TILIMINT SIXTYSIX. PRIMA PARTE Benve

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1 TILIMINT SIXTYSIX. PRIMA PARTE Benve UNA VIA POCO CONOSCIUTA PRIMA DELLA PARTENZA Il Tagliamento non è solo un fiume. E come fosse un continente sconosciuto immerso in un contesto abitudinario. Dicono sia lungo 172 km. Mah, io ritengo che, visto l andamento che mantiene, si possa solo parlare di supposizioni. Dicono che il punto più largo sia di 4 km. Mah, ci sono montagne di boschi impenetrabili di altezza 1200 m. che lo contengono, e che io ritengo facciano parte del Taglia, che rendono la sua vastità non percettibile. Basta perdersi un paio di volte per capirlo. Quando chiedo a qualcuno di Villanova, di San Daniele, Carpacco o Rivis il nome del paese che sta al di là dell aghe, mi spacco sempre dalle risate a sentire le risposte.. eppure sono nemmeno 4 km?! Il vuoto: c è il vuoto! Non c è motivo per attraversare il Tagliamento. Ci sono solo sassi e acqua. Penso che sia rimasto l unico lembo di terra di nessuno. Non mi è permesso di dormire in riva al mare con un fuoco acceso perché qualcuno ha decretato che non sta bene, eppure anche qui c è solo sabbia, sassi e acqua. Io soffro tantissimo per queste situazioni naturali che vengono codificate a seconda degli interessi economici cerco di godermi quello che resta. Intento del viaggio è partire da Valvasone e arrivare alle sorgenti seguendo il corso del Tagliamento, magari in 4 giorni, ma l importante è arrivare. Ho deciso di partire da Valvasone perché il tratto che da Valvasone scorre fino a Madrisio S. Mauro lo conosco già molto bene e da S. Mauro a Lignano mi sembra un canalone di bonifica, anche se i suoi margini mantengono un aspetto affascinante, così pure la gente che lo frequenta con le proprie abitudini. L anno scorso, a marzo, avevo già provato la risalita, ma al secondo giorno, arrivato all altezza di Pioverno, si è scatenato un nubifragio con un calo della temperatura impressionante che mi ha fatto desistere. Quest anno, con un po di esperienza in più, mi sono fatto sostenere da un mio collaudato amico: il Balin. Con lui ho già fatto un motoraduno invernale (l Elefant Treffen) e so che è uno che pur soffrendo non molla mai. Ci alleniamo spesso insieme. Mi sono studiato attentamente le cartine Tabacco (carte topografiche per escursionisti) nell illusione di fare il percorso più breve e facilitato, ma mi è servita soprattutto la lettura di un fantastico libro (più cd) scritto da Rinaldo Rinaldi: mi ha dato la carica e la motivazione giusta condividendo appieno le sensazioni da lui descritte sul Tagliamento, facendomi sentire meno solo nelle mie convinzioni. L equipaggiamento consiste in: zaino, vestiti, attrezzatura e cibo. I vestiti, in particolare, sono un K-way (mantiene il sudore caldo e non permette al corpo di raffreddarsi), un poncho impermeabile per coprire lo zaino in caso di pioggia, scarpe da ginnastica e pedule. L attrezzatura consiste in una tenda da 3,2 kg., sacco a pelo, materassino termico Klever, set di pentole termiche,., 15 m. di corda, due moschettoni, bussola e Balin ha uno zaino militare che non è il più indicato (non ha la struttura di sostegno per la schiena). Di particolare porta un ascia e un telo 3x2, oltre ad un imbragatura che sarà l unica cosa che non useremo. PRIMO GIORNO MARTEDI LUGLIO 2002 Partiamo da casa di Balin, a San Martino al Tagliamento, alle ore 08:00. E l ultima volta che guardiamo l ora: non portiamo l orologio. Arriviamo al rapar, l argine del Tagliamento, come lo chiamano in quella zona. Lo costeggiamo fino al torrente Cosa (quasi sempre secco). Decidiamo di tenere il più possibile la sinistra. Nell esperienza precedente avevo tenuto la destra: nei pressi di Pinzano (o meglio, di San Daniele!), avevo avuto non pochi problemi visto che il ramo principale costeggia una parete rocciosa friabile con pendenza pressoché impossibile da affrontare. Qui veniamo subito a contatto con il Tagliamento. Ci costringe ad attraversarlo in quanto il bosco è impenetrabile. Spiego subito a Balin che non serve togliere le scarpe perché saranno quattro giorni di ammollo e mi butto dentro l acqua. Arriviamo al ponte di Dignano. Attraversando il ramo principale parecchie volte, evitiamo di seguire una percorso a esse. A Dignano inizia a piovere. Facciamo una piccolissima sosta, indossiamo i poncho e ripartiamo. Il sole si alterna ad acquazzoni, ma noi siamo nella completa indifferenza. La prima dimensione che mi colpisce è quella della distanza. Sotto ai piedi abbiamo sassi, tantissimi sassi di forma e dimensione delle più disparate: ti ipnotizzano! Ci perdiamo anche per parecchi minuti con lo sguardo fisso a terra, mentre il corpo segue una traiettoria proiettata nell infinito, senza ostacoli. Il ramo principale è lontano e noi ci troviamo in un deserto di sassi. Cerchiamo di fissare di punti su cui indirizzare il nostro cammino: è quasi inutile! Abbassando lo sguardo ci si perde a guardare i sassi. Io comincio anche a raccoglierne. Ogni tanto io e Balin alziamo gli occhi e ci troviamo molto distanti e ci viene da sorridere. Stiamo seguendo due traiettorie differenti pur fissando lo stesso punto. Gli stessi punti di riferimento cambiano, scompaiono, cieli troviamo alle spalle senza essercene accorti. Non sappiamo quanto tempo ci si impiega per raggiungere un punto, due ore, un ora e mezza. Siamo in una dimensione spazio temporale sconosciuta: quella naturale! All altezza di Valeriano ci sono dei posti da favola per fare il bagno..uno con un isolotto in mezzo a quest acqua che ci istiga più a fermarci lì per una settimana. Al ponte di Pinzano troviamo il primo vero ostacolo. Il Tagliamento lì si trova nel suo punto più stretto e ha una massa d acqua esagerata. Sulla destra è impossibile passare. L anno prima l avevo oltrepassato portandomi sulla parte sinistra e, costruendo una zatterina per caricare lo zaino, a nuoto avevo raggiunto il punto dove ripartire a piedi. Quest anno c è troppa acqua. Ci inerpichiamo

2 per il sentiero di guerra che da sotto il ponte porta alla statale sopra il ponte per strada asfaltata. Andiamo fino a Pinzano, scendiamo a Ciampis e, dopo aver fatto rifornimento d acqua, rientriamo. Uno scherzetto quasi di un paio d ore. Campeggiamo in prossimità della confluenza con l Arzino. Siamo più che distrutti. Il cielo è velato. Non so che ore possano essere. Penso le otto, circa. Montiamo la tenda, accendiamo il fuoco e costruiamo, con il telo 3x2, una capanna che ci ripara dall umido e ci consente di mangiare i nostri tortellini al pomodoro e basilico in santa pace. A nord vedo dei paesini, a sud il ponte di Pinzano e ad est uno dei boschi montani più verdi e fitti che io possa ammirare. Spengo il fuoco e mi metto a respirare il paesaggio. Con nostro profondo dispiacere, il cielo nuvoloso non ci permette di vedere le stelle, ma girandomi a nord mi viene un colpo! Sull acqua (molto fonda blu e velocissima che va giù a strapiombo) si rispecchiano, in maniera incantevole, le luci del paese arroccato sulla montagna che sta sopra: Forgaria. 2 GIORNATA SECONDO GIORNO MERCOLEDI LUGLIO Tempo nuvoloso. Mi alzo, vado a lavarmi la faccia, mi asciugo gli occhi con la manica della felpa. Sento un forte dolore all occhio. Guardo la felpa e trovo un grosso pungiglione! L occhio mi si gonfia all istante. Non mi preoccupo più di tanto, mi è già successo altre volte, solo che questa volta mi viene anche un po di mal di testa. Colazione: latte di capra più più pane e crema di nocciole. Riprendere il cammino è faticosissimo perché i muscoli freddi sono tutti indolenziti, ma sono soprattutto le spalle che ci fanno urlare sentendo lo zaino. Ci indirizziamo verso il ponte che collega Cornino a Susans. Le ore inutilmente impegnate la scorsa volta mi sconsigliano di puntare direttamente verso il secondo pilastro del ponte. Passare sulla destra è impossibile per la quantità d acqua. L isolotto centrale è una cava circondata da acqua profonda. L unica è puntare il secondo pilone e guadare il fiume 300 metri più avanti tenendosi verso il centro. Davanti appare il monte San Simeone nella sua maestosità: 1505 m. Tutti lo ricordano come epicentro del sisma del 76, ma a me fa venire i brividi ad osservare quell enorme sasso messo proprio nel mezzo del Tagliamento. La preoccupazione più grande ora è quella di non tenere troppo la sinistra e finire dentro il lago di Trasaghis- Cavazzo. Può succedere, specie se si cammina nel sottobosco. Non voglio correre rischi. Tiro fuori la cartina e la bussola e punto qualcosa per non sbagliare. Individuiamo un punto tra il monte e la rocca di Osoppo e andiamo. Non è facile tenere la direzione imposta: il fiume si ramifica moltiplicando i suoi corsi d acqua. Conto quattordici attraversamenti prima di raggiungere un isola centrale, che conoscevo già, da cui parte una camionabile fatta a suo tempo per trasportare la ghiaia. Pioviggina e abbiamo sempre le scarpe strafonde. Su questa specie di strada in mezzo al nulla, andiamo spediti. Quando finisce, ci troviamo al centro del Tagliamento che in quel punto è larghissimo. Di fronte the big stone e a destra cazzo è scomparso! Il grande ramo, il principale, quello con tantissima acqua, è scomparso! Si è spostato misteriosamente a sinistra! Questo è uno degli scherzi tipici con cui il Taglia ti accompagna. Per terra ci troviamo una pavimentazione nuova: sassi piatti con circonferenza cm. Dapprima siamo contenti per questa nuova esperienza, ma dopo un po ci accorgiamo che è il terreno peggiore su cui camminare. Il ponte dell autostrada è a cascate. E il manufatto, secondo me, più violento (perché non.) e invasivo che abbia incontrato durante il tragitto! Se mettessi sulla bilancia l infinita comprensione (di cui non sono comunque dotato), riuscirei anche a deglutire lo sbarramento del Consorzio Ledra Tagliamento a Gemona e alla diga di Socchieve Ma queste cascate artificiali che non permettono ai pesci la risalita del fiume, mi mandano in bestia. Per superare il ponte è meglio tenersi al centro, compiendo parecchi guadi. Sull argine destro c è una cava. Ci sono entrato l anno scorso: è completamente recintata. Entri, ma non esci, per cui proseguire è impossibile. Abbiamo superato i tre salti d acqua artificiali con molta cautela e rabbia. La presenza sulla sinistra di una fabbrica, praticamente dentro il Tagliamento, ci fa pensare a un addio al nostro selvaggio viaggio. Il mio compagno di viaggio comincia a tirare i numeri. E inevitabile! Di solito scelgo sempre di viaggiare da solo per non dover mai rompere le scatole a qualcuno! E meraviglioso condividere le esperienze con altre persone, ma dover tener la testa occupata di problemi degli altri è per me quasi insopportabile in questi frangenti. Balin è afflitto da parecchie ore da una fastidiosa tendinite al tallone e sta morendo di sete. La tendinite fin quando non viene sul collo del piede è un dolore che la mente può cancellare, e il morire di sete nel Tagliamento lo trovo grottesco! Ieri sera abbiamo finito l acqua potabile e quindi io ho fatto bollire l acqua del fiume e riempito una bottiglia. Ma Balin mi ha imparanoiato dicendomi che secondo lui l acqua era troppo gialla. In effetti era piena di depositi sabbiosi e il colore era limaccioso ma era bollita! Fatto sta che la fatica sta accentuando il problema della mancanza d acqua e il problema acqua sta aumentando la tendinite e la tendinite di Balin si sta insinuando nel mio cervello: non è bello avere la tendinite di un altro conficcata nel cervello con tutto quel cinema a grand angolo da ammirare! Conoscendolo, l ho provocato dicendogli di telefonare a sua moglie che venisse a prenderlo a Braulins e ho aumentato il passo per non sentire il suo respiro dolorante. Io, egoisticamente, avrei tirato diritto, ma la vista del campanile di Braulins, così vicino, mi ha ridimensionato. Siamo usciti dall origine arrampicandoci come bisce e come per miraggio...ci siamo trovati di fronte un bar! Abbiamo bevuto un paio di birre, fatto il pieno d acqua e ripartiti. Balin ora sta meglio!. Dalla parte opposta si trova Gemona. E impossibile passare da

3 quella parte, la destra, senza salire sulla statale perché si trova l invaso del Consorzio Ledra Tagliamento. Vorrei dire peste e corna su questo artifizio, ma mi tengo controllato poiché un flusso d acqua vitale per la vita del fiume c è. Ciò non mi toglie, però, la possibilità di esprimere il mio punto di vista. Stroncare un essere vivente così stupendo per bagnare il mais, mi sembra una grossa boiata. La mia rabbia si dissolve subito. Mi giro e distendo la vista verso l infinito della piana alluvionale e mie viene in mente il nome celtico del Tagliamento: Tilin Haven, colui che spazza e distrugge. Non che provi godimento, ma penso all eterna inutile lotta che l uomo si ostina a combattere per cercare di imbrigliare questo essere indomabile, un conduttore di forze naturali. Ci sono parecchi percorsi alternativi per risalire il Tagliamento. Seguire il ramo principale d acqua, ma si fa troppa strada poiché il ramo serpeggia: si cammina sempre sui sassi. Seguire a distanza il ramo principale percorrendo delle piste immaginarie (che a volte pare di vedere) sui sassi. Si scartano le piste di sassi troppo grossi che fanno male ai piedi e quelle di ghiaino in cui il piede s infossa. Percorso migliore è quello di sassi di 1-2 centimetri di diametro su sabbia. Il percorso risulta a zig-zag, ma il passo è più spedito e sicuro. Un'altra alternativa è quella di fissare un punto lontano chilometri e calpestare tutto quello in cui ci si imbatte: acqua, isole, sassi grossi e boschetti. La pista è sicuramente la più diritta, ma non è detto essere la più veloce. Seguire gli argini: non sempre è possibile. Il ramo principale a volte lambisce l argine che, se costituito da parete rocciosa, ti obbliga ad entrare nel bosco e lì e tutto un imprevisto. Seguire le stradine del bosco che costeggiano la grava: agevole, ma pieno di imprevisti! Ci sono le stradine più esterne, le più battute che però tendono a portare fuori, verso l esterno, verso i paesi; le stradine di mezzo, quelle di collegamento tra le esterne e le interne. Quelle interne seguono la grava, ma possono morire all improvviso o dentro un bosco di rovi o su un ramo di due metri d acqua. Alle volte si percorrono queste strade per qualche ora finché stufi di andare avanti e indietro, ci si ributta sui sassi con la solita esclamazione tra me e Balin: seguire il fiume non tradisce mai! L ultima possibilità è la strada asfaltata che collega i vari paesini che sorgono a ridosso del letto del fiume. E l ultima spiaggia quando ti trovi nei guai. Ti porta sempre a fare deviazioni di ore! Dal ponte di Braulins al ponte di Pioverno ci impieghiamo un attimo. Sfruttiamo una specie di strada di fango che la Snam sta usando per mettere giù i tubi. Da Pioverno alla punta nord del monte San Simeone c è uno stupendo sentierino che costeggia il fiume. Si potrebbe prendere la strada asfaltata/bianca che percorre il bordo della montagna e che arriva a Cavazzo accorciando così notevolmente i tempi, ma io desidero perdermi il meno possibile delle bizzarrie che l acqua ha costruito nei millenni. In questo tratto di fiume cambia il colore. Il colore verde del Fella ha bisogno di parecchi chilometri per essere diluito. La parte destra è caratterizzata dalla presenza della sopraelevata della ferrovia che segue per un lungo tratto il letto del fiume. Posso aggiungere, dall esperienza passata, che ci sono dei percorsi da fare in mountain bike davvero divertenti. Non riesco a capire dove arrivi il confine opposto del Tagliamento, ma ho l impressione che sia strettissimo. Stiamo seguendo l argine sinistro dalla parte interna, camminando sui sassi. Abbiamo abbandonato il sentierino. Ho l impressione che l argine pieghi, restringendosi tantissimo, verso il centro. All improvviso, ma veramente di colpo!, il margine, che funge da argine, del monte S. Simeone scompare e ci troviamo dinanzi una spianata che la parola infinito non rende l idea! Da dove mi trovo ho un punto di vista nuovo, mai osservato prima, mai notato nonostante questa piana l abbia attraversata in macchina innumerevoli volte. Mi giro e vedo la faccia di Balin: penso sia quella che ho io. Rimaniamo per un po senza parole. Poi iniziamo a commentare, ma non troviamo aggettivi per il soggetto che tentiamo di descrivere. Provo a concretizzare in parole quello che abbiamo provato. Ci siamo resi conto dove finiscono tutte le acqua delle Alpi Friulane! La vallata di Tarvisio, con il Fella, la vallata di Timau, con il Degano, la val Pesarina fino a Forni Avoltri con il Lumiei, la vallata di Forni di Sotto e di Sopra che porta al passo della Mauria, senza mancare di rispetto alle Prealpi Carniche con Val Preone e Sella Clauzuttan, tutte queste vallate fanno defluire le loro acqua in questo immenso bacino naturale di raccolta che si apre dinanzi ai nostri occhi. Ci sentiamo due cacche di mosca! Da qui in poi, per me, è tutto da scoprire. Decidiamo di costeggiare questo enorme invaso seguendo il bordo nord - ovest del monte S. Simeone. Ci sono degli enormi caterpillar che eseguono scavi per la Snam. L acqua è marrone e il rumore è fastidiosissimo. Siamo stanchissimi, ma vogliamo allontanarci il più possibile da questi mostri meccanici. (Ho capito come mai l acqua che avevamo fatto bollire era gialla!!). Campeggiamo di fronte ad Amaro, su una spiaggetta con le spalle coperte dalla montagna. E inutile che sprechi carta nel cercare di descrivere la bellezza del posto. Solo per provocare un po d invidia: spiaggia, luci dei paesini a mo di presepio, acqua che scorre con un dolcissimo suono. Io e Balin discutiamo sul perché stiamo facendo tutto questo. Ci troviamo molto in sintonia, però ci rendiamo conto che le cose che diciamo non sono novità: cose che si leggono nelle poesie, nei romanzi. La differenza è che noi le abbiamo interiorizzate e fatte nostre. Balin si è preso cinque giorni di ferie dalla fabbrica, ha camminato tutto il giorno con una tendinite al tallone, è stanchissimo ed ha le spalle a pezzi (abbiamo 15 kg. di zaino). Nonostante siamo molto ben allenati, abbiamo tutti i muscoli del corpo in tensione e indolenziti. Eppure lo spirito e la forza del Tagliamento ci riempie di un energia che ci fa dimenticare tutte le magagne del fisico. Racconto a Balin che per me vivere il Tagliamento è un Bignami della filosofia taoista. Siamo seduti per Terra, ad ascoltare il rumore dell Acqua, tagliuzzando con un accetta di Metallo del Legno per alimentare un Fuoco stupendo che ci riscalda. Stiamo vivendo in perfetta armonia con i cinque elementi naturali. Ci addormentiamo dentro il sacco a pelo, vicino al fuoco. Ci pensa un temporale a farci ricordare che siamo ospiti del Tagliamento. Entriamo in tenda sotto un diluvio! Balin è

4 preoccupato. Dopotutto ne sono a conoscenza anche tutti i sassi della pericolosità delle acque di questo fiume. Mah!, mi dico, lui ha una moglie, ha delle persone a cui deve render conto, è giusto che sia preoccupato. Ma io che vivo in un infinita solitudine ho questo grande vantaggio: non ho ansie e tutto quello che mi capita sono io. Mi volto e mi addormento mentre la tenda tenta di prendere il volo contorcendosi e avvitandosi su se stessa. Durante la notte, il temporale rincara la dose con tuoni e saette. L acqua, filtrando sotto la tenda, inizia ad inzuppare il sacco a pelo che esce dal materassino. Mi metto, allora, in posizione tecnica: disteso prono con il sacco tutto raccolto sotto i fianchi e riparto per uno dei miei soliti fantastici viaggi onirici. Balin continua ad agitarsi, lo sento alzarsi, aprire la zip della tenda e mi tira cinque parole secche! TILIMINT SIXTYSIX. SECONDA PARTE TERZO GIORNO GIOVEDI LUGLIO L acqua è arrivata alla tenda! Mi sollevo con il busto, ma ho gli occhi che si aprono piano piano e le pupille che si devono ancora restringere per mettere a fuoco. Fuori è chiaro, o meglio, deve essere giorno perché il colore del cielo è color topo adulto con la pioggia che cade con gocce a mo di gavettone. Ci sono tre dita d acqua fuori dalla tenda e sta entrando dalla cerniera. Calma, dico a Balin! Niente panico, dobbiamo solo salvare la pelle! Mentre riempiamo lo zaino delle cose più importanti che raccattiamo sparse alla rinfusa (e fradice) dentro la tenda, metto a punto un piano d emergenza. Dunque, ci troviamo dentro una enorme pentola d acqua e ci siamo entrati seguendo un canale, quindi uscire dalla stessa parte dovrebbe essere impossibile. Eppure mi pare stranissimo che in una sola notte, anche se di pioggia torrenziale, anche se ha piovuto parecchio, anche nei giorni prima, il pentolone sia già pieno. CI vorrà almeno mezz ora prima che l acqua defluisca dalla vallata, no? Prendo la corda con il rampone artigianale da me costruito e penso: esco, lancio il rampone sulla montagna e pian piano cominciamo ad arrampicarci portandoci il più in alto possibile. Esco dalla tenda. Piove talmente tanto che si fa fatica a vedere. Poi, lentamente, gli occhi cominciano ad abituarsi all intensità luminosa e scorgo dinanzi a me un isolotto. Porco Giuda, falso allarme! L acqua in cui noi stavamo navigando era quella che scendeva dal monte S. Simeone. Il Taglia stava sì salendo, ma niente da far mettere in atto un piano di emergenza! Vabbeh, oramai eravamo fradici con tutto fradicio! Abbiamo piegato la tendo, riempito gli zaini e optato per uscire dal Tagliamento e proseguire seguendo la strada che passa sopra e che porta a Cavazzo. Continua a piovere, siamo inzuppati. Il mio zaino pesa una cifra e la tenda, piena d acqua, aggrava la situazione delle mie spalle. Comunque, seguo fiducioso e ottimista la strada bianca che, secondo i calcoli della mia fradicia cartina, conduce da qualche parte. Balin è in canottiera con il poncho che a malapena gli copre zaino e stomaco. Ora si lamenta di due tendiniti e della pioggia. Lo stacco e vado in fuga solitaria. Arrivato sotto il ponte dell autostrada, mi vengono i rimorsi e lo aspetto. Questo ponte viadotto lo classificherei tra le sette meraviglie di cui l Unesco dovrebbe prendersi cura per far demolire! Immaginatevi di essere immersi in un paesaggio da favola, quasi totalmente impervio e naturale e, all altezza di mezza montagna, all improvviso, sbuca fuori un budello dritto di cemento in cui sopra, con un frastuono assordante, dei cassoni di metallo vanno avanti e indietro. Mi metto a guardare per terra sicuro di vedere qualche scheletro di orso o cervo morto all improvviso d infarto girando il monte: niente. Solo reliquie degli automobilisti. Io mi siedo per terra e Balin mi guarda in cagnesco. Ho freddo, mi dice. Cerco di raccontargli di un esperienza analoga che mi era capitata a Capo Nord, esperienza conclusasi felicemente. Tutto sommato, siamo in estate e non può piovere per sempre! Non appena esce un po di sole, mettiamo ad asciugare tutto e ci cambia la vita. Bisogna solo saper aspettare. Può sembrar strano, ma sono talmente sicuro di quello che gli dico, che mi diverto ad aspettare il sole (che non si vede nemmeno per scherzo), pur battendo i denti e sentendo la pioggia scendere giù per la schiena. Entriamo a Cavazzo che sembriamo due trafficanti clandestini di grappa, brutti, sporchi e fradici. Troviamo un generi alimentari con un po di tettoia. Ci piazziamo lì sotto. E smesso di piovere, ma il cielo è molto grigio. Ci spogliamo sotto questo portico, ma non abbiamo niente di asciutto da mettere. Compero due etti di mortadella, due birre e una cioccolata. Mentre sto pagando, mi accorgo che il padrone mi fa una faccia strana: gli ho dato soldi fradici. Gli chiedo delle previsioni del tempo e mi risponde che han messo due giorni di pioggia. Bruttissima storia, eppure non può essere. Dai, almeno un paio di ore deve uscire il sole! Siamo in estate, le nubi corrono veloci. E così, mentre stiamo trasformando il porticato in un porcile, con tanto di fango, acqua e briciole, esce dal nero il sole! E vvaaiii!! Sono le Abbiamo praticamente perso mezza giornata di cammino. Per strada arriviamo al ponte Avon, di fronte alla cartiera Burgo di Tolmezzo. Il sole oramai ci fa evaporare l umidità che si ristagnava nel cervello e con sé anche il malumore. Prendere la sinistra del Taglia è impossibile, quindi attraversiamo tutto il ponte e poi, per non far tanta strada, ci caliamo in corda doppia giù per una scarpata di rovi ed entriamo nel mezzo del greto del fiume. Dopo 500 m., ci fermiamo. Stendiamo, con un progetto degno dell alta tecnologia svedese, tutto quello che abbiamo sui 15 m. metri di corda. Come le lucertole, ci godiamo il sole con una tazza di caffè in mano. E il posto (uno dei pochi, a dire il vero) con il maggior numero di scovazze : si va dalle lattine a tutti i tipi e colori di vetro. Guardo per terra, guardo la grande vela e mi sento come dentro ad un film di Kusturica. Mezz ora di riposo e di nuovo a piegare tutto. Balin ha un paio di scarpe da trekking in goretex, che io gli avevo fervidamente sconsigliato perché non fanno uscire l acqua. Io ho un paio di scarpe da

5 trekking da lire che uso normalmente quando lavoro nei campi. Sono rotte lateralmente, per cui l acqua esce subito. Il mio problema è che mi si sono deformati un po i piedi a forza di stare in ammollo, per cui non mi calzano più con la forma originale del piede senza vesciche. Sono terrorizzato dall idea che si possano rompere da un momento all altro. Balin è convinto che siano le scarpe troppo strette le responsabili delle sue tendiniti e decide di mettere quelle di riserva, più leggere. Fatto sta che, vuoi per il sole, vuoi per le scarpe, ha riacquistato nervo, tanto che provo ad aumentare il ritmo. Sta incollato sotto la mia ombra. Passiamo per il tiro a segno, non senza preoccupazioni, dato che è tutto uno sparo, e ci troviamo dinanzi alla confluenza del But. Di solito, ha poca acqua, ma le forti precipitazioni della notte lo hanno reso impetuoso e di color caffè latte, con molto caffè. Sarebbe più prudente risalire fino al ponte della statale, ma è troppo lunga. Decidiamo di attraversarlo. Ci impieghiamo parecchio tempo perché ci sono cinque, sei rami da attraversare e ogni volta li studiamo, ci consultiamo e poi, a pelo, attraversiamo. Si passa un metanodotto e poi si scorge il ponte che collega Villa a Villa Santina. Sulla spalla destra c è un uscita, si sale e ci si trova sulla statale. Si fanno 50 metri in avanti e c è la chiesetta della Madonna del Ponte, dove c è una fontana con acqua buonissima. Prima e dopo il ponte, ci sono dei tratti per fare dei bagni fantastici! Ci sono delle buche con roccia da usare per fare i tuffi. Passata la confluenza con il Degano, l acqua scompare. E questo un tratto molto triste da fare. E la prima volta che il nostro viaggio non è accompagnato dal rumore dell acqua. Un senso d inquietudine ci pervade, è una sensazione stranissima, di sterilità- Ci fermiamo due volte per far riposare le spalle. Ci fanno molto male, fastidio, più che male. Usiamo tutte le combinazioni possibili per darci un po di sollievo. Mani girate dietro la schiena a sollevare lo zaino; mani tra le cinghie e le spalle; mani che tirano i tiranti delle spalline dello zaino; moschettoni che tirano i due tiranti delle spalline e le mani che tirano, alternate, i moschettoni. Ma l unico vero sollievo è quando ci si perde a guardare i sassi o il cono verde che sta dinanzi a noi e la mente rotea nel vuoto. Possono passare anche parecchi minuti, prima che la mente ritorni e il dolore ricominci. Ci sediamo per terra, senza togliere gli zaini, per far riposare le spalle. C è un silenzio spettrale: solo sassi! Entrambi abbiamo la sensazione di star camminando sopra covi di vipere, ma non ci diciamo niente: capita spesso di pensare le stesse cose e non parlarne. Ci rialziamo pentendoci della sosta poiché i muscoli raffreddati si sono inturgiditi e ora ci fanno malissimo, tanto da barcollare. Cerchiamo, sempre senza parlarci, di evitare le zone con i sassi grossi, più per paura delle vipere che per i piedi. Anche se non ne avvistiamo nemmenno una, siamo sicurissimi che sia pieno e la mancanza d acqua non fa che aumentare questa fobia. E un pezzo molto duro, siamo molto tesi e..ci sono molti saliscendi e sassi grossi, tanto da obbligarci ad un altra brevissima sosta sotto il ponte di Preone. Si passa sulla sinistra il clap forat, una scultura che l acqua ha realizzato negli anni: una piccola galleria naturale. Nei pressi del ponte di Socchieve sento un urlo accompagnato dal mio nome: Benveeee! E Toni, il mio amico di Villa Santina. Precedentemente, avevo preso accordi perché ci portasse dell acqua. Finito il lavoro, ha preso la sua bella Honda CBR600 ed ha fatto tutti i ponti più volte beccandoci. Sono quattro litri e mezzo d acqua e due cioccolate. Balin non sa come ringraziarlo! Allestendo il campeggio, ci accorgiamo che qualcosa è cambiato e accendendo il fuoco ci accorgiamo di una cosa: il Taglia è stretto e ci sentiamo osservati, il fuoco è visibile! Se i giorni passati fosse arrivato qualcuno a dirci qualcosa o per il fuoco o per altro, sarebbe stato sicuramente uno che cercava grossissime rogne gratuite. Qui ci sentiamo noi stessi in torto! La sensazione di libertà che si prova nel Tagliamento nei tratti come Morsano, Valvasone, Spilimbergo fino a Gemona è totale. Non ci sono regole che valgono, il territorio non è controllabile, gestibile. Quello che può succedere lì, specie la notte, dipende dalla sicurezza che tu hai dentro te stesso. Qui, dove siamo campeggiati, si vedono le luci e si sentono i rumori delle macchine. Qui valgono le regole. Mi sono così spiegato perché l orso ha bisogno di 100 chilometri quadrati di spazio vitale: l orso non sopporta le regole! La paranoia giunge l apice quando ci pare di vedere due o tre luci di torcia che avanzano. Pensiamo: la forestale. Sono, invece, le luci di alcune case. C è un buio totale e l assenza di luna contribuisce a far risaltare le stelle sempre di più man mano che passano le ore. In questo assoluto silenzio, il tempo viene scandito dal rintocco dei campanili delle vallate: ne contiamo fino a cinque. Il primo giro lo eseguono singolarmente. Nel secondo giro, non rispettando tutti la medesima pausa, i rintocchi si accavallano rendendo il suono dilatato, ora vicino, ora lontano, ora lontanissimo. A mezzanotte, guardiamo il cielo e rimaniamo esterrefatti. E pieno, anzi, zeppo di stelle. Non ci sono solo le solite stelle, si vedono anche miliardi di stelline piccolissime. Incomincio a divertirmi a riconoscere gli zodiaci. Balin mi fa notare una cosa meravigliosa: la nebulosa! Si vedono le principali nebulose: fasce di pulviscolo luminoso che strisciano il cielo di luce. Anche la volta celeste ci pare più grande del solito. Siamo commossi e rimaniamo con il naso all insù per almeno mezzora. QUARTO GIORNO VENERDI LUGLIO Al mattino ci alziamo che il campanile batte le 6, ma tra sbaraccare e caffè, partiamo verso le 8. Sulla sinistra, prendiamo un sentierino che va a morire dopo un paio di chilometri su una casa. Se dovessi pensare ad una casa posta nel buco del culo del mondo, direi : questa! Entriamo nel Tagliamento e l acqua riappare. Ne sentivamo la mancanza. Ci accorgiamo subito che la giornata sarà di quelle che non dimenticheremo mai. Il Taglia assume un regime torrentizio con forte pendenza, i sassi sono praticamente massi e ci si deve arrampicare. Il brutto della faccenda è che sapendo che a Caprizzi c è la diga, l itinerario non può che essere da così a peggio. Nella carta sono segnalate anche due sentieri, ma sono di quelli con traccia incerta e, visto l asperità del posto, preferisco, almeno finché posso, la fatica alla possibilità di rompermi il collo. Iniziamo dapprima a salterellare su dei sassi che si fanno man mano sempre

6 più grandi. Ad un certo punto, si passa un ponte, che non ho veramente capito che cosa colleghi. Penso debba essere stato fatto per controllare e per fare la manutenzione a qualche linea del metanodotto. Certo che questo è in assoluto il pezzo più aspro e selvaggio del Tagliamento. Gli argini sono costituiti da due alte pareti rocciose friabili, accompagnate spesso da grosse frane, tanto che passando in certi punti mi viene da trattenere il respiro. Il filo d acqua corrente, limpida e fresca che solca questa sorta di canyon è assolutamente potabile. Esce un chilometro dopo la diga di Caprizzi e ritorna sotto terra circa un chilometro dal ponte di Socchieve e lungo tutto questo tratto non c è traccia di antropizzazione. Lo spettacolo raggiunge il culmine quando d improvviso al posto degli enormi macigni compaiono i libri: le pagine di roccia stratificata. Mi sembra di essere nelle terme romane. Ci sono scivoli dolci, piattaforme, pareti liscissime: tutto un mondo fatto a piastre. Ci sono anche delle case arroccate, e diroccate, sull impervia parete. Non so proprio come qualcuno possa aver avuto un idea abitativa così estrema. Ad un tratto, in lontananza, appare una villetta e l acqua, come intimidita, scompare. Inizia un canalone di sassi normali che porta, dopo una curva di quasi 90, alla diga di Socchieve, ovviamente di appartenenza all Enel. Tralascio le mie idee personali. Come impressione, comunque, debbo dire che sicuramente il danno ambientale si risente più da Socchieve a Villa Santina, tratto in cui manca l acqua. L invaso, tutto sommato, è contenuto e vista la forte pendenza che il fiume incomincia ad assumere, non penso che abbia provocato danni a monte. Finalmente, mi libero del sacco di immondizie, che mi porto in mano da questa mattina, gettandolo in un bidone pieno di bottiglie di birra, usato dai muratori che stanno mettendo a nuovo la chiesetta della diga. Penso siano circa le E stato un tratto impegnativo. Comunque, fino ad ora, siamo riusciti a rispettare la tabella di marcia che mi ero, senza nessun obbligo, prefissato. Speravo di riuscire ad arrivare per questa sera alle sorgenti, ma in fin dei conti, non è una buona idea. Meglio, se possibile, arrivare questa sera il più possibile vicino alle sorgenti e domani, sul presto, goderci il momento conclusivo. In entrambi i casi, una notte in tenda ci tocca, comunque. Certo che mi pare abbiamo fatto poca strada nella mattinata. Ma ora sono fiducioso, so che daremo il meglio di noi nel tardo pomeriggio. il ponte che collega la strada del passo Rest sulla destra e tentiamo di fare un sentiero che sulla carta è indicato con traccia incerta. E talmente incerto che ci stufiamo e decidiamo di ritornare a camminare lungo il fiume. Finalmente ci cacciamo nei guai! Ci troviamo senza possibilità di ritorno arrampicati su una parete a strapiombo, con sotto un ramo principale troppo profondo per non annegare e per giunta con la possibilità di spaccarsi la faccia su delle rocce che sporgono a filo d acqua. Ci caliamo in corda doppia sul bordo della parete lambito dall acqua e ci destreggiamo fino ad arrivare ad un punto nel quale, con un bel salto, forse si riesce a non bagnare gli zaini. Io salto senza pensare e raggiungo la sponda opposta bagnandomi fino all inguine, ma salvando lo zaino. Balin si concentra, fa un salto migliore del mio, ma il.non gli tiene e va giù di lato. Per fortuna, ha le braccia lunghe come due gru e appoggiandone una(?) salva anche lui lo zaino- Il Taglia assume qui un aspetto che è difficile tradurre in parole. Lo guardo con gli occhi spenti, come quando guardo una ragazza di cui mi potrei innamorare. E largo un 500 metri, contenuto da due catene montuose con abeti color verde brillante. I sassi sono tutti uniformi con circonferenza di mezzo centimetro e l acqua si stende come un velo bianco su questi sassolini formando, di tanto in tanto, qualche bella pozza profonda. Al centro, l acqua scorre più velocemente e la sua profondità è maggiore, ma non sale mai più della vita. Siamo così euforici che camminiamo dentro l acqua e, raggiungendo il centro, ci buttiamo l acqua sulla testa, facendo finta di lavarci. E bellissimo anche voltarsi all indietro e vedere l effetto ottico di questo imbuto verde che si restringe, raggiungendo quasi l infinito. Anche in questo caso, da Socchieve a Forni di Sotto non esiste alcuna forma di antropizzazione. Man mano che si sale, il letto si restringe e le montagne si alzano. Il fiume da ventaglio diventa serpente e la profondità aumenta sempre più. Siamo costretti ad attraversarlo parecchie volte poiché ora si butta sulla destra, ora sulla sinistra a ridosso della parete rocciosa. Oltre ad aumentare la profondità, aumenta anche la velocità a tal punto che penso che tra un po il mio peso, più che la forza delle gambe, non riuscirà a contrastare e vincere l impeto dell acqua e mi rovescerò. Quando attraverso, ci metto molta concentrazione fissando con lo sguardo il punto dove la corrente è più forte e cercando di portare con il respiro il peso del corpo il più possibile in basso. Dopo quattro giorni di attraversamenti, io e Balin siamo in grado di capire all istante dove è possibile guadare e dove no, elaborando all istante tutti i dati raccolti con gli occhi. Dove l acqua fa schiuma, significa che sotto ci sono sassi, quindi non è profonda. Dove la corrente è spenta, non spumeggiante, e il colore si presenta più definito, è meglio lasciar perdere. All improvviso ci guardiamo negli occhi e diciamo le stesse parole: continuare è impossibile. Ora siamo al limite, il prossimo attraversamento non lo reggiamo, ci spazza. Il fiume risente ancora dell ondata di piena di alcune settimane prima. Sulla mia cartina c è segnato un ponte di legno che collega il sentiero 383, il Troi dal mus. Ora c è solo un cavo d acciaio, il resto è stato spazzato via un mese fa. Fortunatamente, come nelle più belle storie, e per una casualità assolutamente inspiegabile, vediamo un gruppo di quasi scout che indicano dove imboccare il Troi dal mus che ci può portare fino alla galleria del passo della Mauria(?) dove passa la statale per Forni di Sotto. Ci avvisano che è segnalato male, ma non abbiamo nessun alternativa. Ovviamente, ci perdiamo in mezzo ad una montagna piena di erba alta, Balin si prende due zecche. Io forse una, ma non riesco a capire se è una testa di zecca rimasta dentro quella che mi prude in mezzo alle cosce. :)!!! Ndr Balin mi sembra impazzito. Non so da dove, ma tira fuori nuove energie e comincia a salire la montagna alla ricerca di un sentiero. Cerco di ricondurlo alla ragione. E

7 convinto che andando su diritti, da qualche parte si deve sbucare. Tiro fuori la cartina e lo convinco che da quella parte ci si va a cacciare in una brutta storia. Ragionando su dei punti di riferimento (tre ruderi) riportati sulla carta tabacco, riusciamo a trovare il sentiero. Certamente, non è trai più faticosi che abbia fatto, ma con lo zaino che ci ritroviamo, lo abbiamo percorso quasi di corsa senza mai fermarci un attimo. Il sentiero attraversa, con uno stupendo ponte stile casetta, un orrido di 300 metri che ci paga dello sforzo della deviazione. Raggiungiamo la statale e in mezzora circa arriviamo a Forni di Sotto. Sono le 16.00, siamo al limite delle forze, mancano 9 km a Forni di Sopra: ce la possiamo fare. Saltiamo il programma che prevedeva panino con la mortadella, poiché il negozio apre alle e sparandoci al volo due birre da mezzo, riprendiamo come due pazzi infuriati la marcia per strada d asfalto. Scendere nel greto, per oggi, ci sembra non sia il caso. Ne abbiamo combinate abbastanza. Ci accontentiamo di guardarlo a distanza dall altro. Ci pare più calmo e ci invoglia a ritornare da lui, ma sappiamo che l imprevisto nel Tagliamento è la regola. In un ora e quaranta, con ritmo da paura, raggiungiamo Forni di Sopra. Ora, la tendinite sul tallone ci affligge entrambi. Le spalle sembrano di fuoco. Siamo al limite, ma nessuno dei due molla un colpo. Ci viene in mente di tirare diritti fino alle sorgenti. Mancheranno una, due ore, forse. Il buon senso, però, riesce in questo frangente, non so come, ad emergere/prevalere. Balin va alla Coop e prende del pane e la mortadella e due birre da 66 cl. E ritorniamo nel nostro habitat al fiume. Non sopportiamo più la vista della gente. Siamo sbalorditi! Per quattro volte Balin mi chiede se sono sicuro che questo sia il Tagliamento, finché perdo la pazienza e gli rispondo in malo modo. Si è questo, è questo! E forse colpa mia se è così piccolo e insignificante?!? Per la stanchezza, mi si è chiuso lo stomaco e mi viene nausea al pensiero di mangiare, anche se sono praticamente a digiuno da mezzodì. Per cinque minuti sto davvero male. Ci togliamo le scarpe e per la prima volta tiro fuori del sapone: ci laviamo! L acqua è gelidissima e i sassi si sono trasformati in schegge taglienti. E quasi impossibile camminare scalzi. Mi asciugo, mi metto la felpa perché fa freddo. Mi fumo una sigaretta e comincio a rilassarmi. Senza zaino, pare di volare, ogni gesto diventa quasi una figura da ballerino. Mangiamo e ripartiamo per trovare un posto dove piazzare la tenda. Il disagio è ancora più marcato della sera precedente. Più il fiume si restringe, più il nostro disagio aumenta. Eppoi siamo a Forni di Sopra, da me considerato un falso paese di montagna, giacché è popolato, per la maggior parte, da villeggianti. E io non vado d accordo con i villeggianti. Ormai abbiamo la certezza che l obiettivo è stato praticamente raggiunto. Ogni sera ci ripetevamo che il peggio doveva ancora venire e anche una semplice distorsione o caduta poteva compromettere la riuscita della nostra sfida e che comunque il Taglia avrebbe venduta a caro prezzo la sua pelle. Ma ormai il fiume è talmente piccolo, che anche il nostro rispetto si è con lui ridimensionato. Non ci fa più paura. Il buio è arrivato mentre noi stiamo tranquillamente camminando. Di sicuro siamo a pochi minuti dalle sorgenti. Ora, per noi, è importante essere lontani da Forni. Nel tentativo di cercare un posto per la tenda, mi imbatto in un animale simile ad un porcellino, tutto bianco con una striscia nera di mezzavia con una coda larga. Penso ad una puzzola. Il letto del fiumiciattolo è largo e le sponde sono alte un paio di metri. Vedo sulla sponda destra dell erba battuta. Mi arrampico e nel bosco trovo una radura su cui piazzare la tenda. Finiamo di montarla che è buio pesto. Si salta la cena. Niente fuoco. Ci sentiamo troppo a disagio. Mentre preparo una tazza di caffè, nel buio e nel silenzio più totale, un cervo salta dal fiume sulla sponda e ce lo troviamo dinanzi. E la solita strada che fa tutte le sere all imbrunire per andare a bere. Ci guarda e si spaventa e con fulminea sgommata schizza via. (Cazzo, era una bestia enorme! Se si fosse imbrigliato sulle corde della tenda, ci avrebbe fracassato. Considerazione postuma dell autore). QUINTO GIORNO SABATO LUGLIO Ci alziamo presto. Penso alle sei. Non facciamo nemmeno colazione. Smontiamo tutto, laviamo una canottiera in vista del rientro e partiamo. La mia carta Tabacco parla chiaro: al primo dei quattro tornanti, prima del passo, c è la sorgente. Fortunatamente, ho letto il libro di Rinaldi in cui racconta che per questioni politiche si è deciso che il Tagliamento nascesse in Veneto. Per cui, seguendo il corso principale, che dopo un po di cascate si allarga di nuovo, capita che ci si sbagli! Infatti, il corso principale prende il nome di rio Tora, che nasce esattamente nel confine tra Friuli e Veneto. Ok, ma il Tagliamento? Io e Balin siamo a pezzi!! Tanta strada, arriviamo al dunque e non troviamo la sorgente?!? Anzi, nemmeno il Tagliamento!! Cominciamo ad andare avanti ed indietro, come due scemi. Lui è convinto di aver sentito che sulle sorgenti, che si trovano lungo la strada, ci sia un cartello. Io mi siedo in mezzo al., apro la carta Tabacco, consulto la bussola e dopo dieci minuti, riesco a determinare al millimetro il posto in cui sono seduto, ma il Tagliamento non c è. Da lontano sento Balin che, nel frattempo, continua ad andare avanti e indietro imprecando. Viene verso di me e mi dice: Secondo me il Tagliamento è quella pisciatina d acqua che abbiamo calpestato un momento fa la sciando la strada. Lo sto ad ascoltare solo perché sono completamente avvilito e smarrito. Vado con lui ed effettivamente sul bordo della strada c è dell acqua. Seguiamo con lo sguardo questo rivoletto e vediamo che entra, salendo dentro un boschetto. E lui!! Lo seguiamo, facendoci largo come Tarzan nella giungla per una cinquantina di metri, finché ci risulta impossibile continuare. Ci fermiamo. C è pochissima acqua, buttiamo a terra gli zaini e decidiamo che in quel punto nasce il Tagliamento! Ci diamo la mano e ci fumiamo una sigaretta. Sono circa le Abbiamo energie ancore in corpo per tornare a casa. Decidiamo all istante di raggiungere il Passo della Mauria per berci una birra da mezzo. Per strada, incontriamo un cartello che dice che è in quel punto che nasce il Tagliamento. Ci mettiamo a ridere. Mi viene subito da pensare al potere che ha la politica anche di decidere sulla natura. Quest avventura mi ha portato ad una

8 certezza: sono anni che non vado a votare ed ho fatto bene! Poco prima del Passo, incontriamo un tipo sui sessantacinque che, dopo averci fatto un paio di domande, ha tirato fuori del pane fresco e ci ha tagliato due fatte di emmenthal, scusandosi per non avere del vino. Poi, come è arrivato, è scomparso. Sto ancora pensando che sia stato uno spirito del Tagliamento. Dopo un paio d ore, siamo arrivati in autostop fino a Forni e da lì in corriera fino a Tolmezzo, poi ancora fino a Udine e da qui in treno a Casarsa dove ci aspetta la moglie di Balin. IN CONCLUSIONE Sono felicissimo di aver fatto questa esperienza. Ho girato un po il mondo, non molto, ma ho la sensazione che non sia tanto il posto che ti trasmette delle emozioni, che ti arricchisce, ma la capacità di osservare quello che ti circonda. Porgo un ringraziamento di cuore al mio amico Balin per aver sopportato la mia indifferenza apparente che può abbattere più del dolore fisico.

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