ORIGINE DELLE MERCI: ETICHETTATURA DEI PRODOTTI E REGOLE DOGANALI

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1 Attenzione: la Guida che state stampando è aggiornata al 06/03/2008. I file allegati con estensione.doc,.xls,.pdf,.rtf, etc. non verranno stampati automaticamente; per averne copia cartacea è necessario aprire il singolo allegato e stamparlo. File PDF creato in data 18/02/2010 Per maggiori informazioni rivolgersi: Servizio Commercio Estero Piazza Castello, Vicenza tel fax estero@assind.vi.it ORIGINE DELLE MERCI: ETICHETTATURA DEI PRODOTTI E REGOLE DOGANALI Introduzione Capitolo n. 1. Premessa Capitolo n. 2. Etichettatura dei prodotti Sotto Capitolo n Il marchio - Prodotti contraffatti o usurpativi Sotto Capitolo n "Made in..." Sotto Capitolo n Sanzioni a tutela del "Made in Italy" e dei marchi Sotto Capitolo n Tutela del consumatore Capitolo n. 3. Regole doganali di origine Sotto Capitolo n Considerazioni preliminari Sotto Capitolo n Prodotti interamente ottenuti Sotto Capitolo n Prodotti parzialmente ottenuti Capitolo n. 4. Origine non preferenziale Capitolo n. 5. Origine preferenziale Sotto Capitolo n Trasformazione sufficiente e trasformazione insufficiente Sotto Capitolo n Regole di cumulo: bilaterale, diagonale e completo Sotto Capitolo n Clausola "no drawback" Sotto Capitolo n Cumulo "paneuromediterraneo" - cumulo Turchi/Tunisia e Turchia/Marocco Sotto Capitolo n Paesi in via di sviluppo e cumulo regionale Capitolo n. 6. Merci di ritorno Capitolo n. 7. Certificazioni di origine Sotto Capitolo n Certificato generale di origine non preferenziale Sotto Capitolo n Certificato di circolazione: EUR.1, EUR-MED, FORM.A, Dichiarazione su fattura Sotto Capitolo n Certificati di origine per prodotti tessili Sotto Capitolo n Certificato di libera pratica per Turchia (ATR) Sotto Capitolo n Unità di merce da prendere in considerazione Sotto Capitolo n Certificati emessi a posteriori e duplicati ; certificati presentati dopo l importazione Sotto Capitolo n Controlli e contestazioni sui certificati di circolazione Capitolo n. 8. Trasporto diretto Capitolo n. 9. Consigli pratici Sotto Capitolo n Informazioni vincolanti di origine Sotto Capitolo n Dichiarazione dello speditore Sotto Capitolo n Gestione delle informazioni Sotto Capitolo n Semplificare la consultazione delle regole Capitolo n. 10. Domanda di sospensione del rilascio delle merci contraffatte e/o usurpative - Intervento delle autorità doganali nazionali Sotto Capitolo n Istruzioni per la compilazione Sotto Capitolo n Dichiarazione del richiedente Sotto Capitolo n Uffici presso cui presentare l'istanza Capitolo n. 11. Domanda di sospensione del rilascio delle merci contraffatte e/o usurpative - Intervento delle autorità doganali comunitarie Sotto Capitolo n Istruzioni per la compilazione

2 Sotto Capitolo n Dichiarazione del richiedente Sotto Capitolo n Uffici presso cui presentare l'istanza Capitolo n. 12. Criteri di origine non preferenziale - Allegati 9, 10 e 11 delle Disposizioni di applicazione del Codice Doganale Comunitario Capitolo n. 13. Certificato di origine e relativa richiesta Capitolo n. 14. Criteri di origine preferenziale - Allegati 14 e 15 delle Disposizioni di applicazione del Codice Doganale Comunitario Capitolo n. 15. Certificato FORM A e dichiarazione su fattura Capitolo n. 16. Certificato EUR.1 e dichiarazione su fattura Capitolo n. 17. Certificato EUR-MED e dichiarazione su fattura Capitolo n. 18. Dichiarazione dello speditore - Regolamento CE n. 1207/2001 Capitolo n. 19. Modello INF4 Introduzione Origine delle merci: etichettatura dei prodotti e regole doganali La rapida globalizzazione dell economia e dei mercati vede le imprese vicentine tradizionalmente protagoniste, impegnate a sviluppare la propria presenza commerciale e produttiva all estero, sia mediante esperienze individuali che in joint-venture con partner esteri. L operare in mercati aperti accentua la necessità di conoscere le norme che governano gli scambi, regole la cui conoscenza, oltre che garantire una corretta operatività, permette di beneficiare delle agevolazioni daziarie previste dagli accordi commerciali vigenti, aprendo la strada all elaborazione di efficaci strategie commerciali e di posizionamento. La comprensione dei principi e delle norme che disciplinano l attribuzione dell origine ai prodotti, diventa così un fondamentale strumento per perfezionare le strategie produttive aziendali. Al tempo stesso è una risorsa importante e qualificante della politica commerciale dell azienda, impegnata a rapportarsi con una clientela sempre più attenta e sensibile all informazione. La Guida è nata per soddisfare queste esigenze. Autrice dell opera è Urbana Gaiotto, Presidente della Commissione Dogane di Confindustria ed esperta doganale che, avendo sempre operato a contatto con importanti realtà industriali, ha potuto maturare significative esperienze operative. Grazie a questo background della Gaiotto la Guida si segnala per il suo carattere divulgativo e per la ricchezza di esemplificazioni utili alla comprensione dell argomento.

3 Capitolo n. 1 Premessa Nel commercio internazionale, il concetto di origine di un bene viene invocato con finalità diverse, doganali e non doganali. Prima di addentrarci nell intricato dedalo delle regole doganali per la definizione dell origine e per l emissione dei certificati, occorre fare chiarezza, preliminarmente, sull esistenza di normative che regolano materie differenti ma strettamente correlate, che come quella doganale utilizzano i termini di origine e provenienza, ma con significati talvolta differenti oppure avvalendosene per finalità completamente diverse: si tratta di norme poste a tutela dei consumatori, cui viene riconosciuto il diritto di avere informazioni corrette circa le caratteristiche del prodotto, tra cui l origine (il cosiddetto Made in... ), e di norme a tutela dell uso esclusivo di marchi di fabbrica e di commercio, registrati in sede internazionale. Made in... Regole doganali sull'origine delle merci - non preferenziali - preferenziali Tutela del consumatore contro false e fallaci indicazioni di origine Tutela del marchio registrato contro marchi contraffatti o usurpativi La qualità di certi prodotti è sempre più spesso percepita dai consumatori attra-verso indicazioni apposte sul prodotto stesso che riportano in-formazioni diverse, quali ad esempio il nome del fabbri-can-te, il marchio di fabbrica o di commercio, la materia co-stitutiva, gli ingredienti; in molti casi è un indice della qualità anche il paese o la zona geografica di produzione o di fabbricazione. Il Made in Italy evoca nel consumatore valori positivi e attrattivi, che possono essere a seconda del settore merceologico interessato, design, creatività, caratteristiche organolettiche e di sicurezza, e così via. Al riguardo si pongono diversi ordini di problemi: la legittimità di utilizzare un determinato marchio, l obbligo di fornire all'acquirente di un prodotto l informazione circa il produttore, l importatore o il luogo in cui il prodotto è stato fabbricato, e quali regole di origine siano applicabili nel determinare il paese da indicare sull etichetta. Norme nazionali e comunitarie, e convenzioni internazionali, riconoscono e tutelano sia il diritto del consumatore di avere informazioni corrette e veritiere, stabilendo quali sono le informazioni minime che il prodotto deve riportare, sia il diritto del titolare di un marchio di impedirne usi illeciti. Si tratta di normative distinte, ma collegate, che tutelano interessi differenti ma interagiscono per lo stesso bene oggetto di commercio internazionale. In occasione di importazioni ed esportazioni occorre quindi avere presente un quadro di riferimento delle regole e dei controlli che le dogane devono espletare in materia di origine dei prodotti, come si è detto per compiti di natura strettamente doganale, oppure loro demandati ma con finalità ben diverse da quelle doganali.

4 Capitolo n. 2 Etichettatura dei prodotti

5 Sotto Capitolo n. 2.1 Il marchio - Prodotti contraffatti o usurpativi Riconosciuto che il marchio individua il produttore della merce e garantisce la qualità del prodotto, l Amministrazione doganale ha chiarito da tempo che la sua funzione è quella di garantire al consumatore che il prodotto viene da una specifica organizzazione imprenditoriale, e che quindi ha determinate caratteristiche qualitative, ma non è volta a certificare il luogo geografico della sua effettiva produzione. Sull uso del marchio è opportuno esaminare diversi aspetti: La corretta indicazione di provenienza di un prodotto da una determinata impresa, individuata col suo marchio, è un diritto tutelato da norme penali ed amministrative. Il sempre più diffuso affidamento ad altre aziende (talvolta anche delocalizzando in paesi extraeuropei) di fasi di lavorazione, o addirittura dell intera produzione di un determinato bene, ha fatto sì che il problema della liceità dell utilizzo del marchio per prodotti fatti da terzi sia stato affrontato e risolto riconoscendo la legittimità di tale prassi, nella considerazione fra l altro che l impresa che fa produrre da altri, prodotti col proprio marchio di fabbrica, fornendo al terzista dettagliate istruzioni produttive e sorvegliando le varie fasi di lavorazione, garantisce al consumatore la qualità, caratteristiche tecniche, materie costitutive, esattamente come per i prodotti fabbricati al suo interno. Ben diverso è il caso dell uso illegittimo, da parte di soggetti non autorizzati, di marchi registrati. In questi ultimi anni il fenomeno della contraffazione ha assunto un carattere estremamente rilevante, e costituisce una seria minaccia per la sicurezza internazionale, per la salute dei consumatori e per lo sviluppo economico. I titolari di marchi di fabbrica o di commercio registrati hanno la possibilità di agire contro le contraffazioni con azioni contrattuali o legali. Considerate però le difficoltà riscontrate dai titolari dei marchi una volta che tali merci sono introdotte e distribuite nel circuito commerciale di un Paese, non essendo più possibile, generalmente, procedere a posteriori alla eliminazione o all indennizzo del danno causato, è stato ritenuto utile introdurre con Regolamento comunitario un meccanismo d intervento delle dogane, alle frontiere esterne della Comunità, conferendo loro il potere del tutto nuovo di trattenere le merci sospette di contraffazione su richiesta del titolare del marchio, e anche prima di una richiesta del titolare. Sono considerate violare i diritti di proprietà intellettuale le merci seguenti: Merci contraffatte le merci, compreso il loro imballaggio, su cui sia stato apposto senza autorizzazione un marchio di fabbrica o di commercio identico a quello validamente registrato per gli stessi tipi di merci, o che non possa essere - distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio di fabbrica o di commercio e che pertanto violi i diritti del titolare del marchio in questione ai sensi della legislazione comunitaria o della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l intervento delle autorità doganali; qualsiasi segno distintivo (logo, etichetta, autoadesivo, opuscolo, foglietto illustrativo, documento di garanzia), anche presentato separatamente, che si trovi nella stessa situazione delle merci di cui al primo trattino; gli imballaggi recanti marchi delle merci contraffatte presentati separatamente, che si trovino nella stessa situazione delle merci di cui al primo trattino Merci usurpative le merci che costituiscono o che contengono copie fabbricate senza il consenso del titolare del diritto d autore o dei diritti connessi o del titolare dei diritti relativi al disegno o modello registrato o meno a norma del diritto nazionale o di una persona da questi validamente autorizzata nel paese di produzione, se ed in quanto la produzione di tali copie violi il diritto in questione ai sensi della legislazione comunitaria o della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l'intervento delle autorità doganali. Merci che ledono i diritti relativi a brevetti e simili, denominazioni di origine o geografiche E assimilato alle merci contraffatte o usurpative, a seconda dei casi, qualsiasi stampo o matrice

6 specificamente destinato o adattato alla fabbricazione di un marchio contraffatto o di una merce recante tale marchio o alla fabbricazione di una merce usurpativa, a condizione che l uso di tali stampi o matrici violi i diritti del titolare del diritto conformemente alla legislazione comunitaria o alla legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l intervento delle autorità doganali. Sono escluse dal campo di applicazione della suddetta disciplina: le merci che recano il marchio o sono protette da brevetti, denominazioni d origine, ecc. e sono state prodotte con il consenso del titolare, ma sono vendute senza il suo consenso o in condizioni diverse da quelle consentite, da distributori che si collocano al di fuori del circuito di distribuzione ufficiale imposto dai fabbricanti (le cosiddette vendite parallele); le merci protette da altro diritto di proprietà intellettuale prodotte in condizioni diverse da quelle stabilite con il titolare del diritto le merci portate al seguito dai viaggiatori, nei limiti della franchigia doganale, e quelle che formano oggetto di piccole spedizioni senza carattere commerciale; trattandosi di spedizioni di modesto valore non costituiscono pregiudizio per il titolare del marchio tale da giustificare l avvio di una azione. Per ottenere l intervento delle autorità doganali, il titolare del diritto o altra persona autorizzata al suo utilizzo, od un loro rappresentante, deve presentare alla Agenzia delle Dogane di Roma una domanda di tutela in ambito nazionale o comunitario utilizzando i moduli disponibili nel sito Internet dell Agenzia alla voce Lotta alla contraffazione. Questa decide con procedura d urgenza e con provvedimento motivato, notificato all interessato, e comunicato lo stesso giorno - via telefax - agli Uffici periferici, anche tramite le Direzioni Regionali, affinchè queste ultime sensibilizzino le dipendenti dogane al fine delle misure di vigilanza e di controllo da attuare. Nel caso in cui una dogana accerti, dopo eventuali consultazioni con il titolare del diritto, che merci dichiarate per l'immissione in libera pratica, l esportazione, la riesportazione o il vincolo ad un regime sospensivo, corrispondono alla descrizione delle merci che figurano nella decisione adottata in accoglimento della domanda del titolare stesso, sospende lo svincolo delle merci o procede al blocco delle stesse. La dogana che sospende lo svincolo e/o dispone il blocco delle merci è tenuta ad informare immediatamente: colui che ha formulato la richiesta d intervento il dichiarante la Direzione centrale dei servizi doganali, Divisione XII. Qualora, prima di una richiesta di intervento, un ufficio doganale scopra che le merci dichiarate risultino in modo evidente contraffatte o usurpative, può sospendere le formalità doganali per un periodo di tre giorni lavorativi, in modo da consentire al titolare del diritto, direttamente contattato nel rispetto delle regole sul segreto d ufficio, di presentare richiesta d intervento. L'ufficio doganale deve inoltre informare senza indugio il dichiarante. Entro il termine di dieci giorni lavorativi, prorogabili in casi giustificati di altri dieci, dal giorno di sospensione della procedura di svincolo o del blocco, il titolare del diritto deve presentare all ufficio doganale interessato una copia del ricorso prodotto alla competente Autorità Giudiziaria o della decisione da questa adottata per il sequestro conservativo delle merci stesse. In mancanza, la dogana provvede allo svincolo della merce o alla revoca del blocco. Se le merci vengono infine riconosciute come contraffatte o usurpative, la dogana può disporne la distruzione, oppure esse possono formare oggetto di donazione ad enti assistenziali, previa eliminazione dei marchi apposti sulle merci. In ambito nazionale, la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004), ha adottato diverse misure per contrastare la contraffazione; con i commi 54 e seguenti dell art. 4 ha in particolare stabilito che l Agenzia delle Dogane, in accordo con gli operatori economici, raccolga in una banca dati multimediale i dati caratteristici idonei a contraddistinguere i prodotti da tutelare. In sostanza l autorità doganale, che è chiamata a contrastare ogni devianza o abuso alle corrette regole del libero scambio ma con riguardo alle sempre più pressanti esigenze di fluidità delle transazioni commerciali, si pone con questo strumento l obiettivo di tutelare la correttezza del libero commercio senza però rallentarlo. La banca dati, FALSTAFF (Fully Automated Logical System To Against Forgery & Fraud) in fase di sperimentazione dal 1 luglio 2004, è la risposta concreta alle esigenze più sopra indicate. Le informazioni dettagliate sono consultabili dal sito internet dell Agenzia. Essa è alimentata dagli stessi titolari del diritto, e consente di confrontare le caratteristiche dei prodotti sospettati di contraffazione con

7 le caratteristiche dei prodotti originali. In sintesi, ogni azienda che richieda un intervento di tutela di un proprio prodotto genera, nella banca dati, una scheda in cui possono inoltre essere registrate, per ogni prodotto, tutte le informazioni di carattere tecnico che lo contraddistinguono. Della banca dati fanno parte anche le immagini del prodotto e la mappa dei suoi itinerari doganali. I funzionari doganali possono interrogare la banca dati ottenendo risposte in tempo reale e possono avvalersi, per le richieste di intervento, dei tecnici delle associazioni di categoria e/o degli enti di certificazione della qualità dei prodotti posti sotto tutela. La banca dati si integra, inoltre, con il Circuito Doganale di Controllo e permette di definire ulteriori profili di rischio a cui sono collegate specifiche azioni per la tutela dei prodotti protetti da marchio. Il Circuito Doganale di Controllo analizza, in tempo reale, tutte le dichiarazioni di importazione ed esportazione presentante in dogana e le indirizza automaticamente ai canali di controllo abbinati ai profili di rischio elaborati anche in base ai parametri indicati, nelle schede, dalle aziende.

8 Sotto Capitolo n. 2.2 "Made in..." Non esistendo una convenzione internazionale, n è una normativa comunitaria sulla marchiatura di origine dei prodotti, le indicazioni che devono essere fornite dai produttori sono regolate da disposizioni nazionali, che esistono in alcuni Paesi e non in altri. In Italia l obbligo di etichettatura con indicazione del paese di origine è stato introdotto con il D. lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (c.d. Codice del Consumo, vedasi il successivo par. 2.3); tuttavia la norma da cui discende l obbligo è ancora in attesa dei provvedimenti di attuazione e pertanto, fino ad allora, questa indicazione è facoltativa. In caso di esportazione occorre tenere conto innanzi tutto della legislazione del Paese estero di commercializzazione: tale etichettatura in taluni Paesi è obbligatoria, in altri non lo è; ma spesso è interesse dell azienda esportatrice di apporre il Made in Italy quando si ritiene che contribuisca all appeal commerciale del prodotto. Purtroppo non esistono regole internazionali di origine, valide in modo uniforme in tutti i Paesi, pertanto una indicazione di Made in Italy che è considerata corretta secondo le regole di origine valide nell Unione Europea, potrebbe essere contestata e ritenuta falsa da parte delle Autorità (doganali e non) del Paese di destinazione e commercializzazione, che abbia una legislazione con regole di origine differenti, e l impresa esportatrice accusata quindi di fornire al consumatore una informazione non veritiera. Talvolta poi le autorità doganali vengono sensibilizzate da imprese concorrenti, mosse da interessi puramente commerciali. La convenzione internazionale nota come Convenzione di Madrid vieta le indicazioni di origine false e fallaci, e in casi del genere la situazione può divenire immediatamente critica, in quanto le autorità del paese importatore possono ordinare il sequestro della partita di merce ritenuta irregolare, con danni ingenti anche per la perdita delle opportunità di vendita. Pur con alcune limitazioni, più avanti esaminate, alcuni punti fondamentali si ricavano dai chiarimenti ministeriali da tempo forniti: l apposizione di un marchio registrato di fabbrica o di commercio legalmente utilizzato, che non contenga altre aggiunte con indicazioni di origine false o fallaci, ha la funzione di informare il consumatore che il prodotto presenta certe caratteristiche qualitative, e proviene da quella organizzazione industriale o commerciale, e non anche di certificare il luogo della sua effettiva produzione l obbligo di apporre il Made in... sussiste solo a rettifica di eventuali elementi (diversi dal marchio) che potrebbero costituire per il consumatore falsa o fallace indicazione di origine per l apposizione del Made in... su prodotti ottenuti a seguito di lavorazioni successive in più paesi, o con l impiego di componenti esteri, occorre prendere a riferimento le regole doganali dell origine non preferenziale".

9 Sotto Capitolo n. 2.3 Sanzioni a tutela del "Made in Italy" e dei marchi La messa in vendita o in circolazione di prodotti industriali con nomi, marchi o segni distintivi atti ad indurre in inganno il compratore su origine, provenienza (intesa, secondo la giurisprudenza, come provenienza industriale) o qualità del prodotto è prevista come fattispecie punibile dall art. 517 del Codice Penale. Come si è già detto in precedenza, la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004), ha adottato diverse misure per contrastare sia la contraffazione di marchi e prodotti, sia le false indicazioni di origine delle merci, ridefinendo con criteri di maggiore asprezza la punibilità di tali illeciti, ed estendendo, con il comma 49 dell art. 4, l applicabilità dell art. 517 C.P. alle false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine. Ad evitare possibili fraintendimenti, il testo è poi stato integrato con il D.L. 35 del 14 marzo 2005 (decreto sulla competitività) che dopo le parole fallaci indicazioni di provenienza ha inserito o di origine, colmando una evidente lacuna e ribadendo quindi che quanto stabilito dall art. 517 per gli illeciti in materia di marchi e provenienza imprenditoriale si applica ora anche agli illeciti in materia di origine e provenienza geografica e doganale. Il medesimo D.L. 35/2005 ha poi inasprito la sanzione pecuniaria prevista per i reati di cui all art. 517 C.P., portandola a Euro, e introdotto una sanzione amministrativa pecuniaria sino a Euro per l acquisto o l accettazione di cose che inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine o provenienza dei prodotti. Riprendendo l esame della legge 350/2003, nello stesso comma 49 dell art. 4 essa definisce i concetti di falsa e fallace indicazione di origine: costituisce falsa indicazione la stampigliatura Made in Italy su prodotti non originari dell Italia; costituisce fallace indicazione, anche se è indicata l origine e la provenienza estera dei prodotti, l uso di segni, figure o altro che possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto sia di origine italiana. Secondo chiarimenti ministeriali tale previsione può verificarsi solo nel caso in cui la fallace indicazione a mezzo di segni, figure, ecc. abbia caratteristiche tali da oscurare fisicamente o simbolicamente l etichetta di origine, rendendola di fatto poco visibile o praticamente non riscontrabile anche ad un semplice esame sommario del prodotto. Pur non escludendo, quindi, il verificarsi di tali possibilità, tuttavia le fattispecie penalizzabili, in tali casi, sembrano essere molto ridotte. L ipotesi riconducibile alla fallace indicazione, rispetto alla formulazione originaria sopra brevemente ricordata, è stata ulteriormente ampliata dal comma 941 della Finanziaria per il 2007 (Legge 27 dicembre 2006, n. 296) includendo l uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli (vedasi su questo punto il par. 2.4); contiene un chiaro rimando in tema di origine alla normativa europea sull origine (non preferenziale); afferma che la fattispecie (importazione ed esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione) si intende commessa fin dal momento della presentazione delle merci in dogana per l immissione in consumo o in libera pratica, e sino alla vendita al dettaglio; secondo l interpretazione fornita dall Agenzia delle Dogane anche la presentazione in dogana per l esportazione concretizza il fatto delittuoso; indica come poter sanare, sul piano amministrativo, la falsa o fallace indicazione di origine delle merci, al fine di poter così ottenere il rilascio della merce, ma fermo restando la permanenza del procedimento penale innanzi all Autorità Giudiziaria.

10 Sotto Capitolo n. 2.4 Tutela del consumatore Alcune norme nazionali e Direttive comunitarie e di recepimento delle medesime contengono disposizioni in merito alle indicazioni che i prodotti devono riportare per informare i consumatori circa le caratteristiche dei prodotti da essi acquistati, o al tenore dei messaggi pubblicitari. Con il D. lgs. 6 settembre 2005 n. 206, è stato pubblicato il Codice del Consumo, entrato in vigore il 23 ottobre 2005, che ha riunito in un unico testo le disposizioni di precedenti provvedimenti riguardanti i rapporti tra imprese e consumatori. Nel nuovo codice, pur sostanzialmente compilativo, sono stati introdotti alcuni miglioramenti e modifiche sostanziali determinate dalla necessità di armonizzare le precedenti leggi alle norme comunitarie e nazionali successive, ed anche dall'evoluzione giurisprudenziale, intervenendo sulle discipline riguardanti, tra le altre, la garanzia sui beni di consumo, la sicurezza generale dei prodotti, la responsabilità da prodotto difettoso, la pubblicità ingannevole e le informazioni al consumatore. Relativamente a queste ultime, il codice ha ampliato l elenco delle indicazioni per il consumatore che i prodotti o le loro confezioni devono riportare per poter venir commercializzati nel territorio nazionale introducendo, all art. 6, un nuovo obbligo di indicazione del paese di origine del prodotto se situato fuori dell Unione Europea, in aggiunta alle indicazioni già previste dalla precedente Legge 126 del 1991 (trasfusa nel nuovo codice). Tuttavia, con la circolare 24 gennaio 2006 n. 1, il Ministero delle Attività produttive ha precisato che l'art. 6 del Codice troverà completa attuazione solo contestualmente all'entrata in vigore del provvedimento di attuazione; pertanto, mentre per le altre informazioni previste dall art. 6 continua ad applicarsi il precedente regolamento (Decreto del Ministero dell industria n. 101 del 1997), l obbligo di indicare il Paese di origine del prodotto, se situato fuori dall'unione europea, troverà applicazione solo dal momento in cui entrerà in vigore il decreto di attuazione. La stessa circolare ministeriale ha altresì chiarito che il citato obbligo sorge solo nel momento in cui il prodotto viene posto in vendita e non invece nelle precedenti fasi distributive; pertanto, non risulta obbligatorio fornire le indicazioni di cui all art. 6, tra cui anche il paese di origine, in fase di immissione in libera pratica dei prodotti né nel successivo processo distributivo anteriore comunque alla messa in vendita dei prodotti sul territorio nazionale. La pubblicazione del Codice del Consumo non ha tuttavia risolto il dubbio, già sollevato durante la vigenza della Legge 126 del 1991, che il rispetto della norma, ora contenuta nell art. 6 del Codice del consumo, la quale pone l'obbligo di apporre indicazioni chiare relative al nome o alla ragione sociale o al marchio ed alla sede di un produttore o di un importatore stabilito nell Unione Europea, possa far ricadere l importazione di prodotti di origine estera così contrassegnati nell ipotesi di reato prevista dalla Legge 350/2003 per fallace indicazione di origine. L Agenzia delle Dogane è recentemente intervenuta sull argomento fornendo istruzioni, adottate d intesa con il Ministero delle Attività Produttive, nell attesa di una soluzione normativa, suggerendo di apporre nell etichetta la formula IMPORTATO DA: (NOME E SEDE DELL IMPRESA) che consente il rispetto congiunto delle due Leggi. La Direttiva 2005/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell 11 maggio 2005 sulle pratiche commerciali sleali, all art. 6, comma 1 b), considera ingannevole una pratica commerciale che contenga, circa l origine geografica o commerciale del prodotto, informazioni false e sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, anche se l informazione è di fatto corretta, che lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Questa direttiva al momento non è stata recepita nella normativa nazionale, tuttavia un richiamo alle pratiche commerciali sleali è contenuto nella Legge Finanziaria per il 2007 (Legge 27 dicembre 2006, n. 296) che ha ampliato il divieto di recare nei prodotti false o fallaci indicazioni circa l esatta provenienza ed origine dei prodotti stessi, prevedendo anche la punibilità nel caso di uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli.

11 La norma, non esente da alcuni problemi interpretativi, sembrerebbe ispirarsi alla Direttiva suddetta per impedire quelle pratiche commerciali ingannevoli rientranti nella definizione data dall art. 6 della stessa: deve considerarsi ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni false e sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, anche se l informazione è di fatto corretta, riguardo a uno o più dei seguenti elementi e in ogni caso lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:.... Poiché tra gli elementi a tal fine rilevanti rientra l origine geografica o commerciale del prodotto, la norma introdotta dalla L. 296/06 potrebbe avere come possibile effetto il configurarsi di una fallace indicazione di origine nel caso di utilizzo di un marchio aziendale (peraltro, indifferentemente dal fatto che sia registrato o meno) che in qualche modo risulti di richiamo ad una presunta origine nazionale dei prodotti o servizi ai quali si riferisce, inducendo in errore il consumatore.

12 Capitolo n. 3 Regole doganali di origine ORIGINE COMUNE O NON PREFERENZIALE ORIGINE PREFERENZIALE + TRASPORTO DIRETTO Certificazione origine comunitaria in esportazione Applicazione misure non tariffarie all importazione: divieti, contingenti, massimali, dazi antidumping,... Statistiche del commercio internazionale Agevolazioni riservate a prodotti nazionali : finanziamenti o assicurazione crediti,... Etichettatura di origine Made in... Applicazione di misure tariffarie all importazione: dazi preferenziali differenziati per paese

13 Sotto Capitolo n. 3.1 Considerazioni preliminari Le regole doganali che definiscono l'origine di una merce si classi-ficano schematicamente in due categorie: 1. l origine non preferenziale, utilizzata per l applicazione di tutte le misure di politica commerciale quali divieti, contingenti, massimali, dazi antidumping e compensativi, etichettatura di origine, per la rilevazione dei dati statistici del commercio internazionale. Le regole emanate in via autonoma dall'unione Europea sono utilizzate per attribuire l'origine comunitaria ai prodotti esportati verso i paesi non legati all'u.e. da accordi tariffari (ad esempio USA, Canada,...) attestata su un certificato di origine generale. All'importazione dai suddetti paesi l Unione Europea accetta le certificazioni rilasciate secondo le regole autonome di ciascun paese esportatore. 2. l origine preferenziale consente invece alle merci provenienti da taluni paesi, e che soddisfano a precisi requisiti, di godere di benefici daziari all importazione. Gli accordi conclusi dall Unione Europea con numerosi paesi o gruppi di paesi, istitutivi di zone di libero scambio, prevedono infatti un trattamento preferenziale, vale a dire dazio ridotto o esenzione, e abolizione di divieti quantitativi o contingentamenti, per gli scambi di prodotti riconosciuti come originari di una delle parti contraenti, e trasportati direttamente fra le medesime. Regole simili sono stabilite anche nel contesto di trattamenti agevolati concessi dalla Comunità a taluni Paesi, con i quali non è stato negoziato un accordo ma sono state accordate agevolazioni in via autonoma. L origine è attestata, in questi casi, con un certificato EUR.1 o FORM.A, o documenti equivalenti, al fine esclusivo di attribuire alla merce il trattamento preferenziale stabilito. Anche gli accordi che istituiscono zone di libero scambio in altre aree geografiche, che non hanno la Comunità Europea come Paese partner, riservano i trattamenti preferenziali ai prodotti originari dei paesi aderenti, e definiscono proprie regole di origine preferenziale, ad esempio: NAFTA: North American Free Trade Association tra USA, Canada e Messico Mercosur: tra Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay Gruppo Andino: tra Venezuela, Ecuador, Colombia, Perù e Bolivia Il certificato di origine, utilizzato dall importatore per certificare alle proprie autorità il diritto di ottenere i trattamenti previsti per i prodotti originari del paese di origine, viene emesso dalle Autorità del Paese di esportazione. A seconda del Paese di destinazione e del tipo di prodotto, occorre quindi preliminarmente stabilire se viene richiesto il certificato di origine comune, o non preferenziale, oppure il certificato di circolazione EUR.1, o similari certificati di origine preferenziale; a differente modulo corrisponde, come si è detto, un differente complesso di regole, e una diversa finalità del documento e della relativa indicazione di origine. Si può affermare che le vere e proprie regole di origine sono quelle dell origine non preferenziale, che ciascun Paese esportatore stabilisce in via generale e uniforme nei confronti di tutti i paesi partner. Le regole preferenziali, invece, costituiscono uno strumento tecnico attraverso il quale vengono modulate le concessioni tariffarie che un paese accorda ad un altro specifico paese. Infatti, oltre ad essere differenziate per area geografica, le regole preferenziali escludono definitivamente i prodotti che non presentano i requisiti stabiliti, dai benefici accordati ai prodotti riconosciuti originari. Le regole non preferenziali non possono invece escludere, ma devono permettere sempre di attribuire ad un prodotto l origine di un paese. Le differenze esistenti tra i due insiemi di regole "non preferenziale" e "preferenziale", nonchè fra i vari accordi di libero scambio, possono portare alla conseguenza che uno stesso prodotto, fabbricato nell Unione europea con utilizzo di materie prime (o semilavorate) terze, sia da considerare di origine comunitaria nei rapporti con un paese terzo (ad es. USA o Giappone), nonché per l etichettatura Made in Italy, ma non originario ai fini preferenziali perché non risponde a tutti i requisiti stabiliti per poter accedere al beneficio di dazi agevolati stabiliti all importazione dai paesi legati da accordi tariffari preferenziali. O ancora, sia da considerare originario nei rapporti con uno dei paesi suddetti o gruppo di paesi (per effetto

14 dell applicazione di regole di cumulo) e non originario per tutti gli altri.

15 Sotto Capitolo n. 3.2 Prodotti interamente ottenuti Le merci interamente ottenute in un unico paese non presentano diffi-coltà nell attribuzione del Paese di origine: le merci saranno dichiarate come originarie del paese in cui sono state interamente prodotte. Le disposizioni comunitarie considerano interamente ottenuti i prodotti elencati nella tabella che segue, sia ai fini dell'origine comune che dell origine preferenziale. Esempio: i prodotti del regno vegetale raccolti nel paese; i prodotti che provengono da animali vivi allevati nel paese. Perché un prodotto sia considerato originario dell'unione Europea è sufficiente che le relative condizioni vengano soddisfatte globalmente, nella Comunità; questo significa che i venticinque Paesi membri sono considerati, a questo fine, come un Paese unico. Esempio: una macchina utensile viene assemblata in Italia utilizzando componenti di origine tedesca e polacca. E' irrilevante precisare, nel caso di specie, se la macchina in questione ha acquistato l'origine italiana o conservi l origine tedesca o polacca dei componenti. Tale prodotto e' incontestabilmente originario della Comunità. Per esigenze commerciali o contrattuali, oppure per ottenere agevolazioni riservate alla produzione nazionale, talvolta è necessario documentare l origine italiana di un prodotto: in tal caso si dovranno applicare le regole suddette, con riferimento all ambito geografico del solo territorio nazionale. Elenco Paesi che hanno rapporti preferenziali con l Unione Europea, riservati ai prodotti originari Zona geografica ACCORDI RECIPROCI ACCORDI NON RECIPROCI CONCESSIONI AUTONOME Norvegia, Islanda Svizzera, Liechtenstein Isole Faroer EUROPA Paesi mediterranei Extra-Europa A.C.P. P.T.O.M. Paesi in Via di Sviluppo Rep. di Macedonia Rep. di Montenegro Bosnia-Erzegovina Croazia Albania Marocco Tunisia Algeria Israele Cisgiordania e Striscia di Gaza Egitto, Giordania Libano Sud Africa Messico Cile Siria Stati Africani, dei Caraibi e Pacifico Rep. di Serbia (1) Repubblica di Moldova Paesi e Territori d'oltremare Sistema delle preferenze tariffarie Elenco Paesi che hanno costituito Unioni doganali con l Unione Europea, aventi rapporti preferenziali riservati ai prodotti in libera pratica, anche se non originari : Turchia San Marino ELENCO PRODOTTI INTERAMENTE OTTENUTI

16 a) i prodotti minerari estratti dal suolo o dal fondo marino del paese; b) i prodotti del regno vegetale ivi raccolti; c) gli animali vivi, ivi nati ed allevati; d) i prodotti che provengono da animali vivi ivi allevati; e) i prodotti della caccia o della pesca ivi praticate; f) i prodotti della pesca marittima e altri prodotti estratti dal mare, al di fuori delle acque territoriali di un paese, da navi immatricolate o registrate in tale paese e battenti bandiera del medesimo; g) i prodotti ottenuti a bordo di navi officina, esclusivamente a partire dai prodotti di cui alla lettera f), sempre che tali navi-officina siano immatricolate o registrate in detto paese e ne battano la bandiera; h) i prodotti estratti dal suolo o dal sottosuolo marino al di fuori delle loro acque territoriali, purché le parti contraenti abbiano diritti esclusivi per lo sfruttamento di detto suolo o sottosuolo; i) i rottami e i residui risultanti da operazioni manifatturiere e gli articoli fuori uso, sempre che siano stati ivi raccolti e possano servire unicamente al recupero delle materie prime; le merci ivi ottenute esclusivamente a partire dai prodotti di cui alle lettere da a) a j) o dai loro derivati, in qualsiasi stadio essi si trovino. (1) Dal 30 gennaio 2009 la Serbia applica unilateralmente le concessioni commerciali previste dall'accordo interinale sugli scambi e sulle questioni commerciali tra la Comunità europea e la Repubblica di Serbia firmato il 29 aprile 2008, ma temporaneamente non attuato dalla Comunità, la quale continua ad applicare il regime commerciale autonomo previsto dal regolamento (CE) n. 2007/2000.

17 Sotto Capitolo n. 3.3 Prodotti parzialmente ottenuti La determinazione dell'origine può invece presentarsi più complessa per una merce fabbricata in un paese utilizzando delle materie prime o dei componenti importati. La materia presenta un elevato tecnicismo, sia sotto l aspetto doganale, sia sotto l aspetto di conoscenza merceologica dei prodotti e delle varie fasi della loro produzione. Le regole sono illustrate nei capitoli seguenti.

18 Capitolo n. 4 Origine non preferenziale Le regole comunitarie (art. 24 del Codice doganale comunitario) di origine non preferenziale così si esprimono: "una merce nella cui produzione sono intervenuti due o piu' paesi e' originaria del paese dove ha avuto luogo l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata, effettuata in un'impresa attrezzata a questo scopo, e che abbia dato origine ad un prodotto nuovo o che rappresenta una fase importante della fabbricazione". L'acquisizione di una nuova origine presuppone quindi due condizioni principali: una "trasformazione o lavorazione sostanziale" e una "trasformazione econo-micamente giustifi-cata". Con le norme di appli-cazione, allegati 10 e 11, la Commissione europea ha definito per il settore tessile e abbigliamento, e per alcuni altri prodotti, di particolare interesse, le lavorazioni (le cosiddette regole di lista ) che permettono al prodotto finito, per la cui produzione sono stati utilizzati materiali aventi origini diverse, di acquisire l origine del Paese dove è avvenuta la trasformazione in questione, trasformazione che viene in tal modo ad essere considerata sostanziale: A. Per i prodotti tessili è necessaria una trasformazione completa, consistente, di massima, in una lavorazione che ha per effetto di classificare il prodotto ottenuto in una voce della nomenclatura combinata diversa da quella relativa a ciascuno dei prodotti non originari utilizzati. Tuttavia, per i prodotti elencati all allegato 10 delle Disposizioni di applicazione del Codice doganale comunitario, si considerano complete le trasformazioni indicate in corrispondenza di ciascun prodotto, in detto allegato, che vi sia o meno un cambiamento di voce doganale. Si possono citare i seguenti esempi: i tessuti e stoffe a maglia, richiedono la fabbricazione a partire da filati, oppure la stampa o tintura di tessuti (o stoffe a maglia) greggi o precandeggiati, accompagnata da operazioni di preparazione o rifinitura gli indumenti diversi da quelli a maglia, finiti o completi, e gli indumenti a maglia ottenuti riunendo due o più parti di stoffa a maglia, richiedono la confezione completa. Per confezione completa si intendono tutte le operazioni che debbono essere effettuate successivamente al taglio dei tessuti o alla modellatura delle stoffe a maglia. Tuttavia, il fatto che una o più lavorazioni di rifinitura non sia stata effettuata non implica che la confezione debba considerarsi incompleta. Sono ad esempio operazioni di rifinitura: applicazione di bottoni e/o di altri tipi di chiusura; confezione di asole; rifinitura delle estremità di pantaloni o maniche, oppure orli inferiori di camicie, gonne o abiti; apposizione di guarnizioni ed accessori quali tasche, etichette, distintivi, ecc.; stiratura ed altre preparazioni per indumenti da vendere confezionati. In particolari procedimenti di fabbricazione, si può verificare il caso che le lavorazioni di rifinitura, specie se costituite da un insieme di operazioni combinate, assumano un importanza tale da dover essere considerate come qualcosa di più della semplice rifinitura. In casi del genere, la mancata esecuzione di dette operazioni implica la perdita del carattere di completezza della confezione. B. Per alcuni prodotti diversi dai tessili, per i quali è stato definito il concetto di trasformazione sostanziale, si rimanda alle specifiche regole riportate per ciascun prodotto nell allegato 11 alle Disposizioni d applicazione del codice doganale comunitario.

19 C. Per tutti gli altri prodotti non compresi nei suddetti elenchi occorre fare riferimento alla definizione generale contenuta nell art. 24 del Codice doganale comunitario, più sopra riportata, che tuttavia non è direttamente applicabile a casi concreti e la cui interpretazione è lasciata alla responsabilità delle Amministrazioni doganali. In tale scenario si inseriscono i negoziati attualmente tenuti a Ginevra, presso l Organizzazione Mondiale del Commercio, relativi all armonizzazione, a livello mondiale, delle regole di origine non preferenziale. In quella sede ogni paese ha presentato, per ogni prodotto, un elenco delle lavorazioni che possono essere ritenute utili all acquisizione dell origine. L Unione Europea, nel presentare detto elenco, ha fatto riferimento sia alle regole di lista riprese nei citati allegati 10 e 11 delle vigenti Disposizioni di applicazione, sia, in mancanza, alla posizione approvata dai Servizi della Commissione e degli Stati membri previa consultazione dell industria europea. Tale elenco, che costituisce la posizione ufficiale della Comunità al negoziato in corso, è pubblicato sul sito internet dell Unione Europea (2) e fornisce un valido contributo per risolvere i problemi che si presentano nell applicazione pratica del citato articolo 24 del Codice doganale comunitario. D. Gli accessori, i pezzi di ricambio e gli utensili, consegnati insieme ad un materiale, una macchina, un apparecchio od un veicolo e facenti parte della sua normale attrezzatura, sono considerati della stessa origine del materiale, della macchina, dell apparecchio o del veicolo ai quali sono destinati. I pezzi di ricambio destinati ad un materiale, una macchina, un apparecchio od un veicolo precedentemente importati o esportati sono considerati della stessa origine del materiale, della macchina, dell apparecchio o del veicolo ai quali sono destinati, a condizione che si tratti di pezzi di ricambio essenziali, vale a dire costituiscono elementi in mancanza dei quali non può essere assicurato il buon funzionamento delle merci, sono caratteristici di queste merci e destinati alla loro normale manutenzione, in sostituzione di pezzi della stessa specie danneggiati o inutilizzabili. (2) 0_en.htm

20 Capitolo n. 5 Origine preferenziale

21 Sotto Capitolo n. 5.1 Trasformazione sufficiente e trasformazione insufficiente Per la nozione particolare dell'origine preferenziale oc-corre invece fare riferimento alle regole specifiche conte-nute in ciascun accordo. La somiglianza tra i diversi ac-cordi permette tuttavia di presentarne le linee principa-li. Il principio di base é che una merce, che non presenti i requisiti per essere considerata interamente ottenuta come detto al paragrafo 3.2. é originaria del pa-ese nel quale essa ha subito una "trasformazione sufficiente " TRE CRITERI possibili per definire la trasformazione sufficiente 1. Salto tariffario (cambiamento di voce doganale) 2. Valore aggiunto minimo 3. Lavorazione che conferisce l'origine La trasformazione sufficiente viene definita, talvolta, con la classifica-zione del prodotto ottenuto in una voce del Sistema Armonizzato diversa da quella degli elementi costitu-tivi, o-riginari di altri paesi (cosiddetto salto tariffario). Esempio: Per i lavori di cuoio e di pelli, oggetti e da viaggio, borse, borsette e simili, del capitolo 42, la regola è la seguente: Fabbricazione in cui tutti i materiali utilizzati sono classificati in una voce diversa da quella del prodotto. Per alcuni prodotti, in particolare del settore meccanico, le regole sono fondate su criteri di valore aggiunto. Esempi: Per i motori a pistone, a scoppio, diesel e semi-diesel, e le relative parti, classificati alle voci del Sistema Armonizzato , la regola di origine riportata in tutti gli accordi è la seguente: Fabbricazione in cui il valore di tutti i materiali non deve eccedere il 40% del prezzo franco fabbrica del prodotto. Regola identica si riscontra per gli occhiali ed oggetti simili, della voce Per l applicazione della regola di valore aggiunto occorre quindi mettere in paragone due elementi: A) il valore in dogana al momento dell importazione dei materiali non originari (ingredienti, materie prime, componenti o parti) impiegati nella fabbricazione del prodotto; qualora tale valore non sia noto né verificabile, il primo prezzo verificabile pagato per detti materiali nel paese in cui sono messi in opera B) il prezzo franco fabbrica pagato per il prodotto al fabbricante nel cui stabilimento è stata effettuata l ultima lavorazione o trasformazione; tale prezzo deve comprendere il valore di tutti i prodotti messi in opera, ed essere al netto di tutte le spese accessorie quali il trasporto dopo l uscita dalla fabbrica, l assicurazione, ecc., e previa detrazione di eventuali imposte interne che vengano o che possano essere restituite in caso di esportazione; e accertare che A) non superi la percentuale ammessa di B). Oltre alle regole di salto tariffario e di valore aggiunto, altro criterio spesso utilizzato è quello della indicazione della lavorazione che conferisce l origine del paese in cui viene effettuata. Esempio: Per l alluminio grezzo della voce 7601 del S.A. l origine viene conferita per effetto di

22 Fabbricazione tramite trattamento termico o elettrolitico a partire da alluminio non legato o cascami e rottami di alluminio. In particolare, per i prodotti tessili e dell abbigliamento della sezione XI del Sistema Armonizzato, è necessario che nel paese considerato siano avvenute due trasformazioni, e quindi in raffronto alle regole non preferenziali per prodotti simili, l origine preferenziale richiede una fase ulteriore di lavorazione: per i tessuti e stoffe a maglia, si richiede la fabbricazione a partire dalla fibra o materiali chimici, o paste tessili (anziché dal filato), per gli indumenti diversi da quelli a maglia, finiti o completi, e per gli indumenti a maglia ottenuti riunendo due o più parti di stoffa a maglia, si richiede la fabbricazione a partire da filati (anziché la confezione completa ). Affinché un indumento del tipo sopra indicato sia di origine preferenziale, occorre quindi, partendo dal filato di origine terza, aver effettuato sia la tessitura e sia la confezione. Esempi: Un indumento a maglia classificato nel cap. 61, confezionato in Italia utilizzando parti di stoffa a maglia, origina-rie dagli USA (anche se nazionalizzate in Italia) potrà dare luogo all'emissione del certificato generale di origine CE ed all apposizione del Made in Italy, se la lavorazione fatta in Italia è una confezione completa, comprendente anche le operazioni di rifinitura. Esportando l indumento in Svizzera, in Messico, o altri paesi con accordo di libero scambio, NON si potrà invece ottenere il certificato EUR.1, che consente al cliente destinatario dell indumento, all'importazione nel suo paese, il trattamento daziario preferenziale previsto dall'accordo tra l'unione europea ed il paese di importazione, in quanto l indumento non risponde alla regola che richiede la fabbricazione a partire dal filato. Gli indumenti ed accessori di abbigliamento a maglia, classificati al capitolo 61 ma diversi da quelli consi-derati all'esempio precedente, e cioè non ottenuti riu-nendo due o piu' parti di stoffa a maglia (ad esempio le calze), ottenuti in Italia a partire da filati importati dagli USA, sono originari dell U.E. per la re-gola non preferenziale, e possono avere quindi il certificato di origine CE ed esporre il Made in Italy ; non si potrà invece rilasciare l EUR. 1 in quanto la regola preferenziale richiede la "Fabbricazione a partire da fibre naturali, fibre sintetiche o artificia-li, discontinue, non cardate ne' pettinate... o da mate-riali chimici o paste tessili". Gli accordi preferenziali stabiliscono inoltre regole par-ticolari per i miscugli di prodotti tessili (con una tolle-ranza, generalmente del 10% del peso del prodotto finito, di materiali non originari), e per gli accessori e guarnizioni (diversi da fodera e controfodera) terzi che non superano l'8% del prezzo franco fabbrica del prodot-to. Con il termine fabbricazione, che viene utilizzato in tutte le regole, si intende qualsiasi tipo di lavorazione o trasformazione, compreso il montaggio e le operazioni specifiche. Sono sempre da escludere invece quelle lavorazioni, definite come trasformazioni insufficienti a conferire il carattere originario indipendentemente dagli altri requisiti, (elencate nella tabella) quali spolveratura o cernita, cambio di imballaggi e apposizione di marchi o etichette, semplice assemblaggio di parti allo scopo di formare un prodotto completo, e simili manipolazioni. ELENCO LAVORAZIONI O TRASFORMAZIONI INSUFFICIENTI a) le manipolazioni destinate ad assicurare la conservazione come tali dei prodotti durante il loro trasporto e magazzinaggio (ventilazione, spanditura, essiccazione, refrigerazione, immersione in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze, estrazione di parti avariate e operazioni analoghe); b) le semplici operazioni di spolveratura, vaglio o cernita, selezione, classificazione, assortimento (ivi inclusa la composizione di assortimenti di articoli), lavaggio, verniciatura, riduzione in pezzi; c) i) il cambiamento di imballaggi, la scomposizione e composizione di confezioni; ii) le semplici operazioni di inserimento in bottiglie, boccette, borse, casse o scatole, o di fissaggio a supporti di cartone, su tavolette ecc., e ogni altra semplice operazione di condizionamento; d) l apposizione di marchi, etichette o altri analoghi segni distintivi sui prodotti o sui loro imballaggi; e) la semplice miscela di prodotti anche di specie diverse, quando uno o piu componenti della miscela non rispondano alle condizioni fissate nel presente protocollo per poter essere considerati originari di una delle parti contraenti; f) il semplice assemblaggio di parti allo scopo di formare un prodotto completo; g) il cumulo di due o piu operazioni di cui alle lettere da a) a f);

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