Autarchia e moda italiana

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1 Autarchia L Autarchia fu proclamata solo a seguito delle sanzioni comminate nel 1935 all Italia dalle Società delle Nazioni a condanna della guerra d Etiopia, ma in realtà ispirò sin dalle origini la politica economica del regime. A metà degli anni 20 il mito dell autosufficienza economica si manifestava nel settore agricolo con la battaglia del grano, contro le importazioni cerealicole.

2 Autarchia li tessuti Albene e Rhodia, prodotti dalla trasformazione della cellulosa negli stabilimenti del gruppo Montecatini, divenuto colosso della chimica italiana durante la prima guerra mondiale, debuttano sugli scaffali della Rinascente, sui manifesti pubblicitari firmati dal cartellonista triestino Marcello Dudovinich ( ), sui tavoli dei sarti obbligati a rispettare i precetti dell eleganza autarchica.

3 Autarchia Il Lanital, poi Merinova, la fibra proteica estratta dai sottoprodotti della lavorazione del latte negli impianti della Snia Viscosa, sembra finalmente liberare l Italia dalla dipendenza estera per l approvvigionamento della lana. Si incentiva la produzione di fibre naturali: lino, canapa, seta, e si avvia la lavorazione delle fibra di ginestra e gelsomino.

4 Autarchia e moda italiana Statistica ufficiale fatta compilare dal regime nel 1931: l Italia importava annualmente oggetti di abbigliamento per un miliardo di lire e assorbiva circa un terzo delle esportazioni francesi. Diveniva necessario valorizzare la moda italiana.

5 Il 22 dicembre 1932 approvazione legge che con un capitale iniziale di circa 2 milioni, costituiva l Ente Autonomo per la Mostra Permanente delle Moda. Il compito dell Ente doveva essere di organizzare i vari settori dell abbigliamento così da creare una produzione di moda che avrebbe avuto in Italia tutto il suo ciclo.

6 Come sede dell Ente il regime scelse Torino, a discapito di Roma, Firenze o Milano. Importante in questa scelta l appoggio dato dalla Casa Reale, la vicinanza alla Francia e la tradizione industriale della città.

7 Il compito dell Ente era quello di nazionalizzare tutto il ciclo di produzione della moda, dal progetto alla confezione, attraverso una Mostra Nazionale che si sarebbe dovuta tenere a Torino due volte l anno, in primavera e autunno.

8 Già alla prima Mostra (aprile 1933) emersero le innumerevoli lacune dell Ente. La lacuna più grave era la mancanza di infrastrutture adeguate sia in campo artistico sia in quello industriale e commerciale. Vi era anche carenza di una istruzione professionale.

9 Nella seconda metà del 1935, con l ufficializzazione dell autarchia, l Ente divenne Ente Nazionale della Moda (31 ottobre). Il compito era quello di disciplinare la produzione di vestiario e accessori: marchi e denuncia della produzione. Nel 1936 commentario Dizionario Italiano della Moda, curato da Cesare Meano.

10 Ente Nazionale della Moda, marchio di garanzia.

11 Il fascismo sponsorizzò molto lo sviluppo dell artigianato piuttosto che dell industria. Per esempio, nel 1939, le gonne prodotte dal settore artigianale furono oltre 300 mila e quelle dell industria 16 mila, le giacche rispettivamente 90 mila e 10 mila. Per l abbigliamento maschile l artigianato produceva oltre completi contro i dell industria.

12 Alla fine degli anni 40 la confezione di abbigliamento era un attività artigianale, prevalentemente destinata all autoconsumo, e in parte alla vendita. Nel 1938, su un totale di circa 210 mila addetti alla confezione, 168 mila erano occupati in imprese con non più di 5 addetti e di queste 102 mila erano imprese con un solo addetto.

13 Ci si avvaleva di un vasta disponibilità di cucitrici a domicilio, per la produzione di prodotti in serie sia di vestiario che di accessori, guanti in pelle e maglia, cappelli di paglia, busti, che alimentavano anche un discreto ma altalenante flusso di esportazioni.

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