L art c.c., facendo ricorso ad una clausola generale, stabilisce che:
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- Fabiana Grillo
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1 L art c.c., facendo ricorso ad una clausola generale, stabilisce che: LE PARTI, NELLO SVOLGIMENTO DELLE TRATTATIVE E NELLA FORMAZIONE DEL CONTRATTO, DEVONO COMPORTARSI SECONDO BUONA FEDE. Il Legislatore esige che le parti, pur rimanendo libere di decidere se vincolarsi o meno, nella fase delle trattative e nella distinta fase della formazione del contratto tengano un contegno improntato a LEALTA e CORRETTEZZA. L obbligo di comportarsi secondo buona fede sorge per il solo fatto di aver intrapreso una trattativa ed indipendentemente dall esito di essa. Nonostante il codice si sia affidato ad un criterio elastico, dottrina e giurisprudenza tendono a specificare analiticamente le regole di condotta alle quali le parti sarebbero tenute ad uniformarsi in occasione delle trattative e nella formazione del contratto. Pur consapevoli dell impossibilità di una elencazione esaustiva, individuano, in particolare, obblighi di informazione, di cooperazione, di chiarezza, di custodia, di riservatezza. Notevole attenzione è stata dedicata ai c.d. obblighi di informazione, che, peraltro, trovano una espressa specificazione nell art c.c.. Lo stesso afferma che le parti sono tenute a darsi notizia non solo delle cause di invalidità del contratto delle quali siano a conoscenza o che siano in grado di rilevare adottando l ordinaria diligenza, ma anche delle circostanze che influiscano sulla sua efficacia o sulla sua utilità. Ancora, si afferma che le parti sono obbligate ad esprimersi chiaramente, manifestando le loro intenzioni ed esternando tempestivamente le proprie pretese e le proprie eventuali perplessità. Non sempre è agevole stabilire quale sia l esatta portata di tali obblighi. Entro quali limiti è consentito sfruttare la propria abilità nelle trattative, le proprie competenze e le proprie cognizioni? Fino a che punto deve spingersi la lealtà di una parte nel fornire all altra informazioni su circostanze che questa non ha adeguatamente preso in considerazione? Quando il silenzio serbato da una delle parti in ordine alla convenienza economica dell affare deve reputarsi scorretto? 1 / 8
2 In presenza di una regola imperniata su un criterio flessibile, spetterà al giudice, di volta in volta, stabilire se sussista o meno un illecito precontrattuale, a seguito di una ponderata valutazione di tutte le circostanze del caso concreto. La buona fede richiamata dall art.1337 c.c. va intesa in senso oggettivo, ciò significa che la violazione del precetto non presuppone una condotta intenzionalmente volta ad arrecare un pregiudizio, ma è ravvisabile ogniqualvolta le parti, a prescindere dall atteggiamento soggettivo, vengano meno a quelle oggettive regole di serietà, di diligenza, di correttezze che devono presiedere alle trattative (Cass , n. 9157). L esempio più ricorrente di culpa in contrahendo è rappresentato dal caso di chi, dopo aver ingenerato nel proprio interlocutore un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto receda dalla trattativa senza alcun giustificato motivo, cagionando un danno alla controparte. In tal caso il problema è stabilire quando l affidamento di una parte sulla conclusione del contratto possa considerarsi legittimo e quando possa reputarsi ingiustificato il recesso dell altra. Si ritiene che la fondatezza dell affidamento è indipendente dalla durata delle trattative ed è sicuramente ravvisabile ove le parti abbiano già raggiunto una intesa di massima, prendendo in considerazione tutti gli elementi essenziali del contratto (Cass , n. 2623; Cass , n. 2335). Per contro, si è negato che la semplice redazione di una minuta di contratto precluda la possibilità di recedere dalle trattative (Cass , n. 7871; Cass , n ). Ove ricorra un illecito precontrattuale, il danno risarcibile è circoscritto entro i limiti del c.d. interesse negativo, e consiste sia nelle spese sostenute in occasione della trattativa, in vista della conclusione del contratto, sia nella perdita di altre occasioni, parimenti o maggiormente favorevoli. 2 / 8
3 Adottando una soluzione più estensiva rispetto al passato, la Cassazione ha chiarito che il danno risarcibile non comprende soltanto le perdute occasioni di concludere contratti identici o simili a quello non concluso, ma anche il pregiudizio economico derivante dalla rinunzia a stipulare un contratto avente contenuto diverso, rispetto a quello per cui si erano svolte trattative poi non andate a buon fine, se la mancata conclusione del primo contratto si manifesti come conseguenza immediata e diretta del comportamento della controparte (Cass , n. 2973). L art c.c., facendo ricorso ad una clausola generale, stabilisce che: LE PARTI, NELLO SVOLGIMENTO DELLE TRATTATIVE E NELLA FORMAZIONE DEL CONTRATTO, DEVONO COMPORTARSI SECONDO BUONA FEDE. Il Legislatore esige che le parti, pur rimanendo libere di decidere se vincolarsi o meno, nella fase delle trattative e nella distinta fase della formazione del contratto tengano un contegno improntato a LEALTA e CORRETTEZZA. L obbligo di comportarsi secondo buona fede sorge per il solo fatto di aver intrapreso una trattativa ed indipendentemente dall esito di essa. Nonostante il codice si sia affidato ad un criterio elastico, dottrina e giurisprudenza tendono a specificare analiticamente le regole di condotta alle quali le parti sarebbero tenute ad uniformarsi in occasione delle trattative e nella formazione del contratto. Pur consapevoli dell impossibilità di una elencazione esaustiva, individuano, in particolare, obblighi di informazione, di cooperazione, di chiarezza, di custodia, di riservatezza. Notevole attenzione è stata dedicata ai c.d. obblighi di informazione, che, peraltro, trovano una espressa specificazione nell art c.c.. Lo stesso afferma che le parti sono tenute a darsi notizia non solo delle cause di invalidità del contratto delle quali siano a conoscenza o che siano in grado di rilevare adottando l ordinaria diligenza, ma anche delle circostanze che influiscano sulla sua efficacia o sulla sua utilità. Ancora, si afferma che le parti sono obbligate ad esprimersi chiaramente, manifestando le loro intenzioni ed esternando tempestivamente le proprie pretese e le proprie eventuali perplessità. Non sempre è agevole stabilire quale sia l esatta portata di tali obblighi. Entro quali limiti è consentito sfruttare la propria abilità nelle trattative, le proprie competenze e le proprie cognizioni? Fino a che punto deve spingersi la lealtà di una parte nel fornire all altra informazioni su circostanze che questa non ha adeguatamente preso in considerazione? Quando il silenzio serbato da una delle parti in ordine alla convenienza economica dell affare deve reputarsi scorretto? In presenza di una regola imperniata su un criterio flessibile, spetterà al giudice, di volta in volta, stabilire se sussista o meno un illecito precontrattuale, a seguito di una ponderata valutazione di tutte le circostanze del caso concreto. 3 / 8
4 La buona fede richiamata dall art.1337 c.c. va intesa in senso oggettivo, ciò significa che la violazione del precetto non presuppone una condotta intenzionalmente volta ad arrecare un pregiudizio, ma è ravvisabile ogniqualvolta le parti, a prescindere dall atteggiamento soggettivo, vengano meno a quelle oggettive regole di serietà, di diligenza, di correttezze che devono presiedere alle trattative (Cass , n. 9157). L esempio più ricorrente di culpa in contrahendo è rappresentato dal caso di chi, dopo aver ingenerato nel proprio interlocutore un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto receda dalla trattativa senza alcun giustificato motivo, cagionando un danno alla controparte. In tal caso il problema è stabilire quando l affidamento di una parte sulla conclusione del contratto possa considerarsi legittimo e quando possa reputarsi ingiustificato il recesso dell altra. Si ritiene che la fondatezza dell affidamento è indipendente dalla durata delle trattative ed è sicuramente ravvisabile ove le parti abbiano già raggiunto una intesa di massima, prendendo in considerazione tutti gli elementi essenziali del contratto (Cass , n. 2623; Cass , n. 2335). Per contro, si è negato che la semplice redazione di una minuta di contratto precluda la possibilità di recedere dalle trattative (Cass , n. 7871; Cass , n ). Ove ricorra un illecito precontrattuale, il danno risarcibile è circoscritto entro i limiti del c.d. interesse negativo, e consiste sia nelle spese sostenute in occasione della trattativa, in vista della conclusione del contratto, sia nella perdita di altre occasioni, parimenti o maggiormente favorevoli. Adottando una soluzione più estensiva rispetto al passato, la Cassazione ha chiarito che il danno risarcibile non comprende soltanto le perdute occasioni di concludere contratti identici o simili a quello non concluso, ma anche il pregiudizio economico derivante dalla rinunzia a stipulare un contratto avente contenuto diverso, rispetto a quello per cui si erano svolte trattative poi non andate a buon fine, se la mancata conclusione del primo contratto si manifesti come conseguenza immediata e diretta del comportamento della controparte (Cass , n. 2973).icorso ad una clausola generale, stabilisce che: LE PARTI, NELLO SVOLGIMENTO DELLE TRATTATIVE E NELLA FORMAZIONE DEL CONTRATTO, DEVONO COMPORTARSI SECONDO BUONA FEDE. Il Legislatore esige che le parti, pur rimanendo libere di decidere se vincolarsi o meno, nella 4 / 8
5 fase delle trattative e nella distinta fase della formazione del contratto tengano un contegno improntato a LEALTA e CORRETTEZZA. L obbligo di comportarsi secondo buona fede sorge per il solo fatto di aver intrapreso una trattativa ed indipendentemente dall esito di essa. Nonostante il codice si sia affidato ad un criterio elastico, dottrina e giurisprudenza tendono a specificare analiticamente le regole di condotta alle quali le parti sarebbero tenute ad uniformarsi in occasione delle trattative e nella formazione del contratto. Pur consapevoli dell impossibilità di una elencazione esaustiva, individuano, in particolare, obblighi di informazione, di cooperazione, di chiarezza, di custodia, di riservatezza. Notevole attenzione è stata dedicata ai c.d. obblighi di informazione, che, peraltro, trovano una espressa specificazione nell art c.c.. Lo stesso afferma che le parti sono tenute a darsi notizia non solo delle cause di invalidità del contratto delle quali siano a conoscenza o che siano in grado di rilevare adottando l ordinaria diligenza, ma anche delle circostanze che influiscano sulla sua efficacia o sulla sua utilità. Ancora, si afferma che le parti sono obbligate ad esprimersi chiaramente, manifestando le loro intenzioni ed esternando tempestivamente le proprie pretese e le proprie eventuali perplessità. 5 / 8
6 Non sempre è agevole stabilire quale sia l esatta portata di tali obblighi. Entro quali limiti è consentito sfruttare la propria abilità nelle trattative, le proprie competenze e le proprie cognizioni? Fino a che punto deve spingersi la lealtà di una parte nel fornire all altra informazioni su circostanze che questa non ha adeguatamente preso in considerazione? Quando il silenzio serbato da una delle parti in ordine alla convenienza economica dell affare deve reputarsi scorretto? In presenza di una regola imperniata su un criterio flessibile, spetterà al giudice, di volta in volta, stabilire se sussista o meno un illecito precontrattuale, a seguito di una ponderata valutazione di tutte le circostanze del caso concreto. La buona fede richiamata dall art.1337 c.c. va intesa in senso oggettivo, ciò significa che la violazione del precetto non presuppone una condotta intenzionalmente volta ad arrecare un pregiudizio, ma è ravvisabile ogniqualvolta le parti, a prescindere dall atteggiamento soggettivo, vengano meno a quelle oggettive regole di serietà, di diligenza, di correttezze che devono presiedere alle trattative (Cass , n. 9157). L esempio più ricorrente di culpa in contrahendo è rappresentato dal caso di chi, dopo aver 6 / 8
7 ingenerato nel proprio interlocutore un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto receda dalla trattativa senza alcun giustificato motivo, cagionando un danno alla controparte. In tal caso il problema è stabilire quando l affidamento di una parte sulla conclusione del contratto possa considerarsi legittimo e quando possa reputarsi ingiustificato il recesso dell altra. Si ritiene che la fondatezza dell affidamento è indipendente dalla durata delle trattative ed è sicuramente ravvisabile ove le parti abbiano già raggiunto una intesa di massima, prendendo in considerazione tutti gli elementi essenziali del contratto (Cass , n. 2623; Cass , n. 2335). Per contro, si è negato che la semplice redazione di una minuta di contratto precluda la possibilità di recedere dalle trattative (Cass , n. 7871; Cass , n ). Ove ricorra un illecito precontrattuale, il danno risarcibile è circoscritto entro i limiti del c.d. intere sse negativo, e consiste sia nelle spese sostenute in occasione della trattativa, in vista della conclusione del contratto, sia nella perdita di altre occasioni, parimenti o maggiormente favorevoli. Adottando una soluzione più estensiva rispetto al passato, la Cassazione ha chiarito che il danno risarcibile non comprende soltanto le perdute occasioni di concludere contratti identici o simili a quello non concluso, ma anche il pregiudizio economico derivante dalla rinunzia a stipulare un contratto avente contenuto diverso, rispetto a quello per cui si erano svolte trattative poi non andate a buon fine, se la mancata conclusione del primo contratto si manifesti come conseguenza immediata e diretta del comportamento della controparte (Cass , n. 2973). 7 / 8
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