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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DELL INSUBRIA FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA. Istituto di Clinica Dermatologica. Direttore: Prof. Nicola Zerbinati. VALUTAZIONI CLINICO - STRUMENTALI DI UNA NUOVA METODICA LASER PER IL TRATTAMENTO DELLE CICATRICI ACNEICHE. Tesi di Laurea di Colombo Sara Matr Relatore Chiar.mo Prof. Nicola Zerbinati Anno accademico 2006_2007 1

2 A Nicolò e Samuele. 2

3 VALUTAZIONI CLINICO - STRUMENTALI DI UNA NUOVA METODICA LASER PER IL TRATTAMENTO DELLE CICATRICI ACNEICHE INTRODUZIONE REGIME IPERTERMICO (43-45 C, INTERVALLO IPERTERMICO)... 8 REGIME COAGULATIVO... 8 EFFETTI DI TEMPERATURA MEDIO- ALTA ( 100 C)... 9 SORGENTI LASER ABLATIVE: LASER CO2 CONTINUO E PULSATO LE CICATRICI ACNEICHE CAUSE DI CICATRICI ACNEICHE PREVENZIONE DELLE CICATRICI ACNEICHE TIPI DI CICATRICI ACNEICHE Il cheloide La cicatrice ipertrofica Ice pick scars Cicatrici fibrotiche depresse Cicatrici soffici, superficiali o profonde Macule atrofiche Atrofia follicolare maculare PARTE SPERIMENTALE SCOPO DELLA RICERCA MATERIALI E METODI Materiali

4 Metodo RISULTATI Colorimetria Corneometria TEWL Sebometria DISCUSSIONE VALUTAZIONE ISTOLOGICA ISTOLOGIA 1 E ISTOLOGIA ISTOLOGIA 4 E CONCLUSIONE ICONOGRAFIA BIBLIOGRAFIA RINGRAZIAMENTI

5 INTRODUZIONE. Nuove tecnologie laser applicate a vecchie sorgenti energetiche sono oggi proposte per il rimaneggiamento e la ristrutturazione dei tessuti dermoepidermici colpiti e segnati da esiti cicatriziali distrofici o anetodermici. Le tecniche ablative laser definite tecniche di resurfacing che avevano a loro volta sostituito le dermoabrasioni vengono oggi discusse a vantaggio di nuove tecnologie in grado di erogare energia laser in modo frazionato creando danni termici in profondità a volte oltre i 5 mm, preservando parzialmente lo strato epidermico. Tutto ciò comporta tempi di recupero ed effetti collaterali minimi rispetto alle tecniche tradizionali meccaniche e laser. Scopo della nostra ricerca era quello di valutare la reale efficacia e la minor invasività di un laser frazionato che lavorasse con quella che in letteratura viene considerata la lunghezza d onda ideale per il rimodellamento cutaneo del viso affetto da esiti cicatriziali post acneici. La nostra valutazione dunque si è soffermata in particolare sul laser a CO2, da circa 30 anni sorgente laser presente negli ambulatori dermatologici. 5

6 BREVE STORIA DEI LASER Sviluppati intorno al 1960 i laser sono strumenti ormai frequentemente utilizzati nei reparti e negli ambulatori di dermatologia ed impiegati in sempre più estesi ambiti clinici. Tali strumenti sfruttano la reazione fototermica indotto dalle varie lunghezze d onda emesse per stimolazione di mezzi attivi ( gas, coliranti, cristalli). A livello microscopico, la reazione fototermica avviene a seguito dell'assorbimento di fotoni da parte delle molecole bersaglio, che si portano in uno stato elettronicovibrazionale eccitato, e del successivo trasferimento collisionale dell'energia alle molecole mezzo, con aumento della loro energia cinetica. Questo processo di decadimento non radiattivo avviene in tempi estremamente brevi e, la conseguente rapida termalizzazione produce un aumento della temperatura locale. A livello tessutale e, dunque, anche a livello cutaneo, le modificazioni bioistologiche indotte dal calore sono dipendenti dall'assorbimento dell energia da parte della molecola bersaglio, essenzialmente acqua, emoproteine, pigmenti (quali melanina, carotenoidi, flavine, bilirubina), ed altre macromolecole, come acidi nucleici e molecole aromatiche. L'evoluzione della temperatura nel tempo dipende invece dalla modalità con cui l'energia laser è depositata nel tessuto, in particolare dalla durata dell'impulso e dalla quantità di energia per impulso. Il riscaldamento progressivo del tessuto produce una sequenza complessa di effetti biologici che, a livello macroscopico, possono essere classificati secondo differenti processi termodinamici cui corrispondono le principali modificazioni istologiche riassunte in Tabella1. 6

7 Tabella 1 Modificazioni istologiche indotte dai processi fototermici C Cambiamenti conformazionali Restringimento Ipertemia (morte cellulare) 50 C Riduzione dell'attività enzimatica 60 C Denaturazione delle proteine Coagulazione Denaturazione del collagene Permeabilizzazione delle membrane 100 C Formazione vacuoli extracellulari > 100 C Rottura dei vacuoli C Termoablazione del tessuto Questi effetti si registrano tipicamente con laser ad emissione continua, per densità di potenza superiori ai 10 W/cm 2, o per irraggiamento con laser pulsati di durate superiori ai microsecondi. Gli effetti termici su tessuto biologico sono quindi: ipertermia, coagulazione, carbonizzazione e vaporizzazione. 7

8 E quindi importante classificarli singolarmente, ma anche definire, come verrà fatto nel seguito, le condizioni di irraggiamento che permettono di controllare il volume affetto dalle modificazioni di natura termica. REGIME IPERTERMICO (43-45 C, INTERVALLO IPERTERMICO) Il primo effetto ipertermico subito dalla biomateria è la denaturazione (rottura dei legami idrogeno) delle biomolecole e dei loro aggregati (proteine, collagene, lipidi, emoglobina). Intorno 45 C si osservano cambiamenti conformazionali, rotture di legami, alterazioni delle membrane. Le singole cellule ed i vari tessuti riscaldati a temperatura di C possono tollerare il danneggiamento solo in via temporanea. Il danno diventa irreversibile (morte cellulare) dopo tempi di esposizione prolungati, che possono variare da 25 minuti ad alcune ore, in dipendenza del tipo di tessuto e delle condizioni di irraggiamento. Nel caso di cellule di natura oncologica la mortalità è particolarmente alta in questo regime termico. REGIME COAGULATIVO Per temperature superiori a quella di denaturazione, hanno luogo processi di necrosi (cellulare) coagulativa e di vacuolizzazione. Tra 50 e 60 C vengono modificate (ridotte) le attività enzimatiche, e ha inizio una cospicua denaturazione delle macromolecole (quali proteine, collagene, lipidi, emoglobina), che è alla base del processo di coagulazione. Importante è la denaturazione del collagene, proteina fibrosa largamente 8

9 diffusa nei mammiferi composta da quattro catene polipeptidiche unite a formare una struttura bielica. L'aumento di temperatura distrugge l'organizzazione spaziale delle catene macromolecolari, le spire si distribuiscono in modo casuale, producendo una vistosa contrazione strutturale delle fibre di collagene. La denaturazione termica e la contrazione delle proteine intercellulari, ed un possibile collasso dei citoscheletro, producono il restringimento delle cellule coagulate. La rottura delle membrane diventa predominante nelle cellule di tutti i tipi quando risultino seriamente danneggiate per effetto termico. Infine, nei tessuti ove esiste a livello cellulare un elevato ordine spaziale come nel tessuto muscolare, origine in genere di proprietà di birifrangenza ottica, la denaturazione proteica sconvolge questa struttura regolare, con perdita delle relative proprietà ottiche. Questi processi di fotocoagulazione sono utilizzati ad esempio in chirurgia oculistica per la riduzione dei distacchi di retina ed in dermatologia per il rimaneggiamento delle fibre collagene. EFFETTI DI TEMPERATURA MEDIO- ALTA ( 100 C) Gli effetti sono essenzialmente quelli dominati dalla presenza di acqua. Assumiamo, molto qualitativamente, a 100 C l'inizio del processo di vaporizzazione, prevalentemente dovuto al riscaldamento dell'acqua libera nei tessuti. Per irraggiamento continuo, il riscaldamento tissutale è caratterizzato da: - assorbimento di energia per la transizione di fase liquido-vapore, - disseccamento del tessuto, - formazione di vacuoli di vapore all'interno del tessuto - rapida espansione dei vacuoli di vapore. 9

10 Il danno che ha luogo in queste condizioni, oltre che alle componenti puramente termiche, può avere contributi di tipo meccanico, anche nel caso di irraggiamento con laser continui. Le bolle macroscopiche (vacuoli), infatti, che si formano nelle zone più calde del tessuto al di sotto della superficie irraggiata, comprimono il tessuto per il notevole aumento di volume associato alla trasformazione liquido - vapore allorché si raggiunge la pressione critica, le sottili pareti dei vacuoli si rompono ed essi si riuniscono a formare agglomerati di dimensioni maggiori. Prolungando l'irraggiamento, le bolle si espandono fino a causare eventi di rottura esplosiva (effetto pop-corn). La rottura dei vacuoli in superficie permette al vapore acqueo di uscire all'esterno, producendo un momentaneo raffreddamento della superficie. L analisi istologica degli effetti indotti dall'effetto pop-corn indica che i crateri superficiali così prodotti non sono dovuti a perdita di massa tessutale, ma alla formazione, espansione, e rottura di agglomerati di vacuoli. La rimozione di tessuto caldo espone all'irraggiamento uno strato più freddo, che rimane approssimativamente a 100 C per il tempo che impiega l'irraggiamento a disidratare il tessuto. La perdita d'acqua diminuisce la conducibilità termica locale e limita la conduzione del calore alle aree circostanti. Quando l'acqua presente nelle cellule è completamente evaporata, la temperatura tessutale aumenta rapidamente fino a circa 300 C. Siti di nucleazione si formano in superficie e il tessuto brucia e carbonizza. La vaporizzazione insieme alla carbonizzazione dà luogo alla decomposizione dei costituenti tessutali. 10

11 SORGENTI LASER ABLATIVE: LASER CO2 CONTINUO E PULSATO. Il mezzo laser è costituito da una miscela gassosa di anidride carbonica (CO 2 ), azoto ed elio: il materiale attivo è l anidride carbonica. L impiego del laser in dermatologia viene generalmente collegato al calore laserindotto. Quando questo surriscaldamento tissutale è indotto rispettando i principi della fototermolisi selettiva si possono raggiungere effetti molto precisi sui tessuti. I principi basilari della fototermolisi selettiva sono che la luce laser assorbita dal cromoforo lo riscalda e tale calore è confinato nel cromoforo da una durata d impulso più breve del tempo di rilassamento termico (raffreddamento) del tessuto bersaglio. Il cromoforo che assorbe le lunghezze d onda di 10,600 nm del laser a CO2 è l acqua. La profondità di penetrazione di questa lunghezza d onda nel tessuto è dunque dipendente solo dal contenuto d acqua: pigmentazione e vascolarizzazione sono irrilevanti. La lunghezza di estinzione, o la densità, dell acqua che assorbe il 90% dell energia radiante del raggio incidente per il laser CO2 è approssimativamente 30 μm. La temperatura di evaporazione o di ebollizione dell acqua ad un atmosfera di pressione è 100 C. Quando il laser CO2 viene utilizzato nella modalità continua ad una potenza modesta per l evaporazione, la temperatura della superficie della pelle fluttua ciclicamente fra C. durante l ablazione. Le bruciature accadono a causa dell estremo calore del tessuto distaccato, che carbonizza. Gli effetti immediati sul tessuto sono dipendenti dalla dimensione del punto trattato dalla potenza, e dalla velocità con cui il raggio laser viene mosso lungo la superficie del tessuto. Quando viene impiegato un raggio con un diametro molto piccolo di μm, possono venire raggiunte irradiazioni molto grandi che provocano una 11

12 rapida vaporizzazione dei tessuto. In ogni caso, a meno che il raggio non venga mosso rapidamente lungo la superficie del tessuto, si hanno disseccamento, bruciature, e diffusione del calore. Quando si utilizza un raggio di dimensioni maggiori di 2mm, non si ottiene la vaporizzazione, bensì una bruciatura. La potenzialità di un profondo danno termico aumenta a causa della necessità di applicare radiazioni basse per lunghi periodi di sosta sul tessuto per ottenere la vaporizzazione o visibili effetti termici. In tutte queste situazioni, il tempo di interazione laser-tessuto è il fattore critico che determina la profondità del danno termico residuo. Sebbene l energia l. penetri solo 30 μm o all incirca e venga assorbita entro quello strato, la coagulazione termica si ha ad una profondità di oltre 1 mm a causa della diffusione del calore. La capacità del laser CO2 di fotocoagulare i vasi sanguigni minori di 0,5 mm di diametro, e di sigillare piccoli vasi linfatici e terminazioni nervose, ha permesso il raggiungimento di una chirurgia virtualmente incruenta con meno edemi e dolori postoperatori.. Per controllare la profondità del danno termico sul tessuto, il raggio del laser CO2 ad onde continue deve avere una permanenza temporale sul tessuto minore del tempo di rilassamento termico: diversamente l energia deve essere sprigionata in un impulso più breve di questo periodo. Il tempo di rilassamento termico dello strato di tessuto di 30 μm scaldato dal l. CO2 è stato calcolato essere minore di 1 msec. 12

13 I laser ad anidride carbonica superpulsati vennero sviluppati per liberare picchi di potenza 2-10 volte più elevati, e durate di impulso volte più brevi, dei convenzionali laser LE CICATRICI ACNEICHE La cicatrice è il prodotto finale di una fase di riorganizzazione di un tessuto leso. Dunque la cicatrizzazione è l insieme dei processi biologici che contribuiscono alla chiusura di una ferita e riguarda tutte le strutture del corpo umano: si parla di cicatrici cutanee se la lesione interessa la cute, invece di aderenze qualora il danno riguardi tessuti sottostanti (strappi muscolari, cicatrici cutanee profonde.) La pelle è organizzata in diversi strati: l epidermide, più superficiale, si moltiplica continuamente dando luogo al ricambio cutaneo, mentre il derma è costituito da fibre elastiche e collagene, contenuti in una sostanza semifluida formata da vari tipi di cellule, tra le quali i fibroblasti, fondamentali per il processo di cicatrizzazione. Quando la pelle subisce una lesione, il nostro organismo si attiva per riparare al danno, producendo nuove fibre di collagene: se la lesione ha interessato lo strato superficiale della pelle, tale processo non lascerà segni rilevanti. Le cose cambiano invece se risultano essere coinvolti anche gli strati più profondi della cute: in questo caso la tendenza sarà quella di formare una cicatrice piuttosto visibile. Le cicatrici determinano un interruzione del continuum della pelle e dei tessuti sottostanti (muscolare e nervoso), fino ad incidere anche sul funzionamento fisiologico 13

14 degli organi. Hanno conseguenze meccaniche, energetiche e neurologiche, sia a livello locale sia globale. CAUSE DI CICATRICI ACNEICHE. Le cicatrici acneiche si formano in seguito ad un danno tissutale. In pratica esse rappresentano l esito visibile del danno e della conseguente, successiva riparazione dei tessuti. Nel caso specifico della patologia acneica, il danno è connesso con la risposta infiammatoria dell organismo, che s instaura a seguito dell accumulo di batteri, sebo e cellule apoptotiche a livello del follicolo sebaceo. Quando i tessuti sono danneggiati, l organismo intraprende un processo riparativo a livello della lesione ed in tale processo svolgono un ruolo fondamentale i leucociti e le citochine infiammatorie, che agiscono con lo scopo di ottenere la riparazione dei tessuti e di prevenire le sovrainfezioni. In talune circostanze, questo processo riparativo può però determinare la formazione di un ulteriore lesione che, a sua volta può essere rappresentata da una cicatrice fibrotica o da un erosione tissutale. In particolare, nei soggetti che mostrano suscettibilità maggiore alla formazione di cicatrici, i leucociti e le citochine permangono a livello della lesione acneica per parecchi giorni o per alcune settimane. Il risultato di quest anomala persistenza è, appunto, la formazione della cicatrice acneica. Generalmente le cicatrici acneiche si correlano più frequentemente, con la presenza di severe forme di acne, in particolare con quelle caratterizzate dalla presenza di lesioni infiammatorie di tipo nodulo- cistico, situate in profondità. 14

15 In realtà però la cicatrizzazione può avvenire anche nelle forme più lievi e nelle lesioni più superficiali, seppur con una minore incidenza. PREVENZIONE DELLE CICATRICI ACNEICHE. Innanzitutto va ricordato che è molto difficile prevedere il decorso del processo di cicatrizzazione nei diversi soggetti. In particolare è difficoltoso riconoscere i soggetti con maggiore suscettibilità alla formazione delle cicatrici e la profondità e la durata di persistenza delle stesse. In ogni caso la metodica che necessariamente dev essere intrapresa per almeno limitarne l estensione è rappresentata dal trattamento precoce e mirato della patologia acneica. TIPI DI CICATRICI ACNEICHE Generalmente si possono riconoscere due differenti tipi di cicatrici post-acne, classificabili sulla base della risposta tissutale al processo infiammatorio. -cicatrici correlate con un aumentata proliferazione tissutale; -cicatrici correlate con una perdita dei tessuti. Cicatrici causate da una proliferazione tissutale. 15

16 Queste lesioni sono rappresentate dalle cicatrici ipertrofiche e dai cheloidi. I cheloidi e le cicatrici ipertrofiche sono condizioni patologiche conseguenti ad un processo di guarigione tessutale abnorme legato ad un eccessiva produzione di tessuto cicatriziale. Queste due entità, talvolta indistinguibili clinicamente nelle fasi iniziali di malattia, differiscono l una dall altra nella forma conclamata per alcune caratteristiche: colorito, consistenza, forma, sedi, sintomatologia ed aspetti evolutivi. Il cheloide Si definisce cheloide la proliferazione benigna di tessuto fibroso conseguente ad un insulto traumatico cutaneo; il termine deriva dal greco chele e si riferisce all aspetto simile alla chela del granchio. Deriva dal processo riparativo aberrante conseguente alla tendenza del tessuto cicatriziale ad estendersi al di fuori del tessuto riparato verso il tessuto normale perilesionale con formazione di estensioni che ricordano, appunto, le chele del granchio. La prima descrizione del cheloide risale ad Alibert nel 1806 il quale la interpretò come una forma tumorale (Alibert JLM. Descrition des maladies de la peau observies a l hospital Saint-lauest et exposition melleireues methodes suivee pour leur traitement. Paris: Barrots L Ainé et Fils, 1806 :113.). La formazione di un cheloide è generalmente graduale ed il tempo che intercorre fra il danno e la sua formazione è estremamente variabile raggiungendo in alcuni casi mesi o anni; anche minimi traumi possono determinarne la formazione.la lesione si presenta come una formazione irregolare, in placca, di varie dimensioni. Il cheloide può presentarsi come una formazione esuberante eritematosa o diversamente pigmentata, 16

17 che presenta nel suo contesto aree di colore perlaceo. Numerose sono le condizioni cliniche e genetiche che ne determinano la comparsa: il fototipo scuro (neri ed ispanici), la gravidanza, la pubertà, la familiarità ed un anamnesi positiva per cheloidi, la presenza di severe cicatrici post-acneiche, emogruppo di tipo A ecc. Alcune aree corporee rappresentano siti caratterizzati dalla formazione più frequente di cheloidi: la parte superiore del dorso, le spalle, la porzione antero-superiore del torace (regione presternale), la porzione prossimale degli arti superiori, ma non deve essere dimenticato che anche alte zone possono presentare ugualmente evoluzione di un danno cutaneo in cheloide Fig.1 La cicatrice ipertrofica Le cicatrici ipertrofiche sono distinguibili dal cheloide per le diverse caratteristiche temporali di evoluzione e di crescita e per un decorso clinico meno aggressivo. Compaiono, infatti, più velocemente dopo il danno cutaneo e l estensione del tessuto cicatriziale è limitata al tessuto danneggiato risparmiando il tessuto sano circostante. Compaiono più frequentemente su grosse aree danneggiate come nel caso di ustioni e si appianano spontaneamente in 1-2 anni dalla formazione. Le cicatrici ipertrofiche si 17

18 presentano comunemente come lesioni in placca, di aspetto eritematoso o di colore biancasto. Spesso, a causa della frequente remissione spontanea, non richiedono terapia e a differenza del cheloide non evocano dolore o altri sintomi soggettivi né alla digitopressione, né spontaneamente. L eziopatogenesi delle cicatrici ipertrofiche e dei chelodi è tuttora sconosciuta e la fisiopatologia della formazione di un tessuto cicatriziale in eccesso è complessa. Ciò che sembra essere evidente dalla letteratura più recente è che i meccanismi fisiopatologici della formazione delle due lesioni abbiano in comune molti punti di partenza, ma che ad un certo momento dell evoluzione patologica nel caso del cheloide compaiono fenomeni di automantenimento e di iperattività fibroblastica invece assenti nelle cicatrici ipertrofiche. Fig. 2 Nel cheloide è stata descritto un aumento del contenuto tissutale di fibronettina. La persistenza di fibronectina nei cheloidi può essere determinata da una maggiore e prolungata attività dei fibroblasti che, sotto l azione di citochine, perseverano nella loro azione di deposito di collagene ed altri elementi costitutivi lo stroma dermico anche dopo che la normale cicatrizzazione del danno è avvenuta. Sia nel cheloide che nelle 18

19 cicatrici ipertrofiche si evidenzia un aumentato numero di mastcellule e della formazione di collagene indotto da istamina. Per quanto concerne l istologia, nelle fasi iniziali l aspetto istopatologico sia del cheloide che delle cicatrici ipertrofiche appare simile al normale tessuto di cicatrizzazione. In entrambi i casi si passa da una fase infiammatoria ad una fase proliferativa con esagerata fibroplasia, neoangiogenesi, e formazione di collagene.la formazione di agglomerati di collagene nel derma prosegue con una più spiccata deposizione di masse collageniche nel cheloide ed un minor deposito nelle cicatrici ipertrofiche. Come evidente anche dal punto di vista clinico, il cheloide si caratterizza per una deposizione di tessuto cicatriziale anche al di fuori della sede del danno tissutale. Fig. 3: CHELOIDE. Fig. 4: CICATRICE IPERTROFICA. Cicatrici causate da perdita di tessuto. Sono innanzitutto più comuni rispetto al gruppo precedente e sono rappresentate da: 19

20 Ice pick scars, che generalmente si localizzano a livello del collo Generalmente hanno piccole dimensioni, possono essere superficiali o profonde e avere una consistenza molle o dura alla palpazione e presentano rilevate rispetto alla cute circostante. Cicatrici fibrotiche depresse, in genere hanno una grandezza moderata, consistenza dura e possono rappresentare l evoluzione delle ice- pick scars. Fig. 5 Cicatrici soffici, superficiali o profonde, hanno consistenza soffice alla palpazione, margini tondeggianti, difficilmente delimitabili dalla cute circostante. Generalmente hanno piccole dimensioni e forma lineare o tondeggiante. Fig. 6 20

21 Fig. 6 Macule atrofiche, generalmente, se localizzate a livello del volto hanno piccole dimensioni, ma possono raggiungere dimensioni di in centimetro o più, se localizzate in altre sedi. Hanno consistenza soffice, spesso una base lievemente raggrinzita. Possono avere un colorito bluastro in superficie, che tuttavia tende a virare in avorio, divenendo meno evidente. Fig. 7 Atrofia follicolare maculare, generalmente si localizza a livello del torace o della schiena. Si presenta sotto forma di lesioni di piccole dimensioni, di colorito biancastro e consistenza soffice, spesso rilevate rispetto alla cute circostante. Questa condizione è peraltro nota anche come elastosi perifollicolare e può persistere per mesi o anni. 21

22 Fig. 8 Figura 1: esempi di cicatrici da acne. Figura 2: esempi di cicatrici da acne. Figura 3: esempi di cicatrici da acne. 22

23 PARTE SPERIMENTALE SCOPO DELLA RICERCA Negli ultimi 12 mesi abbiamo eseguito numerosi test clinici-strumentali per individuare la reale efficacia di un apparecchiatura elettromedicale laser in grado di generare zone di micro danno termico a carico delle strutture dermo epidermiche, nella cura delle cicatrici da acne. Tale ricerca era volta a valutare in particolare una nuova tecnica operatoria, eseguibile con erogazione frazionata dell energia laser, che potesse creare il minor danno epidermico possibile a fronte di un adeguata contrazione e stimolazione dermica che favorisse l attenuazione o la scomparsa di cicatrici ipotrotrofiche e ipertrofiche. Venivano escluse da tale ricerca le cicatrici cheloidee ed anetodermiche. Naturalmente la procedura, che veniva eseguita a livello ambulatoriale e dunque gestita dal solo dermatologo senza l ausilio di anestesisti, doveva mostrarsi attuabile anche nella gestione del dolore intra e post-operatorio. 23

24 DISEGNO DELLO STUDIO Uno studio randomizzato aperto prevedeva di trattare un numero di 20 pazienti di età compresa tra i 25 ed i 40 anni, per il rimodellamento di lesioni cicatriziali acneiche ipo ed ipertrofiche. La metodica si doveva avvalere di un laser CO2 superpulsato che in modalità frazionata (D.O.T micron) lavorasse in modalità pseudocontinua. L applicazione clinica della sorgente elettromagnetica prevedeva un numero di 2 scansioni laser di mm 15x15 a fluenze predefinite di 30 Watt. I pazienti una volta visitati venivano preventivamente informati sia sulla metodica che si sarebbe impiegata sia sui risultati ottenibili sia sui possibili effetti collaterali temporanei e permanenti. Naturalmente all accettazione dell intervento seguiva la compilazione dell apposito modulo di consenso informato e successivamente venivano arruolati. Un ora prima della terapia laser veniva posizionata sul volto dei pazienti, in occlusiva, una crema anestetica a base di lidocaina, ed al termine dell intervento laser veniva richiesta ai pazienti una valutazione dello stimolo doloroso rispetto ad un trattamento eseguito con le medesime fluenze qualche settimana prima su un braccio per verificare la reattività pigmentogena del soggetto. Ai pazienti veniva eseguita una valutazione clinica morfofotometrica delle lesioni trattate prima dopo 10, 20, 60 e 90 giorni dal trattamento al fine di valutare il miglioramento clinico e la restituzio ad integrum del tessuto. 24

25 Al fine di valutare la tollerabilità della procedura nessun altro tipo di sedazione o anestetico veniva proposto se non la crema anestetica posizionata 1 ora prima dell intervento. Naturalmente i pazienti arruolati non dovevano sottoporsi a nessun altro tipo di terapia fisica o chimica, e si astenevano da esposizioni solari od altre sorgenti elettromagnetiche. La terapia farmacologia prescritta come pre e post trattamento era quella codificata in tutti i trattamenti di resurfacing: terapia topica con idrochinone e acido retinico, terapia orale con antibatterici e antivirali. 25

26 MATERIALI E METODI Materiali. Il laser impiegato per questa sperimentazione era come anticipato un laser a CO2 che grazie alla particolare gestione dell impulso consentiva di vaporizzare il tessuto in modo estremamente preciso, alla profondità desiderata ed allo stesso tempo confinando il danno termico alle aree interessate (FIG 1). Tale apparecchiatura a passaggi multipli esegue una vaporizzazione del tessuto per strati successivi in modo da garantire il corretto e progressivo raggiungimento dell end-point. La rimozione di piccoli strati di tessuto ( micron) consente di scendere in profondità su scale proporzionali agli strati compositivi della pelle (Epidermide, Derma Papillare, etc) (FIG.2) La modalità frazionata di erogazione di energia laser è invece resa possibile da uno scanner, D.O.T scanner, (fig.3, 4) in grado di creare, grazie a particolari lenti di focalizzazione lesioni puntiformi di circa 350 micron di diametro, gestendo tempi d impulso variabili tra gli 0.2 e i 20 msec. Interessante notare come la gestione dell impulso è gestita interamente da un dispositivo optomeccanico dal memento che nella modalità frazionata il laser Smartxide, facendo tecnologicamente passo indietro nel tempo, di ben 15 anni, lavora in modalità continua. 26

27 Durata dell impulso 500 s 50 ms 70 m 700 m 200 J/cm2 700 m Controllo preciso delle profondità, grazie alla versatilità della scelta della durata dell impulso e della densità di potenza. = Profondità di danneggiamento termico = Profondità (Coagulazione) di ablazione (Vaporizzazione) = Skin Fluenza Fig.1 Fig. 2 27

28 Fig. 3 Fig.4 Gli altri strumenti impiegati nella sperimentazione per la valutazione morfofotometrica erano: 1) Corneometro. La determinazione quantitativa "in vivo" di questo parametro con metodi strumentali non invasivi, fornisce indicazioni obbiettive, su condizioni sia fisiologiche che patologiche della cute, trovando particolare applicazione nel monitoraggio dell'effetto di trattamenti topici e/o sistemici attuati per correggere stati di alterazione del normale contenuto idrico cutaneo. 28

29 La valutazione del grado di idratazione cutanea viene effettuata mediante Corneometer CM 825 PC (Courage & Kazhaka, Koln, Germania), il cui funzionamento è basato sul metodo elettrico della capacitanza a bassa frequenza (40-75KHZ). Lo strumento consiste di un unità centrale per la registrazione dei dati connessa ad una sonda misuratrice per mezzo di un cavo flessibile. La superficie attiva per la misurazione (7x7 mm di diametro) è costituita da una rete di elettrodi rivestiti d'oro funzionanti come un condensatore, protetta da un sottile rivestimento di vetro. Il processo di misurazione viene attivato ponendo la sonda in posizione perpendicolare rispetto alla cute ed esercitando una pressione sufficiente ad accendere automaticamente lo strumento. I valori rilevati appaiono sul display digitale dell unità centrale nell arco di 1 sec., espressi in unità arbitrarie (a.u.). Il range teorico di valori forniti dallo strumento è compreso tra 0 e 130 a.u. 2) Evaporimetro. Nello strato corneo l'acqua è presente sia in forma libera sia in forma legata. Per acqua libera s intende quella che, sotto forma di vapore acqueo, si diffonde dall'epidermide verso l'ambiente esterno. Il flusso d'acqua verso l'esterno ha come significato fisiologico quello di contribuire al mantenimento dell'omeostasi termica insieme all'attività delle ghiandole sudorali eccrine. Il flusso di vapore acqueo verso l'esterno, o Trans Epidermal Water Loss (TEWL) è una funzione propria dell'epidermide ed è regolata mediante la funzione barriera dello strato corneo. Si è 29

30 osservato che la TEWL è in funzione dell'integrità sia della componente lipidica che della componente proteica dello strato corneo. La TEWL varia nelle differenti aree corporee in base allo spessore dello strato corneo, alla diversità del contenuto lipidico, ma è in particolare influenzata dallo stato di salute della pelle. Infatti, negli stati clinici di xerosi cutanea tale parametro risulta aumentata, così come nelle alterazioni artificialmente indotte della funzione barriera (stripping corneo, estrazione lipidica). Il monitoraggio di questo parametro biofisico mediante evaporimetria è pertanto utilizzato nello studio della funzione di barriera nelle suddette condizioni e per valutare l'efficacia dei trattamenti topici impiegati per la riparazione del danno cutaneo o per prevenire la comparsa o l'esacerbazione delle manifestazioni cliniche. La quantità d'acqua che evapora dalla superficie della pelle per disperdersi nell'ambiente (nota col termine di TEWL) può essere misurata con l'ausilio degli evaporimetri. In questo studio verrà utilizzato un evaporimetro DermaLab basato sul metodo della camera aperta all'atmosfera ambientale. La TEWL è calcolata da una coppia di igrosensori orientati posti all'interno della camera stessa, che rilevano il flusso di vapore acqueo attraverso una determinata unità di superficie, mediante le variazioni di concentrazione di acqua nell'atmosfera prossima allo strato corneo. Il DermaLab è costituito da un'unità centrale per la registrazione dei dati e di una sonda di rilevazione, la cui testa misurante è costituita da una camera aperta di forma cilindrica, in cui l aria può fluire liberamente, che copre un'area cutanea pari a 10 mm di diametro. Questa viene poggiata sulla cute per un intervallo di tempo che varia da 1 a 250 sec. In due punti posti verticalmente, sono situate due coppie di trasduttori: una per la misurazione 30

31 dell'umidità e l'altra per la misurazione della temperatura ambientale. Lo strumento calcola, dapprima, la pressione di vapore acqueo a ciascuna delle due distanze dalla superficie ed il relativo gradiente e da questo, infine, ricava il tasso di evaporazione. Quest'ultimo rappresenta il valore che compare sul display ed è espresso in grammi/metro 2 /ora con una risoluzione di 0.1 g/m2/h. 3) Sebometro. Strumento che utilizza una metodica non invasiva, a sua volta, impiegata per valutare quantitativamente il sebo presente sulla superficie cutanea. Il sebo è costituito soprattutto dal secreto delle ghiandole sebacee, delle ghiandole sudoripare e dai lipidi presenti nello strato più superficiale dell epidermide; è quindi una sostanza complessa soggetta all influenza di numerosi fattori fra cui gli agenti esterni, ambientali, gli effetti dovuti all uso di prodotti topici cosmetici e farmaceutici, ecc. Variazioni nella sua composizione e nella sua fluidità sono state osservate in presenza di cute seborroica. La cute seborroica si presenta all esame obiettivo con un colorito grigiastro in quanto ispessita (ipercheratosi dello strato corneo), opaca, con osti follicolari dilatati. Si 31

32 possono anche notare microcisti. In questo caso la secrezione sebacea non sarebbe alterata solo dal punto di vista quantitativo, ma anche dal punto di vista qualitativo in seguito ad un difetto intrinseco nelle vie deputate alla biosintesi lipidica. Con analisi biochimiche si è notato: - aumento della quota assoluta di lipidi di superficie - aumento relativo delle quote di colesterolo libero, trigliceridi, paraffine - diminuzione di acidi grassi liberi ed un aumento del rapporto acidi grassi saturi/ acidi grassi insaturi In particolare un aumento della fluidità del sebo ne comporterebbe una maggiore fuoriuscita dalla ghiandola sebacea e una sua aumentata dispersione sulla superficie cutanea: verrebbe meno di conseguenza il grado di tensione superficiale, fattore importante nell inibizione della secrezione sebacea. La valutazione sebometrica viene effettuata mediante Sebumeter SM 810. Il principio su cui si basa questo strumento è quello della fotometria della macchia di grasso ed è insensibile all umidità. Un nastro sintetico opaco viene posto a contatto con la superficie cutanea per 30 secondi ed assume un grado di trasparenza direttamente proporzionale alla quantità di grasso che viene absorbita. Il fotometro (sito all interno dell apparecchio) legge il nastro prima e dopo il contatto con la cute, fornendo così la quantità di sebo per cm 2 di cute. 32

33 Metodo Una volta rimossa la crema anestetica posta in occlusiva almeno 1 ora prima, la cute detersa e disinfettata veniva valutata fotomorfometricamente: si eseguivano delle macrofotografie e delle rilevazioni sebometriche, corneometriche e di TEWL. Solo al termine delle valutazioni clinico strumentali si procedeva all erogazione dell energia laser in modo frazionato sulle lesioni cicatriziali acneiche rispettando tempi e d impulso e spaziature riportati in tabella 1 tali parametri nascevano dalle conoscenze acquisite sia attraverso i dati di letteratura che dalle precedenti esperienze cliniche con i resurfacing tradizionali. (Tab1) Come si può evincere dai dati riportati in tabella tutti pazienti venivano trattati con una fluenza energetica di 30 Watt e un ampiezza di impulso di 500 msec. Unica differenza era la spaziatura tra le varie MZT create, infatti, avendo trattato fotipo 1 e 2 si decise per allontanare il rischio di iperpigmentazione post infiammatoria di adottare per i fototipi 2 una spaziatura maggiore: 600 micron. Al termine della terapia fisica i pazienti venivano medicati con ungento antibiotico in occlusiva solo per le 24 ore successive e poi continuavano la medicazione topica libera a base di antibiotico per i 5 giorni successivi. La sospensione delle medicazioni topiche doveva avvenire almeno 2 giorni prima della prima rilevazione morfofotometrica che come già detto veniva ripetuta ad intervalli prestabiliti. 33

34 Ad un primo controllo ed a quelli successivi il medico ed il paziente compilavano una scheda di valutazione soggettiva del miglioramento clinico secondo una scala numerica predefinita (0= nessun miglioramenti; 2= stabile; 3=lieve miglioramento; 4=importante miglioramento; 5=risoluzione della patologia) Sempre durante i controlli programmati venivano raccolti i dati strumentali per verificare l andamento dell eritema (colorimetria), della funzionalità e integrità dermoepidermica (TEWL, CORNEOMETRIA e SEBOMETRIA) Tab.1 Paziente Tipo di Fototipo Fluenza D.O.T TIME Passaggi lesione Paz 1 CIPO 1 30 Watt sec 2 Paz 2 CIPO 1 30 Watt sec 2 Paz 3 CIPO 2 30 Watt sec 2 Paz 4 CIPO 2 30 Watt sec 2 Paz.5 CIPO 2 30 Watt sec 2 Paz. 6 CIPO 2 30 Watt sec 2 Paz.7 CIPE 1 30 Watt sec 2 Paz. 8 CIPE 1 30 Watt sec 2 Paz.9 CIPE 1 30 Watt sec 2 Paz.10 Esame Istologico 2 30 Watt sec 2 34

35 RISULTATI I risultati ottenuti mostravano un miglioramento clinico evidente sia da parte del medico che del paziente dopo solo 10 giorni (primo controllo) dal trattamento. Purtroppo questa chimera clinica era indotta dall edema post trattamento ed in effetti dopo 20 (secondo controllo) la valutazione sia del paziente che del medico crollava su valori negativi. Negli ultimi due controlli invece a 60 e a 90 giorni il miglioramento clinico rilevato era notevole sino ad attestarsi al massimo del miglioramento clinico valutabile senza però raggiungere né per la valutazione medica né per quella del paziente la risoluzione totale del problema T T T T T ,5 3 2,5 2 1,5 1 0, T0 T10 T20 T30 T60 A quest andamento clinico corrispondevano interessanti dati strumentali. 35

36 Dopo solo 10 giorni dal trattamento l eritema (colorimetria) si attestava a livelli più alti ma del tutto accettabili rispetto al basale per normalizzarsi e rimanere assolutamente stabile dopo il secondo controllo (20 giorni). Colorimetria T0 7,9 8 6,5 7 10,2 7 8,3 8,2 10,4 7,4 T10 8,3 8,3 6,7 7,5 10,8 6,9 8,4 8,4 10,8 7,4 T20 5,4 8 6,4 6,8 9,5 6,8 7,8 7,5 9,3 7,2 T30 5,5 8 6,3 6,7 9,3 6,8 7,8 7,4 9,3 7,1 T60 5,4 8 6,2 6,7 9,2 6,7 7,7 7,4 9,3 7, T0 T10 T20 T30 T

37 La corneometria e la TEWL miglioravano progressivamente nei primi controlli (10 20 giorni) e si normalizzavano completamente dopo il 3 controllo (30 giorni). Corneometria T0 34, ,5 34,25 39,5 31, ,25 36 T10 34,0 34,30 33,8 32,30 37,7 30,0 34,8 38,0 33,6 34 T20 33,35 33,00 33,4 32,00 36,7 30,0 34,6 37,5 33,4 34,5 T30 33,30 32,80 32,0 31,8 36,4 29,9 33,6 37,3 32,8 33,7 T60 33,25 32,90 32,0 31,7 36,0 29,9 33,7 37,0 32,8 33, T0 T10 T20 T30 T60 TEWL T0 24,5 11,5 12,8 14,8 15,9 12,3 13,6 13,2 13,0 14,3 T10 23,9 11,3 12,00 13,7 15,0 12,0 13,2 12,8 12,8 13,8 T20 23,0 11,2 11,80 13,5 14,8 11,8 13,0 12,6 12,7 13,6 T30 22,7 11,0 11,6 13,4 14,7 11,7 12,8 12,5 12,5 13,6 T60 22,6 11,0 11,5 13,4 14,8 11,5 12,7 12,5 12,6 13,4 37

38 T0 T10 T20 T30 T La sebometria invece dopo un iniziale picco dopo il primo controllo (10 giorni) si riduceva drasticamente per rimanere al disotto dei valori basali già dopo il secondo controllo e per tutto il periodo di follow up. Sebometria T T T T T

39 T0 T10 T20 T30 T

40 DISCUSSIONE I dati di letteratura mostravano come per i trattamenti di resurfacing sino ad oggi eseguiti in modalità standard superpulsata, ovvero utilizzando spot di generose dimensioni superiori ai 2 mm di diametro con fluenze energetiche superiori ai 250 mj si potevano ottenere vaporizzazioni ad una profondità di micron con un danno termico residuale dai 100 ai 120 micron per singolo passaggio. Dunque un controllato danno dermo-epidermico totale, da un punto di vista spaziale, con quasi assoluta assenza di danno termico aspecifico. La filosofia d impiego dei laser in modalità frazionata stravolge completamento il concetto di resurfacing; da un erogazione energetica orizzontale si passa un erogazione verticale in modalità puntiformi e pseudocontina in grado di preservare interi spazi di epidermide e favorendo una denaturazione collagenica per diffusione termica delle colonne di luce. In particolare i settaggi del laser preso in esame consentono lesioni puntiformi di circa 350 micron di diametro, con tempi di impulso di 500 msec ed una spaziatura di 600 micron tra una MZT ed un altra che mostrano alla valutazione istologica a fronte di un danno limitato a livello epidermico una denaturazione proteica più omogenea a carico del collagene con aree di maggior danno lungo le colonne di MZT. VALUTAZIONE ISTOLOGICA: -risultati. 40

41 ISTOLOGIA 1 E 2. Non si rilevani significative alterazioni morfologiche apprezzabili, fatte salve alcune immagini, peraltro estremamente limitate, di focale vacuolizzazione epidermica. L evidente fenomeno di degenerazione del collageno dermico appare sede-correlato e non riconducibile a trattamento ablativo mediante laser. ISTOLOGIA 3. Anche in questo caso non si evidenziano significative alterazioni, ad eccezione della già menzionata vacuolizzazione delle cellule epidermiche. La presenza di degenerazione basofila del collageno appare anche in questo caso sedecorrelata e non riferibile al trattamento laser. 41

42 ISTOLOGIA 4 E 5. Rispetto alle precedenti tempistiche applicative si evidenzia, oltre ad una deposizione non specifica (prelievo-correlata) di èmazie in sede sub-epidermica, la presenza di significative modificazioni epidermiche caratterizzate da spiccata vacuolizzazione del basale che focalmente appare distaccarsi in lembi con formazione di fissurazioni ed iniziali bolle. In alcune aree si apprezza inoltre un certo grado di edema del derma con dissociazione dei fasci collagene, questi ultimi con degenerazioni attiniche interpretate, anche in questo caso, come sede correlate. 42

43 Clinicamente, tutto ciò si traduce in un assenza di ferita aperta ed in un tempo di guarigione assolutamente più rapido, con effetti collaterali transitori minimi. La lettura dei dati strumentali ci riporta infatti ad alcune considerazioni: già dopo solo 10 giorni l indice eritematogeno cutaneo si era normalizzato e mai nei controlli successivi si è avuto un innalzamento preoccupante dell Indice di Melanine a conferma che gli stati infiammatori indotti da tale metodica sono decisamente inferiori rispetto ai resurfacing tradizionali dove eritemi prolungati (3 mesi) e iperpigmentazioni post infiammatorie sono estremamente frequenti. Al 3 controllo i valori di superficie erano completamente normalizzati a dimostrazione che la compattezza e la ristrutturazione dermoepiidermica erano avvenute in un tempo assolutamente fisiologico. Da ultimo estremamente interessante, il dato sebometrico che a fronte di un rebound post trattamento, probabilmente aggravato dalla condizione occlusiva dell ungento, mostra una diminuzione importante probabilmente indotta dall effetto termico aspecifico sulle strutture annessiali dermiche. 43

44 CONCLUSIONE. Lo studio sperimentale condotto, consente di dimostrare l efficacia del laser CO2 superpulsato utilizzato in modalità frazionata (D.O.T micron) e in modalità pseudocontinua nel trattamento delle cicatrici acneiche. In particolare sono stati trattati 20 pazienti di età compresa tra i 25 ed i 40 anni che mostravano lesioni cicatriziali acneiche ipo ed ipertrofiche. Ricordiamo peraltro che la filosofia d impiego dei laser in modalità frazionata stravolge completamento il concetto di resurfacing; da un erogazione energetica orizzontale si passa un erogazione verticale in modalità puntiformi e pseudocontina in grado di preservare interi spazi di epidermide e favorendo una denaturazione collagenica per diffusione termica delle colonne di luce. In particolare i settaggi del laser preso in esame consentono lesioni puntiformi di circa 350 micron di diametro, con tempi di impulso di 500 msec ed una spaziatura di 600 micron tra una MZT ed un altra che mostrano alla valutazione istologica a fronte di un danno limitato a livello epidermico una denaturazione proteica più omogenea a carico del collagene con aree di maggior danno lungo le colonne di MZT. Clinicamente, tutto ciò si traduce in un assenza di ferita aperta ed in un tempo di guarigione assolutamente più rapido, con effetti collaterali transitori minimi. Inoltre l utilizzo di strumenti tra cui: sebometro, corneometro e colorimetro, ha consentito di dimostrare che gli stati infiammatori indotti da tale metodica sono decisamente inferiori rispetto ai resurfacing tradizionali dove eritemi prolungati (3 mesi) e iperpigmentazioni post infiammatorie sono estremamente frequenti. 44

45 Peraltro anche le valutazioni soggettive dei pazienti, sia per quanto concerne la tollerabilità, sia per quanto concerne il miglioramento visibile delle lesioni cicatriziali, indicano l efficacia del trattamento. 45

46 ICONOGRAFIA Foto 1.: prima Foto 2.: dopo Foto 3.: prima 46

47 Foto 4.: durante Foto 5.:dopo Foto 6. 47

48 Foto 7.: prima Foto 8. 48

49 Foto 9.: durante Foto 10. Foto 11.: dopo 49

50 Foto 12.: prima Foto 13. Foto 14.: dopo 50

51 Foto 15. Foto

52 Foto 17. Foto 18.: prima 52

53 Foto

54 Foto 20.: dopo Foto 21 54

55 BIBLIOGRAFIA 1. Srkar R, Charandeep K, Bhalla M, Kanwar A. The combination of glycolic acid peels with topical regimen in the treatment of melasma in dark skinned patients: a comparative study. Dermatol Surg 2002;28: Hurley ME, Guevara IL, Gonzales RM, Pandya AG. The efficacy of glycolic acid peels in the treatment of melasma. Arch Dermatol 2002;138: Fitzpatrick RE, Goldman MP, Ruiz-Espraza J. Laser treatment of benign pigmented epidermal lesions using a 300 nanosecond pulse and 510-nm wavelength. J Dermatol Surg Oncol 1993;18: Taylor CR, Anderson RR. Ineffective treatment of retractory post inflammatory hyperpigmentation by Q Switched ruby laser. J Der-matol Surg Oncol 1994;20: Wang C, Hui C, Sue Y, et al. Intense pulse light for the treatment of refrac-tory melasma in Asian patients. Dermatol Surg 2004;30: Nouri K, Bowes L, Chartier T, et al. Combination treatment of melasma with pulse CO2 laser followed by Q switched alexandrite laser: a pilot study. Dermatol Surg 1999;25:

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