropriazione indebita è assorbito da quello di bancarotta fraudolenta (Cassazione Penale, sez. V, 09 luglio 2010, n ). - Da quanto sopra esposto discende la necessità di riformare la sentenza impugnata, ai fini della rideterminazione della pena irrogata. - Inoltre, il Tribunale di primo grado, nel comminare la pena, non risulta abbia neppure concesso, in favore del prevenuto, le circostanze attenuanti generiche. Al contrario, in ragione dell ottimo comportamento processuale dell odierno appellante e della evidente irripetibilità dell evento, essendo stato ormai dichiarato il fallimento della Società, ben dovrà la Corte diminuire la pena anche ai sensi dell Art. 62bis c.p. Per tutti questi motivi, il sottoscritto difensore conclude affinché l'ill.ma Corte d'appello di, in riforma della impugnata sentenza, Voglia: - In via principale, dichiarare non doversi procedere nei confronti di Tizio ai sensi dell art. 649 c.p.p. ovvero mandare assolto l'imputato dal reato ascrittogli perché il fatto non costituisce reato o, ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p., perché manca o è insufficiente la prova che il fatto costituisca reato; - In via subordinata, ritenuto il reato di appropriazione indebita di cui alla sentenza n., pronunciata in data 2009, divenuta irrevocabile in data novembre 2012, assorbito nel reato di cui all art. 216 R.D. 267/1942, concesse le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis C.p., rideterminare la pena irrogata, contenendola nel minimo edittale, con tutti i benefici di legge. Si allega: - sentenza n., pronunciata in data 2009, irrevocabile in data novembre 2012., lì Avv. (Firma) NOMINA Il sottoscritto Tizio, nato a, il, residente in, Via, dichiara di nominare quale difensore di fiducia, relativamente al procedimento penale n. R.N.R., l Avv., al quale conferisce tutti i poteri e le facoltà previste dalla Legge ed espressa procura speciale al fine di predisporre, sottoscrivere e depositare il presente atto di appello, avverso la sentenza n., pronunciata dal Tribunale di, in

6 composizione collegiale, in data 09 maggio 2014., lì (Firma) E autentica Avv. (Firma) (di Avv. Alberto Filippini)

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