Nel preparare il mio intervento, ho riflettuto sulla mia esperienza di discente nella formazione in generale e sulla mia esperienza pratica nella
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- Raffaele Costanzo
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1 Nel preparare il mio intervento, ho riflettuto sulla mia esperienza di discente nella formazione in generale e sulla mia esperienza pratica nella formazione infermieristica e mi sono avvalsa di ricerche bibliografiche. Nella bibliografia italiana non ci sono riflessioni in merito alle responsabilità nella formazione; molti studi, invece, provengono da fonti straniere. In base alle direttive politiche europee di governo, sanitarie e universitarie ho individuato prima le responsabilità istituzionali, poi ho cercato di individuare sia nei formatori sia nei discenti le reciproche responsabilità, e, infine, le responsabilità della formazione nella pratica clinica infermieristica. Va precisato che nel nostro sistema, a differenza di quello anglosassone non è stata istituzionalizzata una figura di formatore; sicchè è formatore colui al quale di volta in volta venga assegnato tale incarico. Ma che cos è la responsabilità: io la definirei l attribuzione ad un soggetto delle conseguenze delle proprie azioni. L azione non è solo quella materiale, ma anche la trasmissione del proprio pensiero e delle proprie conoscenze è azione. Il formatore quindi deve saper agire e saper educare altri ad agire ed è responsabile del proprio agire. Questa è secondo me la responsabilità nella formazione. Non si può parlare di responsabilità nella formazione infermieristica senza tenere conto delle direttive del governo e della comunità europea in merito alla formazione o meglio all educazione permanente: perché è all interno di questo quadro che la formazione è collocata assieme all istruzione e all apprendimento. È indubbio che le politiche di governo sia della comunità europea sia del sistema sanitario nazionale e sia universitarie rispondono degli indirizzi futuri di una formazione volta alla cura della salute e di una cultura di pratica
2 sociale. Negli ultimi anni stiamo ormai assistendo ad una vera e propria rivoluzione che non è più politica, bensì economica e sociale. Siamo passati da una società industriale ad una società della conoscenza in cui il vero e forte strumento di crescita è diventato il capitale intellettuale. cambio Al Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, i Capi di Stato, constatando che "l'unione europea si trovava dinanzi a una svolta epocale risultante dalla globalizzazione e dalle sfide presentate da una nuova economia basata sulla conoscenza", hanno stabilito un obiettivo strategico forte: per il 2010 l'ue deve "diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Il capitale intellettuale rappresenta, quindi, la principale ricchezza dell'unione e si riconosce ormai che un investimento in questo ambito è un fattore determinante della crescita e della produttività, allo stesso modo dell'investimento in capitale o attrezzature. La società della conoscenza genera nuovi bisogni in termini di salute, di coesione sociale, di cittadinanza attiva e di sviluppo personale, bisogni ai quali soltanto l'istruzione e la formazione possono apportare un sostanziale contributo. Nella prima conferenza nazionale sulle politiche della professione infermieristica, la federazione nazionale IPASVI, tenuto conto del PSN , nel quale sono presi in considerazione i nuovi bisogni della popolazione, ha evidenziato nella formazione una delle tre ricette principali per curare la sanità nel Il presidente afferma: abbiamo bisogno di infermieri con alte competenze e con una manutenzione costante delle stesse, abbiamo bisogno di infermieri
3 capaci di saper gestire la complessità dell assistenza territoriale e trovare soluzioni adeguate. Anche la formazione e la professione infermieristica nelle ultime due decadi hanno avuto un evoluzione incredibile da un punto di vista normativo. È proprio dalla normativa universitaria e quindi dalla formazione che inizia il cambiamento; ma, come afferma M. Cantarelli, il cambiamento all interno di una professione non lo si ottiene con le modifiche della normativa e molto è ancora da fare per adeguare i contenuti dei programmi ed orientarli al cambiamento. Ma vari esperti della formazione concordano nel fatto che è necessario che i discenti imparino ad apprendere una riflessione critica della globalità per comprendere la singolarità, per evitare esclusioni di ogni genere, politico, sociale, lavorativo. Formare ad una maggiore autonomia del pensiero significa anche formare a maggiori responsabilità. Ed è in ciò che sia il formatore sia il discente sono responsabili. Marisa Cantarelli Secondo Marisa Cantarelli, il modello delle prestazioni assistenziali è stato un importante contributo nell elaborazione del programma didattico triennale infermieristico, tuttavia ritiene che molto è ancora da fare. Da una ricerca del 93 che analizzava sia la formazione sia l attività clinica degli infermieri emerse che il modello di infermiere prodotto dai programmi didattici delle scuole professionali era quello di un infermiere tecnico. La Cantarelli sostiene che occorre invece arrivare ad una assistenza che risponda ai bisogni della persona assistita nella sua unicità e globalità. I docenti nell insegnamento hanno una responsabilità morale, poiché attraverso le conoscenze teoriche, devono far formare negli studenti le
4 idee giuste di un assistenza personalizzata che tenga conto dell unicità della persona. I docenti dovrebbero seguire delle linee guida per affrontare i metodi di ragionamento con cui analizzare le situazioni problematiche teoriche e pratiche. E fondamentale stimolare e consolidare l identità professionale e per tale motivo sono state introdotte la storia e la filosofia infermieristica. Dalla scuola deve partire il sostegno a quell identità professionale che lo studente troverà durante tutto il percorso della formazione. Se i futuri infermieri si vergognano, anche inconsciamente, di essere infermieri, difficilmente avranno interesse nel loro lavoro e sapranno dare lustro alla professione. Edgar Merin Il testo di Edgar Merin, pubblicato per la prima volta dall UNESCO nel 1999, affronta i problemi legati alla formazione per i prossimi anni partendo da alcune considerazioni: la formazione, che ha come oggetto la conoscenza, deve potenziare la capacità di riconoscere gli errori; la conoscenza deve sviluppare l attitudine della mente umana a situare tutte le informazioni in un contesto d insieme; occorre insegnare l unità complessa della natura, fisica, psichica sociale, storica; mostrare come nel XXI secolo siamo posti di fronte agli stessi problemi di vita e di morte; occorre insegnare le incertezze, i rischi dell inatteso per affrontarlo; occorre insegnare la comprensione per sviluppare le reciproche tolleranze; occorre formare ad un etica della responsabilità.
5 La formazione non può esimersi dall ascoltare questi richiami. Ed è anche su queste riflessioni che la federazione nazionale IPASVI ha fondato la sua posizione culturale nel definire le competenze che la professione intende raggiungere. Educare quindi ad un intelligenza generale che sappia cogliere l insieme del tutto per poter affrontare ogni situazione. In sostanza si tratta di formare i discenti ad avere capacità di analisi, per poter cogliere tutti gli aspetti del problema, ed una capacità di sintesi, tale da dimostrare non solo di avere assimilato il problema, ma anche di pervenire alla sua soluzione. Knowles Secondo Knowles, siamo stati educati a pensare ad un insegnante come ad una persona che ha la responsabilità (che deve rendere conto) di ciò che gli studenti dovrebbero apprendere, di come e quando dovrebbero impararlo e di accertare se l hanno compreso. Si presume che gli insegnanti trasmettano dei contenuti ben determinati, controllino il modo in cui gli studenti li ricevono e li usano, e quindi verifichino se gli studenti li hanno assimilati. Per Knowles il docente diventa un facilitatore dell apprendimento. Non più programmi, bensì processi in cui il discente viene aiutato ad acquisire informazioni ed abilità mediante procedure e risorse. Un aspetto interessante è il contratto di apprendimento, nel quale il discente s impegna autonomamente nella progettazione del suo apprendimento pratico, che rende gli obiettivi più chiari ed espliciti sia a lui che al tutor clinico. E una negoziazione tra lui ed il docente tanto degli obiettivi di apprendimento quanto delle strategie da adottare, delle prove per il raggiungimento degli obiettivi e dei criteri e mezzi per la convalida per delle stesse. Viene chiamato anche patto
6 formativo. Ad esempio, nel contratto di apprendimento, il discente potrà valutare se ha appreso come medicare ciascun tipo di lesione cutanea e se sa farlo autonomamente. Schon Schon, partendo dall osservazione che nella pratica quotidiana spesso non riusciamo ad esprimere a parole ciò che sappiamo, poiché il nostro conoscere è in gran parte tacito, giunge alla conclusione che il nostro conoscere è nell azione stessa. In altri termini, l apprendimento avviene nell agire. Lo stesso avviene nell attività lavorativa dell infermiere. L attività cognitiva dell infermiere è ben più ampia di ciò che egli stesso riesce ad esprimere. In effetti sa più di ciò che riesce a manifestare. Schon sostiene che la risoluzione del problema implica innanzi tutto sapere impostare il problema. Il professionista risponde alla complessità del problema, analizzando la massa di informazioni nel momento in cui opera, senza interrompere i flusso dell indagine e selezionando le informazioni pertinenti. La riflessione nel corso della pratica deve essere tanto didattica quanto pratica. Compito del formatore è, quindi, insegnare ad impostare il problema al fine di individuare la soluzione. A mio avviso il formatore deve insegnare ad avere capacità di analisi e di sintesi: l analisi è necessaria per la valutazione di tutti gli aspetti del problema; la sintesi è la capacità di individuare gli elementi essenziali del problema e di trovare la soluzione. Tutto ciò presuppone una formazione globale, ossia non limitata alle conoscenze tecniche, ma anche psicologiche, relazionali, etiche.
7 Il formatore, inoltre, non dev essere solo un depositario del sapere, ma deve essere un soggetto in grado di trasmettere ai formandi il proprio sapere. Questi, a loro volta, non debbono diventare semplici depositari del sapere, ma devono essere in grado di trasmetterlo ai pazienti e ai loro familiari. Ovviamente, quest ultima trasmissione non riguarda le cognizioni tecniche apprese, bensì le informazioni necessarie al paziente in merito alla propria patologia e ai suoi familiari. In sostanza si tratta di Educare all alfabetismo funzionale alla salute. E stato dimostrato che i pazienti con un basso grado di istruzione alla salute hanno più alti indici di ammissioni ospedaliere, sono meno adatti ad aderire ai trattamenti prescritti e ai piani di auto cura, incorrono più facilmente in errori farmacologici e fanno meno uso di servizi preventivi. La responsabilità del formatore è innanzitutto una responsabilità etica, volta ad assolvere le proprie funzioni con il massimo impegno e con puro spirito di servizio.
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