Prevenzione e sicurezza nei nuovi ambienti di lavoro

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1 Prevenzione e sicurezza nei nuovi ambienti di lavoro dematerializzazione del posto di lavoro al tempo dei Google glass, SmartEyeglass e 3D Print di Paola Vitaletti SMART WORKING, letteralmente lavoro agile, flessibile, indica un modello organizzativo del lavoro che si sta sempre più imponendo, non senza difficoltà anche in Italia, grazie all uso diffuso delle nuove tecnologie in moltissimi settori. Gli attuali livelli tecnologici e diffusione degli strumenti di comunicazione rendono possibile rivedere l organizzazione del lavoro per un grandissimo numero di aziende. Molte imprese, per ragioni correlate alla crisi economica, ne hanno iniziato a percepire il valore anche come strumento di reazione agli effetti negativi che questa comporta, per cogliere l obiettivo del risparmio sui costi di produzione. Esigenza questa che, in ogni caso, si coniuga con la maggiore attenzione rivolta alle risorse umane di cui l azienda dispone, alla loro sicurezza ed alla qualità della loro vita (familiare e/o relazionale) spesso resa complessa, se non addirittura compromessa, dall attività lavorativa. Ciò nella prospettiva che un mercato del lavoro flessibile deve migliorare la qualità, oltre che la quantità dei posti di lavoro, rendere più fluido l incontro tra obiettivi e desideri delle imprese e dei lavoratori e consentire ai singoli individui di cogliere le opportunità lavorative più proficue (così executive summary, pag. VIII LIBRO BIANCO SUL MERCATO DEL LAVORO IN ITALIA - PROPOSTE PER UNA SOCIETÀ ATTIVA E PER UN LAVORO DI QUALITÀ, Min. Lavoro e Politiche sociali, ottobre 2001, redatto da un gruppo di lavoro coordinato da Maurizio Sacconi e Marco Biagi).

2 Sebbene prevalente, sarebbe errato identificare il sistema di Smart Working esclusivamente con la prestazione lavorativa di chi opera nell ambito dei settori Information and Communication Technology. Allo stesso modo, nel nostro ordinamento la disciplina del telelavoro non deve ritenersi limitata alle sole prestazioni di attività lavorativa eseguite nell ambito dei settori dell informatica o telematica (elaborazione software, web marketing, web designer, social media manager, ecc.). Ma cosa si intende con il termine telelavoro? Come evidenziato in un Progetto di Ricerca che risale al 2009, finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed avente ad oggetto Lavoro in ambiente domestico, telelavoro e lavoro a progetto: linee guida e buone prassi per la prevenzione dai rischi, anche in chiave comparata, alla luce della riforma del mercato del lavoro in Italia (cfr. il termine telelavoro, coniato nel 1973 negli USA identifica quel tipo di attività caratterizzata dall impiego di tecnologie informatiche-telematiche e dalla lontananza dalla sede principale dell azienda. Secondo la citata ricerca, stante l assenza di una definizione normativa, pregevole è la definizione di telelavoro proposta dalla European Foundation di Dublino, che lo definisce come «ogni forma di lavoro svolta per conto di un imprenditore o un cliente da un lavoratore dipendente, un lavoratore autonomo o un lavoratore a domicilio, che è effettuata regolarmente o per una quota consistente del tempo di lavoro da una o più località diverse dal posto di lavoro tradizionale, utilizzando tecnologie informatiche e/o delle telecomunicazioni». Diversa la definizione contenuta nel DPR 8 marzo 1999 n. 70, Regolamento recante la disciplina del telelavoro nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell art. 4, comma 3, legge 16/06/1998 n. 191 (in G.U. Serie Generale n. 70 del 25/03/1999), ove per telelavoro si intende la prestazione di lavoro eseguita dal dipendente di una delle amministrazioni pubbliche di cui all articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in

3 qualsiasi luogo ritenuto idoneo, collocato al di fuori della sede di lavoro, dove la prestazione sia tecnicamente possibile, con il prevalente supporto di tecnologie della informazione e della comunicazione, che consentano il collegamento con l amministrazione cui la prestazione stessa inerisce (art. 2, co. 1, lettera A). Nel settore privato, invece, è l articolo 1, comma 1, dell Accordo interconfederale del 9 giugno 2004 che definisce il telelavoro come «una forma di organizzazione e/o di svolgimento del lavoro che si avvale delle tecnologie dell informazione nell ambito di un contratto o di un rapporto di lavoro, in cui l attività lavorativa che potrebbe anche essere svolta nei locali dell impresa, viene regolarmente svolta al di fuori dei locali della stessa». Senza entrare nel merito degli aspetti distintivi delle tre definizioni, di cui la prima (quella elaborata dalla European Foundation di Dublino) appare comunque più ampia ed in linea con la profonda rivoluzione culturale che si auspica venga definitivamente avviata anche in Italia, due sono gli elementi qualificanti il telelavoro : 1- lo spazio fisico dove la prestazione lavorativa si esegue, diverso dal posto di lavoro tradizionalmente inteso; 2- l uso delle nuove tecnologie dell informazione e telecomunicazione. Limitando la breve analisi agli aspetti caratterizzanti il telelavoro in ambito privato (escludendo ogni valutazione riguardo l efficacia dell Accordo Interconfederale del 2004 sul piano del sistema delle fonti del diritto), si rileva che il telelavoro non rappresenta una tipologia contrattuale ma una forma in cui la prestazione lavorativa può esplicarsi e, se vi si ricorre, occorre che si rispettino le seguenti regole: - contratto in forma scritta con specifica indicazione del contratto collettivo applicato e della prestazione lavorativa affidata; - carattere volontario (art. 2 Acc. Interconf. 2004): concorde volontà delle parti (datore di lavoro e lavoratore) a sottoscriverlo. E possibile farvi ricorso all inizio oppure nel corso del rapporto ed in tal caso anche in via temporanea (dunque

4 reversibile se vi si ricorre in corso di rapporto). Se proposto dal datore di lavoro nel corso del rapporto, la mancata accettazione da parte del lavoratore non rappresenta una giusta causa di licenziamento; - rispetto da parte del datore di lavoro dei diritti spettanti in base al contratto applicato (artt. 3 e 4 Accordo 2004 cit.), nonché degli obblighi informativi (in conformità della Direttiva 91/533/CEE sull obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto di lavoro e la prova) e formativi (affinché il telelavoratore abbia cognizione degli strumenti tecnici di cui disporrà per l esecuzione della prestazione lavorativa), ai sensi dell art. 7 del citato Accordo 2004; - le misure che il datore di lavoro deve adottare per evitare l isolamento del telelavoratore rispetto agli altri lavoratori dell azienda (art. 8 co. 3 Acc citato) e con il responsabile di riferimento; al telelavoratore va garantito pari trattamento ed i medesimi diritti dei lavoratori che prestano attività lavorativa in azienda, comprese le opportunità di carriera; - il telelavoratore, dal canto suo, deve avere cura degli strumenti di lavoro affidatigli, non deve raccogliere né diffondere materiale illegale via internet (art. 6, co. 7); attenersi alle norme di legge e regole aziendali applicabili relative alla protezione dei dati (art. 4, co. 2),, tenuto conto che di regola è il datore di lavoro che sostiene i costi occorrenti a permettere lo svolgimento del telelavoro (hardware, connessione alla rete internet, software anche per protezione dei dati, ecc.), nonché attenersi alle regole aziendali sulla sicurezza (art. 7); - rispetto delle regole da parte del datore di lavoro quale responsabile della salute e sicurezza professionale del telelavoratore ai sensi della L. 81/2008 (c.d. T.U. sulla sicurezza).

5 La normativa sulla prevenzione e sicurezza che tutela i telelavoratori. Sul piano normativo, considerato che il telelavoro in una prima esplicazione può rientrare nell ambito del lavoro a domicilio, il primo riferimento è rappresentato Legge 18/12/1973 n. 877 (in G.U. 05/01/1974, n. 5, Serie Generale) Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio, come modificata dalla Legge 16/12/1980 n. 858, che ha introdotto una normativa specifica in materia di telelavoro, ove si definisce lavoratore a domicilio chiunque, con vincolo di subordinazione, esegue nel proprio domicilio o in locale di cui abbia disponibilità, anche con l'aiuto accessorio di membri della sua famiglia conviventi e a carico, ma con esclusione di manodopera salariata e di apprendisti, lavoro retribuito per conto di uno o più imprenditori, utilizzando materie prime o accessorie e attrezzature proprie o dello stesso imprenditore, anche se fornite per il tramite di terzi. Sono escluse le attività le quali comportino l'impiego di sostanze o materiali nocivi o pericolosi per la salute o la incolumità del lavoratore e dei suoi familiari. Senza mai godere di particolare fortuna, il telelavoro è stato oggetto di attenzione nel ben noto LIBRO BIANCO SUL MERCATO DEL LAVORO IN ITALIA (cfr. parte II, cap. 3.9 igiene e sicurezza ); nel quale, in tema di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori, si rilevava che [ ] manca sufficiente chiarezza e, quindi, certezza del diritto, in materia di applicazione soggettiva delle norme. Ciò vale, soprattutto, con riferimento alle emergenti e sempre crescenti tipologie di lavoro alternative al modello tradizionale dell'impiego a tempo pieno, a tempo indeterminato e svolto in ambito aziendale. Valga per tutti l'esempio della lacuna costituita dalla mancata regolamentazione delle norme a tutela dei telelavoristi [ ]. Da ricordare che nel 2001, anno di presentazione del Libro Bianco sul lavoro, non era stato elaborato il Testo Unico delle norme sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro, vale a dire il D.Lgs. 09/04/2008 n. 81 (di attuazione art. 1 L. 123/2007), che all art. 3 co. 10 contiene la prima disciplina legislativa specifica sulla salute e sicurezza dei telelavoratori. Il

6 precedente D.Lsg. 19/09/94 n. 626, invece, agli artt e nell allegato VII, si limitava a considerare i casi in cui il lavoratore, in ufficio, faceva uso di attrezzature munite di videoterminali. L Accordo Quadro europeo 1 sul telelavoro Stipulato a Bruxelles il 16 luglio 2002 ai sensi dell art. 139 del Trattato della Comunità Europea, è stato raggiunto su base volontaria a seguito dell'invito rivolto alle parti sociali dalla Commissione delle Comunità europee - nell'ambito della seconda fase della Consultazione relativa alla modernizzazione ed al miglioramento dei rapporti di lavoro - ad avviare negoziati in tema di telelavoro. Come già ricordato, detto Accordo Quadro è stato recepito in Italia nel 2004 attraverso un Accordo Interconfederale, che ne disciplina lo svolgimento, siglato da Confindustria, Confartigianato, Confesercenti, Cna, Confapi, Confservizi, Abi, Agci, Ania, Apla, Casartigiani, Cia, Claai, Coldiretti, Confagricoltura, Confcooperative, Confcommercio, Confinterim, Legacoop, Unci, Cgil, Cisl e Uil. Nell Accordo Quadro europeo il telelavoro, quale forma di organizzazione dell attività lavorativa svolta fuori dai locali dell azienda/ente, rappresenta un mezzo per le imprese e gli enti pubblici di servizi che consente di modernizzare l organizzazione del lavoro ed un mezzo per i lavoratori che permette di conciliare l attività lavorativa con la vita sociale offrendo loro maggiore autonomia nell assolvimento dei compiti loro affidati. Ciò nell ottica di procedere anche in ambito europeo a modernizzare l organizzazione del lavoro, includendo intese riguardanti la flessibilità sul lavoro, finalizzati alla produttività e competitività delle imprese sul mercato ed a garantire il necessario equilibrio tra flessibilità e sicurezza. 1 Ai sensi degli art del Trattato della Comunità europea, le parti sociali partecipano in modo attivo alla formazione del diritto sociale comunitario mediante schemi di consultazione, partecipazione e contrattazione; l art. 139, in particolare, prevede che il dialogo fra le parti può condurre a relazioni contrattuali, ivi compresi accordi, che possono essere attuati secondo le procedure e le prassi proprie degli Stati membri. In buona sostanza l Accordo è stato stipulato su base volontaria tra CES, UNICE/UEAPME e CEEP - Traduzione italiana concordata tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil del 20 gennaio 2004;

7 L art. 3 (comma 9) ed art. 36 del decreto legislativo n. 81/2008, c.d. Testo Unico sulla sicurezza, contengono i principi cardine degli obblighi cui è tenuto il datore di lavoro nei riguardi dei lavoratori a domicilio, di informazione sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale (art. 36 co. 3 D.Lgs. 81/08) e formazione (per es. sui rischi specifici cui è esposto in relazione all attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate). Per completezza si segnala che l ultimo intervento normativo sul telelavoro risale alla L. 12 novembre 2011 n. 183 (Legge di stabilità 2012), che ha previsto incentivi allo scopo di favorirne la diffusione soprattutto rispetto ad alcune categorie (lavoratori in mobilità e con disabilità). Dal telelavoro allo Smart Working al Work Shifting: definitiva dematerializzazione del posto di lavoro? La questione dell obiettivo di garantire equilibrio tra flessibilità e sicurezza è ancora aperta. Andrebbe affrontata tenendo conto della progressiva delocalizzazione (se non addirittura dematerializzazione) dei luoghi di lavoro, muovendo dal quesito se la normativa sulla sicurezza dei telelavoratori in vigore è in grado di rispondere alle attuali esigenze degli Smart Workers. Ciò tenuto conto degli strumenti ICT di cui possono dotarsi per svolgere l attività lavorativa, spesso in luoghi diversi anche nel corso di una medesima giornata. Sul punto, il Testo Unico sulla Sicurezza stabilisce che gli obblighi a carico del datore di lavoro verso coloro che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico, che comporta l uso di attrezzature munite di videoterminali (art. 172 co. 1 D.Lgs. 81/08) prescindono dall ambito in cui si svolge la prestazione (art. 3 co. 10 D.Lgs. 81/08). Al contempo definisce il posto di lavoro come l insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale,

8 eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, incluso il mouse, il software per l interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l unità a dischi (art. 172 co. 1, lett. A, D.Lgs. 81/08). La sintonia di norme evidentemente datate rispetto alla realtà viene definitivamente meno quando la normativa in esame si riferisce al il modem e soprattutto il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l ambiente di lavoro immediatamente circostante. Ad avvalorare quanto ora rilevato, la previsione nell accordo interconfederale che riconosce al datore di lavoro ed alle rappresentanze dei lavoratori e le autorità competenti accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro ; inoltre, è previsto che il datore di lavoro deve garantire, l adozione di misure dirette a prevenire l isolamento del lavoratore a distanza rispetto agli altri lavoratori interni all azienda, permettendogli di incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali. L inadeguatezza delle norme in argomento rispetto ai modelli organizzativi e le performance degli strumenti informatici e di comunicazione di cui oggi disponiamo è evidente. L impatto delle nuove tecnologie e strumenti di comunicazione, peraltro in continua rapida evoluzione, anche sulle dinamiche del lavoro è elevatissimo oltre che indiscutibile. Non può più sottovalutarsi la tendenza all organizzazione aziendale secondo il modello definito workshifting vale a dire lavoro in movimento, stante gli indubbi effetti positivi prodotti in termini di risparmio (costi, consumi energetici, inquinamento, ecc.) non solo per azienda e lavoratore ma anche per la comunità, data la stretta correlazione con le politiche economico/sociali di sviluppo sostenibile, al punto da essere sostenuto con progetti mirati (es. Giornata del lavoro Agile, promossa dal Comune di Milano lo scorso 6 febbraio 2014). Il percorso tardivamente intrapreso deve essere però affiancato da una nuova mentalità per coglierne appieno le opportunità. Diversamente, non se ne intuisce la portata innovativa: lavorare in movimento, in un bar, su una sdraio in riva al mare, facendo

9 jogging, insieme ad altri anche non dipendenti della medesima azienda (es. presso c.d. Hub o FabLab in co-working). Ha dunque ancora senso centrare la normativa sulla prevenzione e sicurezza al luogo di lavoro inteso come spazio fisico idealmente o materialmente delimitato, per coloro che possono svolgere in altri, e sempre diversi, ambienti l attività lavorativa? Ha senso non tenere conto dell esistenza di aziende i cui dipendenti lavorano tutti al di fuori della sede (in città e/o Paesi diversi), per obiettivi, svincolati dalla tradizionale presenza in ufficio ; senza considerare le potenzialità dei social media per creare la comunità aziendale? Probabilmente è giunto il momento di tornare sul tema, ora, durante il semestre di Presidenza UE, l indomani del Summit UE sul lavoro tenutosi a Milano e della turbolenta discussione in Senato della fiducia posta sul c.d. Jobs Act, mentre giace in Parlamento una proposta di legge del gennaio 2014 avente ad oggetto la disciplina del c.d. smart working, per affrancarlo definitivamente dal telelavoro. Se si coglierà l occasione nel successivo passaggio alla Camera o nelle successive fasi attuative della delega sul lavoro, non si potrà sfuggire dal desiderio di andare oltre la realtà attuale, intervenendo quasi alla stessa velocità dell evoluzione tecnologica, immaginando nuove dinamiche del mondo del lavoro: in movimento, flessibile e sicuro, ove maggiore e partecipata dovrà essere la consapevolezza e responsabilità degli smart workers circa tempi, modi e strumenti a loro disposizione, lontani dal quotidiano campo visivo del datore di lavoro, la cui diffidenza non ha favorito la diffusione del telelavoro. Copyright Dott. A. Giuffrè Editore Spa 2014

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