Nicolas Régnier Il Battista Giustiniani

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3 Nicolas Régnier Il Battista Giustiniani

4 Nicolas Régnier. Il Battista Giustiniani Porcini srl Piazza Vittoria, Napoli progetto grafico Milagro Adv Testo critico di Annick Lemoine Edizione a cura di Giuseppe Porzio Traduzione italiana Daniele Azoulay Traduzione inglese Gordon Poole Fotografie Paolo Giusti, Firenze Altre referenze fotografiche Le immagini in bianco e nero sono state fornite dalle istituzioni proprietarie delle opere con le seguenti eccezioni: fig. 6: Archivio dell Arte / Luciano Pedicini fotografo fig. 7: ARTOTHEK fig. 10: Christie s Images Ltd / ARTOTHEK Copyright 2015 Porcini srl isbn Il dipinto è stato restaurato nel 2015 da Andrea Cipriani, Firenze.

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7 Presentazione Vincenzo Porcini Anche per la XXIX edizione della Biennale Internazionale dell Antiquariato di Firenze, presentiamo al pubblico, recuperata dall oblio del tempo, un opera ricca di memoria, dal valore straordinario, sia sul piano storico-artistico sia su quello collezionistico. Infatti, il Battista di Nicolas Régnier, proveniente dall illustre e antica collezione Giustiniani, approda negli anni Sessanta del secolo scorso sull isola de Li Galli, di proprietà del celebre coreografo e ballerino russo Léonide Massine, nella sua spettacolare villa rivisitata da Le Corbusier, tra l azzurra isola di Capri e Positano; fino a raggiungere, lungo quei percorsi suggestivi e imprevedibili della storia, il salone dello storico palazzo Confalone di Ravello. La recente pulitura, che ha esaltato l ottimo stato di conservazione, è stata una vera e propria rivelazione: l opera ci appare ora davvero, nella sua integrità, quanto di meglio potesse essere realizzato a Roma in ambito caravaggesco dopo la scomparsa del genio lombardo. Once again, on the occasion of this 29 th edition of the Florence International Biennial Antiques Fair, we present the public with a painting, snatched from the oblivion of passing time, that is rich in memory and of extraordinary value, no less as a work of great historical and artistic importance than as a collector s item. Nicolas Régnier s Saint John the Baptist in the Desert, coming from the renowned seventeenth-century Giustiniani collection, ended up in the 1960s on a tiny island called Li Galli, midway between the azure Isle of Capri and Positano, where it. hung in a spectacular villa, renovated by Le Corbusier, belonging to Léonide Massine, the famous Russian choreographer and dancer. Then, through the unforeseeable twistings and turnings of history, it reached the historical Palazzo Confalone on the heights of Ravello. A recent restorational cleaning of the painting has brought out its excellent state of conservation, a true revelation of a work of art that now can show the world what marvels could be accomplished in Rome by Caravaggio s followers after the decease of that Lombardian genius. 5

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11 Il San Giovanni Battista nel deserto di Nicolas Régnier, un capolavoro della collezione Giustiniani Annick Lemoine Il San Giovanni Battista nel deserto di Nicolas Régnier, d ora in poi battezzato «Giustiniani», è opera straordinaria per più di una ragione. Innanzitutto, per le sue dimensioni monumentali (cm ), che sono quelle di una pala d altare, del tutto eccezionali per la rappresentazione del Precursore nel deserto prima del In secondo luogo, perché testimonia chiaramente una svolta nella carriera di Régnier, il tentativo, cioè, di guardare a nuovi orizzonti. La tela tradisce una ricerca in corso; vi fa la sua comparsa un pathos fino a questo momento inedito nell arte di Régnier, un emozione palpabile, rivelata in maniera eccelsa dall ultimo restauro. Ai caratteri tipici della pittura dal naturale, Régnier unisce qui solennità e magniloquenza. La recente riscoperta del dipinto ha preso avvio da due fotografie in bianco e nero, la prima individuata nella fototeca di Roberto Longhi, nel dossier Manfredi, senza attribuzione 1, e la seconda nel fondo di Benedict Nicolson presso l Istituto Universitario Olandese di Storia dell Arte di Firenze, anch essa senza indicazione di paternità; è notevole che i due grandi storici non abbiano mai citato il dipinto, probabilmente perché non ne avevano identificato l autore. Dopo la sua pubblicazione, nel 2000, ho potuto finalmente rintracciare il Battista in una collezione privata di Ravello: un eccezionale autografo di Régnier, un caposaldo nella sua carriera romana 2. Infine, ho identificato il quadro con uno dei capolavori eseguiti dal pittore per il celebre marchese Vincenzo Giustiniani, suo illustre committente e mecenate: la verifica delle dimensioni del Battista, del tutto inconsuete, come si è detto, e la sua specificità iconografica permettono infatti di riconoscere in quest ambiziosa composizione il San Giovanni Battista nel deserto «di mano di Nicolo Ranieri» descritto con precisione nell inventario redatto nel 1638 dopo la morte di Giustiniani. 1 Fondazione di Studi di Storia dell Arte «Roberto Longhi» di Firenze, fotografia n Le annotazioni di Roberto Longhi sul verso della fotografia segnalavano il dipinto presso un collezionista napoletano. 2 Si veda Lemoine 2000, pp Ringrazio vivamente Géraldine Albers per avermi aiutata a ritrovare il quadro originale a Ravello. 9

12 1. Claude Mellan, Ritratto di Vincenzo Giustiniani (tratto da Galleria Giustiniana del marchese Vincenzo Giustiniani, I, [Roma] 1636, tav. 2). New York, Metropolitan Museum of Art 10

13 1. Il marchese Vincenzo Giustiniani, principe dei mecenati Il destino di Nicolas Régnier (Maubeuge, circa 1588-Venezia, 1667), giovane artista ambizioso formatosi ad Anversa, è stato segnato a Roma dall incontro con il marchese Vincenzo Giustiniani, senza dubbio uno dei più importanti e facoltosi collezionisti della Città Eterna, colto patrono di numerosi artisti, in primis Caravaggio 3. È a Giustiniani che Régnier deve la sua reputazione. Questi poté frequentarne il palazzo, la prestigiosa collezione e lo stretto entourage, e, in qualità di suo pittore domestico, dovette realizzare per Vincenzo non meno di nove dipinti, tra i quali appunto il monumentale Battista. Vincenzo Giustiniani, nato a Chio nel 1564, ma genovese di origine, era all inizio del Seicento uno dei principali finanziatori del papato (fig. 1). Alla morte del padre, nel 1600, aveva ereditato l ufficio della Depositeria Pontificia e cinque anni più tardi aveva acquisito il titolo di marchese di Bassano di Sutri. Assieme a suo fratello Benedetto, cardinale e tesoriere della Camera apostolica, era senz altro tra le personalità più potenti di Roma 4. Oggi, la fama del marchese è legata soprattutto al suo precoce interesse per Caravaggio e alla sua collezione d arte, una delle più notevoli della città: una raccolta che, alla sua morte, nel 1637, contava quasi 600 dipinti e 1800 sculture antiche. L amore per le opere d arte rivela solo una parte degli interessi di Vincenzo, che si occupava anche di architettura, di giardini e di musica, passioni che condivideva con i suoi amici più vicini, i cardinali Alessandro Montalto e Francesco Maria Del Monte; e inoltre di esoterismo e di astronomia, aggiornandosi sulle ricerche di Galileo. Vincenzo «di tutto discorreva, di tutto s intendeva, anche delle scienze più recondite», dichiaravano i suoi amici 5, tra i quali si annoverava l élite di Roma: oltre ai cardinali Montalto, Del Monte e Bentivoglio, Sforza Pallavicino, Leone Allaci, lo scienziato Gaudenzio Paganino, i letterati Angelo Tassoni e Francesco Angeloni, Alessandro Scaglia, ambasciatore di Carlo Emanuele I di Savoia, o ancora il giurista Laerzio Cherubini, altro committente di Caravaggio. Come sottolinea Francis Haskell, il gusto di Vincenzo risulta molto più competente di quello dei suoi contemporanei e le sue scelte rivelano una precoce comprensione delle implicazioni della rivoluzione artistica 3 Su Nicolas Régnier, si veda Lemoine 2007; per i rapporti con il marchese Giustiniani, pp Su Vincenzo Giustiniani e suo fratello Benedetto, oggetto delle esemplari ricerche dirette da Silvia Danesi Squarzina, si vedano Caravaggio e i Giustiniani 2001 e Danesi Squarzina Così il suo amico, l erudito olandese Dirck van Ameyden (Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 1335, c. 438r-v, citato in Baldriga 2001, p. 73). 11

14 che si stava compiendo alla fine del Cinquecento 6. Oltre a proteggere Caravaggio nei momenti critici della sua carriera come durante i lavori per la cappella Contarelli, il marchese fu ad esempio anche uno dei primi estimatori romani di Nicolas Poussin, mostrando una costante attenzione nei confronti degli innovatori. Tale conoscenza così sottile e approfondita del mondo artistico dell Urbe è del resto confermata da una sua lunga lettera, composta tra il 1611 e il 1618, in cui è esposta con finalità didattiche una minuziosa classificazione gerarchica dell arte della pittura in dodici «modi», al cui vertice vi è la capacità di unire in una stessa opera la «maniera» e la «pittura dal naturale», una capacità incarnata da Caravaggio, dai Carracci e da Guido Reni 7. Siffatte convinzioni si riflettevano nella sua collezione, che comprendeva opere di Merisi, rappresentato da quindici dipinti (il nucleo più cospicuo allora esistente), dei Carracci, anche loro presenti con una quindicina di lavori, e dei loro seguaci, tra cui spicca l Albani con diciannove composizioni 8. Fine conoscitore e spirito libero, il marchese amava scoprire i giovani talenti, anche stranieri, giunti a Roma per cercare fortuna, così come Régnier. Vincenzo dovette imparare a conoscere la pittura nordica durante il viaggio intrapreso nel 1606 nell Europa settentrionale, una sorta di Grand Tour alla rovescia, dalla Germania fino all Inghilterra 9. Prima ancora di prendere al suo servizio Régnier, Giustiniani aveva aperto il suo palazzo ad altri pittori venuti dal Nord: naturalisti (o caravaggeschi) come Gerrit van Honthorst, ma anche David De Haen, ambedue olandesi, e dopo Régnier, il non meno noto Joachim von Sandrart, oltre a un gruppo d incisori, principalmente fiamminghi e francesi, che parteciparono dal 1628 alla stesura della Galleria Giustiniana, una splendida raccolta incisa delle migliori sculture antiche possedute dal marchese. Gli artisti nordici rappresentano più di un quarto dei dipinti citati nell inventario del 1638, e tra questi Régnier, con nove dipinti, occupa certo un posizione primaria Haskell [1963] 1991, p Giustiniani [s. d.] 1981, pp Per decorare la sua villa di Bassano di Sutri, Giustiniani scelse due artisti appena arrivati a Roma, Francesco Albani e il Domenichino. 9 Su richiesta di Vincenzo un diario di viaggio fu scritto dal segretario del marchese, Bernardo Bizoni (edito da ultimo da B. Agosti: Bizoni [1606] 1995). 10 Vi si trovano principalmente Hans Holbein, Lucas van Leyden, Cornelis Bloemaert, Leonard Bramer, Herman van Swanevelt, Nicolas Poussin, Jean Lemaire o François Perrier; Honthorst, Dirck van Baburen, David De Haen, Valentin de Boulogne, Pieter van Laer e altri ancora. 12

15 2. Nicolas Régnier, pittore al servizio del marchese Giustiniani Le circostanze della relazione tra Régnier e Giustiniani sono precisate dalla testimonianza di Joachim von Sandrart, una fonte di prima mano. Il pittore tedesco aveva incontrato Régnier a Venezia nel 1629 e poco dopo, nel 1632, aveva iniziato a frequentare il palazzo del marchese 11. Secondo Sandrart, Régnier si era formato presso Abraham Janssens ad Anversa; giunto in Italia, seguì la maniera di Bartolomeo Manfredi. Conquistatosi a Roma una buona reputazione, si mise al servizio del marchese Giustiniani, realizzando per lui quadri a mezza figura, raffiguranti sia riunioni di giocatori sia storie sacre e profane, tratte dal naturale 12. L elevato numero di dipinti di Régnier menzionato nel palazzo Giustiniani dopo la morte del marchese nove tele, si è detto, alcune delle quali di rilevante formato conferma i legami privilegiati intercorsi fra il pittore e il collezionista, suo unico protettore; tra questi la prova più eloquente è certo lo straordinario Autoritratto al cavalletto (o Doppio ritratto di Nicolas Régnier e di Vincenzo Giustiniani) del Fogg Art Museum di Cambridge (fig. 2). Se è ancora difficile stabilire con esattezza le date di questo soggiorno, credo tuttavia, come ho già mostrato in altra sede, che esso vada verosimilmente collocato intorno al Di sicuro Régnier dovette entrare in contatto con il marchese tramite il suo collega e amico David De Haen. Arrivato a Roma probabilmente intorno al 1617, è naturale che il giovane di Maubeuge frequentasse prima di tutto i suoi conterranei, fra i quali appunto De Haen; e infatti non solo partecipano entrambi alla Bent, ben nota associazione di artisti nordici, di cui Régnier fu uno dei membri fondatori (tra il 1617 e il 1621), ma coabitano nella medesima parrocchia di Sant Andrea delle Fratte, nel 1620, assieme ai colleghi Dirck van Baburen e Giovanni Antonio De Clericis. Dal momento che De Haen entra al servizio di Giustiniani nel 1621 e si spegne nel suo palazzo nell agosto dell anno successivo, è possibile che proprio la morte improvvisa dell olandese abbia determinato l impiego 11 Si veda la Vita di Régnier pubblicata nell edizione latina della Teutsche Academie (Sandrart 1683, p. 392). 12 Ibid.: «Facto apud Abrahamum Jansonium initio Antverpiae artem pictoriam didicit. Positis autem fundamentis in Italiam sese contulit ibidunque primo methodum sectatus est Bartholomaei Manfredi, cumque exinde Romae laudes sibi acquisiverit non contemnendas, famosissimus ille virtutis amator marchio Vincentius Justiniani pro domestico recepit, ubi imagines dimidiatas, cum variis iocantium conventiculis ut et historias sacras et profanas iuxta viva exemplaria elaboravit». 13 Lemoine 2007, p

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17 di Régnier da parte del marchese. A sostegno di quest ipotesi, occorre ricordare che il pittore di Maubeuge è menzionato con continuità nei registri parrocchiali romani, i cosiddetti Stati delle anime, dal 1620 fino alla sua partenza dalla capitale, tra il 1625 e il 1626, con la sola eccezione del biennio Inoltre i due testimoni del suo matrimonio, celebrato nell ottobre del 1623, appartengono entrambi alla parrocchia del palazzo Giustiniani, sebbene la cerimonia si svolgesse a Santa Maria del Popolo, nella parrocchia dei suoceri. La proposta non può però trovare conferma negli Stati delle anime della parrocchia di Sant Eustachio, nella quale ricadeva il palazzo Giustiniani, che si conservano infatti solo a partire dal La permanenza di Régnier nel palazzo Giustiniani si situa quindi verosimilmente tra l agosto del 1622, data della morte di De Haen, del quale deve forse aver preso il posto, e il suo matrimonio con Cecilia Bezzi nell ottobre 1623, evento che potrebbe aver determinato la sua partenza, ma non l interruzione del legame con il marchese (nella Pasqua del 1624 il pittore abita con la moglie presso i suoceri, nella parrocchia di Santa Maria del Popolo) 16. Come ha dimostrato Haskell 17, la condizione di pittore domestico era quella di un giovane che, alloggiato nel palazzo del protettore, riceveva un reddito regolare e lavorava quasi esclusivamente per quest ultimo e per la sua cerchia di amici. Se questa forma di mecenatismo era consueta per i pittori esordienti, non lo fu per Régnier, visto che, secondo Sandrart, questi era già affermato quando entrò al servizio di Giustiniani. Régnier, in qualità di pittore al servizio del marchese, fu probabilmente incaricato della custodia della quadreria, come dopo di lui Sandrart 18. Ma è più che sicuro che al marchese interessasse prima di tutto la sua arte, come provano i nove dipinti commissionatigli 19, nei quali Régnier ha sperimentato i diversi generi artistici la pittura di storia, la scena di costume, il ritratto e anche l autoritratto e i diversi formati, dalle tele da testa, alle mezze figure, al quadro d altare. Tale nucleo rivela sia il processo creativo dell artista, sia le sue ambizioni: dipinge «dal naturale», sottolinea Sandrart, ma allo stesso tempo copia il suo maestro, Caravaggio, il cui San Matteo era esposto, come «paragone», vicino ai dipinti di Francesco Albani, di Domenichino e di Guido Reni. 14 Ivi, pp Archivio Storico del Vicariato di Roma, Sant Eustachio, Stati delle anime, vol. 27, Lemoine 2007, pp Haskell [1963] 1991, pp Roma , pp Si veda l appendice, la lista dei dipinti di Régnier menzionati nell inventario dopo la morte di Vincenzo Giustiniani. 15

18 È così che Régnier mostra di seguire in modo scrupoloso la strada dell eccellenza indicata dal suo protettore; per Giustiniani, infatti, il primo passo nel percorso di un pittore consiste nell esercizio della copia, dalla quale può giudicarsi se un artista è in grado di eguagliare il maestro, o persino di superarlo 20. A Régnier si deve infatti una copia di uno dei capolavori della collezione della famiglia, una monumentale Maddalena penitente di Caravaggio, già collocata nella «grande sala dei dipinti antichi» e oggi perduta 21. La composizione a figura intera potrebbe aver guardato alla famosa Maddalena svenuta (a mezza figura), copiata da Finson; ma il dipinto di Régnier non fu concepito come una semplice replica, bensì come un esercizio per misurarsi con l arte di Caravaggio. A riprova della sua importanza, nel 1638 questa Maddalena penitente era appesa non molto lontano dalla Strage degli Innocenti di Poussin (ora a Chantilly, Musée Condé), in una sala del piano nobile. Régnier si dedicò anche al ritratto, figurando accanto ai rari specialisti ingaggiati dal marchese, come Claude Mellan, Baldassare Aloisi e il misterioso «Antonietto fiammingo» 22. Al suo protettore Régnier lasciò quale pegno di riconoscenza anche il proprio autoritratto, che verrà esposto nel palazzo Giustiniani vicino a quelli di Orazio Borgianni, di Gerrit van Honthorst e di Jacques Stella 23. Ma la conferma della propria relazione privilegiata con il marchese proviene dal bellissimo Autoritratto al cavalletto del Fogg Art Museum (fig. 2). Nella tradizione del Freundschaftsbild, quest opera si presenta come un omaggio al ritratto sistemato sul cavalletto, i cui tratti fisionomici ricordano quelli di Vincenzo Giustiniani come li conosciamo dal disegno e dall incisione di Claude Mellan del (fig. 1). Il pittore posa con dignità davanti al suo cavalletto, tavolozza, poggiamano e pennello in pugno. Rappresentandosi nell atto di dipingere, come nella tradizione di san Luca che ritrae la Madonna, Régnier intende associare la propria immagine a quella del suo mecenate, riaffermando così la propria condizione autorevole ed esemplare di artista, giocando sul rapporto incrociato tra il modello e il pittore, tra lo spettatore e le due figure ritrattate. La tela sistemata sul cavalletto appare concreta quanto l immagine dell artista che lo sta dipingendo: tutte e due reagiscono con la medesima intensità, come se 20 Giustiniani [s. d.] 1981, p Sulla Maddalena Giustiniani, si veda Salerno 1960, p. 135, n. 7, e Danesi Squarzina 1997, pp. 771, 781, n. 81, e 784, n Lemoine 2007, p L Autoritratto di Régnier della collezione Giustiniani potrebbe essere identificato con un ritratto elegante ovale conservato in una collezione privata: Lemoine 2007, pp , n Si veda B. Brejon de Lavergnée, in Claude Mellan 1989, pp , nn

19 2. Nicolas Régnier, Autoritratto al cavalletto. Cambridge (MA), Harvard Art Museums / Fogg Museum 17

20 fossero sorpresi dall arrivo improvviso dello spettatore che ha spezzato la reciprocità dei loro sguardi. Tutti e due fissano un punto invisibile che coincide con il nostro sguardo, che potrebbe essere anche quello di Giustiniani che comtempla Régnier nell atto di dipingere. L artista ha motiplicato gli effetti di specchi e di false apparenze proprio per confondere i diversi livelli di realtà. L Autoritratto al cavalletto sembra quindi non solo un omaggio al marchese Giustiniani, ma anche una dimostrazione del potere illusivo della pittura. Del resto è proprio nell ambito del rapporto tra pittore e mecenate che Régnier sembra aver prodotto le sue opere più ambiziose. Ne sono testimonianza i quattro dipinti collegabili all inventario del 1638: la Cena in Emmaus, ora a Potsdam, Schloss Sanssouci (fig. 3), il Bacco anch esso già a Potsdam (fig. 4), l Omero cieco che suona il violino e la sua variante sempre a Potsdam (fig. 5), e infine il San Giovanni Battista nel deserto oggetto di questo studio. Tutti, senza eccezione, sono atipici e grandiosi, rivelando un caravaggesco alla ricerca di nuove creazioni; e la loro collocazione nel palazzo Giustiniani rivela a sua volta la stima che il collezionista nutriva per il proprio domestico. Le tre composizioni profane di Régnier il Contadino che canta (oggi perduto), il Bacco che schiaccia l uva e l Omero cieco che suona il violino (oggi perduto) erano riunite nella «sala dei bassi rilievi» al pianterreno del palazzo, dove dialogavano con le sculture antiche e rivaleggiavano con l altro protagonista della pittura al naturale, il grande Ribera, rappresentato da due ritratti di filosofi, un Democrito e un Archimede che si guarda nello specchio 25. Con il suo Bacco (fig. 4), Régnier ha proposto un interpretazione irriverente del dio antico 26. Qui, Dioniso non ha niente di un atleta greco, è plebeo, tarchiato e pingue e dà l impressione di voler provocare lo spettatore. Al suo ghigno sarcastico risponde il suo gesto evocativo, quello di schiacciare un grappolo d uva tra le sue mani, per raccoglierne il succo. Questo gesto ci riporta al mito dell invenzione del vino, come lo ricordano le fonti antiche, come le Dionisiache di Nonno di Panopoli, riprese dagli umanisti del Rinascimento. Vincenzo Cartari ne spiega i molteplici sensi che possono sovrapporsi: l allegoria della tentazione del vizio o l evocazione della scoperta della verità e delle cose occulte, secondo l antico proverbio «in vino veritas» 27. Qui Régnier gioca volontariamente a dissacrare la mitologia, forse alludendo alla dimensione quotidiana e alla propria 25 Su Ribera e i Giustiniani, si veda S. Danesi Squarzina, in Caravaggio e i Giustiniani 2001, pp Lemoine 2007, pp e n Si veda Cartari 1580, p

21 3. Nicolas Régnier, Cena in Emmaus. Potsdam, Schloss Sanssouci, Bildergalerie 19

22 appartenenza alla Bent, l associazione di artisti nordici votata a Bacco e conosciuta per l adozione di riti orgiastici. Il dipinto di Régnier, se è stato effettivamente concepito come un eco lontana delle riunioni dei Bentvueghels, offre inoltre un esempio originale della fortuna del primo Caravaggio romano e del Bacco malato della Galleria Borghese: qui la figura di Bacco è un autoritratto, «feroce giovane» e «capo e guida delle Muse come Apollo» 28 ; con l opera di Régnier, il mito del dio del vino rimanda alle pratiche ludiche di un gruppo di artisti contemporanei. Sorprendente quanto il Bacco, l invenzione dell Omero cieco, nota in due redazioni la versione Giustiniani trasmessa da un incisione al tratto di Michel Olivier Le Bas, pubblicata nel 1812 da Landon, e un eccezionale variante, conservata nella quadreria del castello di Sanssouci a Potsdam (fig. 5), rivela ancora una volta la capacità d innovazione del pittore, non più nel registro umoristico ma in quello drammatico 29. Divenuto il modello dell aedo, Omero è tradizionalmente rappresentato come un vecchio cieco dalla faccia ispirata e dai tratti nobili, con una barba abbondante e dei capelli ricci, una corona di alloro sulla testa, che declama versi accompagnandosi anacronisticamente con un violino (o piuttosto una viola da braccio). Partendo da questo tema, Régnier realizzò due versioni molto simili tra loro, a eccezione del viso. La prima si rifà alla tradizione classica, la seconda al metodo di Caravaggio, con «l esempio davanti dal naturale», stavolta non la zingara ma il vecchio sdentato delle strade di Roma. Cambiando modello, Régnier modifica profondamente l iconografia del celebre poeta. Nel caso del dipinto Giustiniani, forse la prima versione, il pittore sceglie l iconografia tradizionale, il ritratto idealizzato e nobile di Omero è direttamente ispirato al busto antico (una versione ornava proprio la galleria Giustiniani). La seconda versione è radicalmente nuova e provocatrice (fig. 5). Il poeta è oramai rappresentato come un vecchio stempiato e senza barba, dal volto emaciato, con una misera corona di alloro sulla testa, gli occhi spalancati e lo sguardo spento. Siamo all opposto delle effigi idealizzate dei grandi uomini. Régnier dà vita al poeta dell antichità grazie al ritratto di un vecchio, un uomo delle strade di Roma, senza dubbio riconoscibile dai contemporanei del pittore, mostrandosi fedele a una delle principali caratteristiche 28 Il genio artistico posto sotto il segno di Bacco è cosi descritto dallo stesso Cartari (1580, p. 218): «Bacco era giovane allegro e giocondo, perchè bevendo gli huomini temperatamente svegliano gli spiriti, e più ardenti diventano, e più lieti, e sono etiando creduti di miglior ingegno all hora. Da che venne, che fecero gli antichi cosi Bacco, capo e guida delle Muse, come Apollo». 29 Lemoine 2007, pp e nn. 28 e

23 4. Nicolas Régnier, Bacco ebbro. Già a Potsdam, Schloss Sanssouci, Bildergalerie 21

24 della pittura dal naturale: la scelta del modello e il suo utilizzo in tutti i generi della pittura, anche i più nobili. Régnier ha dipinto e vuole dipingere Omero «dal naturale»; vuole mostrare che un semplice vecchio può incarnare il più prestigioso dei poeti greci e che il suo volto può tradurre il carattere universale dell ispirazione poetica. Tuttavia, il livello eccelso del lavoro di Régnier nel palazzo Giustiniani non si misura solo sulle audacie dell Omero o del Bacco, bensì innanzitutto sulle sue monumentali composizione sacre, tutte e tre esposte al piano nobile: la Cena in Emmaus anch essa a Potsdam (fig. 3), un San Matteo oggi perduto e il nostro San Giovanni Battista nel deserto. Ho già sottolineato l importanza e l originalità della Cena in Emmaus 30. Si tratta del più grande dipinto mai realizzato da Régnier a Roma. La tela, dalle dimensioni di una pala d altare e collocata nella «sala grande dell appartamento nobile» (cioè la sala dei palafrenieri), lo spazio pubblico più importante del piano nobile, era parte di un ciclo di dieci quadri di storia, di grande impegno e prestigio, commissionati ad artisti contemporanei, tra i quali due amici di Régnier, De Haen e Valentin. Fin dalla sua concezione, la Cena in Emmaus di Régnier risulta un omaggio a Caravaggio e, in modo più impercettibile, al marchese Giustiniani. Posta tra i dipinti caravaggeschi più importanti della collezione, essa costituisce una variazione su scala monumentale delle due famose Cene in Emmaus di Caravaggio, l una oggi conservata nella National Gallery di Londra, e l altra, più tarda, nella Pinacoteca di Brera a Milano. I rimandi al grande lombardo sono numerosi e tuttavia la lettura del tema è nondimeno personale: innanzitutto si ritrovano corrette alcune particolarità iconografiche, con la sostituzione dell originale iconografia del «Signore figurato giovane e senza barba» del prototipo londinese 31 con la figura tradizionale di Cristo aureolato; infine, la composizione concentrata e drammatica di Caravaggio risulta dilatata in una dimensione monumentale e severa. La scena, spostata su un piano più arretrato rispetto agli esempi di Merisi, è sormontata da uno spazio vuoto che introduce una nuova solennità. Queste differenze sconvolgono lo spirito generale dell opera e modificano la natura della relazione stabilita col spettatore. Ma l invenzione più audace si cristallizza intorno a un elemento incongruo: un cane grande con un collare nero, visto di spalle, nel primo piano della composizione. Questa figura sorprendente si 30 A. Lemoine, in Caravaggio e i Giustiniani 2001, pp , e Lemoine 2007, n Bellori [1672] 1976, p. 213: «Nella cena di Emmaus oltre le forme rustiche delli due Apostoli e del Signore figurato giovane senza barba, vi assiste l oste con la cuffia in capo e nella mensa vi è un piatto d uva, fichi, melagrane, fuori di stagione». 22

25 5. Nicolas Régnier, Omero. Potsdam, Schloss Sanssouci, Bildergalerie 23

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27 impone in piena luce, allo stesso titolo dei protagonisti umani. Si tratta di un ritratto specifico, quello della «Cagna Dama», come precisa scrupolosamente la descrizione del dipinto nell inventario del , probabilmente uno dei cani del marchese. Régnier avrebbe cioé introdotto, apposta, in una scena religiosa un elemento tratto dalla vita quotidiana di Giustiniani, un cane simbolo di fedeltà e di abnegazione: è forse un modo per dichiarare, scherzosamente, al suo protettore la propria fedeltà? L aggiunta di questo modello vivente è un artificio che permette di collegare lo spazio reale del palazzo allo spazio fittizio del dipinto. Certamente questa citazione poteva essere riconosciuta dallo spettatore più avveduto e sorprenderlo. La Cena in Emmaus non era dunque un omaggio reso al solo Caravaggio, lo era anche al suo commitente. 32 Si veda l appendice. 25

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29 3. La sfida del San Giovanni Battista Nel palazzo Giustiniani, vicino alla Cena in Emmaus, si potevano ammirare anche altre due magnifiche composizioni religiose di Régnier, dalle dimensioni ragguardevoli: un San Matteo, oggi perduto, e il nostro San Giovanni Battista nel deserto 33. Diversamente dalla Cena in Emmaus, che Nicolas Régnier ha trattato una sola volta, il tema del Battista ritorna più volte nella sua opera. Si contano almeno sette dipinti con la figura del Precursore, riconducibili al periodo romano dell artista e dunque eseguiti prima del La predilezione per il soggetto corrisponde alla particolare devozione verso il santo sviluppatasi nella capitale pontificia. In un primo momento, Régnier consegna delle versioni intime della figura del Battista, a busto intero o a mezza figura 35 ; successivamente, le sue opere diventano più complesse, le composizioni più articolate e ricche di elementi iconografici: la sorgente o l Agnello del sacrificio di Cristo (figg. 7, 8) 36. L opera in argomento appartiene a quest ultima serie. Qui Giovanni si è ritirato nel deserto e si staglia, mezzo nudo, sullo sfondo di un bosco ombroso. Nello stesso tempo è seduto con un piede che riposa su una roccia, leggermente squadrata, come a evocare il simbolo della fede, e in movimento, come indicato dall altro piede che si rialza e che accompagna il moto solenne del braccio. Régnier rimane fedele all iconografia tradizionale prevalente in Italia dal XV secolo: il Battista, contrassegnato dagli usuali attributi (un vestito di pelli di animale, la lunga croce ricavata da una canna), è in azione, con quel suo gesto dimostrativo della mano e la bocca socchiusa, vox clamantis in deserto. Ultimo particolare: Régnier ha sostituito il tradizionale indice puntato col braccio teso, in un gesto enfatico e altrettanto efficace. Altri elementi completano la messa in scena e rinviano ad altri modelli. Si pensi innanzitutto ai prototipi di Merisi, come il San Giovanni Battista di Kansas City (fig. 12). La composizione, una figura monumentale isolata al centro della tela, presentata nella luce cruda sullo sfondo di una buia selva, e certi particolari ricordano sicuramente l icona del maestro lombardo: la posizione del corpo 33 Olio su tela, cm , collezione privata. Si veda Lemoine 2000, p. 31, e Lemoine 2007, pp e n Si veda Lemoine 2007, nn. 13, 21, 35, 36, 43, 51, e un ultimo San Giovanni Battista firmato (Roma, collezione privata), scoperto dopo la pubblicazione della mia monografia su Régnier. 35 Si veda Lemoine 2007, nn. 13, Ivi, nn. 36, 43, 51 e fig

30 28 del santo, in particolare quella delle gambe, evoca ancora prima gli ignudi della cappella Sistina, il trompe l oeil della mano che stringe il bastone o ancora la presenza del verbasco. Questa pianta, caratteristica della flora del deserto, torna come leitmotiv nell opera di Caravaggio; Régnier, la sistema, apposta, in evidenza in primo piano. Si ispira al maestro lombardo anche quando usa, per mettere in evidenza la nudità del giovane solitario, un accessorio estraneo all austerità e alla povertà del Battista quale l ampio e sontuoso drappeggio porpora che cade con larghe pieghe sulla gamba destra. Régnier riutilizzerà in modo quasi identico questa soluzione in una versione posteriore, dove il Battista è accompagnato dall agnello (fig. 7). In tutti e due i casi, il panno purpureo costituisce un elemento chiave della composizione, che monumentalizza la figura del santo e accende la gamma cromatica scura e quasi monocroma dei dipinti. Non v è dubbio che Régnier cerchi qui di rinnovare il suo repertorio e di aprirsi a nuovi orizzonti. Alla dimensione eccezionale (cm ) e all inquadratura ariosa corrisponde l enfasi dell atteggiamento, fino a questo momento sconosciuta nel percorso del pittore. Il trattamento del nudo testimonia, anch esso, una nuova sfida, poiché associa l imitazione del naturale (si osservino i particolari del ginocchio arrossato, le vene visibili sotto la pelle del braccio teso, le unghie del piede) alla rievocazione dell antico, come nel torso scultoreo del santo. Régnier preferiva probabilmente le precedenti figure del Battista, quando poteva lavorare su corpi giovani e sensuali, meno perfetti, spesso languidi, dalle forme più tonde e dalle carni morbidi dipinte dal naturale. Contrariamente a quegli esempi, il pittore descrive qui un corpo sodo e massiccio, insistendo sull esemplare muscolatura del santo. La nuova attenzione per il pathos, espresso con gesto retorico, e il trattamento dell anatomia che corrisponde ai canoni della statuaria classica, associata a un volto dalla dolcezza conturbante, ricorda sicuramente l arte dei bolognesi e specialmente di Guido Reni. Come quest ultimo, Régnier dà l impressione di voler non solo evocare l eroismo solitario del santo, ma anche comunicare un sentimento di nobiltà d animo. Congiuntamente, suggerisce un emozione tangibile, tramessa dall espressione dolce e malinconica del volto, dal paesaggio notturno, dalla luce che vibra nel fogliame e dalla resa tattile della materia. Il recente restauro del dipinto permette di apprezzare meglio quest ultima qualità. La delicatezza dell esecuzione, le sfumature del chiaroscuro o ancora alcuni brani, prima poco leggibili, sono stati recuperati: come la verzura che anima tutto lo sfondo a sinistra del dipinto, la macchia di luce che fa vibrare l unghia della mano incurvata

31 6. Michelangelo Merisi detto Caravaggio, San Giovanni Battista nel deserto. Kansas City (MO), Nelson-Atkins Museum of Art 29

32 o ancora l ombra portata dalle ciglia. È di nuovo possibile ammirare la delicatezza della resa del volto adolescente come la padronanza della natura morta, con il magnifico verbasco, osservato da vicino. La tecnica è disinvolta, la materia vellutata, il ductus abile e rapido. Sono tratti e particolari che confermano, se ancora necessario, l attribuzione di questo dipinto a Régnier. C è un ultimo elemento eccezionale, anch esso emerso dopo il restauro, che merita di essere rilevato: lo squarcio di paesaggio notturno. Abbozzati molto liberamente, i fogliami sembrano venir fuori dalla penombra, su un cielo nuvoloso, a un tratto illuminato dalla luce bianca della luna. Questa ricerca sensibile degli effetti della luce di notte, l apparizione poetica della natura, la condotta vibrante e libera, rivelano, mi sembra, la meditazione sui paesaggisti nordici e soprattutto l ascendenza di Adam Elsheimer e più ancora di Carlo Saraceni 37. La fama di questo naturalista della prima ora era ancora grande nel 1620, anche dopo la sua partenza per la Laguna e la sua morte. Gli echi del suo trionfo veneziano, si sa, pervennero rapidamente a Roma, come attestano Mancini e Baglione 38. Régnier non poteva ignorarlo. Segno di un impressione profonda e di una formula di sicuro successo, questo pezzo di natura sorto dalla notte, di insolita poesia, riapparirà in diverse opere di Régnier: nel San Sebastiano curato da Irene di Rouen, Musée des Beaux-Arts, nel già ricordato Battista di San Pietroburgo (fig. 7), e soprattutto nel San Sebastiano della Gemäldegalerie di Dresda (fig. 9). Con più armonia e sottigliezza in questo dipinto, il paesaggio notturno risponde al pathos del santo, colto nel momento dell estasi 39. Il San Giovanni Battista Giustiniani segna dunque un cambio di direzione nel cammino del pittore. Régnier amplia i suoi riferimenti e si apre a nuovi modelli, Reni e Saraceni; seppur ancora esitante, si è fatto più ambizioso. Come si è detto all inizio, le eccezionali caratteristiche del Battista ora Porcini permettono di riconoscervi il dipinto registrato nel 1638 nel palazzo Giustiniani: «Un quadro grande di San Giovanni Battista nel deserto dipinto in tela alta palmi 11 larga 9 in circa [cm circa] di mano di Nicolò Ranieri senza cornice» 40 ; le misure (cm ) coincidono con lo scarto di qualche centimetro e la descrizione del soggetto non fa alcun riferimento né al motivo 37 Si veda Carlo Saraceni 2013, in particolare nn. 10, 12, 13 e Mancini [circa ] , I, 1956, p. 254; Baglione 1642, p Si veda Lemoine 2007, nn Si veda l appendice. Dopo questa menzione non vi è altra traccia della tela, che non figura tra i dipinti Giustiniani messi in vendita a Parigi nel

33 7. Nicolas Régnier, San Giovanni Battista nel deserto. San Pietroburgo, Museo dell Ermitage 31

34 della sorgente né a quello dell Agnello. Per questo motivo, la tela Giustiniani non può essere identificata con la variante autografa e di pari dimensioni (cm ) conservata presso la Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena 41 (fig. 8), che raffigura il Battista alla fonte e sembra piuttosto discendere dall invenzione di Manfredi di collezione Koelliker 42. L impostazione è analoga, così come la luce e il rapporto tra la figura e la natura circostante, ma le due opere divergono appunto per il dato iconografico. I progressi che emergono nel Battista in esame, più ancora che negli altri dipinti Giustiniani, possono essere meglio apprezzati a confronto con un altra composizione sacra di Régnier, oggi perduta, il San Matteo presentato nella stessa sala, la settima sala dell appartamento del cardinale Benedetto, che introduceva alla galleria dei quadri antichi, al piano nobile 43. Il Battista affiancava una serie di quattro Evangelisti, di uguale formato, che comprendeva un San Matteo di Régnier, un San Luca di Reni, un San Marco di Albani e un San Giovanni di Domenichino. Quest ultimo, già a Glyndebourne, The Christie Estate Trust, è l unico esemplare del ciclo al momento superstite (fig. 10) e potrebbe esserne anche il pezzo più antico, poiché compare già nell inventario steso nel 1621 dopo la morte del cardinal Benedetto, al numero L assegnazione del tema dei quattro evangelisti ad autori diversi non è in sé un fatto innovativo; il paragone tra i pittori era prassi relativamente usuale nel XVII secolo. Più sorprendente invece, è la competizione tra il giovane Régnier e maestri della statura di Reni, Domenichino o Albani, una circostanza che riflette senza dubbio la stima di Giustiniani nei confronti del suo domestico. Inoltre, credo, la serie va intesa come un illustrazione delle convinzioni estetiche del marchese, che si è detto anche questo nella sua lettera indirizzata ad Amayden poneva al vertice della perfezione nell arte della pittura, al dodicesimo e ultimo «modo», chi fosse capace di padroneggiare e di associare la «maniera» e la «pittura dal naturale», come Caravaggio, i Carracci e Guido Reni 45, che negli Evangelisti risultano appunto rappresentati direttamente e indirettamente, per il tramite di seguaci o di allievi. Nell anelito a raggiungere l apice dell arte come concepito dal suo mecenate, Régnier deve aver cercato di unire anche lui, nel Battista, la nobiltà di un Reni e la verità d un Caravaggio. 41 Cfr. Lemoine 2007, n Si veda da ultimo Papi 2013, n Si veda l appendice. 44 Danesi Squarzina, 2001, pp , fig. 22, e 45, nota 56; Spear 1982, I, n. 100, e II, figg Giustiniani [s. d.] 1981, p

35 8. Nicolas Régnier, San Giovanni Battista nel deserto. Cesena, Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena 33

36 9. Nicolas Régnier, San Sebastiano. Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister, Staatliche Kunstsammlungen Dresden 34

37 10. Domenico Zampieri detto Domenichino, San Giovanni Evangelista. Già a Glyndebourne, The Christie Estate Trust 35

38 36 Qualche anno dopo, nel 1629, un amico di Régnier, Valentin de Boulogne, sembra riprendere e proseguire le ricerche avviate dal pittore domestico di Giustiniani nel vibrante Battista in Santa Maria in Via a Camerino, solenne e umano fra maniera e pittura dal naturale (fig. 11).

39 11. Valentin de Boulogne, San Giovanni Battista. Camerino, chiesa di Santa Maria in Via 37

40 Appendice Lista dei dipinti di Nicolas Régnier conservati presso il palazzo Giustiniani secondo l inventario postumo della collezione di Vincenzo Giustiniani, redatto tra il 3 e il 9 febbraio 1638 (Archivio di Stato di Roma, Archivio Giustiniani, b. 10, vol. 16: Inventario dell heredità del signore marchese Vincenzo Giustiniani [3 febbraio 1638], cc. 70v-71r, 87r, 89r, 103v-104r, 153v; ivi, b. 16, vol. 20: Inventario dei quadri e statue [9 febbraio 1638], cc. n.n.; Danesi Squarzina 2003, pp. 263, n. 3, 332, n. 155, 343, n. 171, 345, n. 173, 354, nn , 355, n. 203, 465, n. 259, , n. 260). [Al piano nobile, nella sala dei palafrenieri] [1] Un quadro grande di Christo a tavola con dui apostoli, in fractione panis con il ritratto della Cagna Dama dipinto in tela, alta palmi 13 larga 10 di mano di Nicolò Ranieri senza cornice. [Nella quinta camera grande dell appartamento del cardinale Benedetto Giustiniani] [2] Un grande quadro con una figura intiegra della Maddalena penitente, dipinta in tela, alta palmi 10 larga 7 in circa, copia dell originale del Caravaggio che sta nella stanza dei quadri antichi fatta da Nicolò Ranieri senza cornice. [Nella settima stanza dell appartamento del cardinale Benedetto Giustiniani] [3] Tre altri quadri della medema grandezza uno San Giovanni Evangelista di mano di Domenichino, l altro di San Matteo di mano di Nicolò Ranieri, il terzo di San Marco di mano dell Albano dipinto in tela, alta palmi 11 e larga 9 in circa senza cornice. [4] Un quadro grande di San Giovanni Battista nel deserto dipinto in tela alta palmi 11 larga 9 in circa di mano di Nicolò Ranieri senza cornice. [Al pianterreno, nella sala dei bassi rilievi] [5-6] Dui quadri con due mezze figure, una d'orfeo, che sona il violino, l altra d un contadino che canta musica, dipinti in tela d imperatore senza cornice, si crede di mano di Nicolò Ranieri. [7] Un quadro d una mezza figura d un Bacco giovine, che preme l uva, dipinto in tela d imperatore senza cornice, si crede di mano di Nicolò Renieri. [Nella guardaroba] [8] Un quadro con una mezza figura ritratto della buona memoria dell illustrissimo marchese Vincenzo Giustiniani in tela alta palmi 8 larga 6 di mano di Nicolò Ranieri senza cornice. [9] Un quadro con un ritratto del medesimo Nicolò Ranieri pittore fatto da sé medesimo in tela da testa senza cornice. 38

41 Abbreviazioni bibliografiche Baglione 1642 G. Baglione, Le vite de pittori, scultori et architetti. Dal pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a tempi di papa Urbano Ottavo nel 1642, Roma Baldriga 2001 I. Baldriga, La personalità di Vincenzo Giustiniani nello specchio della sua biblioteca, in Caravaggio e i Giustiniani 2001, pp Bellori [1672] 1976 G. P. Bellori, Le vite de pittori, scultori e architetti moderni [Roma 1672], ed. a cura di E. Borea, Torino Bizoni [1606] 1995 B. Bizoni, Diario di viaggio di Vincenzo Giustiniani [1606], ed. a cura di B. Agosti, Porretta Terme Caravaggio e i Giustiniani 2001 Caravaggio e i Giustiniani. Toccar con mano una collezione del Seicento, catalogo di mostra (Roma, Palazzo Giustiniani, 26 gennaio-15 maggio 2001; Berlino, Altes Museum, 15 giugno-9 settembre 2001), a cura di S. Danesi Squarzina, Milano Carlo Saraceni 2013 Carlo Saraceni Un veneziano tra Roma e l Europa, catalogo della mostra (Roma, Saloni Monumentali del Palazzo di Venezia, 29 novembre marzo 2014), a cura di M. G. Aurigemma, Roma Cartari 1580 V. Cartari, Le imagini de i Dei degli antichi [ ], Venezia Claude Mellan 1989 Claude Mellan, gli anni romani. Un incisore tra Vouet e Bernini, catalogo della mostra (Roma, Galleria Nazionale d Arte Antica, 24 ottobre gennaio 1990), a cura di L. Ficacci, Roma Danesi Squarzina 1997 S. Danesi Squarzina, The collection of Cardinal Benedetto Giustiniani. Part I, in «The Burlington Magazine», CXXXIX, 1136, 1997, pp Danesi Squarzina 2001 S. Danesi Squarzina, La collezione Giustiniani: Benedetto, Vincenzo, Andrea nostri contemporanei, in Caravaggio e i Giustiniani 2001, pp Danesi Squarzina 2003 S. Danesi Squarzina, La collezione Giustiniani. I-III, Milano Giustiniani [s. d.] 1981 V. Giustiniani, Discorsi sulle arti e sui mestieri, ed. a cura di A. Banti, Firenze Haskell [1963] 1991 F. Haskell, Patrons and painters. A study in the relations between Italian art and society in the age of the baroque, London 1963; ed. cons. Mécènes et peintres. L art et la société au temps du baroque italien, Paris Lemoine 2000 A. Lemoine, Nicolas Régnier, «peintre domestique» du marquis Vincenzo Giustiniani, in «Bulletin des Historiens de l Art Italien», 6, (2000), pp Lemoine 2007 A. Lemoine, Nicolas Régnier (alias Niccolò Renieri) ca Peintre, collecitonneur et marchand d art, Paris Mancini [circa ] G. Mancini, Considerazioni sulla pittura [ ], ed. a cura di A. Marucchi con il commento di L. Salerno, Roma Papi 2013 G. Papi, Bartolomeo Manfredi, Soncino Roma Roma Il trionfo del pennello, catalogo della mostra (Roma, Villa Medici, Académie de France, 25 ottobre gennaio 1995), a cura di O. Bonfait, Milano Salerno 1960 L. Salerno, The picture gallery of Vincenzo Giustiniani, in «The Burlington Magazine», CII, 685, 1960, pp Sandrart 1683 J. von Sandrart, Academia nobilissimae artis pictoriae, Nüremberg Spear 1982 R. E. Spear, Domenichino, New Haven (CT)

42 40

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44 Nicolas Régnier s Saint John the Baptist in the Desert: A Masterpiece in the Giustiniani Collection Annick Lemoine Nicolas Régnier s John the Baptist in the Desert is an extraordinary work of art for more than one reason. First of all, it is very large ( cm), the dimensions of an altar piece, an exception for paintings of John the Baptist in the desert before Secondly, it marks a turning point in Régnier s career, an attempt to explore new horizons. The canvas has all the markings of a work in progress. It reveals a pathos that hit her to had not appeared in Régnier s art, a palpable emotional content that has been brought into evidence wonderfully by the last restoration of the painting. Régnier joins solemnity and grandeur to the traditional force of the pittura dal naturale. The starting point for the recent rediscovery of the painting was two black and white photographs. The first was found in Roberto Longhi s archives, in the Manfredi dossier, but without any attribution; 1 the second one in the Benedict Nicolson collection at the Istituto Universitario Olandese di Storia dell Arte in Florence, again lacking an attribution. It is noteworthy that neither of these two eminent historians ever cited this painting, probably because they had not identified the artist. After publication of the work in 2000, I was at last able to locate the Baptist in a private collection in Ravello, an autograph work by Nicolas Régnier and a milestone in his career in Rome. 2 Then I identified the painting as one of the masterworks Régnier painted for his illustrious client and patron, the well-known Marquis Vincenzo Giustiniani. The dimensions of the painting, unusually large for Régnier, as we have said, and certain iconographic elements allow this ambitious composition to be identified as the San Giovanni Battista nel Deserto described in the inventory drawn up in 1638 after the decease of Vincenzo Giustiniani as di mano di Nicolò Ranieri (by the hand of Nicolas Régnier). 1. Marquis Vincenzo Giustiniani, Prince of Patrons The destiny of Nicolas Régnier (Maubeuge, ca Venice, 1667), an ambitious young artist who had done his apprenticeship in Antwerp, was decided in Rome thanks to one man: Marquis Vincenzo Giustiniani, indesputably one of the most important and 1 Fondazione di Studi di Storia dell Arte Roberto Longhi in Florence, photograph no Roberto Longhi s annotations on the verso of the photograph indicate that the painting belonged to a collector in Naples. 2 See Lemoine 2000, pp Warm thanks to Géraldine Albers for having helped me in locating the original painting in Ravello. 42

45 wealthiest collectors of his time in the Eternal City, and the cultivated patron of numerous artists, including Caravaggio. 3 Régnier owed his reputation to Giustiniani. He frequented Giustiniani s palazzo, his art collection, and his select entourage. As his pittore domestico he did no fewer than nine paintings for him, among which the monumental Battista. Vincenzo Giustiniani, born in Chio in 1564 but of Genoese parentage, was one of the main financiers of the papacy in the early seventeenth century (fig. 1). In 1600, upon the death of his father, he inherited the position of director of the Depositeria Pontificia and five years later acquired the title of Marquis of Bassano di Sutri. With his brother, Benedetto Giustiniani, cardinal and treasurer of the Apostolic Chamber, he was assuredly one of the most powerful men in Rome. 4 Today he is remembered mainly for his precocious appreciation of Caravaggio and his collection of paintings and ancient scuptures, one of the most remarkable in the whole city: at his death in 1637 he left almost 600 paintings and 1,800 ancient sculptures. Giustiniani s love of works of art was only one side of his interests. He was no less familiar with architecture, gardens, and music, passions he shared with his close friends, cardinals Alessandro Montalto and Francesco Maria del Monte. He also delved into esoterism and astronomy and kept abreast of Galileo s research. Giustiniani could expatiate on any subject, knew about everything, even the most recondite sciences according to his friends. 5 Among the latter were the intellectual elite of Rome, cardinals Montalto, del Monte, and Bentivoglio, along with Sforza Pallavicino, Leone Allaci, the natural philosopher Gaudenzio Paganino, the literati Angelo Tassoni and Francesco Angeloni, Alessandro Scaglia, Charles Emmanuel I of Savoy s ambassador, and the jurist Laerzio Cherubini, another of Caravaggio s clients. Vincenzo Giustiniani s tastes were far more competent than those of his contemporaries, according to Francis Haskell, for he was one of those rare patrons who understood the implications of the artistic revolution that had taken place at the end of the sixteenth century. 6 Besides defending Caravaggio in moments of crisis in his career such as during the latter s work in the Contarelli chapel he was also one of the first in Rome to appreciate Nicolas Poussin. Throughout his life 3 On Nicolas Régnier, see Lemoine 2007; for his relationship with Giustiniani, pp On Vincenzo Giustiniani and his brother Benedetto, the subject of exemplary research directed by Silvia Danesi Squarzina, see Caravaggio e i Giustiniani 2001 and Danesi Squarzina So said his friend, the erudite Dutchman Dirck van Ameyden (Rome: Biblioteca Casanatense, ms. 1335, fol. 438r-v, as quoted by Baldriga 2001, p. 73). 6 Haskell [1963] 1991, p

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