Decisione N del 11 febbraio 2016

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1 COLLEGIO DI NAPOLI composto dai signori: (NA) MARINARI (NA) MAIMERI (NA) SANTAGATA DE CASTRO Presidente Membro designato dalla Banca d'italia Membro designato dalla Banca d'italia (NA) CAPOBIANCO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari (NA) SCOTTI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti Relatore SCOTTI ANNA Nella seduta del 09/11/2015 dopo aver esaminato: - il ricorso e la documentazione allegata - le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione - la relazione della Segreteria tecnica FATTO La questione oggetto della controversia attiene all illegittimità dell applicazione in un contratto di apertura di credito di un tasso di interesse maggiore di quello pattuito, commissione di massimo scoperto e di alcune voci commissionali, mai pattuite né validamente introdotte a mezzo di jus variandi. Con ricorso presentato con l assistenza di un difensore il 19 giugno 2015 nei confronti di due intermediari (di seguito indicati come intermediario A) e intermediario B) preceduto da reclamo del 10 febbraio 2015, riscontrato dall intermediario A) il 9 marzo 2015 il ricorrente ha esposto che, nel mese di agosto 2002 stipulava con l intermediario A) un contratto di apertura di credito con scoperto accordato sino ad 5.000,00, con la previsione di un tasso debitore del 13,875% - corrispondente al 14,61377% per effetto della capitalizzazione trimestrale - e con un aliquota di massimo scoperto dell 1%. Successivamente il fido veniva innalzato ad ,00; contestualmente, la resistente variava le condizioni contrattuali originarie, offrendo un più vantaggioso tasso di interesse, applicato sino a nuovo avviso all 8,25% annuo, oltre alla commissione di massimo scoperto nella misura dello 0,25% per trimestre. Con nota del 1 aprile 2010 l intermediario recedeva dal contratto di conto corrente, richiedendo il pagamento dell importo di Pag. 2/6

2 22.783,09 e delegando l intermediario B), facente parte del medesimo gruppo, alla riscossione del credito; quest ultimo, con diffida del 22 dicembre 2014 intimava al ricorrente il pagamento del complessivo importo di ,20. Ciò premesso, l istante ha contestato l applicazione illegittima di un tasso di interesse maggiore rispetto a quello concordato nonché di una serie di voci commissionali volte a remunerare gli affidamenti e gli sconfinamenti; ed ha precisato altresì che l oggetto del ricorso è da intendersi delimitato ai comportamenti posti in essere dall intermediario dopo il o protratti dopo tale data e che non ha inteso riproporre le censure in tema di usura, pure mosse nel reclamo, trattandosi di vizio originario del contratto, che esulerebbe dalla competenza ratione temporis dell Arbitro. In particolare, quindi, quanto al primo profilo evidenzia che - nonostante la banca abbia comunicato, in occasione dell innalzamento del fido ad ,00, l applicazione di un tasso d interesse più vantaggioso (dell 8,25%) per tutta la durata del rapporto ed anche per i periodi di competenza temporale dell ABF è stato applicato un tasso d interesse ben più alto rispetto a quello originariamente concordato, senza che al ricorrente fosse mai comunicata alcuna variazione, in violazione dell art. 118 TUB. In secondo luogo, per quanto riguarda la commissione di massimo scoperto, prevista in contratto nella misura dello 0,25% per trimestre solare o frazione, ha eccepito la nullità per la mancanza di una precisa indicazione della base di calcolo né della relativa causa: in particolare, richiamando il consolidato orientamento in tema di nullità della CMS applicata sul fido utilizzato, il ricorrente ha evidenziato che l intermediario A), sino al II trimestre 2009, ha calcolato la commissione con applicazione di due diverse aliquote in misura fissa: una applicata sull importo del fido accordato ed un altra sugli utilizzi extrafido, da ritenersi nulla, oltre che per mancanza di causa, anche per indeterminatezza della relativa previsione contrattuale, che fa riferimento genericamente ad un aliquota dello 0,25%. Ancora, per quanto concerne la commissione per concessione/rinnovo fido, l istante ha contestato l assoluta inesistenza nel contratto, così come anche per la commissione utilizzi oltre disponibilità fondi che, anche a voler essere considerata causalmente valida, sarebbe comunque nulla per violazione dell art. 118 TUB. A ciò si aggiunge l applicazione, nei primi tre trimestri del 2010, di una nuova commissione, denominata commissione disponibilità immediata fondi, a sua volta nulla poiché applicata senza preventiva comunicazione e, in ogni caso, avente una causa negoziale profondamente diversa dalle commissioni sino ad allora applicate. Infine, alla revoca del fido la banca ha illegittimamente preteso una commissione per il giro a sofferenza della pratica, quantificata in 881,29 e non prevista in contratto. Da ultimo, il ricorrente ha rilevato anche un incongruenza nella somma richiesta dall intermediario B), in qualità di società del gruppo delegata al recupero del credito, con l atto stragiudiziale del 22 dicembre 2014, atteso che alla chiusura del conto il credito vantato dalla banca ammontava alla minor somma di ,09 e che negli anni successivi la società non ha inviato alcuna messa in mora né comunque specificato la causa dell ulteriore somma richiesta (pari a 4.339,11). Il ricorrente si è rivolto, pertanto, all Arbitro bancario finanziario chiedendo di sentire così provvedere: 1) Accertare e dichiarare l illegittima applicazione di un tasso di interesse superiore a quello pattuito; 2) Conseguentemente, ordinare alle società resistenti il ricalcolo di quanto dovuto sulla base del tasso d interesse dell 8,25 %, contrattualmente previsto; 3) Accertare e dichiarare la nullità della commissione di massimo scoperto, della commissione disponibilità immediata fondi, della commissione per concessione/rinnovo fido e della commissione richiesta in sede di estinzione del finanziamento per le motivazioni esposte in narrativa; 4) Per l effetto, ordinare alle società resistenti di sottrarre dalla cifra dovuta l importo di 3.287,56 o la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia; 5) Accertare e dichiarare la nullità dell ulteriore addebito di Pag. 3/6

3 4.339,11 effettuata da [intermediario A] e da [intermediario B], con la comunicazione stragiudiziale del ; 6) Per l effetto, ordinare alle società resistenti di sottrarre la cifra di 4.339,11 sull importo effettivamente dovuto; 7) Con piena vittoria di spese e compensi di difesa, da liquidarsi secondo la nota spese allegata. Nelle controdeduzioni, presentate il 1 settembre 2015, l intermediario A) ha osservato che i tassi debitori si sono sempre mantenuti nei limiti contrattuali (oltreché delle soglie usura) e che le variazioni verificatesi nel tempo sono state decise nel legittimo esercizio dello jus variandi e sono state ritualmente comunicate, senza che il cliente abbia mai esercitato il diritto di recesso. In particolare, per quanto riguarda la commissione di massimo scoperto, ha osservato che non può essere considerata nulla tout court, rispondendo alla ratio di assicurare all istituto di credito un corrispettivo per lo sforzo economico organizzativo assunto con la stipula di un apertura di credito. Ha, quindi, concluso per il rigetto del ricorso. In pari data ha depositato le proprie controdeduzioni anche l intermediario B), il quale si è limitato ad eccepire il difetto di legittimazione passiva, non essendo titolare del credito, bensì unicamente deputato alla gestione dello stesso ai fini dell incasso. DIRITTO In via pregiudiziale, il Collegio è chiamato a precisare la sussistenza della propria competenza temporale, giacché il rapporto negoziale dedotto nel procedimento ha fonte in un contratto stipulato nel 2002; a tale proposito, il ricorrente ha espressamente limitato la domanda agli atti e comportamenti posti in essere dagli intermediari resistenti dopo il 1 gennaio Il criterio dirimente per negare o affermare la competenza dell Arbitro bancario finanziario in ipotesi di tal specie è rinvenuto nel contenuto del petitum dovendosi verificare, rispettivamente se esso si fondi su vizi genetici del rapporto oppure sugli effetti del contratto prodottisi successivamente al limite temporale (ABF Milano decisione n. 7417/2015): nel caso concreto il ricorrente contesta l applicazione illegittima di oneri e addebiti anche successivamente alla data del 1 gennaio 2009, che non richiede un accertamento della legittimità delle clausole contrattuali nella prospettiva genetica dell accordo, sicché si può ritenere senz altro sussistente la competenza del Collegio. In via pregiudiziale, va esaminata anche l eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall intermediario (B), che è società del gruppo cui appartiene anche l intermediario A) controparte contrattuale del ricorrente, e delegata al recupero del credito, società che ha dedotto che i fatti contestati dal ricorrente attengono a una fase antecedente al mandato ricevuto per la riscossione del credito. In effetti, va rilevato che l eccezione è parzialmente fondata per le domande da 1) a 4) delle conclusioni del ricorso introduttivo che appunto hanno ad oggetto l illegittimità degli addebiti effettuati dall intermediario A) ma non per il motivo affermato dalla resistente B) della collocazione temporale dei fatti di cui si discute, ma per la sua estraneità al rapporto contrattuale del quale le poste contestate rappresentano l esecuzione e, quindi, per l estraneità agli obblighi di restituzione che discenderebbero dal loro eventuale accoglimento. Invece, sussiste la legittimazione passiva dell intermediario B) per le domande contraddistinte dai numeri 5) e 6) perché fondate sull illegittimità della discrepanza tra la somma richiesta dall intermediario A) e quella oggetto dei solleciti inviati dall intermediario B) e, quindi, evidente destinatario degli effetti del relativo eventuale accertamento compiuto dal Collegio. Ciò premesso, nel merito il ricorso appare fondato. In primo luogo, per quanto riguarda la contestazione rivolta all intermediario A) di avere applicato un tasso di interesse superiore Pag. 4/6

4 a quello pattuito, dalla documentazione versata in atti risulta che le condizioni generali allegate al contratto di conto corrente ordinario stipulato il 23 agosto 2002, prevedevano l applicazione di un tasso di interesse determinato per le esposizioni debitorie a qualunque titolo verificatesi, a meno di non avere concordato con il cliente un tasso di interesse diverso: a tale proposito, è stata depositata la lettera del 23 agosto 2002, con la quale l intermediario nel comunicare la concessione di una linea di credito, specificava che lo scoperto di conto sarebbe stato titolo per l applicazione di un tasso di interesse nella misura dell 8,25 % in ragione dell anno, oltre alla commissione di massimo scoperto di 0,250 %. Il ricorrente ha prodotto anche gli estratti conto relativi al periodo decorrente dal primo trimestre 2009, dai quali risulta che effettivamente la banca ha applicato tassi più alti rispetto all 8,25% (oscillanti tra il 10,40% e il 14,25%); l intermediario non ha contestato la pattuizione iniziale sull ammontare del tasso di interesse, ma ha depositato due proposte di modifica unilaterale del contratto che, tuttavia, non ha provato essere state effettivamente ricevute dal cliente, sicché per giurisprudenza costante dell Arbitro non possono essere prese in considerazione per la decisione (ABF Roma decisione n. 3176/2014). Pertanto, l applicazione del tasso di interesse superiore a quello pattuito è illegittima e l intermediario tenuto alla restituzione degli importi risultanti eccedenti da quelli ricalcolati nel periodo temporale di limitazione della domanda del ricorrente. Per quanto riguarda la commissione di massimo scoperto, il contratto evidenzia un assoluta genericità della sua formulazione che, tuttavia, per tutte le ragioni sopra dette, non può essere oggetto di valutazione del Collegio. Tuttavia, vanno tenute presenti le ricadute che sul rapporto in questione e sempre per il periodo all attenzione dell Arbitro bancario finanziario ha l art. 2-bis l. n. 2/2009, disposizione che, infatti, commina la nullità della clausola, pure approvata dalle parti, che preveda a carico del cliente il pagamento della commissione di affidamento, allorché l ammontare di quest ultima non sia predeterminato in maniera certa, ancorché con indicazione di un valore percentuale rispetto all entità del fido; sotto tale profilo, ritiene il Collegio che la clausola de quo non superi il vaglio imposto dalla sopravvenuta normativa (già ABF Milano decisione n. 7417/2015 ha precisato l illegittimità di una commissione individuata con la sola indicazione della percentuale senza alcuna specificazione sui criteri applicativi della stessa), a far data dalla quale e, in assenza degli adempimenti facultati dal regime transitorio di cui al terzo comma del medesimo art. 2 bis - la commissione di massimo scoperto non era dovuta dal ricorrente. Dagli estratti conto del periodo controverso risulta, peraltro, che a partire dal terzo trimestre 2009, l intermediario ha applicato, in luogo della commissione di massimo scoperto, due voci di costo denominate rispettivamente commissioni utilizzi oltre disponibilità fondi e commissioni disponibilità immediata fondi, che presumibilmente dovrebbero integrare la commissione omnicomprensiva di cui all art. 117 bis tub, ma che, in realtà, violano con la loro autonomia e, in certi periodi, anche con una sovrapposizione e duplicazione di poste. Ma, dirimente è il fatto che tali commissioni non sono mai state oggetto di accordo tra le parti non sarebbe stata idonea la comunicazione della modifica unilaterale da parte dell intermediario per la diversa funzione della commissione di disponibilità immediata fondi rispetto alla commissione di massimo scoperto (ABF Napoli decisione n. 3795/2014) e, quindi, non sono state legittimamente applicate dall intermediario. Per quanto riguarda, poi, le c.d. commissione per concessione/rinnovo fido e compenso di estinzione per giro a sofferenze, non sono mai state oggetto di pattuizione contrattuale, di guisa che correttamente il ricorrente afferma che non sono dovute. L intermediario, pertanto, è tenuto a restituire gli importi addebitati dal ricorrente per tutti le voci ora esaminate, per il periodo dal primo trimestre Pag. 5/6

5 Infine, risulta dai documenti prodotti nel procedimento che, con nota del 1 aprile 2010, l intermediario A) esercitava il diritto di recesso dall apertura di credito e determinava in ,09 l esposizione debitoria residua del cliente; quest ultimo ha prodotto anche l intimazione al pagamento formulatagli dall intermediario B), delegato al recupero del credito, che richiede una somma diversa, superiore per 4.329,11. Il ricorrente ha contestato, quindi, la correttezza e la legittimità della richiesta di pagamento dell intermediario B). Va rilevato sul punto che nessuno degli intermediari resistenti ha preso posizione sulla censura formulata dall istante, per cui il Collegio ritiene, in applicazione dei principio relevatio ab onere probandi, che trova espressione nell art. 115 cod. proc. civ., ritenere pacifico nella ricostruzione dei fatti rilevanti per la decisione che l intimazione della resistente B) è errata. P.Q.M. In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio dichiara l intermediario finanziatore tenuto al ricalcolo del tasso di interesse ed alla conseguente restituzione dell eccedenza in favore del ricorrente nei sensi di cui in motivazione. Dichiara altresì l intermediario medesimo tenuto alla restituzione delle commissioni in favore del ricorrente nei sensi di cui in motivazione. Accerta l insussistenza del diritto degli intermediari al riconoscimento della maggiore somma richiesta nei sensi di cui in motivazione. Dispone infine il ristoro delle spese per assistenza difensiva equitativamente determinato in 200,00. Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che gli intermediari corrispondano in solido alla Banca d Italia la somma di 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. firma 1 IL PRESIDENTE Pag. 6/6