CHAPITRE I. Les matériaux composites nanostructurés. Production, but et applications. Résumé

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1 CHAPITRE I Les matériaux composites nanostructurés. Production, but et applications Résumé Le but de cette Thèse de Doctorat est la production d'un matériau céramique composite, à base d'oxydes, ayant une haute densité avec taille des grains contrôlée, et, si possible, nanométrique. Dans ce chapitre, qui présente une étude bibliographique de la recherche sur ce sujet, les avantages qui peuvent être obtenus, dans le domaine des matériaux céramiques, en réduisant la taille de grain ont été reportés. Ces avantages ont été décris en termes d une amélioration des propriétés mécaniques, de la durabilité des composants céramiques et des applications dans des nouveaux domaines. La productions des matériaux nanostructurés, monophasiques ou composites, a été obtenue en deux étapes fondamentales: la synthèse de poudres céramiques de taille nanométrique et leur consolidation à travers des procédés permettant de maintenir la taille au niveau nanométrique (le procédé a été dénommé nanosintering). Dans ce chapitre un vaste panorama de toutes les technologies employées jusqu'à maintenant, tant pour la synthèse de poudres nanometriques, que pour le procédé de nanosintering a été décrit. Ce chapitre permet, donc, de justifier le choix, qui a été effectué pour la technologie de synthèse des nanoparticules céramiques (synthèses par précipitation ou co-précipitation inverse), et de frittage (à l'aire, sans pressage), pour la production des matériaux composites, à haute densité et à taille de grain très fine. En outre, dans ce chapitre la recherche bibliographique conduite sur le matériux bi-phasique α-al 2 O 3 -Y 3 Al 5 O 12 (YAG), a également été présentée, dans le but de montrer les potentialités et les domaines d'application de ce "nouveau" système composite. 15

2 CAPITOLO I I materiali compositi nanostrutturati. Produzione, finalità ed applicazioni La finalità di questa tesi di dottorato é lo sviluppo di compositi ceramici nanostrutturati. I materiali, a base di ossidi, sono stati ottenuti per sintesi per via umida e sinterizzati attraverso processi convenzionali (sinterizzazione libera in aria). Lo scopo di questo capitolo bibliografico é quello di riportare lo stato dell'arte, fino ad oggi, dei materiali ceramici nanostrutturati, sia monolitici che compositi. Sono stati riportati i risultati finora ottenuti per questi materiali, relativamente recenti, e sono state evidenziate le nuove potenzialità ed applicazioni per le quali possono essere impiegati. Inoltre, é stato mostrato l'ampio panorama delle tecnologie, finora impiegate, di sintesi e di consolidamento delle polveri nanostruttutate, a partire dalle tecnologie convenzionali fino a quelle d'avanguardia, alcune delle quali tuttora in fase di sperimentazione I materiali compositi: introduzione I materiali ceramici avanzati si possono dividere in due principali categorie: monolitici ed compositi. L impiego di ceramici monolitici in campo strutturale è stato spesso limitato a causa di proprietà meccaniche non soddisfacenti, ad esempio l estrema fragilità. Per questo motivo, gli sforzi sono stati incentrati da lungo tempo sull ottenimento di materiali compositi a matrice ceramica, con lo scopo principale di aumentarne le potenzialità in campo meccanico. Dopo i primi studi matematici riguardanti i meccanismi di frattura lineare elastica in campo ceramico[1], che risalgono al 1965, venne definita la tenacità a frattura come un parametro proprio del materiale, correlato con la sua microstruttura. Contemporaneamente, emersero i primi studi sulla resistenza a rottura dei materiali, σ, nei quali si introducevano i contributi propri della tenacità a frattura, K IC del materiale e della dimensione critica del difetto, a, presente nel singolo componente attraverso l applicazione della legge di Griffith: σ=yk IC *(πa) -1/2 (1) in cui Y è un parametro che dipende dalla geometria del provino. Gli sforzi, verso l'incremento delle potenzialità meccaniche dei materiali, furono incentrati su due fronti: da una parte, cercando di limitare la presenza di difetti microstrutturali grazie alla messa a punto di processi di produzione atti ad eliminare la permanenza di difetti di grandi dimensioni nei componenti ceramici; dall altra parte si avviò la progettazione di nuovi materiali, soprattutto in seguito alla ricerca condotta in un laboratorio del Regno Unito [1], che dichiarò che era possibile ottenere materiali a tenacità molto elevata tramite l incorporazione di fibre di carbonio in matrice ceramica. Nel 1976 [2] un ulteriore tappa importante fu segnata dalla scoperta che la zirconia era in grado di esibire elevata tenacità, grazie a transizioni di fase, culminata con la produzione di materiali a base di zirconia che presentavano valori di K IC compresi tra 10 e 20 MPam 1/2 [3]. Grande entusiasmo derivò dal lavoro di Niihara [4], intorno al 1980, il quale riportò un significativo incremento nella resistenza a flessione (da 350 MPa a GPa) di un allumina, accompagnata da un discreto aumento nella tenacità a frattura (da 3.5 MPam 1/2 a 4.8 MPam 1/2 ), grazie all incorporazione del 5% in volume di particelle di SiC nella matrice. L attenzione si focalizzò ulteriormente sui materiali compositi e raggiunse l apice nel 1983 [1] grazie alla produzione dei primi compositi ceramici rinforzati con fibre di SiC. Da allora si è avviata un intensa attività di progettazione e produzione di materiali compositi, tuttora in progresso. 16

3 Quando si parla di materiali compositi si è soliti distinguere tra la matrice ed il rinforzo (o fase dispersa), anche se tuttavia tale distinzione non è sempre applicabile. Nel determinare le proprietà meccaniche del composito sono fondamentali la geometria e le dimensioni della fase di rinforzo, oltre alla sua stessa natura. Il rinforzo può essere di tipo fibroso o particellare: nel primo caso, esiste una distinzione tra fibre continue e discontinue (o corte) sulla base della lunghezza critica (l c ) necessaria per un efficace rafforzamento del composito. Le fibre di lunghezza l maggiore di circa 15 l c sono definite continue; le rimanenti sono dette corte e possono essere orientate in maniera casuale oppure secondo direzioni ben definite. Un altro parametro che le definisce, il fattore di forma, R, è dato dal rapporto tra la lunghezza ed il diametro della fibra stessa. Determinante, ai fini della trasmissione della sollecitazione dalla matrice alla fibra affinché si espleti la funzione di rinforzo, è la natura del legame di interfaccia tra le due fasi: in generale, interfacce forti conferiscono proprietà di resistenza e rigidità al materiale. Tuttavia un rinforzo debole è responsabile di meccanismi che permettono una dissipazione più efficace dell energia di una cricca in avanzamento: questo accade, ad esempio, come sarà descritto successivamente, tramite meccanismo di pull out, cioè estrazione del rinforzo dalla matrice a spese dell energia di propagazione della cricca. In alcuni casi, all interfaccia tra il rinforzo e la matrice si genera una nuova fase per reazione dalle due precedenti; in altri casi la regione interfacciale può essere vista come una zona planare, con uno spessore di pochi strati atomici, all interno della quale si ha il graduale passaggio dalle proprietà di matrice a quelle del rinforzo: è da considerarsi come una zona di discontinuità chimica, strutturale (molecolare e cristallografica) e meccanica. Il secondo tipo di rinforzo nei compositi ceramici è di tipo particellare e consiste nella dispersione in una matrice ceramica di particelle di seconda fase, le quali vengono classificate in funzione della loro natura, forma e dimensione. Se si analizza il comportamento sotto sforzo di un materiale monolitico e dei compositi particellari o rinforzati da fibre continue, si ottenendo delle curve sforzo (σ)-deformazione (ε), come quella riportata in Figura 1.1 [5]: l area ad sotto delle curve σ/ ε rappresenta l energia di frattura del materiale ed è una misura della sua tenacità. Come appare dalla Figura 1.1, entrambi i tipi di rinforzo conferiscono tenacità al materiale monolitico; tuttavia, nel caso del rinforzo fibroso, l incremento è più significativo. Inoltre si osserva che, nel materiale monolitico e nel composito particellare, la frattura si manifesta, catastrofica, in campo elastico, in contrasto con il comportamento del composito a fibre lunghe, in cui la rottura delle fibre avviene progressivamente e le fibre residue, ancora integre, sono ancora in grado di sopportare la sollecitazione applicata [5]. Le limitazioni nell impiego dei rinforzi fibrosi derivano dai costi di processo più elevati rispetto ai compositi particellari e dai processi produttivi più complessi. sforzo rinforzo particellare rinforzo a fibre monolitico deformazione Figura 1.1: Curve sforzo-deformazione per un materiale monolitico e per compositi particellari e fibrosi [5] 17

4 I meccanismi di modifica del comportamento meccanico indotti dalla fase di rinforzo sono molteplici ed agiscono in maniera differente, talvolta in modo sinergico [6]. L effetto tenacizzante, ad esempio, è direttamente correlato ad alcuni fattori quali le dimensioni, la morfologia e la frazione in volume di rinforzo, i legami tra le fasi e le differenze di proprietà chimico-fisiche tra la matrice ed il rinforzo (ad esempio il coefficiente di dilatazione termica lineare). Uno dei meccanismi più frequenti consiste nella perturbazione del percorso della frattura da parte del rinforzo tramite incurvatura (crack bowing) e deviazione (crack deflection) della cricca. Tale perturbazione è indotta impiegando rinforzi che presentino una a resistenza a rottura maggiore della matrice: la frattura è costretta ad aggirarli ed il suo percorso diventa tortuoso, non più lineare, e si ha un maggior consumo di energia per la sua propagazione. Nel primo caso, come schematicamente rappresentato nella Figura 1.2 [5], il fronte di frattura si inarca quando incontra sul suo percorso particelle di rinforzo. Nel caso di rinforzi fibrosi, come riportato nella Figura 1.3 [5], si assiste ad un incremento della tenacità all aumentare della frazione in volume di rinforzo impiegato; si nota inoltre la dipendenza dalle interazioni tra la matrice ed il rinforzo (effetti tenacizzanti meno pronunciati si verificano in presenza di interfacce deboli) e dalla morfologia delle fibre (R in Figura 1.3). Figura 1.2: meccanismo di piegamento del fronte di frattura [5] Figura 1.2: Meccanismo di incurvatura del fronte di frattura [5]. Figura 1.3: Variazione relativa della tenacità in funzione del volume di rinforzo, per compositi fibrosi a differenti valori di R e legami interfacciali rispetto al materiale non rinforzato [5] Nel secondo caso, invece, l interazione con una particella di rinforzo causa una deviazione del percorso della frattura (Figura 1.4 [5]) ed un moto intorno alla particella stessa che può essere di tipo tilt (a) o twist (b): in entrambi i casi il percorso di frattura viene rallentato [5]. 18

5 (a) (b) Figura 1.4: Meccanismi di interazione della frattura con una particella di rinforzo: deviazione di tipo tilt (a) e twist (b) [5] La rottura dei legami all interfaccia tra matrice e rinforzo (debonding) può conferire tenacità al materiale, grazie alla generazione di nuove superfici a spese dell energia di propagazione della cricca. Nel caso di un rinforzo fibroso, spesso subentra un meccanismo di estrazione della fibra dalla matrice (pull out) in cui l energia della cricca è consumata a causa dalle forze di attrito tra la matrice ed il rinforzo. Prove sperimentali di meccanismi di pull out di singole fibre in matrici fragili hanno dato origine a curve sforzo-deformazione come quella rappresentata in Figura 1.5 [5] dalla quale emerge chiaramente che il contributo alla tenacità del materiale da parte di quest ultimo meccanismo è significativamente maggiore rispetto a quello di debonding (cfr. area OBA con OBCD in Figura 1.5). Figura 1.5: Curve sforzo-deformazione in presenza dei meccanismi di debonding e di pull out di fibre di rinforzo [5] Le fibre o le particelle possono tenacizzare anche con un meccanismo di pontaggio (bridging): i rinforzi che non si sono spezzati sul percorso della frattura che avanza, agiscono unendo i due lembi della cricca e l energia di frattura è trasmessa a tali rinforzi che si deformano in maniera elastica. Una particolarità di questo meccanismo risiede nel fatto che l effetto tenacizzante non si esercita all apice della cricca ma nella zona danneggiata retrostante. In tal modo, all aumentare delle dimensioni della cricca e di conseguenza della zona danneggiata, aumenta il contributo del meccanismo di bridging fino al raggiungimento di uno stato stazionario. Questo andamento è mostrato nella Figura 1.6 [5] che riporta la 19

6 variazione della tenacità del materiale in funzione dell estensione della cricca. La curva che si ottiene viene denominata curva di resistenza alla frattura, nota come curva R. I meccanismi di debonding (a), pull out (b), e bridging (c) da parte di rinforzi fibrosi sono richiamati sinteticamente nella Figura 1.7 [7]. * (a) Figura 1.6: Tenacità del materiale in funzione dell estensione della cricca: curva R [5] (c) (b) Figura1.7: Meccanismi di (a) debonding, (b) pull out e (c) bridging, da parte delle fibre al propagarsi della frattura [7] La tenacità a frattura di un materiale può essere incrementata, poi, dalla presenza di microcricche. L energia di una cricca in propagazione diminuisce quando il campo di deformazione al suo apice va ad interagire con microcricche pre-esistenti nel corpo ceramico, le quali possono provocare smorzamento, deviazione o ramificazione della cricca principale, dissipandone, almeno in parte, l energia. Nei materiali compositi, la formazione delle microcricche si riscontra come conseguenza della differenza nei coefficienti di espansione termica (CTE) tra matrice (CTE M ) e rinforzo (CTE F ). Tale fenomeno è insito nei processi produttivi dei materiali; in particolare, gli stress termici si generano durante la fase di raffreddamento dalle alte temperature normalmente impiegate per il consolidamento. Per i compositi in cui CTE F > CTE M, si crea uno stress compressivo in direzione tangenziale alla particella di rinforzo e di trazione in direzione radiale (Figura 1.8 a) [5]. Siccome la propagazione di una frattura è favorita quando sulle sue superfici agiscono forze di trazione, si 20

7 generano delle microcricche tangenzialmente alla particella. Al contrario, quando CTE F < CTE M, gli stress di trazione nella matrice sono presenti in direzione tangenziale (Figura 1.8 b) [5] provocando la formazione di microfratture radialmente alla particella di rinforzo. (a) (b) Figura 1.8: Formazione di microcricche in direzione tangenziale (a) e radiale (b) alle particelle di rinforzo in funzione dei diversi valori di CTE tra matrice e rinforzo [5] Anche le variazioni in volume associate con determinate trasformazioni di fase possono generare microfessurazione, come avviene ad esempio nei materiali a base di zirconia [8]. Questo materiale è caratterizzato da un notevole polimorfismo in funzione della temperatura: ha struttura cubica (c) ad alta temperatura (tra 2700 C a 2350 C), tetragonale (t) nell intervallo tra 2350 C e 1170 C e monoclina (m) da 1170 C a temperatura ambiente. Le transizioni sono tutte reversibili ed accompagnate da variazioni in volume: ad esempio, durante il raffreddamento, la trasformazione t m di tipo martensitico (attraverso cioè una distorsione reticolare, senza diffusione atomica) ha luogo con un incremento in volume del 5 % circa, creando delle sollecitazioni piuttosto elevate, spesso eccessive per la stabilità dei ceramici. Il controllo di queste trasformazioni può portare a notevoli incrementi nelle proprietà meccaniche, soprattutto a spiccati effetti tenacizzanti: a questi risultati si è prevenuti tramite metastabilizzazione a temperatura ambiente di una delle forme cristalline di alta temperatura. La stabilizzazione della zirconia in una fase metastabile avviene tramite l addizione di opportuni ossidi (CaO, MgO, Y 2 O 3 ) che entrano in soluzione solida metastabilizzando la fase cubica (si ottiene la zirconia totalmente stabilizzata -FSZ, fully stabilized zirconia-a matrice cubica, oppure la zirconia parzialmente stabilizzata-psz, partially stabilized zirconia-in cui nella matrice cubica sono dispersi fini precipitati di fasi tetragonale e/o monoclina) o quella tetragonale (TZP, tetragonal polycrystalline zirconia). Quest ultima presenta ottime caratteristiche meccaniche, che si espletano grazie a differenti, spesso sinergici, meccanismi. Un effetto tenacizzante è dovuto al consumo di parte dell energia della cricca da parte dei grani tetragonali, i quali, utilizzando parte dell energia della cricca stessa, si trasformano nella fase stabile monoclina. Inoltre, l aumento di volume associato a tale trasformazione induce un campo di compressione sui lembi della cricca, contrastandone l avanzamento [9]. Un altro meccanismo di tenacizzazione è indotto dalla trasformazione di alcuni grani tetragonali in monoclini durante il raffreddamento a seguito dei trattamenti di alta temperatura impiegati per formare il componente ceramico. Questo fenomeno induce la comparsa di una microfessurazione nell intorno del grano trasformato, che, interagendo con una frattura in avanzamento, ne riduce l energia. 21

8 Occorre ricordare che il meccanismo di microfessurazione, tuttavia, conduce a diminuzione del modulo elastico dei ceramici: è indispensabile valutarne accuratamente i meccanismi di formazione, concentrazione, taglia e distribuzione in modo da non deprimere le altre proprietà meccaniche del materiale. Dopo questa sintetica introduzione ai materiali compositi, l attenzione sarà focalizzata sulle potenzialità ed impiego dei compositi particellari, in particolare su quelli a natura ossidica, oggetto di questo lavoro di tesi. Inoltre, questo capitolo bibliografico mostrerà come le prestazioni dei materiali possano essere ulteriormente incrementate tramite un controllo sempre più severo della microstruttura finale. E stato riportato [10], infatti, come diverse proprietà in campo meccanico, termico, ottico etc., siano strettamente dipendenti dalla taglia di grano, aumentando significativamente all affinarsi della microstruttura. Questi nuovi materiali, denominati nanostrutturati, potrebbero sostituire i componenti a struttura microscopica, attualmente in uso, con un significativo incremento delle prestazioni e/o del tempo di esercizio, oppure permettere l accesso a nuove applicazioni I materiali compositi particellari Nel campo della ceramurgia e metallurgia, da lungo tempo è stata riconosciuta la fortissima influenza della microstruttura sulle proprietà meccaniche dei materiali policristallini. Difetti microstrutturali, quali disomogeneità di fase, di dimensione di grano, porosità residua, difetti superficiali sono spesso causa di limitate proprietà meccaniche e/o di tempi di vita brevi dei componenti. La progettazione e produzione di materiali compositi a matrice ceramica, in cui vengono finemente disperse particelle di una seconda fase (duttile o fragile), è stata condotta non solo per ottenere i benefici effetti tenacizzanti della seconda fase, ma anche perché tali particelle, qualora uniformemente distribuite nella matrice, esercitano un rigido controllo sulla crescita di grano della fase primaria. Tale effetto, denominato pinning, si concretizza nel fatto che la particella di rinforzo, localizzata a bordo di grano della fase primaria, ne limita o impedisce il movimento e, di conseguenza, la relativa crescita di grano. Sono state sviluppate molteplici teorie atte a predire l interazione tra il bordo di grano e le inclusioni [11] ma nel 1948 Zener fu il primo a considerare la dipendenza della taglia di grano della matrice dal diametro e volume della seconda fase, nel caso di particelle sferiche, rigide, insolubili e distribuite in modo casuale [12]: R = 4r/3f (2) in cui R è la taglia di grano della matrice, r ed f il raggio e la frazione di seconda fase. La teoria di Zener può essere visualizzata esaminando l energia libera di un sistema perturbato da una inclusione. La Figura 1.9 a [13] illustra quattro posizioni sequenziali di un bordo di grano che definisce un grano tetraedrico durante il ritiro. La Figura 1.9 b mostra l energia libera di tale sistema in funzione del volume di grano. La linea spezzata in questa figura rappresenta l energia libera che spontaneamente diminuisce durante il ritiro. Se il bordo di grano interseca una particella di seconda fase, l energia libera (linea continua) subisce un ulteriore diminuzione associata alla porzione maggiore di superficie di bordo rimossa dal sistema (posizione 2 in Figura 1.9 a): l area massima rimossa dal sistema per inclusione è pari a πr 2 (in cui R è il raggio dell inclusione) che corrisponde ad una diminuzione nell energia libera pari a πr 2 γ gb (γ gb è l energia del bordo di grano per area unitaria) per ogni inclusione. Se il grano si ritira ulteriormente, il bordo di grano adiacente all inclusione si incurva (posizione 3) fino a rottura e rilascio dell inclusione: il meccanismo di piegamento e l ulteriore generazione di nuova superficie di bordo di grano provocano un aumento dell energia libera del sistema. Affinché il ritiro possa proseguire il sistema, a questo punto, dovrà superare una barriera energetica. 22

9 L effetto di pinning così teorizzato, atto a controllare la crescita anormale o incontrollata di grano, è stato verificato da molteplici sperimentazioni: infatti l addizione di appropriate inclusioni si è rivelata estremamente efficace nel controllo microstrutturale e nel significativo rinforzo in alcuni sistemi, quali Al 2 O 3 -SiC [14-16], ZrO 2 -β -Al 2 O 3 [17], Al 2 O 3 -ZrO 2 [8,9,18-20] oppure Al 2 O 3 -YAG [21]. (a) (b) Figura 1.9: Effetto di pinning schematizzato dalla teoria di Zener:(a) posizioni sequenziali durante il ritiro di un bordo di grano; (b), variazione dell energia libera in funzione della variazione del volume del grano [13] Evidenza dell effetto di inclusioni sull omogeneità della microstruttura e sulla taglia di grano è presentata nella Figura 1.10, che confronta la microstruttura di un'allumina (a) e del composito allumina-yag (b), sinterizzati nelle medesime condizioni. Nel primo caso si nota la presenza di grani a crescita esagerata; nel secondo, invece, la microstruttura omogenea e a taglia di grano controllata è il risultato dell effetto di pinning esercitato dalle inclusioni a bordo di grano durante la sinterizzazione. Figura 1.10: microstruttura di un allumina pura (a) e di un composito allumina-yag (b) sinterizzati nelle medesime condizioni [21]. Nel caso di un sistema Al 2 O 3 -SiC [16], evidenza della diminuzione della taglia di grano della fase allumina è riportata in Figura 1.11 (a) in funzione del tempo di sinterizzazione a 1700 C e del rapporto volumetrico di fase SiC contenuta. La taglia di grano dell allumina è ridotta dalla presenza della seconda fase e l effetto è più marcato all aumentare della percentuale in volume di SiC impiegato. Nella Figura 1.11 (b), è riportata invece la taglia di grano in funzione della temperatura di sinterizzazione per compositi a differente percentuale di seconda fase dispersa. L effetto di ritenzione di crescita dell allumina risulta più efficace all aumentare della frazione in volume di SiC impiegato. 23

10 (a) (b) Figura 1.11: Evoluzione della taglia di grano di allumina in compositi Al 2 O 3 -SiC, a diversa percentuale in volume di seconda fase, in funzione del tempo di sinterizzazione a 1700 C (a) e della temperatura di sinterizzazione (b) [16] Osservazioni microstrutturali hanno permesso di correlare l effetto delle particelle sulla morfologia del composito. La Figura 1.12 (a) presenta la micrografia SEM di una allumina pura che mostra grani equiassi con bordi di grano lineari; la Figura 1.12 (b) mostra invece il composito allumina-5%vol SiC, in cui la forma dei grani è più irregolare ed alcuni bordi di grano sono incurvati, a causa dell evidente effetto di pinning da parte delle particelle di SiC (vedasi freccia in figura 1.12 b). Le microstrutture corrispondono, tuttavia, a diverse condizioni di sinterizzazione; conseguentemente la taglia di grano non è direttamente confrontabile. Figura 1.12: Microstruttura di una allumina pura (a) e di un composito allumina-sic (b) [16] Nello stesso lavoro [16] è stato ricavato il fattore φ definito dal numero di particelle di seconda fase per bordo di grano. La Figura 1.13 riporta i valori di φ per campioni dopo pressatura, trattati a 1700 C rispettivamente per 0 h e per 100 h. Nei campioni crudi (aspressed) il valore di φ è pressoché lo stesso, mentre diminuisce notevolmente a seguito del trattamenti termico. Tale diminuzione, che risulta più importante per i compositi a minore percentuale in volume di SiC, è indice di separazione tra la particella di rinforzo ed il bordo di grano durante la crescita dei grani in sinterizzazione. Da questi risultati si è presupposto che la 24

11 separazione tra particella e bordo di grano sia attivato termicamente. Nei compositi a maggiore percentuale in volume di SiC, la soppressione di questa separazione termica è stata correlato dagli Autori [16] all eliminazione dei processi di crescita di grano, a loro volta attivati termicamente. Figura 1.13: Evoluzione della frazione di particelle a bordo do grano, φ, per compositi a diversa percentuale in volume di SiC per materiali pressati, sinterizzati a 1700 C per 0 h e per 100 h [16]. Particelle di seconda fase, finemente disperse in una matrice ceramica, non solo esercitano un efficace controllo sulla crescita di grano della fase primaria, ma possono anche incrementarne notevolmente le proprietà meccaniche. Infatti, sono stati osservati processi tenacizzanti attribuiti a diversi meccanismi tra i quali crack bowing, crack deflection e crack bridging. Un risultato importante deriva dal lavoro di Niihara [4] il quale riportò un significativo incremento nella resistenza a flessione (da 350 MPa a GPa) accompagnata da un lieve aumento nella tenacità a frattura (da 3.5 MPam 1/2 a 4.8 MPam 1/2 ), grazie all incorporazione del 5% in volume di particelle di SiC in una matrice di allumina. Altri lavori riportano incrementi nei valori di K IC dal 10% [22] fino al 40 e 70% [23-24], per sistemi contenenti frazioni in volume di seconda fase comprese tra 0.1 e 0.3 e tali incrementi sono stati attribuiti fondamentalmente a meccanismi di crack deflection. Il modello matematico che elabora tale meccanismo, descritto da Faber e Evans [25], è basato su un trattamento geometrico del percorso di frattura e predice rapporti di tenacità K IC /K Im (in cui K Im è la tenacità della matrice monolitica) pari a , minori, quindi, dei valori compresi tra 1.4 e 1.7 comunemente osservati nei compositi particellari [24-25]. Pertanto, tale modello spiega solo parzialmente l incremento di tenacità riscontrato. Diversi studi in letteratura [26-28], invece, imputano un importante effetto tenacizzante alla presenza di stress residui a causa della differenza di coefficienti di dilatazione termica (CTE) tra la matrice ed il rinforzo. Il modello proposto successivamente da Cutler e Virkar [29] correla la tenacità a frattura di un composito particellare con un campo periodico di stress residui, generatesi durante il raffreddamento: K IC =K I0 + 2q (2D/π) 1/2 (3) Nell'equazione (3) K I0 è il fattore di intensità di stress critico nella matrice, q è lo stress di compressione locale nella matrice e D è la lunghezza della zona di stress. Questo modello si applica a compositi in cui il CTE delle particelle è superiore a quello della matrice (ad esempio particelle di TiB 2 in matrice SiC oppure particelle di TiC in matrice SiC) generando una distribuzione di tensioni residue come quella rappresentata in Figura 1.14 a [29], in cui il segno indica stress in compressione presenti nella matrice ed il segno + quelle in trazione nelle particelle e nelle zone circostanti. La dipendenza di K IC da D 1/2 è stata osservata 25

12 sperimentalmente dagli Autori [29] e q dipende strettamente dalla frazione in volume di particelle di seconda fase. In questo modello si suppone che la frattura avanzi da una regione in trazione a quella successiva (Figura 1.14 b [29]), cioè tra due particelle contigue, estendendosi per una lunghezza pari a λ, la distanza interparticellare. La cricca, durante tale percorso, è però soggetta agli stress di compressione (q) presenti nella matrice, lungo il percorso λ-d (in cui d è il diametro delle particelle) che si sovrappone a quello in trazione. L esistenza di questo stress locale (q) provoca un aumento nel fattore di intensità critica: l entità della variazione è data da K I, pari a 2q [2(λ-d)/π]. La stessa equazione sarebbe valida per un campo si stress residuo in trazione; in quel caso si assisterebbe, però, ad una diminuzione di K IC. (a) (b) Figura 1.14: (a) Campo di stress residui in un composito particellare (segno +: stress a trazione; segno-: in compressione); (b) Forze di compressione che agiscono su una frattura che si muove da un punto in trazione a quello successivo [29]. Nel modello precedente si è assunto che la cricca si muova lungo un percorso lineare da una zona in trazione a quella successiva. Tuttavia, il percorso di frattura osservato sperimentalmente è più tortuoso e deviazioni dalla linearità sono associate all interazione della cricca principale con i campi di stress residui che incontra nel suo percorso. La maggior parte di queste interazioni avviene nelle zone di bordo di grano, dove maggiormente si concentrano le tensioni termiche del raffreddamento. L energia della frattura viene consumata in presenza di tensioni di compressione a bordo di grano; al contrario, in presenza di tensioni in trazione, la sua propagazione è favorita e sovente subentrano fenomeni di ramificazione o deflessione della cricca principale. Diverse osservazioni basate sullo studio dei materiali compositi a base di allumina, hanno evidenziato, come conseguenza della presenza di tensioni termiche residue, la variazione del percorso di frattura da intergranulare, nell allumina pura [30], a transgranulare nei compositi particellari [31-34]. Gli stress termici esistono non solo nei compositi ma anche nei materiali monofasici, a causa dell anisotropia della dilatazione termica durante i processi di raffreddamento. Nel caso, ad esempio, di una matrice in allumina [31], gli stress residui in raffreddamento si concentrano a bordo di grano e la frattura, nel suo percorso, seleziona preferenzialmente le interfacce tra i grani soggette a tensioni in trazione: la frattura risultante è di tipo intergranulare. Nel caso, invece, di compositi particellari allumina-sic, diversi studi [31-34] hanno identificato una propagazione di frattura di tipo transgranulare. Sono state avanzate alcune proposte per giustificare il fenomeno: in un caso si spiega l assenza di frattura intergranulare nei compositi come indotta da un rafforzamento del bordo di grano, a causa dell instaurarsi di legami forti allumina-sic. Altre ipotesi fanno invece proprio riferimento alle tensioni residue 26

13 nel materiale: la presenza di particelle di SiC, a coefficiente di dilatazione termica minore di quello dell allumina [35], provoca un campo di tensioni di trazione e compressione in direzione tangenziale e radiale, rispettivamente, alle particelle (Figura 1.15 [30]). La conseguenza diretta, propagandosi la fattura più facilmente se sottoposta a tensione, è la presenza di percorsi di cricca di tipo transgranulare. Figura 1.15: Campo di tensioni termiche residue nel composito Al 2 O 3 -SiC [30] Un lavoro particolarmente approfondito [36] tiene conto della distribuzione delle particelle di SiC nella matrice: risultati sperimentali mostrano che i valori di tenacità maggiori sono raggiunti nei compositi in cui le particelle occupano sia posizioni inter che intra-granulari, minori in quelli con particelle nelle sole posizioni intra. Secondo gli Autori [36], le particelle intergranulari deflettono il percorso di cricca, guidandola all interno della matrice (frattura transgranulare), mentre le particelle all interno dei grani interagiscono con la frattura costringendola ad assumere una traiettoria ondulatoria. In questo lavoro sono stati sviluppati dei modelli matematici per spiegare il moto di propagazione della cricca sperimentalmente osservato nell allumina pura e nei compositi inter e intargranulari ed i meccanismi tenacizzanti ad esso associati. Indicando con G µm e G nm l energia per unità di superficie di frattura (tenacità) della pura allumina e del composito, rispettivamente, si definisce il fattore di tenacità α come: α = G nm / G µm 1 (4) il quale varia sperimentalmente con la frazione in volume V f di particelle e dipende dal meccanismo tenacizzante esercitato dalla matrice o dal rinforzo particellare. Per l allumina pura, il modello sviluppato tiene conto dell energia di frattura del bordo di grano (G gb ), della matrice (G l ) e dell angolo di incidenza tra la frattura ed il bordo di grano. Nella Figura 1.16 (a) è rappresentata l interazione della frattura con un grano di allumina, con formazione di un angolo θ tra il bordo di grano e la direzione di propagazione x della cricca. Affinché si verifichi propagazione intergranulare, la cricca deve deviare dalla sua traiettoria principale di un angolo θ, definito secondo l equazione: θ=2 arccos (G gb/ G l ) 1/4 (5) I valori G gb e G l possono essere determinati dalla tenacità complessiva del materiale (G µm dall'equazione 4) ed è stato verificato sperimentalmente che la frattura si propaga in modo intergranulare per angoli compresi tra 0 e θ, in modo transgranulare per angoli tra θ e π/2. La probabilità di avere frattura intergranulare (f) è definita da: 27

14 f= 2θ/π (6) Figura 1.16: Interazione tra la frattura ed un grano di allumina pura (A) e con una particella di SiC in posizione intergranulare all interno di un composito allumina-sic (B) [36]. La Figura 1.16 (b) descrive l interazione della cricca con la particella di seconda fase (che si trova in posizione intergranulare nel composito). La direzione di propagazione x forma un angolo θ con l interfaccia particella-matrice. L energia di propagazione della frattura all interno della matrice è indicata con G m (se la cricca prosegue lungo la direzione x) e quella di propagazione all interfaccia con G i ; i due valori sono connessi tramite la relazione: G m = G i cos 4 (θ/2) (7) In questo caso, la frattura transgranulare è indotta quando G m /G la > G i /G ngb, in cui G ngb denota l energia per unità di nuova superficie (tenacità) generata da debonding della particella dalla matrice. G la dipende dalla tenacità del SiC, se la frattura penetra nella nanoparticella, oppure da quella della matrice se la cricca, dopo aver aggirato la particella, penetra all interno del grano di allumina. Il fattore di tenacità α, prima definito in modo generico, in seguito a meccanismi tenacizzanti dovuti a frattura transgranulare indotti dalle particelle (in posizioni intergranulari), assume l espressione: α Τ = f V f (G la -G gb / G µm ) (8) Il secondo meccanismo tenacizzante nei compositi, riconosciuto dagli Autori [36], fa capo alle particelle di SiC localizzate all interno dei grani di matrice. Osservazioni TEM hanno evidenziato in questo sistema un percorso ondulatorio della frattura tra le particelle. Nella Figura 1.17, è stata rappresentata una frattura transgranulare, che, penetrata nella matrice, avanza lungo la traiettoria macroscopica x 1. Le particelle A, B, C e D, appartenenti (o nell intorno) al piano π perpendicolare al fronte medio di propagazione della cricca, ne perturbano il percorso χ(x 1 ). Figura 1.17: traiettoria di propagazione di una frattura transganulare deviata dalle particelle di SiC intragranulari in una matrice di allumina [36]. 28

15 Indicando con Ĝ la la resistenza della matrice al moto ondulatorio della frattura, il fattore di tenacità assume la forma seguente: α o = 1- (Ĝ la /G la ) = l o /l (9) in cui l o è la lunghezza dell arco descritto dalla traiettoria ondulatoria χ(x 1 ), mentre l è la lunghezza della sua proiezione nella direzione x 1. Il rapporto tra queste due lunghezze è il fattore che determina la tenacizzazione dovuta alla superficie curvilinea della frattura. La dispersione di una seconda fase in una matrice ceramica ha portato, inoltre, significativi incrementi nelle proprietà meccaniche ad elevata temperatura. La velocità di deformazione per scorrimento viscoso, dε/dt, è stata definita per un materiale monolitico secondo la seguente espressione: dε/dt = A (DGb/kT)* (b/d) p *(σ/g) n (10) in cui A è una costante adimensionale, D è il coefficiente di diffusione atomica, G il modulo di taglio, b il vettore di Burgers, d la taglia di grano e σ il carico applicato, p ed n sono costanti che dipendono dal meccanismo diffusivo. Per materiali compositi bifasici, invece, è stato sviluppato un modello [34] che assume lo scorrimento del bordo di grano della matrice limitato dalle inclusioni di seconda fase, che, esercitando un effetto di pinning sul bordo di grano, ne limitano lo scorrimento anche ad alta temperatura: dε/dt = C (σ n /d p r q V )exp (-Q/RT) (11) in cui V è il volume di seconda fase, r è il raggio delle particelle di seconda fase e C una costante. Sperimentalmente, Niihara e collaboratori [37] hanno condotto test meccanici di resistenza a flessione ad alta temperatura su sistemi compositi Al 2 O 3 -SiC e MgO-SiC, evidenziando valori di resistenza maggiori nei compositi particellari rispetto alle matrici monolitiche per tutte le temperature analizzate. Osservarono, inoltre, come in tali sistemi la diminuzione della resistenza a flessione, all aumentare della temperatura, avvenisse con velocità minore oppure a temperature superiori rispetto ai materiali puri. Un esempio è riportato nella Figura 1.18 [38], che confronta la velocità di deformazione in funzione del carico applicato (a) (sia in trazione che in flessione) e del tempo di deformazione (b) a 1200 C per un allumina monolitica e per il composito allumina-17% in volume di SiC. (a) (b) Figura 1.18: Velocità di deformazione in funzione della sollecitazione applicata (a) e del tempo di deformazione (b) a 1200 C per un'allumina monolitica e per un composito allumina-17%vol SiC [38] 29

16 I dati mostrano per il sistema composito un tempo di vita di 10 volte superiore ed una velocità di deformazione 3-4 ordini di grandezza inferiori rispetto al materiale monofasico. I risultati meccanici furono accompagnati da osservazioni microstrutturali sui materiali deformati: la presenza di cavità nelle vicinanze delle particelle di SiC e di bordi di grano incurvati per l allumina indussero gli autori a pensare a meccanismi di rotazione e ri-precipitazione delle inclusioni a bordo di grano nella matrice, rallentandone la deformazione. Altri studi imputarono invece l effetto di rinforzo alla formazione di interfacce allumina-sic più forti rispetto a quelle tra grani di allumina [38]. Nonostante l equazione (11) predica una diminuzione continua della velocità di deformazione all aumentare della frazione in volume di seconda fase impiegata, sperimentalmente è stato riscontrato che percentuali troppo elevate di SiC diminuiscono la resistenza del materiale. Questo fenomeno è stato attribuito a fenomeni di ossidazione delle particelle di SiC, ad alta temperatura, e formazione di fasi vetrose a base di silice a bordo di grano che deprimono la resistenza alla deformazione. Altri lavori in letteratura hanno riportato effetti rinforzanti ad alta temperatura in compositi particellari: oggetto di studio sono stati in particolare i sistemi compositi Al 2 O 3 -ZrO 2 (stabilizzata con Y 2 O 3 ) [38] ed Al 2 O 3 -Y 3 Al 5 O 12 [39], in cui nuovamente i fenomeni responsabili sono stati attribuiti al bloccaggio del bordo di grano esercitato dalle particelle di seconda fase. Inoltre, nel sistema allumina-yag [38-39] è stato riconosciuto un effetto importante alla segregazione di ioni Y 3+ a bordo di grano, che limitano la diffusione atomica in quelle regioni La scelta dei rapporti molari tra matrice e seconda fase nei compositi particellari La scelta della composizione di un materiale composito così come dei rapporti molari tra le fasi ha da sempre rappresentato un punto cruciale nell ottimizzazione della microstruttura e nelle proprietà finali. Molti lavori hanno rilevato come sia sufficiente impiegare frazioni in volume contenute di seconda fase [4, 14, 17] per ottenere un optimum nelle prestazioni meccaniche, mentre in altri sistemi si è assistito ad un incremento continuo delle proprietà all aumentare della seconda fase [3-16]. In alcuni casi il benefico effetto della dispersione delle particelle è risultato smorzato da alcuni fenomeni, quali, ad esempio, mobilità o coalescenza delle particelle a seguito di processi ad alta temperatura e/o sotto sollecitazione. Un metodo alternativo per controllare la crescita di grano e ottenere materiali ceramici a microstruttura fine è attraverso lo sviluppo di microstrutture bi- o multicomponenti in cui le fasi, presenti in rapporti simili tra di loro, danno origine a strutture interconnesse nelle tre dimensioni. Attraverso l intima miscelazione di due o più fasi differenti, aventi solubilità reciproca molto contenuta, la crescita di ogni singola fase è inibita dalla compresenza delle altre, limitando in questo modo l interdiffusione a lungo raggio. La progettazione di questo tipo di materiali si è sviluppato significativamente nel campo dei materiali metallici, mentre in quello dei ceramici è tuttora in fase di studio. Tuttavia, alcuni lavori [39-40] hanno già dimostrato le potenzialità di tali sistemi in cui il materiale composito finale può beneficiare delle proprietà chimico-fisiche-meccaniche di tutti i costituenti. Tra le prime evidenze sperimentali è stato dimostrato che un efficace effetto di pinning è possibile anche in queste strutture [41-42]. Ad esempio, nella Figura 1.19 [42] sono mostrate rispettivamente la microstruttura SEM di un allumina pura (A), di una zirconia pura (B) e del relativo composito contenente il 50% in volume delle due fasi (C) (indicato con AZ50). La cinetica di crescita di grano è stata valutata utilizzando l'equazione: D n D 0 n = Kt (12) in cui D è la taglia di grano al tempo t, D 0 è la taglia di grano iniziale (per isoterme di sinterizzazione nulle o molto brevi), K è la costante cinetica e n è l esponente cinetico per la crescita di grano. 30

17 (A) (B) (C) Figura 1.19: Micrografie SEM per un'allumina pura (A), per una zirconia pura (C) e per il composito AZ50 (B) [42] I valori di K sono stati determinati sperimentalmente sia per i materiali puri che per AZ50 e sono riportati nella Figura 1.20 [40]. Si assiste ad un significativo decremento della velocità di crescita per entrambe le fasi nella regione in cui ha origine la struttura interconnessa (>20% in volume). L evidente ritenzione della crescita di grano nel materiale composito è stata attribuita al percorso diffusivo più lungo rispetto ai materiali monofasici; inoltre, dal momento che le due fasi danno origine ad un network tridimensionale, la crescita di ogni fase è direttamente controllata da quella delle altre: la cinetica di crescita della fase più lenta risulta quindi quella limitante per l intero sistema. Figura 1.20: Evoluzione della costante cinetica di crescita di grano in un sistema allumina-zirconia in funzione della percentuale in volume di seconda fase impiegata [40] Inoltre, nei sistemi contenenti basse concentrazioni di seconda fase, le particelle possono essere soggette a crescita, per coalescenza, trasportate dai bordi di grano in movimento, oppure per maturazione di Ostwald, in cui i grani più grossi si accrescono a spese di quelli più piccoli. La driving force per la crescita è regolata dal numero di coordinazione dei singoli grani. Particelle con basso numero di coordinazione presentano bordi di grano convessi (Figura 1.21 a) [42], ed esiste una driving force netta che spinge agli atomi a diffondere dalle particelle più piccole verso quelle grandi (maturazione di Ostwald). Nel caso invece di strutture interconnesse [42], i grani tendono ad avere numeri di coordinazione più elevati con bordi concavi (Figura 1.21 b): la driving force in questo caso è diretta in senso opposto e la 31

18 materia tende a muoversi dalle particelle più grandi verso quelle piccole, promovendo la stabilizzazione e controllo della microstruttura, fino a raggiungere un equilibrio a grani equiassiali. (A) (B) Figura 1.21: flusso della materia in funzione del numero di coordinazione per grani con bordi convessi (A) e concavi (B) [42] I materiali nanostrutturati: introduzione Nel paragrafo precedente è stato evidenziato l effetto dell addizione di particelle di seconda fase sulla microstruttura e su determinate proprietà meccaniche dei materiali, senza accentuare troppo l attenzione sulla taglia di grano della matrice e delle particelle. Questo dato, invece, è di estrema importanza poiché molte proprietà dei solidi dipendono non solo dalla composizione chimica e struttura atomica ma anche dalla sua taglia in una, due o tre dimensioni. Ad esempio, l equazione di Zener (2), valida per sistemi compositi in cui la crescita di grano della matrice (R) è controllata dai meccanismi di pinning esercitati dalle particelle di seconda fase, mostra un inversa proporzionalità tra R ed il raggio delle particelle (r). Secondo tale equazione, particelle nanometriche sono più efficaci nel controllare la crescita di grano e l effetto aumenta progressivamente al diminuire di r. Allo stesso modo l equazione che definisce la concentrazione di sollecitazione al vertice di un difetto: σy=σ [1+2 (a/r) 1/2 ] (13) in cui σ y è la sollecitazione all apice del difetto, σ è la sollecitazione applicata, a è la lunghezza del difetto superficiale ed r è il raggio di curvatura del difetto al suo apice, correla l aumento della resistenza dei materiali alla diminuzione della taglia critica dei difetti (a). I meccanismi, che conducono agli elevati valori meccanici di resistenza a flessione (sia a temperatura ambiente che ad elevata temperatura) determinati nei compositi particellari, sono stati a lungo discussi [43]. Una delle spiegazioni più volte riportata [44] fa proprio riferimento al rinforzo dei materiali per affinamento della microstruttura, e di conseguenza, diminuzione della taglia critica dei difetti. Questo risultato è stato ottenuto per addizione di una seconda fase, solitamente di taglia nanometrica, che agisce sulla crescita di grano della matrice durante la sinterizzazione, limitandola per effetto di pinning. Inoltre, alcuni Autori [44] hanno suggerito che i processi produttivi impiegati per la produzione di tali sistemi compositi, normalmente macinazione meccanica ad alta energia dei due componenti, contribuissero a ridurre la taglia delle particelle e degli agglomerati. Un altra equazione che correla direttamente la resistenza dei materiali alla taglia di grano è quella di Hall-Petch: σ(d) = σ o + A*d -1/2 (14) in cui σ(d) è il limite elastico per una matrice policristallina di taglia d, σ o è una costante che indica la tensione di frizione che si oppone al movimento delle dislocazioni (friction stress) ed A è definita come costante di Hall-Petch [45]. La dipendenza della resistenza a flessione dalla taglia di grano (d -1/2 ) è stata verificata sperimentalmente per sistemi quali allumina, berillia, 32

19 magnesia e zirconia [46]. I dati sperimentali determinati sull allumina sono stati riportati in Figura 1.22, a temperatura ambiente (a) e ad alta temperatura ( C) (b). E' interessante notare, oltre alla dipendenza lineare della resistenza a flessione da d -1/2, la presenza di due regioni ad inclinazione differente, che suggerisce meccanismi di frattura diversi in funzione della taglia di grano. Lo stesso andamento è stato osservato confrontando il comportamento dell allumina alla temperatura dell azoto liquido o ad alta temperatura [46]. (a) (b) Figura 1.22: Resistenza a flessione in funzione della taglia di grano dell allumina a temperatura ambiente (a) e nell intervallo C (b) [46]. La durezza dei materiali ha un comportamento che spesso segue la stessa equazione, aumentando al diminuire della taglia di grano, come schematicamente rappresentato nella Figura 1.23 [47]. Figura 1.23: Rappresentazione schematica dell evoluzione della durezza in funzione della taglia di grano [47] Anche le proprietà meccaniche in funzione della temperatura hanno un comportamento che dipende della taglia di grano, come la velocità di scorrimento viscoso (creep rate) ad alta temperatura. Le equazioni (10) ed (11), valide per un materiale monolitico e per un composito particellare, mostrano proprio un aumento della velocità di deformazione al diminuire della 33

20 taglia di grano, in funzione di un esponente che varia a seconda del meccanisno di diffusione attivo. Ad esempio la velocità di creep, per i processi diffusivi a bordo di grano (dε/dt), è definita dall equazione di Coble [48]: dε/dt = AD gb σωω/kt d 3 (15) in cui A è una costante adimensionale che considera la geometria del grano, D gb è il coefficiente di diffusione a bordo di grano, σ lo stress applicato, ω lo spessore del bordo di grano, Ω il volume molare, k la costante di Boltzmann, T la temperatura assoluta, d la taglia di grano. Si nota la dipendenza della velocità di scorrimento dalla taglia di grano, secondo una relazione d -3. Infine, anche la velocità di densificazione (dρ/dt) dipende dalla taglia delle particelle secondo l equazione generale [49]: dρ/dt = γ s /d 3 kt [(F b (ρ) D b δ b /d) + F v (ρ)d v ] (16) in cui γs è l energia superficiale, d la taglia di grano, D b δ b il prodotto tra lo spessore del bordo di grano e la diffusività a bordo di grano, D v la diffusività di bulk, F b e F v sono funzioni della densità (ρ). Da tale espressione si ricava che, passando da sistemi micronici a nanometrici, la velocità di densificazione può aumentare di 12 ordini di grandezza Sistemi compositi nanostrutturati: classificazione I materiali nanostrutturati sono stati classificati secondo diversi criteri. Innanzi tutto, sono stati suddivisi in tre categorie principali a seconda che la nano-taglia della struttura si ripeta in una, due o tre dimensioni [50]. Nel primo caso, hanno forma e dimensioni di particelle nanometriche puntiformi o nano-wires (filamenti monocristallini di lunghezza nanometrica). Materiali di questo tipo sono oggi prodotti con successo tramite diverse tecnologie quali chemical vapour deposition (CVD), physical vapour deposition (PVD), condensazione da gas inerti, precipitazione da liquidi saturi, etc. Catalizzatori e semiconduttori sono alcuni esempi degli impieghi tecnologici che sfruttano tali strutture [50]. La seconda categoria raggruppa materiali in cui la struttura nanometrica è limitata ad una regione superficiale: ad esempio sono utilizzati come superfici o rivestimenti protettivi, anti-corrosione o anti-usura [50]. Nella terza categoria, infine, fanno parte i materiali in cui è il volume stesso (bulk) ad essere nanostrutturato, formato cioè da unità costituenti nanometriche che possono differire per struttura atomica, orientazione cristallografica e composizione chimica. Un modello bidimensionale è riportato nella Figura 1.24: gli atomi interni alle unità costituenti (cristalliti) sono indicati in nero e quelli nella regione a bordo di grano in bianco. Figura 1.24: Rappresentazione della percentuale atomica a bordo di grano e all interno del grano per un materiale nanocristallino [50] 34

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