INDICE Premesse Capitolo 1 Inquadramento territoriale Capitolo 2 Stato di fatto dei Servizi Idrici

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2 INDICE Premesse Capitolo 1 Inquadramento territoriale 1. 1 Generalità... Pag Caratterizzazione urbanistica. Pag Caratterizzazione idrografica.. Pag Caratterizzazione morfologica e idrogeologica Pag Caratterizzazione della risorsa idrica. Pag Disponibilità della risorsa idrica.. Pag. 65 Capitolo 2 Stato di fatto dei Servizi Idrici 2. 1 Premessa... Pag Dati emersi col PRRA. Pag Settore Acquedotto Dati di base. Pag Settore Fognature Dati di base.. Pag Settore collettamento e depurazione Dati di base.. Pag Sintesi degli interventi. Pag Acquedotto Pag Cenni storici sul Servizio Acquedotto... Pag Approvvigionamento e distribuzione. Pag Modalità di gestione tecnica... Pag Consumi idrici Pag Consistenze e stato delle reti e degli impianti.. Pag Livelli di servizio attuali Pag Valutazioni funzionali relative al servizio. Pag Raccolta (fognatura)... Pag Cenni storici sul servizio fognatura... Pag La rete di raccolta e smaltimento delle acque reflue. Pag Definizione dei baci di raccolta delle acque reflue. Pag Il reticolo dei corsi d acqua. Pag Modalità di gestione tecnica.. Pag Smaltimento idrico per tipologia di utenza... Pag Consistenza e stato delle reti. Pag Livelli di servizio attuale.. Pag Valutazioni funzionali relative ai servizi Pag Collettamento e recapito finale (depurazione). Pag. 131

3 2.7.1 Cenni storici relativi alla costruzione del sistema Pag. 131 depurativo Il sistema di depurazione delle acque.. Pag Consistenza e stato dei depuratori Pag Livelli di servizio attuali Pag Valutazioni funzionali relative ai servizi Pag Stato di fatto rilevato dalla perizia giurata del 2006 Pag Struttura gestionale Pag Cenni sulla gestione del Servizio Idrico Integrato... Pag La gestione esistente del Servizio Idrico Integrato.. Pag Aspetti economici e tariffari Pag Aspetti tariffari. Pag Tariffa in vigore.. Pag. 191 Capitolo 3 Obiettivi del piano 3. 1 Obiettivi generali.... Pag Stima della domanda Pag Fabbisogno quali-quantitativo idropotabile... Pag Bilancio idrico di bacino e normativa pozzi. Pag Livelli di servizio Pag Efficienza impianti, efficacia del servizio Pag. 217 (monitoraggio, automazione, telecontrollo) Servizio acque reflue... Pag Stima della domanda.. Pag Fabbisogno relativo allo smaltimento dei reflui Pag Livelli di servizio obiettivo Pag Stima della domanda depurazione Pag Standard tecnici e organizzativi. Pag Parametri di riferimento servizio acquedotto... Pag Parametri standard di riferimento Acque Reflue. Pag Parametri di riferimento standard Depurazione. Pag Aree critiche.. Pag. 243 Capitolo 4 Piano degli interventi 4. 1 Criteri generali... Pag Strategie di intervento Pag Strategie di intervento nel Settore Acquedotto Pag Strategie di intervento nel Settore Fognature. Pag Strategie di intervento nel Settore Depurazione. Pag Azioni principali.... Pag Programma degli interventi.. Pag Area Acquedotto.. Pag Area Fognatura Pag Depurazione. Pag Interventi significativi nell arco di Piano Pag. 276 Capitolo 5 Modello gestionale 5. 1 Analisi delle gestioni esistenti... Pag Modelli gestionali e organizzativi.... Pag Obiettivi gestionali.. Pag Il modello organizzativo e gestionale.. Pag. 298

4 Capitolo 6 Piano finanziario e tariffario 6. 1 Piano degli investimenti. Pag Sviluppo del conto economico.. Pag Prima ipotesi piano di sviluppo tariffario.. Pag. 311 Capitolo 7 Conclusioni Pag. 318

5 PREMESSE OGGETTO DEL PIANO In attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Legge Galli), oggi superata dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 (Norme in materia ambientale), che ne ha recepito selettivamente i contenuti, la Regione Lombardia, con la legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26, di modifica delle precedente l.r. 21/1998, ha provveduto alla suddivisione del territorio regionale in 12 Ambiti Territoriali Ottimali, 11 dei quali corrispondenti ai confini amministrativi delle Province Lombarde e 1 della Città di Milano, organizzati nella forma dell Autorità d Ambito. L A.A.T.O. Città di Milano è l autorità di governo delle risorse idriche relativamente ad un ambito territoriale ottimale (omogeneo per la gestione) con competenze circa la programmazione, l organizzazione e il controllo del servizio idrico integrato. Insediatasi formalmente nel novembre 2001, divenuta Azienda Speciale nell aprile 2006, ha il compito di rappresentare la domanda collettiva di servizio idrico integrato e garantire nel contempo un miglioramento dei livelli del servizio stesso nell interesse dell utente. Il Piano d Ambito rappresenta lo strumento principale di pianificazione attraverso il quale gli Enti d Ambito possono organizzare, attivare e governare il sistema idrico integrato, al fine di garantire un servizio efficace, efficiente ed economico. Deve essere finalizzato alla riorganizzazione territoriale della gestione del servizio idrico e 1

6 alla concentrazione in soggetti gestori unici dei tre segmenti di servizio (acquedotto, fognatura, collettamento e depurazione) relativi al ciclo di utilizzo dell acqua. Deve consentire all Autorità d Ambito di fissare gli obiettivi quantitativi e qualitativi dei servizi, di determinare gli investimenti necessari per raggiungerli, di decidere le condizioni tariffarie e di scegliere la modalità di affidamento del servizio. Costituisce una tappa fondamentale nel processo di costruzione e organizzazione del servizio idrico integrato ed è uno strumento innovativo nella programmazione e definizione degli interventi prioritari del ciclo dell acqua per dare attuazione al Programma di Tutela e Uso delle Acque (PTUA) e degli obiettivi. 2

7 CONTENUTI,ARTICOLAZIONE ED OBIETTIVI DEL PIANO In base a quanto stabilito dal dell art comma 3 - della Legge 36/94, oggi abrogata, il Piano d Ambito doveva essere articolato nelle seguenti fasi esecutive: - ricognizione delle opere esistenti e degli impianti - analisi dello stato attuale del servizio idrico sia dal punto di vista del livelli di servizio resi all utente, sia dal punto di vista dell organizzazione gestionale e della sua efficienza - definizione degli standard di servizio ritenuti necessari per la soddisfazione dell utenza - stima della domanda, intesa come valutazione del fabbisogno idrico degli anni futuri, e costituita quindi sia da valutazioni di tipo demografico e legate alla dinamica della popolazione, sia dalla stima dei livelli di consumo individuali e collettivi - programmazione degli interventi, - modello organizzativo gestionale - piano economico finanziario - definizione delle risorse disponibili e dei proventi da tariffa (e conseguente definizione del piano tariffario) Partendo quindi dall accertamento dello stato delle opere e delle infrastrutture riferibili al servizio idrico integrato e dallo stato attuale dei livelli di servizio - con la fase di ricognizione - si giunge, attraverso la definizione dei livelli di servizio obiettivo dell A.T.O., all individuazione delle criticità e alla definizione degli interventi da programmare. Ne consegue che i tre documenti principali in cui si sostanzia il Piano sono: - il programma degli interventi; - il modello gestionale ed organizzativo; - il piano economico-finanziario e tariffario Il primo, il programma degli interventi, consiste nella descrizione degli interventi strutturali necessari all esercizio del servizio idrico integrato, programmati per 3

8 ciascuna area critica e per ciascun segmento del servizio idrico integrato e nella loro migliore definizione in termini di obiettivi, effetti attesi, livello di priorità, previsioni temporali e di costo. Il secondo, il modello gestionale ed organizzativo, presenta le linee guida generali del modello organizzativo e gestionale che riguardano l organizzazione sul territorio relativamente alla struttura centrale e ai punti di contatto con gli utenti - le attività necessarie e una conseguente stima dei costi di gestione calcolati per la durata del periodo oggetto della pianificazione. I due piani principali, quello degli interventi e quello gestionale, devono poi confluire nel piano economico finanziario, riferito ai costi d investimento ed ai costi operativi preventivamente determinati, includendo anche gli ammortamenti e la remunerazione del capitale investito. Questo piano consente di verificare se le scelte tecniche e gestionali effettuate garantiscano il raggiungimento dell equilibrio economico e finanziario, tenuto conto di una progressione tariffaria compatibile. Il piano tariffario, invece, determina i livelli tariffari necessari negli anni a sostenere gli investimenti per le nuove opere pianificate, nonché a coprire i costi di gestione del servizio idrico integrato. Si perviene, in definitiva, al calcolo di una tariffa reale media che permette di ottenere uno sviluppo temporale per tutta la durata del piano d ambito. Le disposizioni che precedono vanno oggi armonizzate con quanto disposto dal recente decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che 4

9 abroga la Legge Galli, recependone selettivamente i contenuti principali e riordinando le diverse norme regolatrici precedentemente in vigore. In particolare, l art. 149 del D. Lgs 152/2006 descrive, nel dettaglio, contenuti e procedure di approvazione del Piano e ne fissa gli atti principali, costituiti dalla ricognizione delle infrastrutture, dal programma degli interventi, dal modello gestionale ed organizzativo e dal piano economico-finanziario. Con la ricognizione l Autorità d Ambito individua lo stato di consistenza e di funzionamento delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato. Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare ai fini del raggiungimento dei livelli di servizio e del soddisfacimento della domanda dell utenza. Il piano economico-finanziario deve prevedere l andamento dei costi di gestione e di investimento, integrato dalla previsione dei proventi da tariffa, ai fini del raggiungimento dell equilibrio economico-finanziario ed il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione. Al modello gestionale ed organizzativo è infine affidato il compito di definire la struttura operativa con la quale il gestore assicura il servizio, nonché la realizzazione degli interventi programmati. Gli obiettivi del Piano d Ambito, già normativamente previsti dalle disposizioni sopra illustrate, contemplano altresì la necessità di raggiungere una serie di obiettivi, condivisi con l ente locale di riferimento e che ha trasferito all Autorità d Ambito il 5

10 compito di pianificare e gestire il servizio idrico integrato nell interesse dei cittadini milanesi. In particolare il Piano deve rispondere alla domanda di servizio dei cittadini, variabile nel tempo, attraverso un programma di interventi infrastrutturali di varia natura, ottenendo, per converso, un contenimento complessivo dei costi. Gli interventi di adeguamento incideranno positivamente sull età delle reti, così da mantenere attuale l alto grado di efficienza del Sistema-Milano, caratterizzato da un alta qualità della risorsa e da perdite di rete tra le più basse del Paese. Per quanto attiene al modello gestionale il Piano mira a mantenere l unitarietà della gestione di reti ed impianti ed erogazione del servizio, così come previsto dall art. 49, comma 1, della l.r. 26/2003, al fine di valorizzare le caratteristiche qualitative del servizio. L attenzione al contenimento dei costi operativi e di gestione ha, come ulteriore corollario, una grande attenzione alla tariffa del servizio erogato e che Milano ad oggi vanta tra le più basse d Italia. Il Piano d Ambito, redatto anche sulla base delle precedenti considerazioni, costituisce lo strumento ed il documento di diffusione delle regole e degli strumenti per un continuo miglioramento del servizio e, nello stesso tempo, messaggio di diffusione di comportamenti virtuosi per i cittadini, ai fini di un uso sempre più razionale di una risorsa esauribile. 6

11 INQUADRAMENTO NORMATIVO A) INQUADRAMENTO NORMATIVO A LIVELLO STATALE Le prime disposizioni normative relative al trattamento delle acque pubbliche, vanno ricercate nel Regio Decreto 11 dicembre 1933 n (Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici) che, definendo norme generali sulle derivazioni e sulle utilizzazioni di acque pubbliche, costituisce ancora oggi la principale norma di riferimento in questa materia. A questa è seguito il DPR del 24 luglio 1977 n. 616 (attuazione delle delega di cui all art. 1 della Legge 22/07/1975 n. 382), che ha delegato alle Regioni numerose funzioni amministrative precedentemente gestite dallo Stato, tra le quali rientrano le funzioni di tutela, disciplina e utilizzazione delle risorse idriche, fatta eccezione per le funzioni comunque espressamente riservate a livello centrale. La normativa in materia idrica ha origini radicate nel passato, ma in effetti, solo con la Legge Galli si è, di fatto, aperta la strada al riordino dei servizi idrici e all industrializzazione del sistema, stabilendo una netta separazione di ruoli, tra l attività di indirizzo e controllo e quella più propriamente gestionale. All art. 1, la legge 36/1994 prevedeva che tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal suolo, siano da considerarsi pubbliche e costituiscano una risorsa salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà. Lo stesso articolo stabiliva inoltre che gli usi delle acque fossero indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse, per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell ambiente, l agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici. 7

12 All art. 2 era previsto che l uso dell acqua per il consumo umano fosse prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo e gli altri usi fossero ammessi quando la risorsa è sufficiente e a condizione di non ledere la qualità dell acqua per il consumo umano. All articolo 4, lettera f), veniva introdotto il concetto di servizio idrico integrato, costituito dall insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue. La Legge 36/1994 aveva poi previsto, all art. 8, la riorganizzazione dei servizi idrici mediante la costituzione degli Ambiti Territoriali Ottimali, delimitati dalle Regioni secondo i criteri di rispetto dell unità del bacino idrografico o del sub bacino o dei bacini idrografici contigui, per il superamento della frammentazione gestionale esistente, attraverso l integrazione territoriale (definizione di bacini di utenza minimi) e l integrazione funzionale delle diverse attività del servizio idrico integrato. In questo contesto grande importanza è rivestita dall Autorità di Bacino, noramta dall art. 3, che ha il compito di assicurare l equilibrio del bilancio idrico. A tale proposito, l Autorità di Bacino definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l equilibrio fra la disponibilità delle risorse reperibili o attivabili nell area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi. L obiettivo del conseguimento del risparmio idrico (art. 5) doveva essere raggiunto mediante il risanamento e il graduale ripristino delle reti esistenti che evidenzino rilevanti perdite, l installazione di reti duali nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, l installazione di contatori in ogni singola unità abitativa nonché di contatori differenziati per le attività produttive e del settore 8

13 terziario esercitate nel contesto urbano e la diffusione di metodi e apparecchiature per il risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo. L obiettivo fondamentale della L. 36/1994 era quello di assicurare una razionale gestione del servizio idrico, attraverso: - l accorpamento della gestione del ciclo idrico, inteso come acquedotto, fognatura e depurazione; - il superamento della frammentazione delle gestioni per ottenere economie di scala; - il superamento della gestione in economia per assicurare una gestione industriale; - l attivazione delle risorse finanziarie per gli adeguamenti necessari; - la definizione di un sistema tariffario che consenta di finanziare gli investimenti; - l organizzazione di un efficace sistema di controllo sul gestore a garanzia degli utenti; La L. 36/1994 introduceva un nuovo schema di regolazione dei servizi che sostituiva la precedente organizzazione dal punto di vista sia istituzionale che tariffario e prevedeva che i Comuni trasferissero l esercizio della titolarità del servizio all Ambito Territoriale Ottimale. Il nuovo schema prevedeva inoltre una netta distinzione di ruoli fra il regolatore di ambito, che definisce gli obiettivi e controlla la realizzazione del Piano, e il Gestore, che organizza il servizio e dà attuazione al Piano. L ambito definisce il piano degli interventi e la tariffa del nuovo servizio e provvede all affidamento della gestione del servizio idrico integrato, svolgendo appunto la sua attività di committente e regolatore, in ragione dell assenza di concorrenza nel mercato di questi servizi a livello contrattuale primario, con l obiettivo di assicurare la tutela del consumatore nei confronti del Gestore monopolista. Il controllo si esercita in primo luogo attraverso la verifica del raggiungimento degli obiettivi del 9

14 Piano, con la possibilità di applicare incentivi o sanzioni e al limite di revocare l affidamento nel caso in cui il Gestore sia gravemente inadempiente. L Autorità d ambito è chiamata a valutare all interno del proprio Piano lo standard dei servizi attuali e gli obiettivi previsti, al fine di definire il fabbisogno di risorsa idrica e tutte le opere e i criteri organizzativi che permettano lo sviluppo e il progressivo adeguamento del SII stesso rispetto al fabbisogno. A completare e razionalizzare il trasferimento di competenze amministrative dallo Stato alle Regioni, già precedentemente avviato con il DPR 616/1977, si è provveduto con la definizione del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti Locali, in attuazione del Capo I della L. 15/03/1997 n. 59). Questa nuova normativa ha, tra l altro, riordinato la ripartizione delle competenze in materia di gestione dei beni del demanio idrico. In particolare l articolo 89 conferisce alle Regioni e agli enti locali tutte le funzioni non espressamente riservate allo Stato dall articolo 88. Più specificamente sono trasferite alle Regioni le funzioni relative alla gestione del demanio idrico, ivi comprese tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione e utilizzazione delle acque sotterranee, alla tutela del sistema idrico sotterraneo nonché alla determinazione dei canoni di concessione e all introito dei relativi proventi fatto salvo quanto disposto dall articolo 29, comma 3, che prevede la perdurante competenza dello Stato per le grandi derivazioni di acque pubbliche per uso idroelettrico. Alla luce delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 112/1998 e della L.R. 12/12/2003 n. 26 è di competenza delle Regioni il rilascio delle concessioni per tutte le grandi 10

15 derivazioni di acque pubbliche, con la sola eccezione delle piccole derivazioni di competenza provinciale. Successivamente il D. Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall inquinamento e recepimento della Direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), ha modificato alcune norme del T.U. 1775/1933 al fine di un miglior coordinamento tra le varie normative in materia di acque. Da ultimo, il D. Lgs. 3/04/2006, n. 152 (norme in materia ambientale), costituisce la nuova normativa quadro in materia di ambientale, e riordina le precedenti disposizioni di settore, abrogando, in particolare, sia la L. 36/1994, sia il D. Lgs 152/1999. Anche il nuovo T.U. afferma (art. 144) il principio in base al quale le acque sono di proprietà demaniale (così come le infrastrutture idriche di proprietà pubblica) e costituiscono una risorsa da tutelare e salvaguardare, anche ai fini delle aspettative e dei diritti delle generazioni future. È altresì sancito il principio in base al quale la disciplina degli usi delle acque va finalizzata ad un uso razionale, per evitare sprechi e non pregiudicare la consistenza del patrimonio idrico, rilievo che trova riscontro nell attività che fa capo all autorità di Bacino volta a garantire l equilibrio del bilancio idrico, ed in quella, che compete alle Regioni, e che si concretizza, per l appunto, in misure volte alla razionalizzazione dei consumi Viene riconfermato, all art 141, il principio di servizio idrico integrato (SII), quale insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi 11

16 civili di fognatura e depurazione delle acque reflue, da gestire secondo criteri di economicità, efficienza ed efficacia. L organizzazione del territorio, ai fini della gestione del servizio idrico integrato, è sostanzialmente mutuata dalla l.r. 36/1994 con la suddivisione in ambiti territoriali ottimali secondo i medesimi criteri già previsti. Medesima considerazione può valere per l Autorità d Ambito, cui viene ora attribuita personalità giuridica ed a cui gli enti locali trasferiscono l esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche. All Autorità compete, in particolare, la definizione del Piano d ambito (i cui contenuti sono stati già precedentemente illustrati) e della tariffa, nonché una serie di poteri di controllo e sostitutivi, già definiti dalla legge e ulteriormente dettagliati nell ambito dei documenti che andranno successivamente a regolare i rapporti tra Autorità e soggetto gestore del servizio. Il D. Lgs. 152/2006, oltre alle disposizioni inerenti il servizio idrico integrato, che qui maggiormente interessano, detta una serie di altre norme, in materia di pianificazione (relativamente a distretti idrografici e piani di bacino distrettuale) e tutela delle acque dall inquinamento, mediante individuazione di specifici obiettivi di qualità. Apposite disposizioni sono poi previste ai fini della tutela dei corpi idrici e della disciplina degli scarichi. Oltre alle direttive nazionali, indirizzi di gestione delle acque vanno ricercati principalmente nella Direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3/11/1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, redatta sulla base dei dettami delle Direttive 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e 12

17 91/676/CEE protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole e attuata con D.Lgs. 2 febbraio 2001 n. 31. A queste si aggiungono la cosiddetta direttiva acque Direttiva 2000/60/CE, che stabilisce un quadro per l azione comunitaria in materia di acque e le più recenti direttive in materia di tutela delle acque: in particolare le Direttive 2006/11/CE, concernente l inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell ambiente idrico della Comunità, e 2006/118/CE sulla protezione delle acque sotterranee dall inquinamento e dal deterioramento. B) INQUADRAMENTO NORMATIVO A LIVELLO REGIONALE Con la Legge Regionale n. 21 del 20/10/98 (Organizzazione del Servizio Idrico Integrato e individuazione degli ambiti territoriali ottimali in attuazione della Legge 5/01/1994 n. 36 Disposizioni in materia di risorse idriche ) all art. 5 - è stata data attuazione alla legge Galli, demandando alla Giunta regionale l approvazione della metodologia per l elaborazione del programma d intervento di cui all art. 6, comma 1, della medesima legge e la metodologia per la redazione del piano finanziario. Si è provveduto inoltre alla suddivisione del territorio regionale in 12 Ambiti Ottimali dei quali 11 corrispondenti ai confini amministrativi delle province lombarde e 1 a quelli della Città di Milano. Con la L. R. 10 dicembre 1998, n. 34, all articolo 3 vengono disciplinate le modalità di determinazione dei canoni di utilizzo delle acque pubbliche. Successivamente, la Regione Lombardia, con la legge regionale 12 dicembre 2003, n..26, ha disciplinato i servizi locali di interesse economico generale, dettando le norme in materia di gestione anche delle risorse idriche. 13

18 La L.R. 26/2003 al Titolo V abroga e sostituisce la precedente l.r. 21/1998 in materia di risorse idriche e conseguentemente supera anche il Regolamento Regionale 16 luglio 2001 n. 5, attuativo della citata l.r.. 21/98. Successivamente, la L.R. 26/2003 è stata modificata ed integrata con la L.R. 8/08/2006, n. 18. La L.R. 26/2003 disciplina, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla legge statale ricadenti nell articolo 117, terzo comma, della Costituzione, i servizi locali di interesse economico generale e garantisce che siano erogati per la soddisfazione dei bisogni dell utente secondo criteri di qualità, efficienza ed efficacia e in condizioni di sicurezza, uguaglianza, equità e solidarietà. Tale norma coordina il settore delle risorse idriche con il più generale impianto legislativo dichiarato nel Titolo I e costituisce il testo di riordino delle leggi regionali precedentemente emanate per regolamentare i servizi locali di interesse economico generale previsti nel comma 2 dell articolo 1 del suddetto Titolo. La modifica intervenuta nell agosto 2006 non ha intaccato i principi fondamentali della legislazione quadro regionale, precisandone e riformulandone alcuni aspetti. Relativamente al S.I.I. non emergono innovazioni di carattere sostanziale per quanto attiene le funzioni degli ATO, qui qualificati formalmente come Autorità d Ambito, che possono costituirsi nelle forme previste dagli articoli 30, 31 e 114 del D.lgs. n. 267/2000. Compiti principali dell Autorità sono: - l individuazione delle strategie per l organizzazione del servizio e la definizione dei documenti di regolazione dei rapporti; - la definizione del Piano d ambito, contenente la ricognizione delle opere esistenti, il programma degli interventi infrastrutturali necessari ed il piano finanziario; - la determinazione del sistema tariffario; 14

19 - la vigilanza ed il controllo sull attività posta in essere dal gestore L organizzazione territoriale è confermata sulla base di ambiti territoriali ottimali coincidenti con i confini amministrativi provinciali, oltre all ambito della Città di Milano, per un totale di 12 ambiti. All art. 49 della suddetta legge, viene invece specificata per le A.A.T.O. la possibilità di affidamento del servizio, anche per segmenti, ad una pluralità di soggetti per il miglior soddisfacimento dei criteri di efficacia, efficienza ed economicità di cui al Titolo I; per il perseguimento di tale fine viene previsto l obbligo (non contemplato per l ATO della Città di Milano) di separare l erogazione del servizio dalla gestione delle reti e degli impianti. Quanto alle modalità di affidamento, la L.R. 26/2003 riflette tale separazione, e richiama, quanto alle forme, le modalità di cui all art. 113 del D.Lgs. 267/2000, fatta salva l obbligatorietà della procedura ad evidenza pubblica per quanto attiene all affidamento dell erogazione. Come detto, posto che tra gli obiettivi del Piano vi è il mantenimento dell unitarietà di gestione di reti ed impianti ed erogazione del servizio tali disposizioni non si applicano all ambito oggetto del presente documento. Coerentemente alla l. 36/1994 il sistema tariffario d ambito viene determinato tenendo conto sia degli investimenti infrastrutturali effettuati dai comuni, che contribuiscono al miglioramento della produttività, della qualità e dell organizzazione del S.I.I., sia dell esigenza di graduare nel tempo le eventuali variazioni tariffarie e di articolare la tariffa per zone territoriali e soggetti svantaggiati. 15

20 Inoltre viene prevista la facoltà, per la Regione, di prevedere percentuali della tariffa del S.I.I. da destinare a interventi di difesa e di tutela dell assetto idrogeologico e degli ambienti connessi. La L.R. n. 26/2003 e la successiva L.R. 18/2006, rimandano a regolamenti regionali successivi il compito di dettare norme relative all utilizzazione e alla tutela quali quantitativa delle acque, puntualizzando però il processo pianificatorio fondato sul piano di gestione del bacino idrografico, che costituisce specificazione settoriale del piano territoriale regionale, al fine di affrontare aspetti particolari della gestione idrica, concorrendo all attuazione dei programmi comunitari e nazionali in materia di sviluppo sostenibile, perseguendo obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione. Nel corso del 2006 pertanto Regione Lombardia, con i regolamenti regionali nn. 2, 3 e 4 ha regolamentato: - l uso delle acque superficiali e sotterranee, l utilizzo delle acque ad uso domestico, il risparmio idrico ed il riutilizzo dell acqua; - la disciplina relativa all autorizzazione degli scarichi delle acque reflue domestiche e delle reti fognarie; - la disciplina dello smaltimento delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne Il Piano di Tutela e Uso delle Acque previsto dal Capo II del Titolo V della suddetta legge, di cui al D.lgs. n. 152/99, approvato con deliberazione della giunta regionale n del 29 marzo 2006 (di seguito PTUA), è il principale strumento per la pianificazione e gestione delle risorse idriche in Lombardia e detta gli indirizzi delle future strategie di intervento e di gestione del settore. Il PTUA è articolato per bacini e sottobacini e detta gli indirizzi delle future strategie di intervento e di gestione. Ha valore di piano stralcio del Piano di Bacino, e quindi 16

21 articola le priorità per la programmazione degli interventi strutturali di settore ed interviene sulle politiche di sviluppo territoriale, tenuto conto del d.lgs. 31/2001 e degli adempimenti più urgenti legati all attuazione delle direttive connesse. Il PTUA prevede di caratterizzare i bacini idrografici presenti in Lombardia, e tutelare in modo integrato gli aspetti qualitativi e quantitativi, per raggiungere o mantenere obiettivi minimi di qualità ambientale e per specifica destinazione, stabiliti per i corpi idrici individuati come "significativi, quali: - tutti i corsi d acqua naturali di primo ordine il cui bacino imbrifero abbia una superficie maggiore di 200 km quadrati e tutti i corsi d acqua naturali di secondo ordine o superiore il cui bacino imbrifero abbia una superficie maggiore di 400 km quadrati; - i laghi naturali aventi una superficie dello specchio liquido pari a 0,5 km quadrati o superiore; - i canali superficiali affluenti in corpi idrici superficiali naturali, caratterizzati da una portata di esercizio superiore ai 3 mc/s; - i laghi artificiali o i serbatoi il cui bacino di alimentazione sia interessato da attività antropiche e aventi superficie dello specchio liquido almeno pari ad 1 km quadrato o con volume di massimo invaso almeno pari a 5 milioni di mc. Al fine di conseguire gli obiettivi primari, quali: - prevenire e ridurre l'inquinamento; - risanare i corpi idrici inquinati; - proteggere le acque destinate a particolari usi (acqua potabile, balneazione, vita dei pesci e dei molluschi); - perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche; - mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici; - mantenere la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate. nel PTUA devono essere individuati gli scenari di intervento tenendo conto di tutti gli aspetti, compresi quelli economici e sociali, legati alle acque. Il PTUA risulta articolato per settori (acquedotti, fognature e depurazione) così come previsto per il Piano d Ambito, al fine di permettere un più agevole coordinamento 17

22 tra le previsioni del PTUA e le azioni strategiche fondamentali, di competenza delle ATO, contenute nel Piano d Ambito. La Regione Lombardia, con l'approvazione della l.r.. 26/2003, in recepimento della Direttiva Europea 2000/60/CE, all art. 45 ha definito il Piano di gestione del bacino idrografico che è lo strumento regionale per la pianificazione della tutela e dell'uso delle acque, con il quale, coerentemente con la pianificazione dell Autorità di Bacino sono individuate le misure e gli interventi necessari ad assicurare la tutela qualitativa e quantitativa dei corpi idrici e il perseguimento delle finalità di cui all art. 41, secondo il modello della programmazione integrata e nel rispetto del principio di sussidiarietà. Il Piano di Gestione delle Acque in Lombardia, che costituisce specificazione settoriale del piano territoriale regionale, è articolato per bacini e sottobacini, problematiche o categorie di acque, al fine di affrontare aspetti particolari della gestione idrica. Il Piano, che concorre all attuazione dei programmi comunitari e nazionali in materia di sviluppo sostenibile, persegue obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici attraverso la valutazione e l intervento congiunto sugli aspetti quantitativi e qualitativi della risorsa idrica. Il Piano di gestione, sottoposto a revisione ogni sei anni, è costituito dall atto di indirizzi, approvato dal Consiglio regionale su proposta della giunta regionale, e dal programma di tutela e uso delle acque, approvato dalla Giunta regionale, con il quale sono individuate le azioni per il raggiungimento degli obiettivi contenuti nell atto di indirizzi. 18

23 CRITERI E METODI PER LA FORMULAZIONE DEL PIANO Per definire una programmazione del sistema idrico integrato è necessario osservare i limiti fissati dall Unione Europea, dalla Legge Galli, come successivamente integrata e poi sostituita, e dalla normativa regionale, comunemente orientati alla salvaguardia delle risorse idriche. Se da una parte la legge Galli definiva le disposizioni in materia di risorse idriche, stabilendo le modalità di organizzazione territoriale del servizio sulla base di ambiti territoriali ottimali e disciplinando la modalità di gestione da garantirsi secondo i principi di economicità, efficacia ed efficienza, indicando sinteticamente all art. 11 la struttura del Piano, le disposizioni inerenti la vera e propria modalità di definizione del piano d ambito a livello regionale sono da ricercarsi nella L.R. 26/2003, successivamente modificata con la l.r. 18/2006, e nella deliberazione della giunta della Regione Lombardia n. VII/12577 del 28/03/2003. Infatti, mentre la Legge Galli stabiliva che il Piano d Ambito deve presentare (come già indicato precedentemente): - ricognizione delle opere esistenti e degli impianti - analisi dello stato attuale del servizio idrico sia dal punto di vista del livelli di servizio resi all utente, sia dal punto di vista dell organizzazione gestionale e della sua efficienza - definizione degli standard di servizio ritenuti necessari per la soddisfazione dell utenza - stima della domanda, intesa come valutazione del fabbisogno idrico degli anni futuri, e costituita quindi sia da valutazioni di tipo demografico e legate alla dinamica della popolazione, sia dalla stima dei livelli di consumo individuali e collettivi - programmazione degli interventi, - modello organizzativo gestionale 19

24 - piano economico finanziario - definizione delle risorse disponibili e dei proventi da tariffa (e conseguente definizione del piano tariffario) la deliberazione della Regione Lombardia del 28/03/03 stabilisce che il Piano deve comprendere: - la Relazione di Piano - gli Allegati Tecnici Più specificatamente la relazione di piano, dovrà indicare i seguenti contenuti essenziali: - l inquadramento territoriale - le caratteristiche morfologiche del territorio - le caratteristiche geologiche ed idrogeologiche - le caratteristiche quali quantitative delle risorse idriche - la struttura insediativi - la disponibilità delle risorse idriche - stato di fatto dei servizi idrici - fonti di approvvigionamento - consumi idrici - livelli di servizio attuali - consistenza e stato delle reti e degli impianti - struttura gestionale - aspetti economici e tariffari - obiettivi del Piano d Ambito - stima della domanda - livelli di servizio obiettivo - standard tecnici ed organizzativi - aree critiche - piano degli interventi - strategie di intervento - programma degli interventi (strategie e priorità) - stima dei costi di investimento - modello gestionale - analisi delle gestioni esistenti - obiettivi - modalità di affidamento del servizio 20

25 - scenari gestionali possibili - modello gestionale - piano finanziario e tariffario - piano degli investimenti - piano tariffario - conto economico - stato patrimoniale - rendiconto finanziario Insieme alla Relazione di Piano dovrà essere predisposta una Relazione di Sintesi, contenente la base conoscitiva di agevole consultazione e di sintesi del Piano, al fine di permettere un immediata focalizzazione sui contenuti principali, quali la domanda e l offerta del servizio, la strategia di intervento progettata, i punti principali del programma degli interventi che l ambito intende effettuare e i risultati attesi rispetto agli obiettivi, nonché la determinazione della tariffa. Tale documento dovrà inoltre essere reso pubblico attraverso formale comunicazione all utenza, sia individuale che collettiva, individuata a discrezione dell autorità. I contenuti essenziali della Relazione di sintesi dovranno essere i seguenti: - stato di fatto dei servizi idrici - quadro riassuntivo - tabelle di sintesi - obiettivi del piano - livelli di servizio - strategie di intervento - piano degli interventi - sintesi degli interventi previsti - programma degli interventi - stima dei costi di investimento - modello gestionale - struttura di gestione prevista per il servizio idrico integrato 21

26 - piano finanziario e tariffe - risultati delle elaborazioni finanziarie e ipotesi di tariffa - modalità di copertura del fabbisogno finanziario La relazione di sintesi dovrà essere estratta dalla relazione generale, avendo cura di fornire solo i risultati finali delle elaborazioni, nonché tabelle riassuntive per ciascun argomento. Relativamente agli allegati tecnici, dovranno riportare le varie elaborazioni specialistiche effettuate ai fini della pianificazione, gli studi e le statistiche citate nel piano, i risultati della ricognizione e le elaborazioni conseguenti, le schede di valutazione e ogni altro elemento di riferimento non incluso nella trattazione del piano. I contenuti essenziali degli allegati, sono: - allegato 1 stato di fatto - relazione illustrativa dello stato di fatto dei servizi idrici all interno dell ambito - tabelle illustrative dello stato di fatto dei servizi idrici all interno dell ambito - allegato 2 stima della domanda - stime demografiche previsioni abitanti fluttuanti - previsioni livelli di consumo da pubblico acquedotto - allegato 3 piano degli interventi - criteri di definizione progettuale degli interventi - rapporti col PRRA - rapporti coi piani stralcio ex art. 141 legge 388/ modalità di stima dei costi di investimento - schede progettuali relative ai principali interventi - standard di intervento relativi al rinnovo di reti ed impianti - standard di innovazione tecnologica - scenari alternativi di intervento analizzati - individuazione delle priorità di intervento - programma temporale degli interventi 22

27 - allegato 4 modello gestionale - valutazione delle alternative gestionali - stime dei costi operativi - allegato 5 elaborazioni finanziarie e tariffarie - ipotesi alternative di copertura del fabbisogno finanziario - ipotesi alternative di tariffe La deliberazione di giunta regionale n. VII/12577 del 28/03/03 prevede anche criteri di revisione e aggiornamento del piano. Poiché l ipotesi di fondo è che il Piano d Ambito abbia un orizzonte temporale di 20 anni, lo stesso dovrà essere aggiornato con scadenze non superiori ai cinque anni e, se necessario, anche con tempi più ravvicinati, in funzione delle effettive esigenze dell Ambito. La revisione periodica potrà essere fatta coincidere con la predisposizione dei programmi attuativi triennali e quinquennali, di tipo industriale, elaborati dal soggetto gestore per lo sviluppo della propria attività, attuativa del Piano d Ambito. Con scadenza triennale o, al massimo, quinquennale, il gestore dovrà predisporre i propri programmi attuativi relativi al quinquennio successivo, tenendo conto delle revisioni del Piano d Ambito effettuate dall A.A.T.O.. 23

28 Programma stralcio di cui all art. 141 della L. 388/2000. Nelle more dell approvazione dei Piani d Ambito previsti dalla Legge Galli, anche per l ATO della Città di Milano, venne redatto un Programma Stralcio (PS) in ottemperanza all, Art comma 4 - della legge finanziaria 2001 (L. 388/2000). Oltre a definire la tipologia e la consistenza delle opere richieste per gli adempimenti indicati dalla L. 388/2000, nel Piano Stralcio si delinea un modello finanziario per far fronte agli oneri economici derivanti dalle opere individuate. Il modello fa ricorso alle risorse rese disponibili con l incremento tariffario (applicabile qualora il PS fosse stato approvato entro il 30 novembre 2001) previsto dalla delibera CIPE 4 aprile 2001 n. 52, che prevedeva un aumento della tariffa di fognatura (collettamento) e depurazione nella misura massima del 20% in 5 anni con un incremento annuo non superiore al 5%. Il Piano identifica peraltro anche il modello organizzativo per poter delegare la gestione delle opere fognarie e depurative a soggetti di provata esperienza che risultino in grado di portare ad attuazione gli interventi previsti. Criteri generali utilizzati per la redazione del Piano Stralcio La redazione del Piano Stralcio, da parte della Provincia di Milano (nelle more dell insediamento di entrambi gli ATO milanesi istituiti dalla L.R. 21/98) ha richiesto il reperimento presso i Comuni, i Consorzi di depurazione e talvolta presso le Aziende Municipali dei dati e, sopratutto, della tipologia delle opere che identificano il fabbisogno delle strutture fognarie, di collettamento e depurative. 24

29 In particolar modo per il Comune di Milano il numero degli interventi identificati è di 38 per il settore fognatura, mentre quelli identificati, sia dalla ricognizione che dalle previsioni del PRRA (1991) sono rispettivamente: 4 per il settore collettamento e 11 per il settore depurazione. Importi complessivi degli interventi nel settore fognature Bisogna anzitutto ricordare che gli interventi cui si fa riferimento sono espressi in lire perché il PS fu avviato prima dell entrata in vigore della Moneta Unica Europea (Euro). Relativamente al Settore si riportano in Tabella n 1.6.a i costi, in funzione delle diverse classi di intervento, determinati nel Piano Stralcio e suddivisi per Comprensorio 1 e imputabili al Settore Fognature: 1) RICOSTRUZIONE TRONCHI. Consistono nell adeguamento o nel rifacimento di reti esistenti; 2) DISMISSIONE SCARICHI. Riguarda il fabbisogno per il completamento delle reti; 3) VASCHE DI ACCUMULO E VASCHE VOLANO. Queste opere accessorie non sono previste per il comprensorio 8; 4) COMPLETAMENTO RETE. Sono gli interventi di maggiore rilievo sul piano ambientale e rappresentano il reale fabbisogno di nuove reti. 1 Si osserva che avendo adottato il PS la suddivisione territoriale (Comprensori) prevista da PRRA, nel comprensorio 8 oltre al Comune di Milano si è fatto rientrare anche il comune di Settimo Milanese. Quest ultimo è però escluso dall ATO che interessa il Comune di Milano. 25

30 Tabella n 1.6.a: Settore Fognatura: Stima dei costi di investimento suddivisi per comprensorio. Indicazione delle quote di importo per categoria di intervento [Fonte: PS estratto divulgativo] Importi complessivi degli interventi nel Settore Collettamento Relativamente al Settore Collettamento si riportano in Tabella n 1.6.b i costi che interessano le seguenti classi di intervento: 1) ADEGUAMENTO/SOSTITUZIONE COLLETTORI ESISTENTI. Risultano quantificati sotto la voce Ristrutturazione/Ricostruzione Tronchi; 2) FABBISOGNO DI ADEGUAMENTO/SOSTITUZIONE OPERE ACCESSORIE. Questo tipo di interventi sono riportati sotto la voce Formazione vasche; 3) FABBISOGNO DI NUOVI COLLETTORI. Questo tema è quello centrale di tutto il rilevamento nel Settore Collettamento. 26

31 Tabella n 1.6.b: Settore Collettamento: Stima dei costi di investimento suddivisi per comprensorio. Indicazione delle quote di importo per categoria di intervento [Fonte: PS estratto divulgativo] Importi complessivi degli interventi nel Settore Depurazione Per il settore Depurazione dalla Tabella n 1.6.c si desumono i costi che interessano le seguenti classi d intervento: 1) ADEGUAMENTO/SOSTITUZIONE IMPIANTI ESISTENTI. Questo tipo di interventi risultano quantificati sotto la voce Adeguamento/Mitigazione Impianto; 2) FABBISOGNO DI COMPLETAMENTO/NUOVI IMPIANTI. Questo tema è quello centrale di tutto il rilevamento nel Settore della Depurazione. Gli interventi rivolti al completamento degli impianti risultano quantificati sotto la voce Costruzione e Adeguamento Impianti. 27

32 Tabella n 1.6.c: Settore Depurazione: Stima dei costi di investimento suddivisi per comprensorio. Indicazione delle quote di importo per categoria di intervento [Fonte: PS estratto divulgativo.] Gli investimenti necessari alla realizzazione degli impianti di depurazione della Città di Milano, già all epoca della redazione del Piano Stralcio affidati a Commissario Straordinario, risultavano fin dall origine assicurati dal fondo a destinazione vincolata costituito dalle quote tariffarie di depurazione. Riepilogo dei costi del PIANO STRALCIO (Comune di Milano) Per quanto riguarda l ATO Comune di Milano, l importo delle opere prioritarie nei due settori di intervento sono riportati nella successiva Tabella n 1.6.d. 28

33 Tabella n 1.6.d: Importi complessivi e prioritari competenti all A.T.O. Comune di Milano [Fonte: Piano Stralcio] L ammontare quindi del fabbisogno finanziario per far fronte alle necessità indicate dal D.Lgs. 152/99 è stato stimato per l A.T.O. Comune di Milano complessivamente di. 849,8 miliardi. Va doverosamente precisato che, a seguito della gestione commissariale, grazie ai fondi per la depurazione accantonati dal Comune di Milano attraverso la tassa omonima istituita con la legge finanziaria 1996, tutto il sistema depurativo della città di Milano, sui tre poli impiantistici previsti, è stato già realizzato ed è in regolare esercizio dal 2005, senza ricorso a quote di contribuzione derivanti dalla maggiorazione tariffaria prevista in attuazione della L.388/2000. A seguito dell aggiornamento del Programma Stralcio, avvenuto con provvedimento AATO n 3/06 del 21/6/2006, l importo degli investimenti, pari al finanziamento conseguente all applicazione della maggiorazione tariffaria, è stato perfezionato e lo stato delle opere e degli interventi eseguiti e programmati come risultante al 31/12/2006 è così sintetizzato: 29

34 Tabella n 1.7: Attuazione interventi del Programma Stralcio al [Fonte Elaborazione AATO su dati SII - MM SpA] Investimenti interventi già realizzati ,73 Interventi appaltati in corso di completamento ,33 Interventi con progettazione esecutiva in corso ,37 TOTALE PIANO STRALCIO ,43 Figura n 1.1: Attuazione interventi del Programma Stralcio al [Fonte Elaborazione AATO su dati SII - MM SpA] interventi già realizzati 14% Interventi con progettazione esecutiva in corso 25% Interventi appaltati 61% Alla luce della programmazione operativa triennale approvata dall AATO Città di Milano ed affidata all attuazione del gestore in essere (M.M. S.p.A.), la conclusione del programma è comunque prevista per il corrente esercizio Conseguentemente, ai fini della pianificazione, tutti gli interventi sono dati per acquisiti all inizio del primo anno di piano. 30

35 CAPITOLO 1 - INQUADRAMENTO TERRITORIALE 1.1 Generalità L estensione e la dimensione dell Ambito Territoriale Ottimale della Città di Milano, coincide con quelle del solo Comune di Milano, esso occupa una superficie di quasi Ha, la maggior parte dei quali (circa l 80%) costituita da aree urbanizzate ed infrastrutture che, in particolar modo lungo l arco settentrionale, si estendono senza soluzione di continuità con i territori dei comuni confinanti (vedi Figura n 2.1.a). Il territorio comunale, caratterizzato dalla numerosa presenza di corsi d acqua di origine naturale e artificiale, si estende su un piano inclinato, secondo un asse diretto da Nord-Nord Ovest a Sud-Sud Est, con una pendenza dello 0.26 % circa ed un dislivello, tra il punto più basso e il punto più alto della città, di circa 40 metri (da 145 a 105 m s.l.m.), a fronte di una distanza diametrale di circa 15 Km. 31

36 Figura n 2.1.a: Ambito Territoriale Ottimale della Città di Milano [Fonte Agenda 21] 1.2 Caratterizzazione urbanistica Da una generale lettura del sistema urbano si rileva come il contesto socio - economico della città di Milano sia profondamente mutato negli ultimi decenni. Lo scenario urbano, un tempo rigidamente determinato dall espansione industriale e residenziale legata alla crescita italiana degli anni 60, si è infatti via via trasformato in un ambiente eterogeneo e complesso, ove lo sviluppo economico è determinato dalla presenza di innumerevoli attività industriali, commerciali e finanziarie esistenti, e dove la classica produzione manifatturiera di larga scala ha generalmente lasciato il 32

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