Diagnosi delle infezioni virali Metodi di saggio dei virus
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- Dorotea Valsecchi
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1 Diagnosi delle infezioni virali Metodi di saggio dei virus
2 Classificazione dei virus animali L ultima classificazione ufficiale approvata nell VIII report dell ICTV (International Committee on Taxonomy of Viruses) nel 2005, suddivide i virus in 7 gruppi principali in base alle caratteristiche del genoma:
3 Classificazione e Diagnosi Virologica Nell ambito di questi gruppi, l ITCV ha adottato dei criteri di classificazione che comprendono i seguenti livelli gerarchici: Ordine (-es) Famiglia (-viridae) Sottofamiglia (-virinae) Genere (-virus) Specie (Tipi o Varianti)
4 Diagnosi Virologica: dal passato al futuro!! Una diagnosi precisa e un corretto inquadramento delle infezioni virali richiede l assistenza di metodi diagnostici di laboratorio che si sono evoluti conseguentemente alle sempre più spinte necessità diagnostiche: dapprima l uso del microscopio e le reazioni immunologiche in vitro, poi l uso delle colture cellulari, ed infine lo sviluppo di metodiche molecolari ad alta sensibilità e specificità.
5 IDENTIFICAZIONE VIRALE Ricerca diretta dell agente eziologico sospetto Indagini sierologiche: Valutazione del movimento anticorpale specifico verso l agente eziologico sospetto (IgG-IgM)
6 RICERCA DIRETTA 1.MICROSCOPIA ELETTRONICA 1.EMOAGGLUTINAZIONE 2.INIBIZIONE dell EMOAGGLUTINAZIONE 4.NEUTRALIZZAZIONE 5. METODI IMMUNOENZIMATICI 6. ISOLAMENTO del VIRUS animali uova embrionate di pollo linee cellulari
7 RICERCA DIRETTA 7.TECNICHE DI BIOLOGIA MOLECOLARE: ricerca del genoma: reazioni di amplificazione (PCR) ibridazione con sonde molecolari
8 MICROSCOPIA ELETTRONICA Particelle polimorfe di Orthomixovirus osservate nell'intestino di Cane. Particelle polimorfe di Orthomixovirus osservate nell'intestino di Pulcino. Virus dell'influenza aviaria in liquido corion-allantoideo di embrione di pollo. La tecnica della colorazione negativa è il metodo principale per la visualizzazione delle particelle virali e permette di formulare una diagnosi entro 15 minuti dall arrivo del campione. Prevede diversi passaggi: 1. Assorbimento dei virus su un retino 2. Interazione con un colorante di un sale metallico pesante elettron-denso (acido fosfotungstico-pta, acetato di uranile- Uac) 3. Ricerca diretta del virus al microscopio
9 MICROSCOPIA ELETTRONICA (conteggio delle particelle fisiche) La sospensione virale è posta su un retino per ME e colorato. Il campione virale viene mescolato a microscopiche sferette di latex a concentrazione nota. Per una determinata superficie si fa il rapporto tra il numero di virus e il numero di sfere e si risale alla concentrazione virale poxvirus (a forma di mattone e leggermente più piccoli) Particelle virali : 220 Particelle di polistirene: 17 Concentrazione nota delle particelle di polistirene nella miscela: 3,2 x /ml Concentrazione delle particelle virali nella miscela: 3,2 x : 17 = X : 220 X = 3,2 x x X = 4,1 x /ml
10 Titolazione virale La quantità del virus è detta titolo (il titolo virale può cambiare a seconda del metodo usato) Il titolo è la misura della concentrazione del virus e viene espressa in unità/ml Può essere rilevata mediate vari saggi - saggio delle placche, saggio di formazione di foci di trasformazione, saggio di diluizione limite, saggio di emoagglutinazione, etc.. 10
11 TITOLAZIONE DEI VIRUS (saggio di emoagglutinazione) Molti virus sono in grado di agglutinare gli eritrociti Basi del fenomeno: un virus o una molecola di emoagglutinina, si attacca contemporaneamente a due eritrociti facendo da ponte tra loro, e ad una concentrazione di virus sufficientemente elevata, si costituiscono molteplici ponti che danno luogo a grossi aggregati
12 TITOLAZIONE DEI VIRUS (saggio di emoagglutinazione) SAGGIO: Le sospensioni di eritrociti e virus vengono lasciate a contatto per diverse ore, in piccoli pozzetti di una piastra di plastica. Le cellule non aggregate sedimentano sul fondo del pozzetto scivolando verso il centro, dove formano un piccolo sedimento tondeggiante nettamente delineato. Le cellule aggregate invece sedimentano sul fondo ma non scivolano e formano una sottile film con un tipico margine dentellato
13 saggio di emoagglutinazione Diluizioni seriali a raddoppio delle sospensioni virali + Uguale volume di sospensione di globuli rossi unità emoagglutinante: la più alta diluizione della sospensione virale (la più piccola quantità di virus) in grado di provocare l emoagglutinazione
14 Identificazione del virus (inibizione dell emoagglutinazione) siero specifico noto + quantità standard di unità emoagglutinanti del virus da identificare (incubazione) + sospensione di globuli rossi (incubazione)
15 NEUTRALIZZAZIONE Metodo basato sulla proprietà di alcuni anticorpi (anticorpi neutralizzanti) di interferire e bloccare l infettività del virus (generalmente bloccandone il legame al recettore) Un set di anticorpi viene mescolato ad una preparazione virale; l infettività del virus viene misurata su cellule indicatori. Permette la definizione dei diversi sierotipi di un virus: ( HSV1 e HSV2, Poliovirus 1, 2 e 3 ) Utile sia in diagnostica che per lo sviluppo di vaccini
16 Neutralizzazione siero specifico noto + quantità standard di virus da identificare (incubazione) inoculazione monostrato di cellule suscettibili (incubazione) osservazione microscopica
17 Prove di infettività Metodo delle placche Metodo delle pustole Metodo della diluizione limite
18 I batteriofagi sono stati identificati perché causavano la lisi delle colture batteriche infettate
19 Metodo delle placche In laboratorio, la replicazione e la crescita dei batteriofagi può essere evidenziata su capsule di Petri. Il fago viene mescolato con cellule batteriche in una soluzione di agar chiamata top agar e la soluzione viene versata sulla superficie di un terreno all interno di una piastra di coltura ed incubata a 37 C. E infatti possibile rilevare, in corrispondenza delle zone in cui si sono moltiplicati i fagi, aree di lisi (placche) della patina batterica.
20 Titolazione di batteriofagi mediante saggio delle placche Bacterial cells Una diluizione della sospensione virale viene mescolata con il batterio ospite sensibile in una piccola quantità di agar sciolto e versata sulla superficie di terreno agarizzato. I batteri ospite, che si sono distribuiti uniformemente sulla superficie dell agar, cominciano a crescere dopo una notte di incubazione, formando uno strato a confluenza. Le particelle virali penetrate nelle cellule riproducendosi ne possono determinare la lisi e diffondersi alle cellule adiacenti reiterando il ciclo.
21 Fotografia di una piastra con placche di lisi La grandezza della placca di lisi dipende dal virus, dall ospite e dalle condizioni di coltura (generalmente 1-2 mm)
22 Esempi di placche di lisi dovute alla moltiplicazione fagica
23 Replicazione virale: curva di crescita e titolazione
24 Titolazione ufp: unità formanti placche 1. Assenza di placche 2. 8 placche 3. Circa 80 placche 4. Circa 800 placche 5. Tantissome placche + diverse colonie resistenti al fago
25 CURVA DI CRESCITA Infectious virus/cell Latent period Eclipse period Early phase Late phase Intracellular virus Extracellular virus Yield per cell 0 Genome replication Assembly Virus Virus Release Time (hours) p.i. 25
26 Metodo delle pustole Formazione di caratteristiche lesioni (pustole), di colore bianco o emorragico formate quando l epitelio corionico della membrana corionallantoidea di un embrione di pollo è infettato da virus vaccino o da virus herpes simplex.
27 Metodo della diluizione limite Utilizzato oltre che per titolare i virus animali: per misurare la virulenza la resistenza dell ospite Volumi costanti di diluizioni seriali del virus vengono inoculati in un certo numero di unità di prova, quali topi, embrioni di pollo, o colture cellulari. Si valuta per ogni diluizione, la proporzione di unità di prova infettate (rapporto di infettività) rispetto a quelle rimasti indenni, per esempio in base: 1. Agli animali o embrioni morti o malati 2. Alle colture cellulari degenerate 3. Alla individuazione della progenie virale in vitro (emoagglutinazione)
28 Metodo della diluizione limite I titoli virali ottenuti possono essere espressi in varie unità equivalenti alla DI 50 (dose infettante il 50% delle unità di prova): DL 50 (dose letale) se il criterio di valutazione è la morte DP 50 (dose paralitogena) se il criterio è la paralisi CT 50 (coltura tissutale) se il criterio è la degenerazione di una coltura di tessuto
29 Titolazione dei virus Misura dell infettività virale (metodo della diluizione limite) 1 DI 50 (dose infettante 50) La diluizione della sospensione virale che ha prodotto un risultato positivo nel 50% delle unità di saggio
30 REPLICAZIONE VIRUS ANIMALI I virus sono incapaci di moltiplicarsi in terreni artificiali, in quanto necessitano di cellule viventi per la loro replicazione. Si utilizzano, pertanto, animali da laboratorio, uova embrionate e colture cellulari in vitro.
31 Animali da laboratorio Storicamente il primo metodo per studiare la propagazione dei virus. Pasteur fu il primo ad ottenere il vaccino antirabbico utilizzando animali da laboratorio. Svantaggi - 1) costoso, 2) non omogeneo, 3) porta alla generazione di mutanti virali, 4) problemi etici, Vantaggi - 1) fornisce informazioni sui meccanismi patogenetici del virus, 2) alcuni virus possono essere studiati solo in vivo 31
32 Uova embrionate Gli embrioni di pollo contengono vari tipi di cellule, nelle quali possono replicarsi vari tipi di virus, e ciò ha reso possibile l' infezione e la coltura di diversi virus in cellule idonee. Attualmente le colture cellulari hanno sostituito l' uso delle uova embrionate, salvo alcune eccezioni come il virus dell' influenza.
33 COLTURE CELLULARI Le colture cellulari sono ottenute da tessuti o organi, prelevati da animali, che vengono trattati con enzimi proteolitici per ottenere delle sospensioni di singole cellule. Tali cellule dopo la crescita non presentano tracce della primitiva organizzazione e morfologia, assumendo un aspetto epitelioide o fibroblastico. Le principali fonti sono: tessuto epiteliale, connettivo, muscolare e nervoso, anche in relazione al fatto che alcuni virus vivono solo in determinati tessuti.
34 COLTURE CELLULARI (terreni di coltura) Le cellule ottenute da questi tessuti, dopo trattamento proteolitico sono fatte crescere a 37 C con speciali terreni di coltura in recipienti di vetro o di plastica (fiasche o piastre). Questi terreni, costituiti da soluzioni saline bilanciate e opportunamente tamponate con sodio bicarbonato a ph 7.4, contengono sali, idrati di carbonio, vitamine, aminoacidi e siero fetale, tutte sostanze nutritizie di cui le cellule hanno bisogno per crescere. Inoltre possono essere addizionati con antibiotici, sia antibatterici che antimicotici, per prevenire le contaminazioni batteriche e fungine.
35 Colture cellulari Cellule in monostrato crescono su superfici solide (plastica, vetro). Sono le più usate in virologia. Cellule in sospensione Le cellule così ottenute sono messe in coltura: Il primo strato di cellule confluenti viene denominato coltura in monostrato. Le cellule che si moltiplicano in sospensione, in continuo movimento, sono dette colture in sospensione.
36 COLTURE CELLULARI (condizioni di crescita) Le cellule animali sono anche molto sensibili a parametri chimico-fisici dell'ambiente in cui si trovano, quale il ph, l'osmolarità la concentrazione di anidride carbonica e ossigeno, la temperatura e in molti casi la presenza di un substrato adeguato per il loro ancoraggio. Vengono cresciute in incubatori che sono in grado di mantenere controllata la temperatura, la pressione parziale dell' anidride carbonica e l'umidità. Dato il numero di fattori richiesti per la loro sopravvivenza le cellule derivate da animali sono molto delicate e difficili da mantenere in vita in ambiente artificiale, tuttavia da anni sono note le condizioni che permettono il mantenimento di molti tipi di esse
37 Linee cellulari Le linee cellulari più comunemente usate sono contrassegnate con le sigle: Hela (carcinoma della cervice umana), Hep-2 (carcinoma dei ratti neonati), MRC5 (fibroblasti di polmone) VERO (rene normale di scimmia).
38 COLTURE CELLULARI (Il problema della sterilità) Un ulteriore problema che ha reso difficili i tentativi pionieristici di mantenimento di colture cellulari è la sterilità: i mezzi di coltura sono infatti molto "appetibili" per batteri, lieviti e funghi che possono facilmente inquinare le colture cellulari. Questo problema viene affrontato a vari livelli. Tutte le manipolazioni delle colture cellulari vengono fatte in cappe a flusso laminare provviste di filtri, che limitano la contaminazione occasionale con microrganismi trasportati dall'aria. Tutti i materiali utilizzati per la manipolazione (pipette, piastre da coltura) sono sterili e di norma monouso. Infine, ai terreni di coltura, sterilizzati per filtrazione (con filtri da 0.22 micron), vengono spesso aggiunti antibiotici per limitare la possibilità di inquinamento da parte dei più comuni batteri.
39 COLTURE CELLULARI Le colture cellulari si distinguono: 1. colture primarie ottenute per separazione diretta da tessuti od organi prelevati dall' animale; 2. colture semicontinue o diploidi che derivano da colture primarie e possono essere coltivate per un numero limitato di passaggi 3. linee continue o trasformate rappresentate da cellule immortalizzate
40 senescenza ed immortalizzazione" Nella maggior parte dei casi le cellule derivate dalla dissociazione di tessuti hanno una limitata capacità replicativa e tendono a diventare "senescenti". Vi sono tuttavia "linee cellulari" che sono in grado di replicarsi indefinitamente in coltura e che vengono spesso usate come modelli sperimentali. Le cellule di tali linee sono derivate da colture primarie di tumori o da manipolazioni genetiche di colture primarie non tumorali. Tali manipolazioni, collettivamente chiamate "immortalizzazione", prevedono l'inserimento di specifici geni o anche la sola propagazione per molti passaggi di una coltura primaria.
41 Storage Le linee cellulari possono essere mantenute, per tempo indefinito, ibernate a bassa temperatura (al di sotto di -60 C, ma tipicamente a -192, in azoto liquido). Le cellule mantenute in coltura tendono a cambiare con il passare del tempo. L'origine di tali cambiamenti è sia genetica (mutazioni, perdita di cromosomi o parte di essi) sia epigenetica (metilazione del DNA, etc.). Linee cellulari derivate dalla stessa linea cellulare originaria ma mantenute separate in differenti laboratori per molto tempo tendono ad acquisire alcune caratteristiche proprie. È pertanto necessario tenere conto di queste differenze per interpretare risultati sperimentali.
42 Le colture cellulari (usi) Le colture cellulari vengono utilizzate nella ricerca come modello sperimentale in innumerevoli tipi di esperimenti. Esse sono utlizzate per analizzare l'effetto di farmaci e verificare la mutagenicità e cancerogenicità delle sostanze. Vengono utilizzate come modello in cui studiare effetto dell'espressione di particolari geni Il mantenimento in coltura di cellule è un passaggio fondamentale per lo studio e la diagnostica virologica, per la produzione di organismi transgenici, la produzione di anticorpi monoclonali, di proteine ricombinanti, la produzione di alcuni tipi di vaccini.
43 Problemi nell impiego delle colture cellulari Tempi lunghi per la comparsa dell ECP Condizionamento derivante dalle modalità di conservazione del campione. Possibili contaminazioni batteriche e fungine. Sostanze tossiche presenti nel campione. Molti virus non crescono nelle colture cellulari e.g. Hepatitis B, parvovirus, papillomavirus.
44 Il controllo di qualità delle colture Contaminazioni batteriche e fungine Contaminazioni da micoplasmi e da virus Contaminazione da altre linee cellulari
45 AZIONE PATOGENA DEI VIRUS (Capacità di determinare malattia) I virus, a differenza dei batteri, devono penetrare e moltiplicarsi nelle cellule dell' ospite per determinare alterazioni morbose. La malattia è sempre preceduta dalla moltiplicazione virale. L'azione patogena dei virus è caratterizzata dalla realizzazione dell' infezione e dalla produzione ed estrinsecazione delle lesioni, che sono a loro volta condizionate dal virus e dalle caratteristiche e modalità di risposta dell' ospite.
46 INFEZIONE VIRALE La sensibilità cellulare e la permissività dovuta ai recettori di membrana condizionano il meccanismo patogeno dei virus. La resistenza all' infezione mancato adsorbimento virale. è legata a La realizzazione mediante: dell' infezione si attua 1. la penetrazione ospite dell' agente virale nell' 2. la replicazione del virus in organi e tessuti specifici.
47 INFEZIONI VIRALI Sospensione virale 1 h a 37 C cellule permissive cellule non permissive Produzione di virus infettante mancano di un fattore necessario per la crescita del virus cellule resistenti non hanno recettori o un fattore essenziale per l espressione del genoma C.P.E. 47
48 La penetrazione Può essere passiva (epatite B, AIDS) e si attua con una immissione diretta per via cutanea per mezzo di siringhe, aghi infetti. Oppure Per superamento di barriere mucose (inalazione o ingestione).
49 Penetrazione Tutti i virus devono attraversare il doppio strato lipidico (i virus delle piante e dei batteri devono attraversare anche la parete cellulare). La presenza o l assenza dell involucro virale determina una notevole differenza nel meccanismo di penetrazione
50 - Adsorbimento virale - primo evento del ciclo di replicazione virale Riconoscimento della cellula target da parte di proteine virali (VAP) VAP = Virus Attachment Proteins interazione elettrostatica - seguita da interazione idrofobica localizzata - limita l infezione a specifici tipi di cellule (cellule permissive) determina il tropismo del virus Tropismo tissutale - es.: rosolia (cellule epidermiche). morbillo (ghiandole salivari) Tropismo di specie - es.:. influenza (cellule di mammifero e di uccelli), poliovirus (cellule di primati) 50
51 VAP regione di adesione Famiglia Virus VAP Picornaviridae Rhinovirus VP1 Reoviridae Rotavirus VP7 Rhabdoviridae VSV G protein Orthomyxoviridae Influenza A HA Paramyxoviridae Sendai HN Retroviridae HIV gp120 Adenoviridae Adenovirus Fiber protein Herpesviridae HSV gc - gd (HA di Orthomyxovirus)
52 La replicazione Può essere primaria nelle cellule permissive, in corrispondenza del sito d' ingresso, e può assumere caratteri estensivi, per cui il processo infettivo può rimanere localizzato. Può essere secondaria, ed avviene in aree lontane dal sito d' ingresso con diffusione successiva ad organi diversi (viremia). Nel caso di infezioni disseminate la diffusione virale è condizionata dai caratteri di virulenza del virus e dai meccanismi di difesa dell' ospite. Vari sono i modelli di malattia e variano secondo le tendenze dei virus a diffondersi ai tessuti sottostanti.
53 La malattia virale: Può essere localizzata quando la moltiplicazione e il danno cellulare rimangono confinati al sito d' ingresso o ci può essere trasporto mediante secrezioni, o in cavità con coinvolgimento d' organo (raffreddori o influenze, gastroenterite virale). Può essere disseminata quando l' infezione si sviluppa a tappe successive (viremia) come nel morbillo, parotite. Può essere inapparente quando non sussiste sintomatologia ma si ha immunità.
54 I diversi tipi di infezione virale Infezione acuta Clinicamente inapparente Con malattia conclamata Cronica Con sintomatologia o clinicamente inapparente Infezione persistente Latente Clinicamente inapparente se non durante la riattivazione Lenta Evoluzione clinicamente lenta e progressiva
55 LE LESIONI Dopo l' infezione si determinano diversi tipi di lesioni anatomofunzionali negli organi interessati. Tali lesioni possono derivare: direttamente dall' azione citopatogena del virus o essere conseguenze dell' attivazione delle risposte immunitarie dell' ospite. CPE: Arrotondamento delle cellule ed aumento della rifrangenza Formazione di sincizi (cellule giganti multinucleate) CPE A: herpes simplex in cellule di rene di scimmia B: CMV in fibroblasti embrionali umani C : virus respiratorio sinciziale in una linea di carcinoma leringeo In basso i controlli senza infezione
56 INCLUSIONI CELLULARI Formazioni di inclusioni nucleari in cellule infettate HSV-1 Masse amorfe costituite da ammassi di proteine virali e/o materiale cellulare alterato
57 INCLUSIONI CELLULARI Altri esempi: Corpi del Negri: inclusioni da rabdovirus nelle cellule nervose (in figura) Corpi del Guarnieri: inclusioni da poxvirus nelle cellule epiteliali
58 LESIONI DIRETTAMENTE PROVOCATE DAL VIRUS: 1. infezioni citocide 2. infezioni latenti 3. infezioni persistenti 4. trasformazione
59 Infezioni citocide Nelle infezioni citocide (acute) la replicazione del virus determina danni irreversibili nelle cellule infette causandone la morte per inibizione delle sintesi macromolecolari della cellula, modificazione della membrana citoplasmatica, alterazioni lisosomiali. Le malattie sono acute con brevi periodi d' incubazione (influenza, poliomelite, enteriti, encefaliti erpetiche). L' immunità esercita un ruolo in genere protettivo.
60 Infezioni latenti Nelle infezioni latenti il virus non uccide le cellule infettate, instaura un rapporto di parassitismo controllato, non si replica e la cellula può sopravvivere e duplicarsi. Si può osservare integrazione del genoma virale in quello dell' ospite. Si possono avere infezioni asintomatiche, riattivazione, con episodi di malattie recidivanti.
61 Infezioni persistenti Le infezioni persistenti rappresentano una condizione di parassitismo controllato. Qui però vi è una continua produzione di antigeni virali e di virus infettante. Le cellule non subiscono danni letali direttamente dal virus ma sono esposte ad azioni lesive del sistema immunocompetente dell' ospite. Ne conseguono malattie cronicamente evolutive (epatite cronica attiva) o malattie lente a prognosi infausta (PESS da morbillo).
62 La trasformazione Nella trasformazione alcune cellule in vitro vanno incontro a modificazioni dovute ad infezioni ad opera di virus oncogeni. La trasformazione cellulare viene considerata l' equivalente in vitro dell' oncogenicità virale in vivo.
63 LESIONI DIPENDENTI DAL COINVOLGIMENTO DEL SISTEMA IMMUNITARIO DELL' OSPITE Le risposte immunitarie dell' ospite, che contribuiscono in gran parte alla guarigione, possono partecipare ai processi patologici ed alle manifestazioni cliniche dovute al virus. Le modalità di coinvolgimento del sistema immunitario sono dovute alla stimolazione antigenica costante dei virus infettanti e alla capacità di alcuni di essi di infettare le cellule immunocompetenti. I virus possono provocare danno a cellule del sistema immunocompetente; depressione transitoria dell' immunità cellula mediata (Rosolia, EBV); deficit immunitario permanente (HIV); comparsa di antigeni anomali sulla membrana delle cellule infette; si può avere lisi cellulare perchè le cellule modificate vengono attaccate dal sistema immunocompetente, determinando un danno cellulare (esantema rubeolico). Si possono innescare meccanismi immunopatologici e malattie da immunocomplessi circolanti (esantema morbilloso).
64 Schema sulle modalità di trasmissione dei virus I virus possono essere trasmessi da un individuo all' altro con diversi meccanismi e modalità Tipo di trasmissione Modalità Esempi e virus Transplacentare in gravidanza, HIV, HCMV, Rosolia Trasmissione verticale (da madre a figlio) Perinatale al parto, HSV, papillomavirus, HIV, HBV Neonatale HBV, HIV Trasmissione orizzontale Diretta contatto diretto, rapporto sessuale, trasfusioni, trapianti, inoculazione accidentale, graffi, ecc. Indiretta Veicoli (oggetti, sostanze contaminate) Vettori (insetti o artropodi)
65 Trasmissione orizzontale di alcuni virus umani Via di trasmissione Virus Patologia provocata Contatto diretto, trasfusioni, Herpesvirus Generalizzata inoculazione Retrovirus Generalizzata Hepadnavirus Generalizzata Respiratoria Rhinovirus Respiratoria localizzata Adenovirus Paramyxovirus Orthomyxovirus Respiratoria localizzata Generalizzata Generalizzata Acqua, alimenti, altri veicoli Enterovirus Generalizzata contaminati (via oro-fecale) Epatite A Generalizzata Adenovirus Rotavirus Enterica localizzata Enterica localizzata Vettori (insetti, artropodi) Togavirus Generalizzata Morso di animale Flavivirus Bunyavirus Arenavirus Rhabdovirus Generalizzata Generalizzata Generalizzata Localizzta al sistema nervoso centrale
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