La semantica dello spazio vuoto in Marina Cvetaeva e nell avanguardia figurativa russa

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1 15. Valentina Parisi Nel bianco La semantica dello spazio vuoto in Marina Cvetaeva e nell avanguardia figurativa russa vparisi@tiscalinet.it Avviene che nella sua essenza la bianchezza non è tanto un colore quanto l assenza visibile di colore e nello stesso tempo la fusione di tutti i colori: avviene per questo che c è una tale vacuità muta e piena di significato in un paesaggio vasto di nevi, un incolore ateismo di tutti i colori che ci fa rabbrividire? Hermann Melville, Moby Dick Colore eminentemente spirituale e da sempre caro ai rappresentanti della generazione simbolista russa (non a caso Boris Nikolaevič Bugaev scelse di diventare Andrea il Bianco 1, come rammenta Marina Cvetaeva nel saggio a lui dedicato 2 ), il bianco assume nella prassi così come nella riflessione teorica dell avanguardia i tratti ambigui di una lacuna straripante e di una vacua pienezza, rivelandosi ora cavità ricettiva, intrinsecamente predisposta al riempimento, ora cellula germinale di nuovi mondi possibili. L inquietudine espressa dall autore di Moby Dick di fronte alla natura contraddittoria, chiastica del bianco si trasforma infatti, a distanza di qualche decennio, nella consapevolezza delle inattese aperture che tale colore, in virtù della sua contiguità con la sfera inesplorata del silenzio, può offrire; lo sgomento provato di fronte al mutismo di un paesaggio ricoperto dalla neve, trascolora per gli esponenti delle nuove tendenze figurative nell intuizione di un concetto di spazio svincolato dalle strettezze della realtà oggettuale. 11 Andrej Belyj, pseudonimo di Boris Nikolaevič Bugaev ( ). Belyj in russo significa bianco. 2 Plennyj duch (moja vstreča s Andreem Belym), tr. it. Uno spirito prigioniero (il mio incontro con Andrej Belyj), in M. Cvetaeva, Incontri, a c. di M. Doria de Zuliani, Milano

2 Nel bianco. La semantica dello spazio vuoto in Marina Cvetaeva In particolare, l assenza visibile di colore e la fusione di tutti i colori, parimente rintracciabili nel bianco, diverranno per Marina Cvetaeva, Vasilij Kandinskij e Kazimir Malevi oggetto di una costante riflessione che, trascendendo le considerazioni puramente coloristiche, coinvolgerà il gesto artistico nella sua interezza. Difatti, se uno spiccato interesse per il carattere fecondo e aperto del bianco può essere ravvisato negli scritti e nelle opere dei protagonisti delle avanguardie occidentali (da Jean Arp a Paul Klee), in Russia tale tema si lega ben presto ad una ricorrente apologia dello spazio vuoto, inteso come emblema di quel potenzialmente essente che trova la propria attualizzazione nell opera d arte. Motivo ricorrente nella letteratura agiografica della Slavia ortodossa, l immagine del mesto pusto subirà così all inizio del Novecento una radicale ridefinizione qualitativa, configurandosi in ultima istanza come serbatoio inesauribile e garanzia intrinseca della poiesis. Si delinea dunque una specificità russa nella riflessione sul bianco come colore-simbolo dell essere in potenza, che sembra affondare le proprie radici nell ipotesi avanzata da Vladimir Solov ev circa l esistenza di un alcunché (nečto), ossia di un nulla positivo, fecondato dalla saggezza divina e disposto a germogliare nel tutto dell universo. Dall astrazione lirica di Kandinskij alla non oggettività suprematista di Malevič, passando per le riflessioni cvetaeviane sulla lirica come evocazione dell invisibile, si dipana infatti una comune rilettura positiva del mesto pusto, che richiama alla mente il riscatto dell apparente negatività del nečto operato dalla dottrina sofianica di Solov ev. Nel quaderno di appunti degli anni Venti, Marina Cvetaeva, ripercorrendo le tappe della propria quotidiana esperienza di lavoro, sottolinea ripetutamente tale valenza produttiva assegnata allo spazio vuoto: Mi siedo a un capo del tavolo, lasciando un posto vuoto. Per l invisibile, l impercettibile 3. Dalla lacuna lasciata aperta dal poeta sembra dunque affiorare, in modo spontaneo e graduale, un mondo increato e assetato d essere, che chiede di incarnarsi nell opera d arte. In termini analoghi, nel capitolo iniziale di Storia di una dedica, significativamente intitolato Distruzione di tesori, la porte-parole dell autrice, impegnata a bruciare insieme ad un amica tonnellate di lettere e manoscritti 4, s industria a salvare quaderni e fogli intonsi, come se nel vuoto di queste pagine si celasse l intrinseca possibilità di opere future. Movente di tale comportamento non appare tanto la cronica carenza sovietica di carta o gl imperativi 3 In M. Cvetaeva, Neizdannoe. Svodnye tetradi cit., p. 360: Я сажусь на конце стола, оставляя пустоту. Для невидимого, незримого. 4...тонны писем и рукописем, in M. Cvetaeva, Izbrannaja proza v dvuch tomach , 1, New York 1979, p

3 Valentina Parisi interiorizzati di un educazione rigidamente germanica, quanto piuttosto una sorta di timore reverenziale di fronte alle scaturigini dell essere: Ma, non so se a causa della mia educazione tedesca o di quella sovietica, quello che proprio non riesco a bruciare è la carta bianca. Che, del resto, regalo a malincuore, come altri denaro. Come se non donassi un quadernetto, ma quello che vi avrei potuto scrivere. Come se non donassi un quadernetto vuoto, ma gettassi nel fuoco uno pieno! Come se proprio da questo quadernetto dipendesse una cosa a cui non è mai stato dato di essere. 5 In una sorta d irruente ode al quaderno bianco, la Cvetaeva celebra così le illimitate possibilità della superficie indifferenziata che reca ancora in sé la ben riconoscibile impronta del tutto: Quaderno bianco! Ode al quaderno bianco! Foglio bianco senza nulla ancora, con ancora di già tutto 6. Tale apologia del foglio vuoto metafora di un ipotetica unità originaria discende, d altronde, da una valutazione positiva del bianco, interpretato non come assenza di colore, bensì come abbagliante sintesi dei colori dello spettro, preesistente ad ogni successiva differenziazione. In una breve nota del quaderno di lavoro la poetessa sembra infatti intravedere nel nulla apparente del bianco la presenza potenziale e collettiva degli altri colori: Non percepisco il biancore come assenza di colore, ma come sua presenza 7. A tale proposito, appare interessante il confronto con la simbologia dei colori esposta da Vasilij Kandinskij in Über das Geistige in der Kunst (Lo spirituale nell arte), ove, in aperta polemica con il naturalismo impressionista, il pittore astrattista sostiene un uso assoluto del bianco, non privo di sfumature mistiche. Esso infatti si connota come l ineffabile tinta di un mondo trascendentale, in cui qualsiasi riferimento alla materia è stato irrevocabilmente rimosso: In particolare il bianco, che spesso è considerato come un non-colore (soprattutto 5 Ivi, p. 342: Но то ли германское воспитание, то ли советское чего не могу жечь, так это белой бумаги. И дарю я белую бумагу так же скрепя сердце, как иные деньги. Точно не тетрадку дарю, а всё в ней написавшееся бы. Точно не пустую тетрадку дарю, а полную бросаю в огонь! Точно именно от этой тетрадки зависела никогда уже не имеющая быть вещь. 6 Ivi, p.344: Пустая тетрадь! Оду пустой тетради! Белый лист без ничего ещё, с ещё уже всём. 7 In M. Cvetaeva, Neizdannoe. Svodnye tetradi cit., p. 146: Белизну я не воспринимаю не как отсутствие цвета, а как присутствие. Tale osservazione appare significativamente affine alla definizione del silenzio, data in Natal ja Gončarova:...il silenzio non è assenza di suoni, ma assenza dei suoni superflui, presenza dei suoni essenziali (in M. Cvetaeva, Natal ja Gončarova.Vita e creazione, a c. di L. Montagnani, Torino 1995, p. 9). 200

4 Nel bianco. La semantica dello spazio vuoto in Marina Cvetaeva grazie agli Impressionisti che non vedono nessun bianco in natura ) è quasi il simbolo di un mondo in cui tutti i colori, come principi e sostanze fisiche, sono scomparsi. È un mondo così alto rispetto a noi, che non ne avvertiamo il suono. Sentiamo solo un immenso silenzio che, tradotto in immagine fisica, ci appare come un muro freddo, invalicabile, indistruttibile, infinito. Per questo il bianco ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto 8. Attraverso la sovrapposizione sinestetica di percezioni visive e uditive, Kandinskij evidenzia così la natura intrinsecamente negativa ( non-colore, non-suono ), immateriale e oltremondana del bianco. Contemporaneamente, il pittore astrattista sottolinea il carattere complesso di tale vuoto sonoro che, al di là dell apparente lacunosità, sembra celare in sé, ancora intatta, una sorta di primavera originaria dell essere: Interiormente lo sentiamo come un non-suono, molto simile alle pause musicali che interrompono brevemente lo sviluppo di una frase o di un tema, senza concluderlo definitivamente. È un silenzio che non è morto, ma è ricco di potenzialità. Il bianco ha il suono di un silenzio che improvvisamente riusciamo a comprendere. È la giovinezza del nulla, o meglio un nulla prima della nascita. Forse la terra risuonava così nel tempo bianco dell era glaciale 9 In Über das Geistige il bianco assume dunque la valenza di colore primordiale, coevo alla totalità indifferenziata del potenzialmente essente e antecedente al disgregarsi dell essere nelle determinazioni particolari della materia. Tale caratterizzazione ritonerà negli appunti kandinskiani per i corsi tenuti al Bauhaus, dove il pittore, contrapponendo i valori interiori 10 inerenti al nero e al bianco, sottolineerà le infinite potenzialità implicite in quest ultimo. Il silenzio bianco è infatti suono supremo, impercettibile 11, intrinsecamente collegato alla nascita, alla comparsa di un nuovo linguaggio 12. Similmente, 8 In V. Kandinskij, Lo spirituale nell arte, a c. di E. Pontiggia, SE, Milano 1989, p Ibidem. 10 In V. Kandinskij, Tutti gli scritti, a c. di P. Sers, Feltrinelli, Milano 1973, vol. 1, p Caratteristiche del bianco e del nero. Bianco = resistenza attiva, riflessione. Nero = resistenza passiva, mancanza di resistenza, affondare, cedere. Bianco: 1) muro infinito, 2) tutte le possibilità, 3) luce suprema: somma ditutte le radiazioni, 4) suono supremo, impercettibile, 5) nascita, 6) silenzio. Nero: 1) buco infinito, 2) nessuna possibilità, 3) buio supremo, nessuna radiazione, 4) suono più profondo, impercettibile, 5) morte, 6) silenzio. Interiormente il bianco è caldo, il nero è freddo (ibidem). 12 Ivi, pp 47-48: Non può esistere un opposizione maggiore nella sensibilità dei colori: bianco e nero sono per noi altrettanto usuali di cielo e terra. E nondimeno può essere riconosciuta anche qui un affinità profonda, e perciò non immediatamente indivi- 201

5 Valentina Parisi nella Conferenza di Colonia del 1914, Kandinskij, richiamando alla memoria l immagine ad un tempo raggelata e incandescente della natura all approssimarsi di un temporale, definiva il bianco, che pareva diffondersi a macchia d olio sul paesaggio immoto, come il grande silenzio pieno di possibilità 13. La rivelazione del bianco sembra dunque scaturire da un improvviso rarefarsi delle percezioni visive e uditive, da una sorta di epochè dei sensi che sola consente al pittore seduto alla finestra di comprendere quali possibilità illimitate questo colore primigenio celi in sé 14. Allo stesso tempo, la definizione razionale dei suoi valori interiori avviene attraverso un equiparazione sinestetica tra la superficiale assenza di colore del bianco e l apparente vuoto sonoro del silenzio. È interessante osservare come in maniera analoga, nella prosa autobiografica Mia madre e la musica, la Cvetaeva, ripercorrendo le tappe del proprio apprendistato musicale, ripristini, in un chiaro omaggio al culto simbolista della sinestesia, le associazioni infantili tra suono e colore, assegnando al do il valore di nota bianca e vuota, preesistente ad ogni forma armonica e confinante con il silenzio:... il do era evidentemente bianco, vuoto, antecedente a tutto 15. Inoltre, all apologia cvetaeviana del quaderno bianco contenuta in Storia di una dedica possono essere idealmente accostati i peana kandinskiani alla parete nuda o alla tela vuota superfici pure che nella loro docile, ricettiva indeterminazione diventano emblema dell illimitatezza delle possibilità creative. Il grande silenzio apparente della tela non ancora iniziata sembra infatti contenere in sé mille voci sommesse, quasi impercettibili; il bianco indifferenziato della sua superficie si rivela percorso da una miriade di vibranti, potenziali pulsazioni coloristiche: Tela vuota. In apparenza: veramente vuota, permeata di silenzio, indifferente. Quasi inebetita. In verità: piene di tensioni, con mille voci basse, sospese. Un po timorosa che la si possa violare. Ma docile. [...] La tela vuota è meravigliosa, più bella di certi quadri. Gli elementi più semplici. Linea retta superficie dura e stretta: duabile tra i due colori: entrambi sono muti, e forse la differenza tra europei e cinesi nel loro contenuto interiore può essere illuminata in modo particolarmente netto da quest esempio. Noi cristiani, dopo millenni di cristianesimo, sentiamo la morte come un silenzio definitivo e, come la definisco, come un buco infinito, mentre i cinesi, pur essendo pagani, concepiscono il silenzio come una fase preliminare di un nuovo linguaggio o, come io lo definisco, come una nascita. 13 In V. Kandinskij, Tutti gli scritti, vol. 1 cit., p Ibidem. 15 In M. Cvetaeva, Izbrannye sočinenija v dvuch tomach, 2 cit., p. 9:...до явно белое, пустое, до всего

6 Nel bianco. La semantica dello spazio vuoto in Marina Cvetaeva dura, incrollabile, senza riguardi, in apparenza ovvia, come il destino già vissuto. Così e non altrimenti. Curva, libera, vibrante, che evita, che cede, elastica, in apparenza indeterminata, come il destino che ancora ci attende. Le cose potrebbero andare diversamente, ma non sarà così. Duro e molle. Le combinazioni di entrambi, possibilità infinite 16. Territorio intatto e inesplorato, la tela non ancora iniziata sembra dunque simboleggiare, nel suo instabile equilibrio tra vuoto e pieno, tra atto e potenza, il carattere contraddittorio e aperto al divenire connaturato al colore bianco. Sebbene pervasa dalla necessità di linee e colori non ancora visivamente manifestatisi, la tela bianca pare infatti alludere, nella sua apparente lacunosità, a innumerevoli soluzioni creative, delineandosi perciò come spazio intrinsecamente predisposto al riempimento. La trattazione kandinskjiana del bianco risulta dunque caratterizzata da un acuta consapevolezza della natura ambigua di tale colore, dialetticamente oscillante tra gli estremi opposti di un apparente rarefazione e di un effettiva, benché impercettibile saturazione. Il motivo dell infinitezza connaturata al bianco emerge in tutta la sua evidenza nella lirica Sehen (Visione), sorta di trascrizione automatica di un susseguirsi ininterrotto di percezioni coloristiche, da ultimo culminanti nell illimitata dinamicità e irrequietezza del bianco. Qui Kandinskij riproduce con efficacia le esitazioni del pittore, che verifica sulla tela i valori interiori dei colori disposti sulla sua tavolozza: Blaues, blaues hob sich, hob sich und fiel. Spitzes, Dünnes pfiff und drängte sich ein; stach aber nicht durch. An allen Ecken hat s gedröhnt. Dickbraunes blieb hängen scheinbar auf alle Ewigkeiten. Scheinbar. Scheinbar. Breiter sollst du deine Arme ausbreiten. Breiter. Breiter. Und dein Gesicht sollst du mit rotem Tuch bedecken. Und vielleicht ist es noch gar nicht verschoben: bloß du hast dich verschoben 17. Le tinte dapprima prescelte dall artista risultano pesanti e statiche, incapaci di riscattarsi da una greve carnalità; solo il bianco appare dotato di un intriseca spiritualità, che gli consente di trascendere la matericità della pennellata in un infinita successione di slanci verso l ignoto: Weißer Sprung nach 16 In V. Kandinskij, Tutti gli scritti, vol. 1 cit., pp In V. Kandinskij, Tutti gli scritti, vol. 2 cit., p. 334: Blu, blu si alzò, si alzò e cadde. Appuntito, sottile fischiò e si introdusse, ma non passò da parte a parte. In tutti gli angoli è rimbombato. Grassobruno restò impigliato apparentemente per tutte le eternità. Apparentemente. Apparentemente. Devi solo stendere di più le tue braccia. Di più. Di più. E devi coprirti il viso con il panno rosso. E forse non c è stato ancora uno spostamento: soltanto tu ti sei spostato. 203

7 Valentina Parisi weißem Sprung. Und nach diesem weißen Sprung wieder ein weißer Sprung. Und in diesem weißen Sprung ein weißer Sprung. In jedem weißen Sprung ein weißer Sprung 18. D altronde, tale immaterialità appare limitata dall intervento di quell invisibile, impercettibile pulviscolo che Goethe chiamava la prima scaglia del corporeo 19. Come nella Farbenlehre, infatti, anche nella lirica kandinskiana il colore sembra originato dalla reciproca sovrapposizione di trasparenza e torbidezza, dall unione della purezza della luce con il primo grado di diminuizione di tale perfezione, causata dal primo più tenue riempimento dello spazio. Usando lo stesso termine adoperato da Goethe ( das Trübe ), Kandinskij invita a rintracciare in tale torbidezza la condizione irrinunciabile affinché il colore possa manifestarsi ed esplodere : Das ist eben nicht gut, daß du das Trübe nicht siehst: im Trübe sitzt es ja gerade. Daher fängt auch alles an... Es hat gekracht Contrariamente all interpretazione romantica del colore come prodotto della luce pura (che, avanzata da Philipp Otto Runge, verrà ripresa successivamente, come segnala R. Troncon, dai combattenti di quella battaglia per la liberazione dai mezzi, colore incluso, che avrebbe accompagnato la pittura moderna 21 ), l artista russo dunque segnala la natura irrimediabilmente fisica del colore, insistendo nel contempo sul carattere meno materiale del bianco definito negli appunti per i corsi al Bauhaus come risultato dell assorbimento della luce pura e quindi considerato a tutti gli effetti come un non-colore. Lontano dai riduzionismi cromatici di un Malevič, Kandinskij elabora dunque nelle sue opere teoriche una simbologia emozionale del colore, che affonda le sue radici nella terrestrità del Trübe goethiano. Il tema dell implicita ricettività della superficie sgombra, al centro di La tela vuota, appare invece definitivamente superato nello scritto del 1929, intitolato Die kahle Wand (La parete nuda), dove l immagine severa della parete spoglia assume il valore autonomo di uno spazio auto-fondato e auto-referenziale, non suscettibile di ulteriori compimenti: 18 Ibidem: Salto bianco dopo salto bianco. E dopo questo salto bianco di nuovo un salto bianco. E in questo salto bianco un salto bianco. In ogni salto bianco un salto bianco. 19 In J.W. v. Goethe, Der Ausdruck Trüb, 1784, in Id., Die Schriften zur Naturwissenschaft, Weimar 1962, vol. 8 [1], pp In V. Kandinskij, Tutti gli scritti, vol. 2 cit., p. 334: Non è certo un bene che tu non veda il torbido; poiché nel torbido c è davvero. Perciò anche tutto comincia. È scoppiato In J.W. v. Goethe, La storia dei colori. 204

8 Nel bianco. La semantica dello spazio vuoto in Marina Cvetaeva La parete nuda!... La parete ideale, su cui non c è nulla, a cui nulla s appoggia, a cui non sono appesi quadri, sulla quale non si vede nulla. La parete egocentrica, che vive in sé e per sé, che afferma se stessa, la parete casta. [...] Chi sa veramente sentire, con l intensità dell esperienza vissuta, la parete nuda, è preparato nel modo migliore per vivere in sé l esperienza di un opera pittorica: la parete bidimensionale, perfettamente liscia, verticale, proporzionata, muta, sublime, che dice di sì a se stessa, rivolta in sé, limitata all esterno e irraggiantesi verso l esterno, è un elemento quasi primario 22. Il bianco indifferenziato della parete nuda appare qui come il limite estremo di un processo radicale di purificazione visiva che, nella volontaria soppressione di ogni riferimento alla realtà oggettuale, ricorda il volo verso il nulla emancipato, tentato dal Suprematismo di Kazimir Malevič. Alla bianca cortina che, nella romanza senza parole Blick (Sguardo), celava inaudite rivelazioni, Kandinskij contrappone infatti la muta espressività della parete spoglia, perfetta nella sua assoluta auto-referenzialità; all ignoto volto che il pittore tentava di scorgere oltre l abbagliante velo di Maia la candida tangibilità negativa del non-essere. La riflessione kandinskiana sul bianco sembra dunque evolvere dal simbolismo esoterico di Über das Geistige in der Kunst sino ad una ben più massimalistica asserzione della superficie vuota come spazio ideale. È interessante sottolineare come tale parabola possa essere intravista anche nell itinerario concettuale cvetaeviano, laddove il valore eminentemente spirituale attribuito al colore bianco sin dalle liriche di Lebedinyj stan (L accampamento dei cigni) 23 trapassa impercettibilmente con il trascorrere degli anni in una sempre più radicale celebrazione del vuoto come unico possibile ricettacolo dell essere. Tale posizione appare già evidente in una lettera del 1923, indirizzata ad Aleksandr Bachrach, in cui la poetessa spinge la sua fascinazione per il foglio bianco sino ad un paradossale rifiuto della scrittura, intesa negativamente come ottuso depauperamento del tutto implicito nel vuoto: Non si dovrebbe, in genere, scrivere di nulla: mettere via la penna, fissare lo sguardo nel vuoto e raccontare (a lungo, di tutto!). E poi: foglio vuoto vuoto pieno. Non è meglio? (Il vuoto, del resto, è un pozzo senza fondo: non si riempie 22 In V. Kandinskij, Tutti gli scritti, vol. 2 cit., pp Nelle liriche composte durante la guerra civile a celebrare l epopea sconfitta della Guardia Bianca, il bianco diventa colore-simbolo di una dedizione incondizionata che non arretra neppure di fronte al sacrificio estremo: Guardia Bianca, la tua via è elevata: / alla pallottola petto e tempia. Divino e bianco è il tuo fine: / il bianco corpo tuo nella polvere. / Non è uno stormo di cigni nel cielo: / la sacra armatura della Guardia Bianca / in bianca visione si dissolve... (in M. Cvetaeva, Lebedinyj stan. Perekop, Paris 1971, p. 47). 205

9 Valentina Parisi mai. È questo il suo pregio essenziale e per me il suo irresistibile fascino!) 24. Talvolta, tale incolmabile, inesauribile probel viene trasferito dal bianco della carta all interiorità dell artista, diventando così emblema della condizione creativa. Nel carteggio con Bachrach, ad esempio, tale beato, celeste vuoto 25 viene esplicitamente rivendicato dalla Cvetaeva come uno degli presupposti fondamentali della scrittura lirica: Amico, se Voi siete indifferente a tutto, siete vuoto come me. Siete vuoto come la Musica. Siete senza eventi. Siete senza pareti 26. Il vuoto si configura qui positivamente in quanto spazio sottratto alla dimensione temporale e all inesorabile frammentazione dei minuti, nonché illimitato nella sua incommensurabile estensione. Come ha sottolineato Ljudmila Zubova 27, il motivo del mesto pusto si sviluppa nella lirica cvetaeviana in evidente opposizione ai fraseologismi ricorrenti nella lingua russa che identificano il vuoto con un grado liminale di privazione dell essere. Al contrario, per la poetessa moscovita gli aggettivi белый 28 e пустой 29 si accordano strategicamente per la definizione di un nulla intrinsecamente rigoglioso di possibilità, che si configura come garanzia stessa della poiesis. Tale interpretazione positiva dello spazio vuoto emerge con chiarezza nel saggio biografico Natal ja Gončarova, allorché la Cvetaeva, dostoevskiana forzata della penna, costretta negli anni dell emigrazione a scrivere in cucina, circondata dai familiari, contempla con invidia lo studio deserto della pittrice russa: Il paradiso del lavoro, il mio paradiso, che, in quanto paradiso, naturalmente qui non mi è concesso. Nel vuoto nel silenzio fin dal mattino. Il paradiso è prima di tutto un luogo vuoto. Sia pure spazioso, spazioso tranquillo. Tranquillo luminoso. Soltanto il vuoto non impone, non elimina, non esclude nulla. Perché tutto possa essere, è necessario il niente. Il tutto non consente il qualcos In M. Cvetaeva, Il paese dell anima. Lettere , a c. di S. Vitale. Milano 1988, p блаженная, небесная пустота, in M. Cvetaeva, Neizdannoe. Svodnye tetradi, Moskva 1997, p Друг, если Вы ко всего равнодушны, Вы пусты как я. Вы пусты как Музыка. Вы без событий. Вы без стен, ibidem per la Cvetaeva appare importante una condizione liminale di vuotezza: proprio lo svuotamento di qualcosa rende possibile il suo riempimento. Il vuoto diventa l inizio, non la fine, dell essere, in L. Zubova, Mesto pusto v poezii Mariny Cvetaevoj, in Literary Tradition and Practice in Russian Culture. Papers from an International Conference on the Occasion of the Seventieth Birthday of Jury Michailovich Lotman, 2-6 July 1992, Keele University, U.K., Amsterdam- Atlanta, GA 1993, p Bianco. 29 Vuoto. 30 In M. Cvetaeva, Natal ja Gončarova cit., p

10 Nel bianco. La semantica dello spazio vuoto in Marina Cvetaeva Luogo privilegiato della creazione appare dunque il paradisiaco deserto dell atelier, fondamento della prassi artistica lo svuotamento preliminare di sé e dello spazio circostante, materia prima dell opera quel nulla originario, volontaristicamente ricostruito, affinché il potenzialmente essente possa dispiegarsi nelle sue infinite determinazioni. Nell opera della Cvetaeva si assiste così ad una sorta d inedita rielaborazione del tema del mesto pusto che, da topos ricorrente nelle Scritture e nella letteratura agiografica russa, si trasforma in simbolo della condizione esistenziale dell io poetico. Attraverso un audace processo d interiorizzazione, il luogo deserto, tradizionale sede di monasteri e romitaggi, finisce infatti per essere identificato con le pareti in progressiva disintegrazione del corpo del poeta. Nel quaderno d appunti l aggettivo pustoj ricorre frequentemente a definire la posizione della porte-parole dell autrice sulla terra: Io non esisto: provatevi pure a offendere un posto vuoto! Che si svuota proprio nel punto in cui io sto (in cui credete che io stia) 31. Tale connaturata vuotezza assume ora i tratti positivi di una momentanea lacunosità, intrinsecamente predisposta al riempimento, ora i contorni drammatici di un irresistibile e rovinoso inclinare al non-essere. Nell immaginario cvetaeviano la figura del poeta oscilla così tra gli estremi dell eterna Sibilla, cavo ricettacolo abitata dal dio 32, e la diafana incorporeità dello spirito in paltò Belyj, immortalato in Uno spirito prigioniero all apice della sua parabola di smaterializzazione 33. E proprio all immagine in inarrestabile dissolvenza dello scrittore simbolista, la Cvetaeva sembra affiancare nel quaderno d appunti la propria indole di creatura irresistibilmente attratta dal nulla, nonché la perenne, insanabile tangibilità negativa della propria natura. Il corpo del poeta si rivela infatti come luogo intrinsecamente predisposto allo svuotamento, come fragile involucro da cui l essere defluisce in maniera costante e irrevocabile fino alla rarefazione assoluta del mesto pusto. Non a caso 31 Меня нет: обижайте пустое место! Пустующее как раз на том месте где я стою (где вы думайте, что я стою (in M. Cvetaeva, Neizdannoe. Svodnye tetradi cit., p Il corsivo è mio). 32 Si vedano a tal proposito i versi del ciclo Sibilla, dove il poeta appare vuota cavità, periodicamente invasa della voce divina: Sibilla arsa, sibilla-tronco, / tutti gli uccelli son morti, ma un dio è disceso. [...] Il tuo corpo è / grotta alla tua voce. Тело твоё пещера / Голоса твоего (in M. Cvetaeva, Sočinenija v dvuch tomach, 1, Moskva 1980, p. 200: Сивилла: выжжена, сивилла: ствол. / Все птицы вымерли, но бог вошел. [...] Тело твоё пещера / Голоса твоего ). 33 Ecco venire verso di voi [...] con il bastone in mano, immortalato mentre sta per spiccare il volo un uomo. Un uomo? O non quell ultima forma umana che rimane dopo la cremazione: soffi si disperde? Non è un puro spirito? Sì, uno spirito in paltò, e sul paltò sei bottoni... (in M. Cvetaeva, Incontri cit., pp ). 207

11 Valentina Parisi una delle metafore più utilizzate dalla poetessa per indicare l irrefrenabilità e l incontrollabilità della scrittura lirica è quella del dissanguamento, di una graduale estenuazione fisica, inseparabile dal poetare stesso: Mi sono aperta le vene: inarrestabilmente, / irreparabilmente zampilla la vita. [...] Irrimediabilmente, inarrestabilmente, / irreparabilmente zampilla il verso 34. La metafora del luogo vuoto viene così utilizzata dalla Cvetaeva per sottolineare la propria estraneità alle leggi terrene e, ad un tempo, la consapevolezza che l unica possibilità d incondizionata espressione del proprio io risiede nella non-esistenza. Una simile, paradossale rivendicazione di assenza ritorna nella prima lirica del ciclo Kust (Il cespuglio), in cui la porte-parole dell autrice oppone le proprie emorragie esistenziali all immagine rigogliosa e ossessionante dell arbusto. Si verifica qui un interessante inversione semantica tra il soggetto percepiente (qui ricettacolo passivo e inerte) e l oggetto osservato che, invadendo prepotentemente il campo visivo della protagonista inesistente, quasi a ricercarne lo sguardo, finirà col donarle una seppur labile consistenza ontologica: Ché solo di un cespuglio non son vuota: / finestra di tutti i miei tuguri. / Che trovi mai, cespuglio, / coppa colma, in questo luogo vuoto? 35 Nella seconda lirica del dittico, l incidentale appiglio che trattiene la protagonista dalla sparizione definitiva si rivelerà sorprendentemente come un nuovo probel il silenzio fitto d impercettibili suoni che accompagna la scrittura poetica: Nel cespuglio io trovo silenzio: / Quello tra il tacere e il dire [...] / Quello prima di tutto, dopo di tutto. Rombo di folla che in piazza accorre. / Sì, quel certo ronzio nelle orecchie / che tutto contiene 36. Il vuoto diventa dunque metafora d un invincibile destino di solitudine e separatezza ( Intorno il vuoto, il mio eterno, sin dall infanzia mio, cerchio di vuoto 37, si legge nel quaderno d appunti degli anni Trenta) e, al tempo stesso, d un movimento irresistibile, teleologicamente orientato verso il nulla e identificato da ultimo con le istanze della lirica stessa. In Natal ja Gončarova, infatti, l artista viene definito come colui che respinge da sé gli eventi superflui, inessenziali, per immergersi nel silenzio intrinsecamente produttivo del mesto pusto: 34 Вскрыла жилы: неостановимо, / Невосстановимо хлещет жизнь. [...] Невозвратно, неостановимо, / Невосстановимо хлещет стих (in M. Cvetaeva, Sočinenija v dvuch tomach, 1 cit., p. 317). 35 Ivi, p. 318: Что только кустом не пуста: / Окном моих всех захолустий. / Что, полная чаща куста, / Находишь на сем месте пусте?. Il corsivo è mio. 36 Ivi, pp : А мне от куста тишины: / Той между молчаньем и речью [...] / Той до всего, после всего. / Гул множеств, идущих на форум. / Ну шума ушного того, / Всё соединилось в котором. 37 In M. Cvetaeva, Neizdannoe. Svodnye tetradi cit., p. 432: Вокруг пустота, мой вечный, с младенчества, круг пустоты. Il corsivo è mio. 208

12 Nel bianco. La semantica dello spazio vuoto in Marina Cvetaeva L indizio della vuotezza è dare la caccia agli avvenimenti esterni, l indizio dei Gončarov scacciarli. Sì, poiché, diventando inevitabilmente interni, distraggono, ostacolano nel lavoro 38. D altra parte, il bianco vuoto fecondo della scrittura poetica può talora trasformarsi nelle voragini insidiose di un buco nero che tutto, irresistibilmente, inghiotte. L ambiguità semantica connaturata al mesto pusto emerge in tutta la sua evidenza nel brano Le due Gončarove, laddove l amore di Puškin per la bellissima e fredda moglie viene interpretato dalla Cvetaeva come manifestazione di quell innata, mortifera attrazione che spinge il poeta verso vacuità più o meno figurate: L attrazione di Puškin per la Gončarova, che egli stesso, forse, avrebbe reputato molesta sensualità e che sicuramente considerava un incantesimo (sono incantato ) è l attrazione del genio della pienezza traboccante per il vuoto: dove poter traboccare 39. Contrariamente alla protagonista di Kust, trattenuta nella sua corsa verso la disintegrazione dalla ricorrente presenza salvifica del cespuglio, il Puškin ritratto in Le due Gončarove sembra affrettarsi inconsapevolmente verso la rovina, vittima dell invincibile sortilegio del probel. Il motivo del mesto pusto subisce in queste pagine una radicale ridefinizione qualitativa, identificandosi da ultimo col vuoto spirituale di una bellezza meramente esteriore. La Gončarova viene infatti presentata come un irresistibile femme fatale, come quel luogo vuoto verso il quale si concentrano, intorno al quale si scontrano tutte le forze e le passioni 40. Priva di un proprio autentico contenuto, ella appare un docile strumento nelle mani del destino, del tutto insignificante se considerata al di fuori degli eventi da lei innescati: Beh, ma al di fuori di Puškin, di D Anthès, di Lanskoj? Lei in quanto lei? Non esisteva. Natal ja Gončarova è tutta nella biografia della vita d ogni giorno, nei fatti, come Elena di Troia è tutta nella lotta degli Achei e dei Danai. [...] È il vuoto tra le palme delle mani avvinghiate nell azione. Separatele c è l aria 41. L apparente incompatibilità tra Puškin e la Gončarova viene dunque risolta dalla Cvetaeva attraverso l affermazione della necessità per il poeta di ricercare lontano da sé quel vuoto indispensabile affinché la propria sovrabbondanza e la propria tensione possano liberamente tracimare. Puškin desidera dunque l affascinante zero della Gončarova per essere tutto e desidera quel tutto (la bellezza sensibile) in cui egli era uno zero. Tale interpretazione tornerà successivamente nelle carte cvetaeviane, allorché nel 1935 la poetessa rim- 38 In M. Cvetaeva, Natal ja Gončarova cit., p Ivi, p Ibidem. 41 Ivi, pp

13 Valentina Parisi provererà a Pasternak un analoga arrendevolezza di fronte alle vacue lusinghe del fascino femminile: Caro Boris, ora capisco: al poeta è necessaria una bella donna, ossia qualcosa che possa venir eternamente cantato e mai detto fino in fondo. Poiché ella è vuota et se prête à toutes les formes. Assoluta nel mondo visibile, come il poeta in quello invisibile 42. Contrariamente alla forte componente sinestetica che caratterizza le riflessioni della Cvetaeva e di Kandinskij, la trattazione maleviciana sul bianco appare innescata da una pura intuizione spaziale, ossia dall esigenza di adattare i mezzi pittorici alla nuova percezione dell infinito. Se, infatti, sia la poetessa che il pittore insistono ripetutamente sull equivalenza bianco-silenzio, evidenziando il carattere intrinsecamente fecondo che si cela sotto tale apparente negatività, in Malevič prevale la pars destruens di una radicale soppressione di tutte le possibili associazioni oggettive e psicologiche evocate dall immagine, per uscire in quel che costituisce l autentico fondamento dell esperienza soggettiva. In questo contesto, il ricorso al bianco appare come l unico espediente atto ad abolire il falso naturalismo del cielo azzurro e a consentire il libero inoltrarsi dell occhio nell infinito. Tale necessità risulta particolarmente evidente nell introduzione all album Suprematismo 34 disegni (1920), in cui Malevič attacca violentemente le fallaci rappresentazioni dello sfondo azzurro e della prospettiva: La tela suprematista riproduce lo spazio bianco, non quello azzurro. Il motivo è chiaro, l azzurro non dà un idea reale dell infinito. I raggi visuali colpiscono come in una cupola e non possono penetrare nell infinito. Il bianco infinito suprematista dà al raggio visuale la possibilità di avanzare senza incontrare limiti L abolizione del colore appare dunque l esito naturale di una pittura che si proponga di evadere dalla ristrettezza del mondo oggettuale, dominato dalle leggi della causalità, per fiorire nello spazio infinito, campo della libera attività dell individuo. Del resto, già precedentemente, nel 1918, Malevič aveva annunciato la fondazione di una Federazione suprematismo dell a-colorismo, proclamando con accenti da manifesto futurista l estinzione del colore e il suo riassorbimento in quell indifferenziato, illimitato bianco, che si delinea come l esito ultimo di un graduale processo di sublimazione della realtà. In termini analoghi, nel catalogo della X Mostra di Stato tenutasi a Mosca nel 1919, il pittore celebrerà, nel suo consueto, immaginifico stile, la vittoria degli avia- 42 In M. Cvetaeva, Neizdannoe. Svodnye tetradi cit., p. 506: Дорогой Борис, я теперь поняла: поэту нужна красавица, т.е. без конца воспеваемое и никогда не сказуемое. Ибо пустота et se prête à toutes les formes. Такой же абсолют в мире зрительном, как поэт в мире незримом. 43 In K. Malevič, Scritti, a c. di A. B. Nakov, Feltrinelli, Milano 1977, p

14 Nel bianco. La semantica dello spazio vuoto in Marina Cvetaeva tori suprematisti sull illusionismo prospettico e sulla menzognera oggettività del realismo pratico: L azzurro del cielo è stato vinto dal sistema suprematista, si è lacerato, è penetrato nel bianco come autentica e reale rappresentazione dell infinito e con ciò s è liberato dal fondo colorato del cielo [...]. Ho lacerato l abat-jour azzurro delle limitazioni di colore, sono uscito nel bianco; dietro a me, compagni aviatori, navigate nell abisso, io ho alzato i semafori del suprematismo. Ho vinto l involucro colorato del cielo, l ho strappato e nella sacca che si è formata ho messo il colore e fatto un nodo. Navigate! Il bianco abisso libero, l infinito, sono davanti a noi. 44 L universo suprematista, conquistato attraverso l eliminazione del colore, si delinea dunque come spazio puramente mentale, percorso dagli atomi pulsanti delle idee ed equiparato al cranio umano, secondo una suggestione che nel pensiero filosofico russo trova il suo più illustre precedente nella noosfera teorizzata da Nikolaj Fëdorov 45. Al tempo stesso, per la sua radicale soppressione di ogni realtà oggettuale, il cosmo maleviciano ricorda lo spazio dell estetica bizantina antica, abitato da essenze e non da semplici prodotti della visione soggettiva 46. Nella fase più massimalistica attraversata dall artista russo, tale epoche oggettuale 47 si realizzerà visivamente mediante la sovrapposizione di piani bianchi su fondo bianco, a indicare il riassorbimento delle fallaci rappresentazioni introdotte dall intelletto nell unità indivisa del bianco spazio suprematista. Si raggiunge così una condizione di silenzio dinamico, definita da Malevič come una sorta di indistinguibilità nel contrasto 48, necessaria af- 44 Ivi, pp A tale proposito si veda R. Salizzoni, L idea russa di estetica. Sofia e Cosmo nell arte e nella filosofia, Rosenberg & Sellier, Torino Sulla concezione dello spazio nell antica estetica bizantina si veda S. Averincev, L anima e lo specchio. L universo della poetica bizantina, Bologna La polemica anti-oggettuale appare un tama diffuso nella cultura russa del tempo: si pensi all opera di Marina Cvetaeva Poema lestnicy (Il poema della scala), ove si assiste ad una frantumazione (anche grafica, attraverso l uso insistito del tiré) degli oggetti che, spogliati dalla connotazione funzionale imposta loro dall uomo, di notte si disintegrano, riducendosi alle proprie componenti essenziali, in un irresistibile moto a ritroso verso le forme originarie della materia. Si osserva qui quella distinzione tra cosa (vešč, entità autonoma, dotata di uno spirito, un anima ) e oggetto (predmet, oggetto vuoto, prodotto della visione del soggetto razionale che concepisce il mondo in termini di causa-effetto) che S. Averincev individua come base della concezione bizantina dello spazio: La cosa possiede l essere o lo mantiene in sé, l oggetto possiede la realtà e la esibisce al soggetto che la guarda (in S. Averincev, L anima e lo specchio cit., p. 75). 48 In K. Malevič, Suprematismo: il mondo della non-oggettività, Bari 1969, p

15 Valentina Parisi finché il quadro possa dirsi concluso: L opera sarà compiuta solo quando la diversità dei toni si risolverà in un ritmo. Ma il ritmo non è un tono che si possa percepire con l udito. Per il ritmo non esiste un udito speciale: lo si deve ricevere e sentire come un tutto. Perciò il ritmo non è solo nei toni ma anche nel silenzio. E ancora, questo ritmo non è solo nei violini, nelle trombe e nei timpani di un orchestra ma, con la stessa misura, nella superficie della tela del pittore, sulla quale le differenze cromatiche si perdono nell unità del ritmo pittorico. Nel bianco Suprematismo, dove non esistono più diversità, non si pone neppure più il problema del loro equilibrio. 49 Riaffiora in queste pagine quell equiparazione bianco-silenzio, già ripetutamente ravviasata negli scritti di Kandinskij e della Cvetaeva. Il motivo del silenzio, in particolare, viene interpretato qui come elemento intrinsecamente attivo, come impercettibile continuum sonoro, entro cui s attenuano e si fondono i contraddittori squilli delle unità cromatiche. Il rarefarsi delle sensazioni uditive diventa dunque metafora di un emozione visiva che scaturisce dal livellamento delle differenze e dall abbassamento dei toni contrastanti. Ma, nonostante talune suggestioni sinestetiche, il pensiero di Malevič rimane fortemente condizionato dalla concreta prassi creativa e dalla matericità della superficie pittorica. Il ruolo fondamentale svolto dal bianco nella liberazione del nulla dalla cattività oggettuale non verrà mai dimenticato dall artista, neppure quando, superata la fase del bianco su bianco, egli si volgerà a nuove sperimentazioni. Difatti, nel testo dedicato ai Proun (costruzioni fantastiche a metà strada tra pittura e architettura, realizzate insieme a El Lissickij), Malevič ribadirà ancora una volta lo stretto legame che intercorre tra il bianco e la definizione del nuovo spazio suprematista:...con il bianco il Suprematismo ha raggiunto l infinito... ha realizzato il proprio spazio in cui l illusionismo è stato definitivamente vinto 50. Tale concezione spaziale deriva, d altronde, da una valutazione positiva del nulla, considerato non come vuoto assoluto, bensì come il versante futuro, non ancora attualizzato dell essere 51. A tale proposito, colpisce il tono forte- 49 Ivi, pp In K. Malevič, Scritti cit., p Il Suprematismo non è che il filo conduttore destinato a svelare all occhio il nulla emancipato [...]. La coscienza della massa si rappresenta il nulla come inazione, come vuoto; perciò il nulla è rifiutato e addirittura ritenuto pericoloso per la nostra vita. In realtà, questo nulla non significa il vuoto bensì l azione in una sfera in cui l uomo non è ancora in grado di penetrare (in K. Malevič, Suprematismo: il mondo della non-oggettività cit., p. 136). 212

16 Nel bianco. La semantica dello spazio vuoto in Marina Cvetaeva mente escatologico che a tratti risuona negli scritti di Malevič, laddove il pittore proclama la bianca uniformità del Suprematismo come fine ultimo a cui tende il divenire storico. In una visionaria dilatazione del problema spaziale affrontato nelle tele suprematiste, il bianco viene qui reinterpretato come esito finale di un graduale processo di smaterializzazione, che coinvolge tanto la sensibilità individuale dell artista quanto la coscienza sociale nella sua totalità. Nella sua opera teoreticamente più rilevante, intitolata Suprematismus: Die gegenstandslose Welt, Malevič tratteggia il quadro grandioso del progressivo dissolversi dell oggettualità, che trascorrendo dal grave all incorporeo, dallo spesso all immateriale, perviene da ultimo alla rarefazione dello stato bianco. Tale progressiva smaterializzazione assume l ineluttabilità di un movimento necessario, dacché... la cultura dei movimenti di tutti i fenomeni, partendo dalla densità più compatta e dal peso maggiore, nel passaggio attraverso i diversi circoli o zone, perde sempre più densità e peso e tende ad uno stato che definisco idea bianca del Suprematismo 52. Con toni da darwinismo sociale, il pittore profetizza l aspra battaglia ingaggiata dalle singole emozioni cromatiche per non soccombere alla dilagante macchia del bianco uniforme; d altronde, ogni forma di resistenza si rivelerà vana, dacché persino una futura, non meglio precisata indagine sui movimenti dei centri evolutivi dell uomo dimostrerà che in ultima istanza tutto tende verso uno stato bianco 53. È interessante osservare come nell immaginario maleviciano il concetto di forma bianca oscilli più o meno consapevolmente tra la metafora orchestrale di un ideale compresenza e interazione degli opposti e la profezia di un radicale annullamento di ogni differenza nella sintesi suprema del quadrato bianco. Secondo quest ultima variante, il Suprematismo rappresenta la necessità storica (e non più soltanto interiore) del riassorbimento del caos di forme contorte e di bomboniere colorate di cui s è nutrito lo spirito umano per ventiquattro o venticinque secoli 54 nell omogeneo nulla emancipato della non-oggettività: Il Suprematismo è l unità della forma, ovvero, è il piano in cui io suppongo che ci sia l unità. Tutto ha raggiunto il bianco unitario. Tutti gli spettri sono portati a una coscienza unitaria, all unità dell emozione e del movimento. Il materiale scompare nel movimento, e così pure il colore. Tutto giunge allo stato bianco, alla 52 Ivi, p Ivi, p Ivi, p

17 Valentina Parisi più alta geometria della coscienza. 55 L affrancamento dell umanità dalle pastoie di una visione utilitaristica dell esistenza si compie così nel definitivo livellamento di tutte le differenze di tonalità, colori, pesi 56, esemplificato dalla superficie indifferenziata del quadrato bianco. In Suprematismo l artista sembra dunque abbandonarsi ad un furore riduzionistico che parrebbe convalidare le ipotesi di Boris Groys su un possibile legame tra avanguardia e arte totalitaria 57. Le affermazioni di Malevič oscillano infatti tra un egualitarismo anarcoide e visionario Il mondo bianco del Suprematismo comprenderà tutti gli uomini puri che prenderanno parte alla costruzione del sistema dell arte suprematista. Il Suprematismo, come sistema, non servirà all esaltazione di un idea o di un ideologia, e neppure a quella di uno Stato, di una religione e dello Spirito. La coscienza dell umanità bianca è la non-oggettività. Essa non dovrà più affermare di voler condurre l umanità a una qualche salvezza ideale o oggettiva. Ignorerà ogni divisione, estetica o mistica, così come qualsiasi distinzione di rango, sia essa di caratter spirituale o terreno. 58 e la tentazione, potenzialmente autoritaria, di pervenire ad un unità delle sensazioni che rispecchi la presunta unità del reale 59. Ai futuristici voli degli aviatori suprematisti nell abisso del cielo squarciato sembra dunque cominciare a far da contraltare la bianca mole di un classicismo suprematista fondato su un utopistica uniformità delle percezioni occorrenza storicamente realizzata in seguito dal realismo socialista. Altrove Malevič sembra contraddire tale visione riduzionistica del bianco, evidenziando i caratteri di inesauribilità e intrinseca produttività di questo non-colore, con accenti misticheggianti che ricordano il Kandinskij lirico dei Klänge. Il rigore del quadrato bianco non costituisce infatti un limite definitivo, 55 Ivi, p Ibidem. 57 Nell opera dell artista suprematista (come pure nel linguaggio transmentale di Chlebnikov), Groys ravvisa infatti quell affermazione radicale del predominio, nell uomo, dell inconscio sul conscio che avrebbe successivamente consentito la manipolazione logica e tecnica dell inconscio al fine di costruire un mondo nuovo e in esso un uomo nuovo (in B. Groys, Lo stalinismo ovvero l opera d arte totale, Milano 1992). Nello stesso contributo, Groys evidenzia, seppure in termini alquanto generici, l influenza del pensiero teurgico di Vladimir Solov ev sui risvolti apocalittici del discorso maleviciano. 58 In K. Malevič, Suprematismo: il mondo della non-oggettività cit., p Ibidem. 214

18 Nel bianco. La semantica dello spazio vuoto in Marina Cvetaeva ma rappresenta piuttosto una transitoria, mobile forma di unità che rimanda esponenzialmente ad altre perfezioni. L apparentemente statico quadrato suprematista si trasforma così in un cubo pronto a generare da sé altri innumerevoli volumi, in un inesausta proliferazione di facce: Si può pensare che il quadrato bianco significhi inizio e fine, cioè che a entrambe le estremità della zona del bianco si trovino cubi bianchi che si potrebbero considerare come simbolo di sei perfezioni. Queste perfezioni scaturiscono da ogni faccia del cubo, cioè da un quadrato; esse si polverizzano per strada nella nonoggettività e sfociano nuovamente nel cubo o nel sistema di quadrati delle sei facce del cubo 60. La superficie bianca si rivela qui cellula auto-germinativa che, celando in sé i semi di realtà possibili, rinvia perennemente alla primavera futura di un nuovo, non ancora attualizzato, versante dell essere. Si origina così un movimento tendente all infinito che, nell instancabile perpetuazione di sé, evoca il salto bianco dentro salto bianco, fissato da Kandinskij in Sehen. In questo contesto, il bianco non rappresenta più soltanto il fine inevitabile a cui il divenire storico irresistibilmente tende o l esito conclusivo di un graduale processo di smaterializzazione; la sua risonanza spirituale si amplifica sino a rivelare in sé un eco del mondo ancora ribollente dei primi giorni della creazione. Secondo Malevič, il bianco è innanzitutto il colore della natura primordiale, preesistente come uniforme non-oggettività alle artificiose differenziazioni introdotte dall intelletto umano: tutto esisteva infatti come nulla finché non intervenne l uomo con tutte le sue idee ed i suoi tentativi di conoscere il mondo, creando in tal modo una vita condizionata costantemente dal problema del che cosa 61. In quest ottica, la progressione verso la non-oggettività può essere interpretata come un ritorno alla sostanza originaria, come un moto a ritroso che dal futuristico žiznestroitel stvo 62 degli aviatori suprematisti retrocede verso il vuoto della pre-intellettualità. Le progressive sorti del Suprematismo si incurvano così sino a fondersi con la circolarità di un movimento che, procedendo in avanti, finisce in realtà con l indietreggiare sino alle presunte scaturigini dell essere, secondo una modalità di sovrapposizione tra passato e futuro non infrequente nella storia dell avanguardia russa Ivi, pp Ivi, p Costruzione della vita. 63 Si veda, ad esempio, la concezione chlebnikoviana del linguaggio transmentale 215

19 Valentina Parisi Identificato con la superficie indifferenziata della tela vuota o della pagina non ancora scritta o, ancora, con la forma perfetta del quadrato, il bianco riveste dunque nella riflessione teorica di Vasilij Kandinskij, Marina Cvetaeva e Kazimir Malevič un indubbia centralità, riflettendo con le proprie ambigue oscillazioni tra pieno e vuoto il carattere aperto dell opera d arte. L analisi dei frammenti presi in esame ha evidenziato come i motivi del bianco, del vuoto e del silenzio assumano nell opera dei tre artisti una valenza intrinsecamente produttiva, delineandosi come lacune ricettive, da sempre destinate al riempimento e alla fioritura. In quest ottica, un probabile punto di riferimento per l avanguardia figurativa e poetica russa del primo Novecento appare la teorizzazione solov ëviana di un nulla positivo, fecondato dalla saggezza divina e disposto a germogliare nel tutto dell universo. Nei suoi appunti sulla Sofia, Vladimir Solov ev ipotizza infatti l esistenza di un principio assoluto, scaturigine di tutto ciò che è e identificato con l aristotelica potenza dell essere: La sostanza dell essere [...] non può essere la privazione dell essere in un senso meramente astratto e negativo, coincidente con il nulla. Esso deve essere, di conseguenza, la privazione positiva dell essere, è il bisogno, la sete, il desiderio dell essere. [...] Il principio dell essere non potendo essere determinato né come essere né come non-essere, deve essere inteso come potenza attiva dell essere (super-esse o plus-quam-esse) 64. Di conseguenza, la creazione non è più, come nel racconto biblico, passaggio dal nulla assoluto all essere, ma attualizzazione di un possibile da sempre reale, benché non ancora dispiegatosi; neutralizzando ad un tempo ogni forma d imprevedibilità e di arbitraria prevaricazione demiurgica, la genesi sofianica si delinea come riscatto dell esistente e non produzione del nuovo 65. In particolare, reminescenze evidenti della meditazione solov eviana possono essere rintracciate nella concezione cvetaeviana della scrittura poetica come processo di denominazione prelogica di quel potenzialmente essente, che sembra quasi chiedere, a piena voce e ostinatamente, la propria attualizzazione nell opera d arte. Negli scritti della poetessa russa la lirica si delinea infatti come ricerca della parola esatta, della formula che possa trarre dalla totalità indifferenziata dell pre-esistente un mondo non ancora nato, increato, come ricostruzione di un ipotetica lingua primordiale, preesistente alle differenziazioni storiche. 64 In Vl. Solov ev, La Sofia. L Eterna Sapienza mediatrice tra Dio e il mondo, introduzione di N. Kauchtschischwili, Milano 1997, pp In R. Salizzoni, L idea russa di estetica cit., p

20 Nel bianco. La semantica dello spazio vuoto in Marina Cvetaeva e assetato 66 di essere. Tale principio creativo viene espresso con estrema chiarezza in Il racconto di Sonečka, laddove la porte parole afferma perentoriamente: Se questo è già stato detto lo ripeto. Perché l importante non è dire qualcosa di nuovo, ma trovare la parola adatta 67. BIBLIOGRAFIA S. Averincev, L anima e lo specchio. L universo della poetica bizantina, Il Mulino, Bologna M. Cvetaeva, Lebedinyj stan. Perekop. Pod redakciej G. P. Struve, s stupitel noj stat ej Ju. P. Ivaska, YMCA-Press, Paris M. Cvetaeva, Izbrannaja proza v dvuch tomach , Russica Publishers Inc., New York 1979 M. Cvetaeva, Sočinenija v dvuch tomach, 1. Stichotvorenija i poemy, Chudožestvennaja Literatura, Moskva M. Cvetaeva, Incontri, a c. di M. Doria de Zuliani, La Tartaruga Edizioni, Milano M. Cvetaeva, Sočinenija v dvuch tomach, 2. Proza, pis ma, Chudožestvennaja Literatura, Moskva M. Cvetaeva, Natal ja Gončarova. Vita e creazione, a c. di L. Montagnani, Einaudi, Torino M. Cvetaeva, Neizdannoe. Svodnye tetradi, Moskva M. Cvetaeva, Izbrannye sočinenija v dvuch tomach, 2. Avtobiografičeskaja proza. Vospominanija. Dnevnikovaja proza. Stat i. Esse, Literatura. Sankt-Petesburg, Kristall, Moskva J. W. von Goethe, Die Schriften zur Naturwissenschaft, Weimar 1962, vol. VIII. B. Groys, Lo stalinismo ovvero l opera d arte totale, Garzanti, Milano V. Kandinskij, Lo spirituale nell arte, a c. di E. Pontiggia, SE, Milano V. Kandinskij, Tutti gli scritti, 2 voll., a cura di P. Sers, Feltrinelli, Milano K. Malevič, Suprematismo: il mondo della non oggettività, prefazione di H. von Riesen, De Donato, Bari K. Malevič, Scritti, a c. di A. B. Nakov, Feltrinelli, Milano R. Salizzoni, L idea russa di estetica. Sofia e Cosmo nell arte e nella filosofia, Rosenberg & Sellier, Torino иди мимо: в мир неродженный, несотворенный и жаждущий (in M. Cvetaeva, Sočinenija v dvuch tomach, 2 cit., p. 301:...va oltre: in un mondo non ancora nato, increato e assetato ). 67 Ibidem.: Если это уже было сказано повторю. Потому что главное не новое сказать, а найти единственно верное слово. 217

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