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1 Alice Miller. 687

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3 Il percorso: dalle prime ricerche alle opere più recenti. Di Alice Miller si può parlare da molti punti di vista. Si può parlarne come di una psicoterapeuta che ha avuto il coraggio di dire pubblicamente che il suo dissenso concettuale dalla psicoanalisi freudiana coerentemente la costringeva a rifiutare l appartenenza ad una corrente di pensiero alla quale l Autrice non riconosceva valore autenticamente psicoterapeutico. Si può parlarne come di una scrittrice che unisce chiarezza e semplicità espositiva a rigorosità di documentazione, con un impianto generale di estrema lucidità. Si può parlare dell appassionatezza che si sente palpitare sotto questa lucidità, nel difendere la causa dei diritti dei bambini contro le violenze fisiche e psichiche a cui sono sottoposti. Si può parlare della rigorosità della sua ricerca di una verità concettuale (la realtà di come sono trattati i bambini) che attraverso i vari libri e nel cammino interno ad ogni libro, capitolo per capitolo, la Miller descrive facendola rivivere al lettore. Si può parlare dell onestà e del coraggio di avere raccontato nei suoi libri aspetti molto personali della sua infanzia e gioventù trascorse in una famiglia della quale non ha abbellito l atmosfera emozionale ed educativa. Si può citare la sua posizione di informatrice attraverso i mezzi di comunicazione, lungo anni ed anni di lotta pressoché solitaria contro resistenze ed ostilità culturali di ogni tipo, che scattavano appena si parlava di maltrattamenti ai bambini. Si può elogiare la sua onestà intellettuale che le ha fatto fare riferimento a procedimenti terapeutici proposti da altri Autori, senza approfittare della propria notorietà mondiale per presentare un analogo metodo terapeutico suo personale. Oppure si può (adottando di volta in volta aspetti di ognuno di questi punti di vista) seguire lo sviluppo del pensiero di Alice Miller attraverso l analisi dei suoi libri, in ordine cronologico di pubblicazione, come si fa con gli autori classici. E la Miller è sicuramente ormai già un classico. Ma: Un classico è qualcosa che ciascuno vuole avere letto, ma nessuno ha voglia di leggere. Mark Twain - Scrittore/saggista americano ( ). Citazione ricavata da fonte autorevole: una borsa di plastica per acquisti di WHSmith. ( Perciò QUATTRO, temendo che i lettori non studino a fondo le opere di Alice Miller, ne farà una dettagliata relazione, in ordine cronologico. La ragione vera e profonda è un altra, ed è tutt altro che scherzosa. L esposizione del pensiero della Miller è sostanzialmente l ultimo strumento preparatorio alla fase delle sedute di auto-aiuto che QUATTRO può mettere a disposizione dei lettori del sito. Poi il soggetto, nell applicazione personale della metodologia, dovrà fare conto soltanto sulle sue forze. Per esperienza professionale QUATTRO ritiene molto positivo il fatto che un soggetto comprenda ciò che è accaduto attorno a lui nel suo passato, si renda conto di quale posizione 689

4 i personaggi della sua infanzia hanno realmente tenuto verso di lui. Allora egli riuscirà più facilmente a decifrare il meccanismo con cui la sua personalità si è strutturata, afferrerà il senso dinamico di certi suoi tratti sfavorevoli di carattere, di certe abitudini negative, di talune necessità e difficoltà. E potrà aprirsi la strada verso la liberazione da questi limiti indesiderabili, perché sarà in grado di vivere pienamente le antiche emozioni di sofferenza rimosse che di tali tratti disturbati sono la causa nascosta ma sempre attiva. Ora, a parere di QUATTRO, il pensiero di Alice Miller (soprattutto all inizio della sua ricerca) è estremamente ricco di simili spunti di comprensione teorica, generale, i quali possono aiutare grandemente il lettore a farsi un idea abbastanza precisa di come egli sia stato influenzato nel suo inconscio ad opera dell atteggiamento dei genitori. Per questa ragione verrà presentata una ricca esposizione delle riflessioni dell Autrice. Sapere è potere, dice il proverbio. Ma potere essere liberi è vita, afferma QUATTRO Alice Miller pubblica un saggio (rivolto non al pubblico generale, ma agli addetti al lavoro psicoterapeutico): Contributo alla tecnica terapeutica delle cosiddette nevrosi narcisistiche, (Traduzione italiana in: Psicoterapia e Scienze Umane, n 4, pagg. 1-12). È un articolo di taglio tecnico, rivolto a specialisti. Nessun lettore medio del sito potrebbe ricavarne facilmente spunti concretamente utili alla propria ricerca interiore personale. Nè potrebbe sospettare che l Autrice sarebbe divenuta la scrittrice conosciuta ed amata in tutto il mondo per le sue acute, lucide e chiarissime esposizioni di riflessioni di tutta una vita in difesa dei bambini Alice Miller incomincia a dipingere piccoli quadri, seguendo un ispirazione spontanea non irrigidita da preconcetti di tecnica pittorica classica. Più avanti si comprenderà l importanza di questa abitudine Dopo anni di apparente silenzio editoriale, pubblica il libro Il dramma del Bambino dotato. Nei tre saggi che lo compongono, la Miller studia i motivi per cui un individuo (un bambino) non riesce a lasciare crescere il suo vero Sé, ma è costretto a sviluppare un falso Sé. Il discorso si snoda semplice, piano, chiaro, quasi sereno, muovendosi come nel mondo delle idee astratte nonostante che l Autrice parli delle sofferenze che segnano per sempre l animo di un bambino. Per chi conosce anche gli altri testi della Miller ( Il bambino inascoltato. Realtà infantile e dogma psicoanalitico, e soprattutto La persecuzione del bambino. Le radici della violenza ) è netta l impressione che nei libri successivi, da questa composta serenità si sia precipitati in un inferno rovente di sofferenza e di dolore. L approfondirsi della ricerca dell Autrice ci fornirà una spiegazione convincente di questo fatto. E poniamoci anche una domanda: Come mai soltanto dopo avere abbandonato questa visione apparentemente serena, e dopo avere esplorato nella sua ricerca abissi di dolore di bambini spezzati da durezze educative e da vere e proprie violenze dei genitori, la Miller ha incominciato a raccontare aspetti della propria infanzia e dell atmosfera vissuta nella famiglia di origine? Lasciamo che sia l Autrice stessa a spiegarci come è avvenuto, nel suo libro Bilder einer kindheit, (Immagini di un infanzia), (1985), e poi L Infanzia Rimossa. Dal bambino maltrattato all adulto distruttivo nel silenzio della società, (1988). Lasciamo che siano le sue parole a farci comprendere come siano dovuti passare 10 anni dalla sua prima pubblicazione, perché questi ricordi e questi sentimenti dell infanzia potessero riemergere alla coscienza. 690

5 IL DRAMMA DEL BAMBINO DOTATO. Il primo studio si occupa dell importanza di demolire il mito pedagogico del bambino educato, obbediente e tranquillo. Lo scopo è far vedere l importanza di lasciare emergere il vero Sé che, sia pure allo stadio primordiale, esiste al fondo di ogni bambino: un bambino che è anche capriccioso, prepotente, asociale, avido, irrispettoso, pigro, disubbidiente. Un bambino semplicemente normale, in una parola, perché non è stato ancora spezzato e non ha ancora imparato a dare agli altri, a rinunciare, a condividere, a sacrificarsi per gli altri. Il discorso della Miller prende lo spunto da sedute di psicoanalisi. E questo non può di per sé essere utilmente applicabile direttamente al lavoro individuale del lettore del sito. Può invece essere interessante anche per il lettore del sito la trama di concetti e di situazioni causali che viene sviluppata dall Autrice. Seguendo con attenzione gli spunti il lettore può porsi alcune domande su se stesso: È forse una persona scrupolosa, che si impegna sempre estremamente a fondo in ogni cosa che fa? È sempre disponibile ad occuparsi degli altri? È severo e pieno di pretese con sé? È impietoso verso i bisogni della propria natura umana? Sempre sereno, senza mai pretese né dubbi o incertezze, senza mai pianti? Nonostante tutte queste caratteristiche così positive, ha però spesso stati di depressione, un senso di vuoto interiore, una condizione come di estraneità a se stesso, e l impressione di inutilità della propria esistenza? Attenzione: sono i segni della perdita del Sé, della auto alienazione. Gli è stato raccontato in famiglia: Che da bambino piccolo era sempre buono e quieto, e non ha mai creato nessun problema tanto era ubbidiente? Che ha smesso di bagnare il letto prima di avere compiuto un anno di età? Che a 3-4 anni era già così saggio e ometto da potergli affidare fratellini più piccoli? Che non era geloso dei fratellini e sorelline nati dopo di lui? Nella sua infanzia ha potuto liberamente, senza provocare reazioni di abbandono emotivo o rifiuto da parte della madre (o del padre) vivere pienamente nel suo comportamento sociale (e quindi coscientemente) sentimenti di ira, ribellione, gelosia, protesta, capricciosità, paura? Ha potuto fare baccano rompere oggetti, rotolarsi per terra, saltare sul divano, fare capricci ed avere impuntature infantili senza essere sgridato, incolpato di essere testardo, di volere fare morire di dolore i genitori, o di essere un piccolo mostro ingrato? Ha potuto esprimere liberamente anche queste parti del suo completo Sé? Non gli è mai capitato di avere per un attimo la mente attraversata dal lampo di domande ai genitori (domande mai formulate a parole): Sono forse stato amato solo perché ero tranquillo, ubbidiente, immobile, e non davo fastidio né creavo problemi? Mi avreste amato se fossi stato un bambino cattivo, disubbidiente, rabbioso, geloso, pigro, sporco? Ma io avevo l impulso ad essere anche così, tante e tante volte. Avete dunque amato non me, ma ciò che io mi sforzavo di essere per farvi contenti? Allora non avete amato me. Avete amato la mia ragionevolezza, ubbidienza, disciplina, altruismo, tranquillità, responsabilità di piccolo adulto. Mi avete ingannato. E mi avete derubato della mia vera infanzia di semplice bambino piccolo. E i genitori (la madre specialmente) come erano? Forse individui con un tale vuoto di sicurezza personale da avere bisogno - per mantenere il proprio equilibrio narcisistico - che il bambino tenesse rigidamente questi comportamenti saggi/buoni/tranquilli/maturi, che il bambino avesse realmente un simile impossibile e innaturale modo di esistere. 691

6 L INIZIO. I genitori hanno preteso, a livello inconscio, che il bambino rinunciasse ad essere quello che realmente era portato ad essere, e sviluppasse esattamente questo falso Sé che a loro era necessario. A questa condizione hanno concesso al bambino il loro amore (in realtà era il loro investimento narcisistico sul bambino, che essi vivevano non come una realtà centrata su se stessa, ma come una parte di loro due). LE CONSEGUENZE. Il bambino non può quindi crearsi strutture sue proprie (dovendo essere il sostituto di strutture mancanti dei genitori). Non può separarsi dai genitori perché non può abbandonarsi a sentimenti e bisogni propri (non ne ha fatto esperienza). Quando sarà adulto continuerà a dipendere dalla conferma degli altri, del partner ed infine dei suoi stessi figli (ripetendo il circolo patologico). Nel secondo studio le osservazioni della Miller possono permettere al lettore del sito di farsi delle idee più sottilmente precise su aspetti della struttura inconscia dei genitori i quali hanno tenuto verso il figlio gli atteggiamenti patologici descritti. Ma attendiamo ancora un momento prima di parlarne, giusto il tempo per vedere quale è la situazione ideale, cioè quella normalità della quale dovrebbe godere ogni neonato. (La Miller ne dà una chiara sintesi, che fa riferimento anche a fondamentali concetti di due grandi della psicoterapia infantile, Donald Winnicott e Margaret Mahler). Per crescere in modo normale, dalla nascita per le prime settimane e nei primi mesi di vita, un bambino deve poter disporre di alcune condizioni: 1. La madre deve essere completamente disponibile nei confronti del neonato/bambino, deve rendersi utilizzabile del figlio in funzione del legittimo bisogno narcisistico normale per il bambino, di essere osservato, capito, preso sul serio e rispettato dalla madre. 2. Il figlio deve poter usare la madre, adoperarla, rispecchiarsi in lei. L immagine classica è: la madre guarda il piccolo che tiene in braccio, il piccolo guarda al volto della madre e vi si ritrova riflesso. Questo però se la madre guarda veramente il suo piccolo per quello che è, indifeso ma unico al mondo. Tuttavia, se la madre fissa il bambino ma lo vede come un essere che dovrà realizzare le aspettative e i progetti materni, o accettare di ricevere le proiezioni delle paure o divieti o altre realtà inconsce che la madre ha introiettato nella propria infanzia, allora il bambino sul volto della madre non troverà se stesso, ma le esigenze della madre. Lo specchio del volto della madre resterà opaco; e per tutta la vita il bambino cercherà di vedere se stesso guardando nel volto di un altro essere umano, ma inutilmente. Peggio ancora: la madre investe narcisisticamente il bambino (cioè non lo vede come un essere a sé stante, bensì come una parte della madre stessa, una dépendence esterna incaricata di realizzare i bisogni interni della madre). Ma il bambino non si comporta come la madre si aspetta, come le è necessario per potere non guardare dentro i propri problemi irrisolti. Allora la madre si sente enormemente delusa del figlio, oppure terribilmente offesa contro di lui. 3. Se il bambino fin dalla nascita sarà stato accettato esattamente per quello che è, e soddisfatto in tutti i suoi bisogni, crescerà con un sano sentimento di sé; cioè con la istintiva, automatica, naturale sicurezza incrollabile che i sentimenti ed i desideri che prova appartengono al suo Sé, non al Sé di altri. Si renderà conto e saprà esprimere sia ciò che vuole sia ciò che non vuole. Ed in questo caso senza chiedersi nemmeno se il suo no lo potrebbe fare respingere o non amare dall altro. 4. La madre, sicura di sé e tranquilla, avrà permesso al bambino di: a. Esprimere moti aggressivi, integrandoli poi nel suo comportamento sociale con tranquillità. b. Sviluppare tentativi di autonomia senza sentirli come attacchi alla sicurezza materna. c. Potere liberamente provare e soprattutto manifestare senza timore o senso di colpa impulsi che molti definirebbero negativi, come ostinazione, gelosia, rabbia. d. Non sentirsi obbligato a diventare buono od eccezionale per soddisfare aspirazioni nascoste dei genitori o per piacere ad essi. e. Non avere difficoltà a sperimentare sentimenti ambivalenti (amore e odio, insieme o in immediata successione, verso la stessa persona) e quindi imparare a sentire: 692

7 Che una realtà è la rappresentazione mentale di Sé, ed un altra realtà è la rappresentazione mentale dell oggetto d amore (la madre). E che questa differenziazione non fa sentire smarriti. Che sia il suo Sé, sia l oggetto d amore (la madre) sono un po buoni un po cattivi insieme. Quindi non è necessario vedere sé o l oggetto d amore a momenti alterni ora tutto buono ora tutto angosciosamente distruttivo e cattivo. f. Integrare tutti questi bisogni narcisistici nello sviluppo del suo Sé, cioè non doverli rimuovere o mantenere scissi dal Sé. Non avere difficoltà a provare forme di relazione sempre più evolute verso altri esseri umani sentiti come oggetti d amore distinti da lui, dato che lui stesso è stato amato dai suoi genitori come un essere separato da loro. E SE LE COSE VANNO MALE AL BAMBINO? Non si può allora dire che il destino sia benevolo con lui, almeno alla sua nascita o nell infanzia. Infatti lo fa nascere da una madre: non solo incapace di soddisfare senza condizioni i naturali bisogni narcisistici che il bambino ha, sia di ricevere dolcezza, sia di esprimere rabbia ed ostinazione, ma per di più ella stessa con carenze narcisistiche. A livello del tutto inconscio e magari contro la sua stessa buona volontà, la madre investirà narcisisticamente il suo bambino, investirà aspettative nel suo bambino. Ed ogni investimento, è ovvio, deve rendere a colui che lo fa. La madre non può permettersi di lasciare al bambino uno spazio dove egli possa vivere i suoi propri sentimenti e le sue proprie emozioni. Sotto la spinta dei suoi bisogni inconsci specifici, la madre fornisce al bambino uno schema di riferimento speculare, al quale il Sé primitivo del bambino si adatta automaticamente (come dice Margaret Mahler). È come se - tra le infinite potenzialità di sviluppo del bambino - la madre desse corpo ed attivasse proprio quelle che creeranno per lei il figlio del quale ha necessità per realizzare i propri bisogni inconsci irrealizzati da lei stessa, il figlio su misura che riflette esattamente i bisogni individuali della madre, e soprattutto che soddisfa tali bisogni. Che cosa può fare contro questa richiesta inconscia il bambino? Assolutamente nulla. Inevitabilmente svilupperà le caratteristiche di cui la madre ha bisogno. Per esempio. Madre insicura, senza fiducia in se stessa, bisognosa di appoggio = bambino che sviluppa la sensibilità di un radar, sia come percezione dei bisogni dell altro, sia come impulso emotivo a soddisfarli. Il prezzo, certo, c è per il bambino: un grave disturbo nello sviluppo del primitivo sentimento del Sé. D altra parte, il neonato deve anzitutto sopravvivere. E per il momento la sua vita è salva perché la rinuncia (attuale e molto probabilmente duratura) ad essere se stesso, gli ha conservato l amore della madre (o del padre). Certo i naturali bisogni narcisistici propri dell età che il bambino ha al momento della rinuncia a se stesso, non potranno venire integrati nella personalità del bambino man mano che essa si forma. E resteranno scissi, parzialmente rimossi e conservati nella originaria forma arcaica (quindi difficilmente integrabili nel Sé, in futuro). Ma, come NON diceva l antico motto latino: Primum vivere, deinde existere. Comunque, al bambino oggetto di investimenti narcisistici non è consentito di vivere liberamente il suo mondo affettivo. Però gli è consentito sviluppare indisturbato le sue facoltà intellettuali. Anzi spesso è proprio quello che gli viene richiesto: eccellere nelle prestazioni intellettuali. E questo da un lato è un danno grave, perché dietro la sviluppatissima corazza intellettuale, la ferita narcisistica può farsi più profonda. Ma da un altro lato può essere la salvezza futura del soggetto, se - per mezzo della sua intelligenza ed acutissima sensibilità - egli comprenderà che deve andare a ricollegarsi con le sue antiche emozioni (per quanto arcaiche possano essere) al fine di ritrovare la sua vitalità individuale, ricorrendo all aiuto di strumenti psicologici. E perché questo sito di auto-aiuto - nel suo lungo, meticoloso ed articolato progetto - non dovrebbe essere uno di tali strumenti? 693

8 E SEMPRE NEGATIVO UNO STATO DI DEPRESSIONE? Il lettore del sito che proceda seriamente e rigorosamente nel suo lavoro di auto-aiuto ricercando il suo vero Sé con impegno tenace e coraggioso, deve sapere che momenti di depressione sono - qua e là - da vivere. Ma non deve avere paura: tali momenti possono avere diversi significati positivi: a. La depressione come segnale. In senso generale, la depressione può indicare che un sentimento sta risalendo dal profondo alla superficie della coscienza, ma contemporaneamente viene ancora negato. Non importa di quale sentimento si tratta: rabbia, dolore, angoscia, desideri, fantasie. Si tratta comunque di parti negate del Sé. L importante è che questi sentimenti possano essere espressi e vissuti per quello che sono, senza prendere più la strada della scarica trasformativa nella grandiosità. Esprimere questi sentimenti può allora far sparire di colpo la depressione. Non sono solo i sentimenti belli, buoni a farci essere vivi, a dare profondità alla nostra esistenza e comprensione al nostro intelletto, ricorda la Miller. Spesso sono proprio quelli scomodi, non adattati, che noi stessi vorremmo evitare: confusione, dolore, gelosia, invidia, vergogna, impotenza, rabbia, rivolta, meschinità, cattiveria, avidità. Negare queste parti del proprio Sé, cercare grandiosamente una inumana perfezione, porta all autorinuncia ed alla morte come logica conseguenza della fissazione sul falso Sé. Ed impedisce al soggetto non solo l amore oggettuale, cioè l amore per gli altri (gli oggetti d amore), ma anche l amore per l unico individuo che al soggetto dovrebbe essere in tutto e per tutto familiare: se stesso. Il lettore del sito provi a pensare ai suoi intensi sentimenti di bambino. Se ha dovuto reprimerli, per farlo ha dovuto costruire attorno ad essi una prigione. Più forte il prigioniero, più spesse le mura della prigione, fino ad impedire lo sviluppo del vero Sé del bambino. Sebbene le osservazioni della Miller facciano riferimento alla trasformazione che avviene durante il corso delle sedute psicoanalitiche, QUATTRO ritiene che anche il processo di auto-aiuto innescato dalla tecnica presentata dal sito possa produrre - in ampia misura - lo stesso mutamento interiore. Se sarà tenace e costante nel suo lavoro emozionale, il lettore del sito scoprirà che - col tempo - il suo atteggiamento verso i sentimenti indesiderabili muterà, se egli li avrà lasciati uscire dal suo animo, li avrà espressi. Questo sviluppo nuovo sarà vero soprattutto davanti al dolore. Scoprirà che non sarà più inevitabile seguire il vecchio schema: delusione/frustrazione-repressione del dolore/grandiosità/sublimazione-depressione. Scoprirà che dinanzi alla frustrazione ha ora una nuova possibilità: vivere il dolore. Questo lutto vissuto, questa conquistata capacità di rinunciare all illusione di avere avuto un infanzia felice o di potere averne ancora oggi qualche briciola residua, lo libererà da questa interminabile fatica di fingere con sé e con gli altri. Se riuscirà ad accettare di non essere stato amato per il bambino che era ma per ciò che faceva, le prestazioni che dava, i successi che otteneva, le qualità che metteva in mostra; e se riuscirà ad accettare che per ottenere questo amore (che amore non era) egli ha sacrificato la sua infanzia e se stesso, allora non vedrà più il suo mondo interiore emotivo come estraneo e terribile, non sentirà più il bisogno di tenerlo racchiuso dentro il muro della prigione del falso Sé compiacente, dell illusione. All inizio sarà un po confuso e sgomento. Ma poi gli nascerà dentro il desiderio di smettere di corteggiare questi ingannevoli fornitori di amore illusorio. Scoprirà che non ha più bisogno di conquistarsi l amore, che l ha sempre lasciato a mani vuote ed a bocca asciutta. Un amore che non riguardava il suo vero Sé, ma il falso Sé compiacente, del quale ora ha incominciato a disfarsi. Scoprirà il bisogno di vivere il suo vero Sé. Scoprirà di vivere per la prima volta la sua vita, e che la vita è veramente degna di essere vissuta. b. La depressione quando ci si violenta o ci si sforza (sotto la spinta di comandi introiettati nell inconscio). Qualche volta il soggetto, proprio nel momento in cui sta incominciando ad entrare in contatto con il suo vero Sé ed inizia a sentirsi bene, di colpo si mette a fare qualcos altro che in realtà gli è del tutto indifferente: un lavoro, conoscenze nuove, una nuova iniziativa. Scavalca se stesso, dice la Miller. Sotto la spinta delle pretese dei genitori che ha assorbito dentro di sé, introiettato, si mette finalmente a fare qualcosa di buono, di concreto, mette finalmente la testa a posto e smette di fantasticare, fa ancora un piccolo sforzo e così arriva finalmente alla perfezione. Di colpo ritorna depresso, perché in realtà si è violentato a rinunciare a se stesso, a ciò che veramente voleva e sentiva. 694

9 c. Quando intense cariche affettive stanno per esplodere. In senso generale: la depressione può comparire prima che riescano ad emergere alla coscienza e manifestarsi cariche emotive particolarmente intense (spesso a carattere di rabbia e aggressività). È come se la depressione trattenesse l affetto. Ma una volta che l affetto è stato vissuto, espresso, si aprono nuove modalità di vedere le cose, si stabiliscono nuovi nessi con gli oggetti primari e il soggetto si sente di nuovo vivo. COME POSSONO ESSERE QUESTE MADRI NARCISISTICHE? 1. Possono essere affette da grandiosità. L individuo grandioso: Deve essere ammirato dovunque, da tutti. Deve eccellere in ogni cosa che fa (sempre egli ne è convinto, ma spesso è anche vero perché se non può eccellere non incomincia nemmeno). È spesso invidioso dei successi altrui. È un grande ammiratore di ogni propria qualità: bellezza, intelligenza, abilità, lavoro, successi. I partner esistono esclusivamente per dargli ammirazione, che egli pretende in continuazione (ma questo non basta mai ad appagarlo perché l ammirazione non è amore. E per un figlio questo è certo una tragedia: al bambino è assegnato il ruolo di tenere alto il prestigio della famiglia agli occhi dei vicini, dei conoscenti, di tutto il mondo. Deve esserne il garante grazie alla eccezionalità delle sue prestazioni. Pertanto viene amato solo se produce prestazioni eccezionali. In caso contrario viene punito con un atteggiamento di totale freddezza, con l emarginazione dalla famiglia, e con l accusa di avere coperto i genitori di vergogna). 2. Possono essere affette da depressione, come stato di umore costante e manifesto, senza apparente rapporto con la grandiosità. Mentre la grandiosità è propriamente la difesa contro la depressione, la depressione è la difesa contro il dolore per la perdita del Sé, sintetizza la Miller. Ma anche il depresso è un figlio costretto a soddisfare le pretese della madre che ha dentro di sé. Solo che il grandioso è il figlio riuscito, dice la Miller, mentre il depresso vive se stesso come il figlio fallito. Però i punti in comune sono molti: Falso Sé. Autostima fragile. Grande paura di perdere l amore (quindi estrema adattabilità). Aggressività intensa ma staccata dall Io (quindi non neutralizzabile). Vulnerabilità. Facilità a sensi di colpa e di vergogna. Perfezionismo (cioè ideale dell Io molto alto): la depressione, come possibile reazione al dolore, indica che vi è un grande divario tra la rappresentazione del Sé reale e quella del Sé ideale. Solo se le due rappresentazioni coincidono, vi è uno stato di benessere emotivo. La rappresentazione del Sé ideale deriva dall oggetto d amore primario, il cui amore e consenso garantiscono benessere, mentre il divario tra le due rappresentazioni comporta il rischio della perdita di amore da parte dell oggetto d amore primario introiettato. Se il rischio è accettato ed il dolore vissuto, non vi è depressione. Ma perché questo avvenga, occorre anche oggi un ambiente che sostenga. Esattamente come nella fase simbiotica neonatale, occorre un oggetto-sè disponibile, utilizzabile, che sopravviva alla distruttività aggressiva del neonato (o del soggetto che porta dentro di sé oggi i persistenti problemi irrisolti della sua età neonatale). Ma né il grandioso né il depresso riescono ad ammettere la realtà della storia della loro infanzia: ad essi la sorte non ha fatto questo dono. La perdita/non disponibilità dell oggetto-sé si è realmente verificata in passato, e niente al mondo potrà mai mutare questo fatto storico. Anche se il grandioso vive nell illusione di riuscire a ritrovare l oggetto-sé, mentre il depresso vive nel continuo terrore di perderlo, per entrambi un autentico appagamento nella forma originaria non è più possibile, ricorda la Miller. Il tempo giusto è irrimediabilmente trascorso. Il bambino di allora non c è più. Né ci sono più i genitori di allora (se sono ancora vivi, sono ormai vecchi genitori che appoggiano essi stessi ad un figlio ormai adulto). Oggi il soggetto può avere riconoscimento e successo, che soddisfano bisogni di una struttura adulta, ma non possono colmare l antico vuoto dell amore primario non concesso. E l antica ferita stessa di per sé non potrà mai guarire se sarà negata 695

10 dalla illusione della grandiosità o dall abbandono apatico della depressione. Solo il lutto del pianto sopra la propria tragedia esistenziale, facendo rivivere l antico dolore, può liberare il soggetto e ridargli vitalità: e proprio a tale scopo, l articolato percorso del sito vuole fornire strumenti adeguati ed efficaci al lettore. Negazione dei sentimenti disprezzati (come l umana debolezza) ed in generale delle proprie sensazioni e reazioni emotive. Questa negazione è antichissima: fin dal periodo dell allattamento il neonato sembra avere intuito che doveva bloccarsi nel vivere liberamente le prime sensazioni, se non voleva perdere l amore dell oggetto primario, la madre. (Perdere l oggetto-sé non significa sempre che l oggetto è realmente scomparso. Spesso è soltanto diventato distratto, disinteressato, distaccato, non disponibile. Ma per il neonato questa condizione è tragedia come la scomparsa materiale dell oggetto). Il neonato sembra avere intuito che doveva bloccarsi nel vivere liberamente sensazioni come la scontentezza, l irritazione, la collera, il dolore, la paura, il piacere del proprio corpo, e persino la fame. E per sopravvivere si è adattato negando tutte queste parti del suo vero Sé neonatale. BAMBINI MORTIFICATI E DISPREZZATI. Sbaglia grossolanamente chi crede che siano rari i casi in cui i bambini sono mortificati ed addirittura disprezzati. La Miller riporta un caso di comune vita quotidiana: due giovani genitori comprano per strada un gelato, ciascuno ha il suo stick. Al loro bambino, di circa due anni, non comprano invece un gelato anche piccolo ma tutto per lui. Gli offrono invece una leccatina ogni tanto dal loro stick. Ma il bambino vuole un gelato tutto per sé e piange disperatamente. I genitori ridono, e pensano di consolare il bimbo offrendogli a turno di leccare il gelato ora dell uno ora dell altra. Il bambino è sempre più arrabbiato contro i genitori, i quali non mutano atteggiamento, e sembrano trovare la scena divertente e non paiono comprendere la delusione e la solitudine del loro bambino, che non sa spiegare a parole i propri desideri. Alla fine il padre dà al bambino il bastoncino di legno dello stick. Il bambino prova a leccarlo speranzoso, si accorge dell inganno, butta via arrabbiato il legnetto, cerca di raccoglierlo, desiste, è scosso da un singhiozzo di delusione e di tristezza, apparentemente si calma e cammina dietro i genitori come se non fosse accaduto nulla. Probabilmente la sua piccola personalità è riuscita a condurre a termine un complesso processo di rimozione del dolore nato dalla grave frustrazione appena subita, seppellendone nell inconscio tutte le violentissime emozioni che non gli è stato consentito vivere. Indubbiamente il bambino è stato ferito a causa della trascuratezza, della derisione e del disprezzo dei suoi bisogni narcisistici: essere compreso nei suoi desideri inespressi, essere sollevato da una condizione di impotenza, essere rispettato come individuo, non essere deriso ed umiliato per la propria debolezza. Gli adulti che manifestano disprezzo per il più piccolo e il più indifeso, mettono chiaramente in atto una massiccia protezione contro l emergere dei propri sentimenti di impotenza, dai quali si proteggono esteriorizzandoli sull inerme: il disprezzo è l espressione della debolezza scissa. Il vero forte che conosce la propria debolezza perché l ha vissuta e l ha integrata poi al suo Sé, non ha bisogno di sfoggiare la sua forza disprezzando l inerme. E che cosa farà, in futuro, il bambino? Purtroppo è facile immaginare che quando avrà l occasione (da adulto, verso i suoi figli; ma anche prima, ancora ragazzino, verso fratellini minori o verso altri bambini più piccoli), reciterà di nuovo la stessa scena del gelato. Ma questa volta, avendo lui il potere sopra un esserino indifeso, non dovrà più tenersi dentro il suo antico dramma di bambino deriso. Potrà, con estrema facilità, illudersi di liberarsene rovesciandolo fuori di sé, addosso ad un altro bambino. Alla base del suo istintivo (ma non per questo meno dannoso per altri) atteggiamento di violenza, c è quindi un antica esperienza di dolore disprezzato, un esperienza ormai inaccessibile alla sua mente cosciente perché sepolta nel suo inconscio dalla lontana infanzia. E questa esperienza deve continuare a restare nascosta alla mente cosciente dell adulto: il risultato sarà garantito dalla falsa impressione idealizzante di avere avuto un infanzia felice, o comunque normale. 696

11 E come giustificherà a se stesso il suo atteggiamento di violenza verso il più debole? Con una serie di meccanismi di difesa: Anzitutto la negazione La razionalizzazione Lo spostamento L idealizzazione (della propria sofferenza). ( È per dare un educazione a mio figlio che lo tratto così ). ( Soffro per quello che fa mio figlio, non per quello che mi ha fatto mio padre tanto tempo fa ). ( Se mio padre mi ha trattato come ha fatto, era per il mio bene ). Ed in che campo può ripetersi questa ereditarietà tragica? In tutti. Il campo intellettuale L incestualità I legami sentimentali, ( Ma chi credi di essere per fare queste domande? ). abusante verso i minori (genitori che da bambini furono bloccati al nascere di scoperte sessuali possono impunemente ricuperare un antica eccitazione attraverso indebite manipolazioni di igiene intima sui propri figli piccoli). nei quali si fa soffrire l altro (un Don Giovanni che ha un impulso irresistibile a conquistare le donne, sedurle, poi abbandonarle, può avere avuto nell infanzia ripetuti abbandoni da parte della madre) oppure si soffre (quando il soggetto continua ad innamorarsi di persone che lo rifiutano, come faceva l uno o l altro dei genitori, spesso esattamente nella stessa forma, nell assurdo tentativo disperato di non dovere rinunciare alla speranza di essere finalmente capito ed accettato). LA FERITA INCONSCIA ALL IO DEL BAMBINO RIFIUTATO O DISPREZZATO. La madre rifiuta il neonato. Non riesce quindi ad essere - nei confronti del bambino - uno specchio che gli rimandi il sorriso di una accettazione completa ed incondizionata, giacché in sostanza pretende da lui un certo modo di essere. La domanda, vitale per ogni individuo sofferente perché sottoposto a questa tragico destino, è: Quali conseguenze produce, nello sviluppo della personalità del bambino, questo investimento narcisistico scorretto che la madre ha fatto sul neonato, pretendendo da lui un certo modo di essere? a. Anzitutto, viene piantato in lui il seme di una scala di valori che in futuro dividerà rigidamente: Il bene dal male. Il bello dal brutto. Il giusto dallo sbagliato. E questa scala di valori sarà interiorizzata dal bambino, che in futuro non potrà far altro che adeguarsi ad essa. Rigidità di valutazione e di comportamento, facilità a sensi di colpa in caso di violazione dei valori scolpiti dentro, sono conseguenze prevedibili nell adulto che egli sarà. b. Inoltre, fin dai suoi primi giorni, il bambino percepisce che in lui c è qualcosa che la madre non vuole/non accetta/non sa maneggiare. Ed incomincia a pensare a se stesso come non accettabile, magari semplicemente perché non riesce ancora a controllare le sue funzioni corporali e la madre non sopporta più la cosa; oppure perché è particolarmente vivace e la madre non sa come controllare tale vivacità. c. Si sente quindi oppresso da un senso di colpevolezza per non avere corrisposto alle aspettative dei genitori. Questo senso di colpa imprecisato, cosmico (quali erano le aspettative dei genitori quando lui era lattante, o aveva sei mesi,un anno di vita?) resiste tenacemente ad ogni ragionamento razionale e ad ogni confutazione o rassicurazione ragionevole che il soggetto possa darsi o ricevere. 697

12 d. E gli impulsi del vero Sé del bambino, quegli impulsi che gli sono stati impediti, e quindi lui stesso ha dovuto rifiutare, negare, reprimere, che destino avranno? Potranno sottostare a complicati e più o meno efficaci meccanismi di difesa (come nella depressione o nella grandiosità). Oppure cercare di esprimersi, di manifestarsi comunque all esterno: Nella perversione. Il soggetto esteriorizza sia la disapprovazione della madre (le cose che ha l impulso di fare sono dalla società considerate disdicevoli e vietate), sia il proprio desiderio di stupire, di indignare (quello che veramente conta è che il mondo attorno a lui sia stupito, indignato). Se un azione prima vietata diventasse permessa, lui dovrebbe cambiare trasgressione. E il disprezzo per se stesso, l auto svilimento, riflettono il disprezzo/rifiuto dell oggetto primario, la madre. Ma solo nella manifestazione perversa è possibile raggiungere un minimo di soddisfazione. Nella nevrosi ossessiva. Solo in rappresentazioni mentali ossessive, apparentemente assurde per cui il soggetto non le riconosce come sue, ma angoscianti se egli non rispetta scrupolosissimamente un preciso rituale, è possibile che si riesca ad avanzare una critica minima ad antiche imposizioni e divieti sepolti nel profondo, tanto che il soggetto raramente riesce a riscoprirne il significato. A QUALE SCOPO SERVE IL DISPREZZO PER LA DEBOLEZZA? Il disprezzo, derivante dal rifiuto dei genitori per la debolezza del bambino, serve a vari scopi nella struttura di personalità del soggetto che l ha introiettato: a. Nascondere l invidia per altri (magari fratelli) più fortunati, che - pur essendo anch essi deboli - non sono stati rifiutati. b. Nascondere il dolore per non avere potuto idealizzare i genitori, che quindi devono essere disprezzati. c. Proteggere il soggetto stesso da sentimenti rifiutati: la vergogna per avere corteggiato senza successo un genitore, il senso di inferiorità per non essere stato accettato, la rabbia primitiva per la non disponibilità dell oggetto d amore. Ma se questi sentimenti introiettati da tanto tempo vengono finalmente oggi vissuti, il soggetto può separarsi da tali oggetti interni, da tali introietti. Il disprezzo allora sparisce, perché ha perso la sua funzione. Il disprezzo per tutto ciò che non è grandioso, superlativo, intelligente ( Io so fare delle cose che gli altri non sanno fare ), serve infatti a sopravvalutare la prestazione, e quindi ad evitare il lutto di non essere stati amati di per sé. In profondità il soggetto si rende conto benissimo di essere stato accettato soltanto grazie alle prestazioni fornite ( Se non avessi fornito quelle prestazioni non sarei stato amato per niente ). Ma evitando questo lutto il soggetto continua a restare lui stesso - nel profondo - il disprezzato, l antico bambino impotente, debole, insicuro. Il disprezzo grandioso garantisce il persistere dell illusione di sempre ( Sono stato amato ), l illusione di avere potere, l illusione di essere stati compresi. Qual è la salvezza? Il soggetto potrà salvarsi solo se si ricollega al suo vero Sé infantile, rinunciando a questo sforzo di tenere in vita un castello di illusioni. Solo se accetterà il lutto di vivere il dolore del fatto che da bambino non ha avuto potere perché non gli è stato riconosciuto. 698

13 Non ha avuto comprensione né accettazione, né - in una parola - l amore che gli era necessario, perché questi doni non gli sono stati dati. Il lutto del rendersi conto infine quanto poco abbia ricevuto dai suoi genitori; e fino a che punto sia stato lui stesso ad andare incontro ad essi, a metterci del suo per conservare l illusione di essere stato amato. Ma questo dolore, questo lutto, lo libereranno infine dall obbligo di continuare per il resto della sua vita a rendersi infelice cercando di difendersi ancora oggi da una tragedia che non può più verificarsi, perché si è già verificata. Si è verificata all inizio della nostra vita, quando eravamo indifesi, inermi, alla mercè di persone che non ci hanno protetti, che non si sono presi cura dei nostri bisogni. Ma, da allora, la vita è continuata. Ed oggi non siamo più inermi, oggi abbiamo armi per difenderci contro chiunque. Oggi possiamo proteggere noi stessi, possiamo prenderci cura perfettamente dei nostri bisogni e riuscire finalmente a dare vita al nostro vero Sé, ad essere puramente e semplicemente noi stessi, unici, irripetibili, degni di stare al mondo senza più chiedere permessi a nessuno. Nel 1994 Alice Miller ha ripreso i concetti e la forma espositiva del libro pubblicato nel 1979 e ne ha fatto una revisione. Il risultato è questa riformulazione: IL DRAMMA DEL BAMBINO DOTATO E RICERCA DEL VERO SE. RISCRITTURA E CONTINUAZIONE. Una ridistribuzione dei punti dove i concetti sono esposti nei diversi paragrafi ed una nuova e più agile ri titolazione, rendono più chiara l esposizione. Ma soprattutto è l ultima dozzina di pagine ad indicare che il pensiero della Miller ha avuto un notevole ampliamento di orizzonte nei 15 anni intercorsi tra le due scritture sullo stesso tema. Nella conclusione del 1994 l Autrice parte da dove terminava nel 1979: lo scopo della terapia è raggiunto quando il paziente ha riacquistato la sua vitalità perché ha rielaborato sul piano emotivo la sua storia infantile, ha ripetutamente rivissuto a livello cosciente le manipolazioni e le costrizioni subite da bambino, l essere stato inerme ed alla mercè degli altri, ed il conseguente desiderio di rivalsa che lui stesso ha così a lungo negato. E tutto questo processo non soltanto lo farà vivere bene e serenamente, ma lo renderà psichicamente più sicuro ed autonomo. Correrà molti meno rischi di idealizzare imprudentemente persone, sistemi, idee. Capace di scorgere la manipolazione, l abuso ed il vuoto affettivo che ci sono dietro l apparenza della facciata, non si lascerà più infantilmente affascinare ed abbindolare dalle promesse e parole seducenti ma ingannevoli. E infine, l avere ricuperato le sue antiche e tragiche sofferenze infantili, rivissute ora come esperienze emotive risentite a livello cosciente nella sua vita di adulto lo renderà inoltre molto più attento e pronto a cogliere la sofferenza in un altro essere umano (anche quando questo non potesse permettersi di vederla in se stesso), e non se ne prenderà mai gioco, non esprimerà disprezzo verso di lui. Ma, ben oltre il campo personale e familiare, questo mutamento - dice la Miller - può avere profonde ripercussioni anche nel campo sociale e politico. (Già alcuni anni prima, nel 1988, in La chiave accantonata aveva incominciato a sviluppare questo tema di riflessione: vedi cap. 7 I vestiti nuovi dell imperatore pagg ). L Autrice sottolinea che colui che ha chiarito i propri sentimenti ricercandone le cause reali nel proprio passato, non ha più alcun bisogno di scaricare su persone innocenti la sua rabbia e violenza, che riesce concretamente ad indirizzare contro gli antichi responsabili nella propria infanzia. Da questo passo concettuale che solo il singolo individuo può compiere, dipende il futuro della democrazia. Non serve a nulla fare appello all amore ed alla ragione, se al fondo dell animo covano radici di odio che nemmeno il soggetto sa che esistano, e che non aspettano altro che uno spunto esterno per esplodere. L odio non si può combattere con ragionamenti, ma solo comprendendone l origine e disciogliendolo con strumenti psicologici adeguati. Rivivere intensamente le emozioni è un esperienza trasformante, non solo perché libera corpo e mente dai sintomi patologici (per quanto antichi possano essere), ma anche perché libera la mente dalle illusioni ed apre gli occhi dinanzi alla realtà dei fatti, non solo passati ma anche presenti. E se oggi motivi nuovi possono far nascere indignazione e collera, esse esplodono e possono essere vissute come legittime. 699

14 I DANNI POLITICI DELL ODIO. È invece l odio ingiustificato, scaricato su innocenti, che non si placa mai, è inestinguibile nella sua distruttività. Deriva infatti dalla storia di annientamento infantile del soggetto, al quale non è stato permesso di rivivere quei sentimenti che erano diretti verso i genitori, per cui egli deve riversarli su persone sostitutive. Quest odio verso persone sostitutive (come ha dimostrato già nel 1980 Alice Miller nel suo studio sull infanzia di Adolf Hitler) è inesauribile ed inestinguibile perché sul piano cosciente il sentimento di odio è stato separato dalle persone verso cui in origine era rivolto. Quest odio si espande come una muffa che nel cestino distrugge ogni frutto buono che venga a contatto con il suo marciume, perché ha infinite sfumature di negatività e male: È distruttivo (come si è detto) perché deriva da una storia rimossa, della cui crudeltà la mente inconscia ha però mantenuto perfetto ricordo. È disorientante, perché maschera i fatti reali e rende impossibile percepirli, perché li nasconde sotto fittizie ideologie. Avvelena l anima, divora la memoria, uccide l intuizione e l umanità dell immedesimazione. In fondo uccide tutta la ragione. Si trasmette a coloro che dipendono da un simile soggetto patologico (figli o cittadini sottoposti ad un capo totalitario). Coloro che sono inermi e succubi, pur avvertendo (magari) istintivamente la menzogna di colui che è capo, non hanno il permesso di riconoscerla come tale. Devono pagare essi il pedaggio per il rifiuto della verità da parte di chi comanda. In qualunque paese il totalitarismo nazionalistico è in sostanza eguale ad altri simili in nazioni diverse: l odio per la vita e l impulso alla distruzione li accomunano come se fosse un unica uniforme internazionale. Portando all estremo il concetto del lavoro di affrontamento personale con il risultato finale di liberarsi ognuno della propria coazione a proiettare sugli altri la propria distruttività sepolta nel profondo di se stessi, non è assurdo pensare ad un processo di graduale trasformazione sociale che - a macchia d olio - si diparte da ogni individuo che si è trasformato. Colui che è stato disposto ad affrontare il dolore di disseppellire la sofferenza della sua storia infantile dall oblio, dice la Miller, incoraggerà anche altri a compiere lo stesso passo. E questi - a loro volta - grazie al risvegliarsi della loro coscienza, porteranno in misura sempre più allargata una maggiore chiarezza e luce nella visione della realtà (anche sotto l angolatura politica) e maggiore positività nell azione esercitata sulla realtà stessa. La modesta opinione di QUATTRO è articolata in due aspetti: 1. Che ognuno di noi possa agire solo sul ristretto numero di persone che per qualsiasi motivo e per un breve momento lo circondano, e con le quali entra in diretto contatto. Nessun trionfalismo, quindi. Ma, senza il minimo dubbio, un preciso senso di responsabilità morale. Poiché ognuno di noi può agire positivamente attorno a sé, ognuno di noi non può sottrarsi a tale obbligo. Quindi deve agire in tale senso positivo, secondo le sue doti, natura, convinzioni. Nessuno è tenuto all impossibile compito di sanare il dolore in tutta l umanità. Ma ognuno, poiché risponde solo di ciò che fa personalmente, per ciò stesso deve rispondere di ciò che personalmente fa. Oppure non fa. 2. Che poiché (per la legge di causa ed effetto) da cosa nasce cosa, ciò implica l inizio di un processo positivo. In ognuno degli anche pochi soggetti che hanno ricevuto qualcosa di buono (essendo stati a contatto con il primo rappresentante di questa serie positiva), nascerà - in completa libertà morale di scelta - la possibilità di replicare anch essi la scelta positiva ed opporsi al dilagare della negatività distruttiva. Il progredire di un simile processo di chiarificazione, libertà interiore, rispetto verso altri, e positività nell agire - se vissuto con la sincerità e l impegno che accomunano il bambino ed il saggio - ha un qualcosa di inarrestabile, come nella leggenda orientale sul gioco degli scacchi. Un chicco di grano sulla prima casella, due sulla seconda casella, quattro sulla terza e così via fino a quando qualcuno non deciderà di mettere la parola fine a questa crescita. Certo la Miller mette in guardia, più che correttamente, contro alcuni pericoli che possono presentarsi nel corso di una Terapia Primaria condotta sotto la guida di uno psicoterapeuta che non sia - ed a fondo - competente ed onesto: 700

15 a. Una eccessiva concentrazione emozionale sulle passate esperienze dolorose. b. Una facilità a profondi stati di regressione, nell impostazione tradizionale ed ortodossa della Terapia Primaria: ad occhi chiusi, abbandonati sul lettino, nel buio della stanza/studio del terapeuta, per tempi lunghi (fino a 3 od anche 5 ore). c. Il rischio di un abbandono totale ed assolutamente acritico al terapeuta, completamente idealizzato. Molto tranquillamente QUATTRO ricorda ai lettori del sito che nessuno di questi tre pericoli li potrà mai minacciare, in alcun modo: a. Se il dolore è troppo forte, l animo del lettore (per difesa naturale) si chiuderà, ed egli non potrà che interrompere il contatto con la sua ferita profonda. Infatti non riuscirà a fare altro che istintivamente sospendere la seduta di auto-aiuto, sia sul momento, sia probabilmente nei giorni successivi, fino a che non avrà nuovamente accumulato forze spontanee per riprendere lo scavo in se stesso. b./c. Il sito propone al lettore un metodo di auto-aiuto. È egli stesso (e lui solo, e da solo) il guaritore di se stesso. Accanto a lui non vi è nessun terapeuta in carne ed ossa. Il lettore non può quindi regredire più di quanto lui stesso possa essere capace di ritornare al suo passato. Egualmente, non può diventare succube di nessuno, perché insieme a lui non vi è nessun altro, oltre a se stesso. Ma, lasciando stare queste teoriche possibilità catastrofiche, QUATTRO desidera (come è sua tendenza) chiudere con un fatto positivo questa sezione. Con gioia termina l analisi della riscrittura del Dramma del bambino dotato proprio citando l esempio dell Autrice stessa. È un esempio che mostra non solo le eccezionali doti di onestà intellettuale e di rigore morale di questa Autrice che in tanti - sparsi ovunque per il mondo - amiamo e studiamo con profonda partecipazione. Le ultime righe dei ringraziamenti che concludono il libro vanno al di là della prospettiva di scrittrice di psicoterapia, e si innalzano al livello di un insegnamento di vita. Per chiunque legga queste righe infatti è ineludibile l esempio di una madre che - dinanzi ai lettori di tutto il mondo - testimonia per iscritto al figlio la propria gratitudine per l aiuto psicologico ed intellettuale che ne ha ricevuto nella sua ricerca interiore. Una madre che ringrazia il figlio e la figlia per averle - lungo anni - concessa una fiducia che lei stessa riconosce non sempre meritata. Una madre che si augura di poter vivere ancora abbastanza per meritare la fiducia che i figli hanno riposto in lei. QUATTRO non ha vergogna ad ammettere che anch egli non ha avuto esitazione a chiedere perdono alle sue figlie degli errori commessi nella loro educazione, al tempo della loro infanzia. È stato spinto a questo dalla globale trasformazione indotta nella sua personalità dalla applicazione (in pura e semplice autogestione, per diversi anni) della metodica primaria, nella versione presentata da Joseph K. Stettbacher (la versione che viene descritta nel sito). Ma soprattutto ha compiuto il suo doveroso gesto sotto la spinta dell esempio della Miller or ora citato. E ne ha riportato una pace ed una serenità senza limiti. Unita alla gioia di vedere aprirsi una più profonda comunicazione affettiva con le figlie, alle quali è certo - con il breve scritto dedicato ad ognuna di loro due - di avere lasciato un ricordo che sarà serbato in futuro. 701

16 SCHEDA TECNICA - A CURA DI QUATTRO AUTORE: Miller, Alice TITOLO: La fiducia tradita. Violenze e ipocrisie dell educazione. EDITORE: Garzanti, Milano, Titolo originale: Abbruch der Schweigemauer, Hoffmann & Campe Verlag, PAGINE: 143 INQUADRAMENTO GENERALE: vedi INDICE: vedi COMMENTO: no TEST DA COMPILARE: no INQUADRAMENTO GENERALE. Se traduciamo letteralmente il titolo tedesco del libro ( Abbruch der Schweigemauer, Abbattimento del muro del silenzio ) riusciamo a comprendere meglio l impostazione dello schema del libro. Esso è diviso in tre parti: 1. Aperture e prospettive. 2. Fatti. 3. La rinuncia all ipocrisia. La fiducia tradita. Violenze e ipocrisie dell educazione, non è - come lascerebbe immaginare il titolo italiano - un testo che parli degli aspetti emozionali vissuti da un bambino il quale abbia imprudentemente riposto nei genitori la sua fiducia, che questi hanno tradito. È invece un libro di denuncia sociale, che presenta prove culturali dei maltrattamenti subiti dai bambini, ricercando i segni della mancanza di solidarietà testimoniale nelle pubblicazioni della stampa indirizzata al pubblico generale. Con un esame più mirato, i segni di quest astensione responsabile che non osa prendere posizione a difesa dei bambini sono poi ricercate nella letteratura più specializzata, psichiatrica e poi psicoanalitica. Nella sezione intermedia del libro sono prese in esame dimostrazioni di tali comportamenti maltrattanti sia in aspetti della cultura di popolazioni diverse, sia in personaggi storicamente e politicamente nefasti come Hitler e Ceausescu, terminando con un interpretazione psicologica (sempre a difesa dei bambini maltrattati) di aspetti descrittivi di un testo biblico (Le lamentazioni di Geremia). Nella parte finale l Autrice parla dell effetto liberatorio che ha per il soggetto il fatto di riuscire finalmente a vedere la realtà, in definitiva la verità, della sua vita come è stata effettivamente nella sua infanzia, senza più dovere ricorrere alle mascherature della rimozione o all abitudine (appresa nell infanzia) di perdonare coloro che l hanno maltrattato, con ciò sancendo ancora una volta e per di più nell età adulta la negazione del proprio dolore infantile. Una delle domande che la Miller si pone, insieme ai suoi lettori, è: come mai i mezzi di comunicazione, la stampa, le autorità pubbliche, non si occupano dei maltrattamenti inflitti ai bambini? Non è certo un argomento come un altro. È alla base della nostra stessa esistenza individuale e sociale. Parlarne può servire a dissolvere l ignoranza pubblica che consente il mantenimento della violenza e della distruttività sociale, a livello non solo di singola persona o famiglia, ma anche su scala di quartiere, città o Stato, ed in definitiva su scala mondiale. 702

17 È possibile che interessi a così poca gente? La Miller, con una denuncia anticipatoria ( La fiducia tradita. Violenze e ipocrisie dell educazione, è stato pubblicato nel 1990), riferisce indignata la situazione di disinteresse pubblico dei primi anni Ottanta, in rapporto alla possibilità di creare consultori od associazioni di auto-aiuto sia private sia nel settore pubblico, a tutela delle donne che da bambine hanno subito violenze sessuali. Da allora, fortunatamente, la situazione è mutata. La presenza, in ogni nazione civile, di corrispettivi nazionali di associazioni che in Italia conosciamo come (per citarne solo alcuni) Azzurro rosa, Gruppo Greta, Telefono azzurro, ecc., testimonia che molta strada è stata percorsa, fino alla nascita di strutture altamente specializzate. Françoise Sironi (in Persecutori e vittime. Strategie di violenza, pubblicato nel 1999) descrive a fondo l attività del Centro Universitario Georges Devereux di aiuto psicologico, che a Parigi si prende cura delle vittime della tortura da parte di dittature politiche. Ma da che cosa, nelle famiglie che costituiscono la nostra società ordinaria, bisogna proteggere i bambini? Alice Miller lo illustra basandosi anche su esperienze personali. Bisogna proteggerli dall isolamento in cui li racchiude il muro del silenzio, e dalla violenza disumana del non parlare per giorni ad un bambino piccolo, con un silenzio che non spiega quale colpa sia imputata e punita in quanto vuole trasmettere un messaggio sotterraneo:... Se non sai nemmeno perché hai meritato la punizione, vuol dire che non hai coscienza. Cerca, scava, sforzati fino a quando la coscienza ti dirà di che colpa ti sei macchiato. Solo allora potrai cercare di scusarti e, secondo l umore del tiranno e se avrai fortuna, ti sarà forse perdonato.... (Miller, Alice: pag. 22). Il senso di isolamento disperato sperimentato in momenti (od anni, addirittura) traumatici dell infanzia, a causa dell effetto minaccioso e devastante che esso possiede, può restare sepolto nell animo di una persona per anni, La causa? La verità dei fatti ed il suo significato (Mio padre, mia madre, mi odiano) sono stati, per la mente del bambino/bambina, così brutali ed inconcepibili che la vittima ha dovuto negarli. Dipendendo completamente dai genitori, era impossibile criticarne il comportamento, essere sicuro dei propri giudizi, abbandonare il rapporto esclusivo con il genitore aprendosi al contatto con altri adulti che fossero rispettosi ed umani verso il bambino. Rinunciare alla consapevolezza di ciò che era accaduto, negare la verità dei fatti, rimuovere dalla mente tutto quanto, in sostanza tradire i propri bisogni emotivi di bambini, era l unica possibilità per sopravvivere. Ed ogni vittima l ha colta ed è sopravvissuta grazie alla rimozione del ricordo di ciò che le era stato fatto, anche se ha dovuto pagare - per avere la possibilità di dimenticare - il prezzo di essere tormentata dai sintomi più diversi esprimenti il permanere nell inconscio di tutte le memorie non superate degli antichi traumi. La denuncia della Miller prosegue poi riprendendo l analisi psicologica del caso di Friederich Nietzsche, già affrontata nel libro La chiave accantonata, del 1988; e con un accenno alle gravi conseguenze del dimenticare i traumi subiti, nel caso delle vittime dell Olocausto e dei reduci della guerra in Vietnam. La conclusione è la dimostrazione del grave errore che sarebbe commesso, a danno del paziente, dallo psichiatra che sostenesse l utilità del dimenticare, e la necessità del perdonare chi ha fatto del male al bambino di un tempo, con frasi tipo: Lei deve smettere di tormentarsi continuamente; cerchi piuttosto di dimenticare. Non dovrebbe agitarsi, infuriarsi. La collera è pericolosa, causa mal di testa; cerchi di dominarsi e di controllarsi. Ciascuno di noi ha dovuto subire delle ingiustizie, in qualche occasione: è del tutto normale. Ma i suoi genitori erano animati dalle migliori intenzioni: se hanno sbagliato, è umano, Deve perdonarli: solo col perdono può guarire. (Miller, Alice: pag. 33). Alice Miller non si limita ad applicare queste osservazioni critiche alla posizione della psichiatria in generale (in quanto forma della visione medica della natura e del significato dei disturbi psichici di un paziente). In considerazione del fatto che il soggetto sofferente di disturbi psicologici spesso si rivolge ad una qualche forma di psicoterapia, ed in base alla realtà statistica del fatto che la psicoanalisi è la forma più diffusa di psicoterapia, la Miller sente il dovere di prendere pubblicamente posizione su quella che definisce la responsabilità più grave della psicoanalisi: il rischio di tradire - in nome di una costruzione ideologica, spesso con marcati atteggiamenti pedagogici e direttivi - la ricerca della verità personale del paziente nella sua infanzia. 703

18 Secondo la Miller questa prassi tecnica ha la sua base nel continuo sottrarsi dell analista alla storia dolorosa della propria infanzia. Il palcoscenico del sito non è e non vuole essere il luogo di polemiche contro qualcosa o qualcuno. Questo perché l intento del sito è, ed è soltanto, quello d inviare al lettore molti suggerimenti diversi affinchè egli possa costruirsi gli strumenti di auto-aiuto e la mappa della strada da percorrere per arrivare alla meta del sollievo delle sue sofferenze. Chi fosse interessato all esposizione delle ragioni tecniche per le quali Alice Miller si è distaccata dalla psicoanalisi freudiana, può trovarle descritte nei suoi libri: anzitutto Il bambino inascoltato. Realtà infantile e dogma psicoanalitico, il successivo La chiave accantonata, poi L Infanzia Rimossa. Dal bambino maltrattato all adulto distruttivo nel silenzio della società, ed il libro che qui è recensito La fiducia tradita. Violenze e ipocrisie dell educazione. Qui può bastare (questa è la sfida che QUATTRO presenta ai lettori del sito) come prova dell onestà intellettuale di Alice Miller, come testimonianza della sua rigorosità morale professionale, il fatto che la Miller abbia nel 1980 chiuso il suo studio privato di psicoterapeuta per dedicarsi soltanto alla scrittura dei libri nei quali raccontava al mondo le scoperte delle sue ricerche circa la verità dei reali trattamenti riservati ai bambini? E che, per coerenza alle sue scoperte, nel 1988 sia uscita volontariamente sia dalla Società psicoanalitica Svizzera, sia da quella internazionale? Ma, contraddicendosi immediatamente, QUATTRO non sa resistere alla tentazione di citare un lungo passaggio della perorazione in difesa dei bambini che la Miller fa nel mentre che contestualmente precisa la responsabilità di genitori scorretti nel loro modo di trattare i figli: La mia personale liberazione dalle ansie è stata possibile soltanto dopo che ho capito che la paura della verità e l ignoranza della persona o delle persone che si offrono di aiutarti non sono un destino ineluttabile, bensì una scelta dell adulto che (contrariamente al bambino) ha la possibilità di rinunciare alla rimozione. Ci si può decidere di dissolvere il rifiuto mentale e la cecità che si sono determinati come effetto della educazione del bambino. Solo da quando ho saputo con certezza, per esperienza personale e diretta, che la cecità psichica, che le tendenze distruttive ed autodistruttive sono dissolvibili, da quando ho rinunciato a volere comprendere i responsabili dei miei mali, soltanto allora ho osato guardare attentamente i loro misfatti e condannarli. Ho anche capito che è del tutto inutile voler comprendere la persona che ti trovi di fronte finchè questa si rifiuta di comprendere se stessa. Ed è questo appunto che avevo tentato di fare per quasi tutta la mia vita: da bambina, da donna, da psicoanalista, e - in parte - anche da autrice dei miei primi tre libri. Da quando affermo e scrivo, senza più peli sulla lingua, che i maltrattamenti inflitti ai bambini sono il peggiore crimine che l umanità commette ai danni dell umanità, perché danneggia sotto il profilo caratteriale le future generazioni e perché resta ignorato grazie alla rimozione delle vittime (terapeuti compresi), mi si rimprovera di essere dura e spietata. Si chiede spesso come si può pretendere di vietare la collera ai genitori. In queste argomentazioni non si distingue tuttavia - e purtroppo - fra il sentimento, che non danneggia nessuno, ed il suo esplicarsi in azioni. Ma è ovvio che anche i genitori devono potersi consentire dei sentimenti. Ma non deve essere loro in nessun caso consentito di picchiare impunemente i loro figli, di schiaffeggiarli o di umiliarli in altri modi, perché così facendo infieriscono su un organismo in formazione e lo danneggiano per la vita, commettendo quindi un delitto. I genitori che possono provare i loro sentimenti, ma che siano anche consapevoli della portata di questi sentimenti; e intuiscano che le loro esplosioni di collera sono bensì innescate dal comportamento del bambino ma originariamente non causate da lui, corrono anche minor rischio di sfogare la loro ira spacciandola per un atto pedagogico. Comunque sia, è ora e tempo che i genitori non si avvalgano più del diritto di commettere impunemente dei delitti. E qui parlo consapevolmente di colpa e di vittime, e non di cause ed effetti come qualcuno mi suggerisce. Perché i bambini sono sacrificati da esseri umani, e cioè dai genitori, e non da robot. E questi esseri umani non hanno il diritto di comportarsi come robot devastatori e di insistere nella loro ignoranza, anche se le opinioni tradizionali e perfino certi comandamenti morali e religiosi li sostengono in questo atteggiamento quando predicano alle vittime la necessità del perdono. Verrà il giorno in cui l effetto distruttore di vita di questi comandamenti sarà chiaramente riconosciuto. (Miller, Alice: pagg ). 704

19 Lasciamo che il lettore del sito esplori da solo le possibilità di ricavare qualche spunto utile alla propria personale ricerca dalla lettura di due studi della Miller: A. Adolf Hitler: dall uccisione dell animo del bambino allo sterminio di interi popoli. Questo ultimo studio della Miller viene dopo la approfondita analisi fatta (in La persecuzione del bambino. Le radici della violenza ) sulla figura di Hitler e sull essenza psicologica del nazionalsocialismo. Dopo di questa sono venuti poi inquadramenti più brevi in L Infanzia Rimossa. Dal bambino maltrattato all adulto distruttivo nel silenzio della società, e La chiave accantonata. Percorriamo, in estrema sintesi, l ossatura di tutto lo studio, sintetizzandola in cinque citazioni del pensiero della Miller: 1. Ogni bambino maltrattato deve completamente rimuovere le violenze, gli stati d abbandono e i disorientamenti patiti: deve farlo per non morire, perché l organismo infantile non è in grado di reggere l intera gamma delle sofferenze. Soltanto alla persona adulta si prospettano poi altre possibilità di confrontarsi con i propri sentimenti. Se non approfitta di queste possibilità, la funzione della rimozione (che in passato gli ha salvato la vita) può trasformarsi in uno strumento pericoloso, distruttivo e autodistruttivo. (Miller, Alice: pag. 76) Per soffrire coscientemente l illibertà, occorre saper che cosa sono la libertà e il rispetto della vita. Chi non l ha mai appreso, chi durante l infanzia ha conosciuto ed è stato esposto solo alla violenza estrema, alla brutalità e all ipocrisia, senza incontrare mai nemmeno un testimone soccorrevole, non va per le strade a dimostrare per la libertà. Pretende invece l ordine imposto con la violenza, esattamente come ha imparato da bambino: ordine e pulizia sono necessari, a ogni costo, soprattutto a costo della vita. Le vittime di una simile educazione sono ansiose di praticare sugli altri quello che è stato inflitto a loro. E se non hanno figli, oppure se questi figli si sottraggono alla loro vendetta, si mettono a marciare in favore di nuove forme di fascismo. Il fascismo ha, in sostanza, sempre lo stesso obiettivo: distruggere la verità e la libertà. (Miller, Alice: pag. 78) Hitler non ha inventato il fascismo: esisteva già - come per tanti altri suoi contemporanei - nel regime totalitario della sua famiglia. Le caratteristiche nazional-socialiste in cui si esplicò il fascismo di Hitler, recano l impronta inequivocabile della sua infanzia. (Miller, Alice: pag. 82) Hitler è riuscito a fare dell Europa e del mondo intero il campo di battaglia della sua infanzia perché nella Germania di allora c erano milioni di individui che avevano fatto da bambini esperienze simili alle sue. I principi pedagogici che ora elencherò erano per loro naturali e scontati, anche se non ne erano necessariamente consapevoli: I valori supremi sono l ordine e l ubbidienza, non la vita. L ordine si può creare e conservare solo mediante la violenza. La creatività (insita nel bambino) è un pericolo per l adulto, e deve essere repressa. La prima legge è quella di ubbidire al padre. La disubbidienza e la critica sono fenomeni che scompaiono quando si provveda a reprimerle con punizioni o minacce di morte. Il bambino vivace e vitale deve essere educato il più presto possibile in modo da farne un ubbidiente robot, uno schiavo. Occorre di conseguenza soffocare nel bambino, nel modo più risoluto, i sentimenti indesiderati e quelli che sono i suoi istintivi bisogni. La madre non deve proteggere mai il bambino dalle azioni punitive del padre, e deve invece predicargli - dopo ogni punizione che gli sia inflitta - il rispetto e l amore per i genitori. (Miller, Alice: pagg ) Se tuttavia questo testimone soccorrevole è del tutto mancato, al bambino non è rimasta altra possibilità (nello scenario allucinante in cui si è trovato) che di negarsi ogni reazione naturale - come la collera o la risata - e di piegarsi al rito della ininterrotta, cieca e totale ubbidienza. Solo così ha potuto mantenere entro limiti tollerabili la minaccia costituita dal padre. Hitler ha in seguito sfruttato per i suoi fini questa precoce e spietata formazione del carattere. 705

20 Ha sviluppato la sua ideologia nazionalsocialista conformandola quasi nei minimi dettagli alle pratiche pedagogiche che aveva sperimentato sulla sua stessa pelle, e le conseguenze concrete di queste elaborazioni sono state le seguenti: La volontà del Fuhrer è legge suprema. Il Fuhrer creerà l ordine con la violenza, e farà della Germania il paradiso degli ariani, della razza eletta. Chi si sottometterà ai suoi ordini come un robot, sarà premiato. Chi oserà sollevare critiche, finirà nei campi di concentramento. Ebrei e zingari devono essere annientati: siano essi uomini, donne o bambini. Russi e polacchi vanno trasformati in utili schiavi. Gli invalidi e i malati di mente devono essere eliminati. La libertà dell arte è pericolosa, degenere, e va dunque perseguitata come ogni altra forma di libera creatività. (Miller, Alice: pag. 83). Il confronto tra i due elenchi di principi merita un attento studio, ed un preciso impegno personale per impedire il realizzarsi di questa catastrofe dell educazione e della libertà. B. Nicolae Ceausescu: mostruose conseguenze d una misera infanzia negata. Per fortuna è piuttosto improbabile che la maggior parte dei lettori del sito provenga da un infanzia come quella del folle dittatore paranoico della Romania: figlio di un uomo povero, che ebbe animalescamente dalla moglie dieci figli, che poi picchiò sistematicamente - in stato di ubriachezza - dicendo che lo faceva per il loro bene, del resto come li picchiava la madre rigidissima nella severità educativa, sebbene entrambi facessero vivere i figli nella misera e squallida promiscuità di un unica stanza. Ed è anche difficile che sia poi capitato, a tale lettore, di essere picchiato, castigato, messo in collegi durissimi e punitivi, incarcerato e persino torturato. Questo spiega perché nessuno è diventato un pazzo dittatore sostenitore della redenzione attraverso la violenza né abbia costretto donne a partorire contro il proprio volere, spesso a rischio della propria vita, per potere regnare su un popolo di adulti terrorizzati e di bambini affamati ed abbandonati dai genitori. Ma chi può escludere che una scintilla di illuminazione della propria verità storica personale possa derivare anche da questa folle oscurità di malvagità umana? Dopo questa immersione in una visione globalmente angosciante sotto la prospettiva politica, sociale, culturale e familiare, ci rimane qualche speranza di una salvezza almeno individuale, di una liberazione almeno personale dalle sofferenze psicologiche che ci fossero toccate? Senza il minimo dubbio. E sono proprio le parole stesse di Alice Miller a darci questa certezza di riscatto dal dolore. Di certezza realmente si tratta, giacchè esse sono fondate su 2 pilastri inattaccabili. 1. La testimonianza personale dell Autrice sui benefici derivanti è la garanzia migliore. 2. È concretamente indicata una metodologia precisa, che chiunque può applicare in proprio. Leggiamo quindi, una dopo l altra, queste considerazioni che la Miller presenta, in 3 distinti punti del libro: 1. L introduzione. 2. Il capitolo iniziale Uscire dalla prigione del disorientamento. 3. Alla fine del libro il capitolo L esperienza liberatoria della dolorosa verità. La verità dell infanzia che molti di noi hanno sofferto è inconcepibile, vergognosa, dolorosa, non di rado mostruosa e sempre rimossa. Apprendere questa verità tutta in una volta, e assimilarla consapevolmente, è semplicemente impossibile, anche quando lo desideriamo ardentemente. La capacità dell organismo umano di sopportare sofferenze è per il suo stesso bene limitata, e tutti i tentativi di ignorare questo limite e di porre violentemente fine alla rimozione, comportano effetti solo negativi e spesso pericolosi, come del resto ogni altra forma di violenza. Le conseguenze di una esperienza traumatica, per esempio di un maltrattamento subito, possono essere eliminate solo quando tutti gli aspetti traumatici di quest esperienza siano rivissuti, articolati e condannati nel quadro di una prudente e circospetta terapia rivelatrice. (Miller, Alice: pag. 7). (le persone sofferenti)... non immaginano che nel quadro di una lenta e cauta procedura potrebbero sicuramente sopportare la verità e che soltanto questa, alla lunga, può essere d autentico sollievo. (Miller, Alice: pag. 8). 706

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