CIVILE. AGGIORNAMENTO Giurisprudenziale settimanale 23/09/2013. Responsabilità medica e nesso causale
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1 AGGIORNAMENTO Giurisprudenziale settimanale 23/09/2013 CIVILE Responsabilità medica e nesso causale Cass. civ., Sez. III, 12 settembre 2013, n In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell'onere probatorio l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante. I ricorrenti impugnano in Cassazione la sentenza della Corte d Appello di Perugia che aveva rigettato la loro richiesta di risarcimento dei danni subiti in conseguenza della morte del padre, la cui responsabilità risultava addebitabile, a loro dire, alla struttura ospedaliera (OMISSIS). La Cassazione, nell accogliere parzialmente il ricorso effettua una ricognizione dei principi vigenti in materia di responsabilità medica e relativo nesso causale. In particolare, dopo aver ribadito la natura contrattuale (o da contatto sociale) della responsabilità del medico e della struttura ospedaliera, affronta il problema del nesso di causalità sotto il profilo probatorio. Al riguardo, gli ermellini precisano che, sussistendo un rapporto contrattuale, il paziente (o il familiare) che chieda il risarcimento del danno sarà tenuto a provare il titolo della sua pretesa e l inadempimento del sanitario causalmente collegato al danno biologico (danno conseguenza); dunque, dovrà provare che l inadempimento nell esecuzione del rapporto curativo si è inserito nella serie causale che ha condotto all evento di preteso danno, rappresentato dalla persistenza della patologia per la quale era richiesta la prestazione o dall aggravio della stessa, e che risultava astrattamente idoneo a determinare la produzione di questo evento. Nel caso di specie, essendo pacifico che ha avuto luogo un rapporto curativo presso la struttura ospedaliera convenuta e che la sua esecuzione si è inserita nella serie causale che ha condotto alla
2 morte del padre dei ricorrenti, l onere probatorio gravante su questi ultimi consisteva soltanto nella dimostrazione di tale inserimento e dell esito mortale per il loro congiunto. Pertanto, deve cassarsi con rinvio la sentenza nella parte in cui ritiene non assolto da parte dei ricorrenti l onere probatorio concernente il nesso causale, posto che incombeva sulla struttura sanitaria la dimostrazione dell inserimento nella serie causale di eventuali fatti idonei ad elidere ogni rilievo causale dello svolgimento del rapporto curativo e ad assumere rilievo determinante esclusivo. Giurisprudenza conforme: Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577; Cass. civ., 16 ottobre 2007, n Giurisprudenza difforme: Cass. civ., 24 maggio 2006, n ; Cass. civ., 31 luglio 2006, n Riferimenti normativi: artt. 2 e 32 Cost.; artt. 1173, 1176, 1218, 1223, 1225, 1226, 1227, 2059, 2236 e 2395 c.c.. PENALE Reati tributari Cass. pen. Sez. Un., 12 settembre 2013, n e Fra l art. 10bis, d.lgs. 74/2000 (il quale punisce con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila Euro per ciascun periodo di imposta) e il comma 1 dell art. 13, d.lgs. 471/1997 (che assoggetta alla sanzione amministrativa pari al 30 per cento di ogni importo non versato chiunque non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze periodiche, i versamenti dei debiti IVA), intercorre un rapporto non di specialità ma di progressione illecita, che comporta l'applicabilità congiunta delle due sanzioni. il reato di omesso versamento di IVA (art. 10-ter del d.lgs n. 74 del 2000), entrato in vigore il 4 luglio 2006, è applicabile anche alle omissioni dei versamenti IVA relativi all anno 2005 e 2004, senza che ciò comporti violazione del principio di irretroattività della norma penale. Anteriormente a tale presa di posizione delle Sezioni Unite, un primo orientamento teorico reputava gli artt. 10bis e 10ter del d.lgs. 74/2000 non applicabili ai fatti di omesso versamento di IVA relativi agli anni 2004 e 2005, in quanto alla data di entrata in vigore delle nuove norme incriminatrici ( per l art. 10bis e per l art. 10ter), tali fatti, sanzionati soltanto come illecito
3 amministrativo, dovevano considerarsi ormai consumati. In caso contrario, si sarebbe verificata una violazione del principio dell irretroattività della legge penale, nonché del principio del ne bis in idem, posto che gli omessi versamenti già integravano un illecito punito con sanzione amministrativa. Un secondo orientamento teorico, invece, affermava che le nuove fattispecie potevano trovare applicazione anche relativamente ai fatti di omesso versamento relativi alle annualità 2004 e Invero, secondo tale ricostruzione il momento consumativo di tali fattispecie non coincide con la scadenza per l effettuazione dei versamenti periodici, ma cade, per le ritenute del 2004, il 31 ottobre 2005, e per quelle del 2005, il 27 settembre 2006 e, dunque, mesi dopo l entrata in vigore delle nuove norme incriminatrici. Inoltre, non può prospettarsi alcuna violazione del principio del ne bis in idem posto che i fatti puniti dalle norme penali sono ben differenti rispetto a quelli colpiti dalla sanzione amministrativa. A tale ultima ricostruzione aderiscono le Sezioni Unite con le recenti pronunce evidenziando i seguenti profili di diversità tra la fattispecie penale e la fattispecie amministrativa: a) gli illeciti penali richiedono, quale presupposto, l avvenuta certificazione delle ritenute, ovvero la presentazione della dichiarazione annuale dell IVA, non necessari per l integrazione degli illeciti amministrativi; b) gli illeciti penali prevedono una soglia minima di rilevanza; c) è diverso il termine per l effettuazione del versamento. In considerazione di tale diversità del fatto illecito, il rapporto intercorrente tra le fattispecie amministrativi e quelle penali va ricostruito in termini di progressione criminosa, di guisa che la concorrente applicazione di entrambi gli illeciti non si pone in contrasto con il principio del ne bis in idem. E opportuno sottolineare che questa ricostruzione risulta in contrasto con quell orientamento dottrinario che ritiene sussistente un concorso apparente di norme nell ipotesi in cui il fatto illecito descritto dall una risulti in rapporto di progressione criminosa con il fatto illecito descritto dall altra, così reputando applicabile soltanto la norma più grave. D altra parte, le Sezioni Unite della Cassazione già in passato hanno reputato non appagante tale ricostruzione, affermando che la disciplina del conflitto apparente tra norme va rinvenuta soltanto nell art. 15 c. p.. Giurisprudenza conforme: Cass. pen., 4 aprile 2012, n ; Cass. pen., 26 maggio 2010, n Giurisprudenza difforme: Cass. pen., 8 febbraio 2012, n ; Cass. pen., 9 ottobre 2012, n Riferimenti normativi: art. 25 Cost.; artt. 2 e 15 c. p.; artt. 10bis e 10ter, d.lgs. 74/2000; art. 13, comma 1, d.lgs. 471/1997. Falso in atto pubblico ed elemento soggettivo Cass. pen., Sez. V, 11 settembre 2013, n
4 Sussiste il reato di falso ogni qual volta si intervenga con modifiche su di un atto già definitivamente formato, pur quando l'intento dell'agente sia quello di renderne il contenuto conforme al vero. Se così è, ne deriva che la coscienza e la volontà di operare un tale intervento non può non equivalere a quella di realizzare una diretta, effettiva e riconoscibile lesione proprio del bene giuridico protetto dalla norma, a nulla rilevando che, per mero errore di diritto circa la effettiva portata della norma medesima, di detta lesione il soggetto possa non avere piena consapevolezza. Con la sentenza in epigrafe la Corte di cassazione conferma la sentenza di secondo grado che aveva condannato la ricorrente per il reato di falso materiale in atto pubblico effettuando talune precisazioni in materia di elemento psicologico. Nel dettaglio, i giudici della Suprema Corte affermano che non esclude la sussistenza dell elemento psicologico la circostanza che la convenuta avesse alterato il contenuto della cartella clinica (atto pubblico) soltanto al fine effettuare una correzione e, dunque, di ricondurre a verità il suo contenuto. Infatti, il bene giuridico protetto dalla norma (la fede pubblica) viene ad essere leso ogni qual volta, indipendentemente dal contenuto dell atto, non vi sia corrispondenza tra l effettivo iter di formazione del medesimo e quello che appare dal suo aspetto grafico, dandosi luogo, anche in questa ipotesi, ad una falsa rappresentazione della realtà giuridicamente rilevante. In altre parole, laddove l atto sia definitivamente formato, nonostante l erroneità del suo contenuto, l intervento correttore palesa la coscienza e volontà dell agente di alterare il contenuto risultante dal suo normale iter formativo, configurando una condotta penalmente rilevante ai sensi dell art. 476 c. p.. Giurisprudenza conforme: Cass. pen., 11 luglio 2005, n ; Cass. pen., 7 luglio 2010, n Riferimenti normativi: artt. 42, 43 e 476 ss. c.p.. AMMINISTRATIVO Tutela del diritto alla salute e riparto di giurisdizione Cass. civ., Sez. Un., 6 settembre 2013, n In materia di rimborso delle spese sanitarie sostenute dai cittadini residenti in Italia presso centri di altissima specializzazione all'estero, per prestazioni che non siano ottenibili in Italia tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico (...), la giurisdizione spetta al giudice ordinario, sia nel caso in cui siano addotte situazioni di eccezionale gravità ed urgenza, prospettate come ostative alla possibilità di preventiva richiesta di autorizzazione, sia
5 nel caso in cui l'autorizzazione sia stata chiesta e si assuma illegittimamente negata, giacché viene comunque in considerazione il fondamentale diritto alla salute, non suscettibile di affievolimento per effetto della discrezionalità meramente tecnica riconosciuta alla P.A. in ordine all'apprezzamento dei presupposti per l'erogazione delle prestazioni.. La Fondazione Istituto neurologico Carlo Besta ricorre in Cassazione chiedendo che sia dichiarata la giurisdizione del G. O. in ordine ad una controversia concernente il rimborso delle spese sanitarie sostenute all estero da un cittadino italiano. La Corte di cassazione dichiara sussistente la giurisdizione del G. O., benché nel caso di specie non sia richiesto il rimborso di spese affrontate per cure specialistiche ed urgenti. Aderisce dunque a quell impostazione teorica che, valorizzando l inaffievolibilità del diritto alla salute, reputa la cognizione in tale materia sempre spettante al G. O., senza necessità di ulteriori distinzioni. E opportuno precisare che, in alcuni arresti più risalenti, la stessa Cassazione si era attestata su di una posizione differente, reputando il diritto alla salute non affievolibile nella sua sola accezione oppositiva (diritto ad impedire lesioni della propria integrità psico fisica); in ordine alla componente pretensiva (diritto ad ottenere un determinato livello di prestazioni sanitarie dallo Stato), invece, si era ritenuta la stessa inaffievolibile soltanto qualora fosse dedotta una situazione di rischio mortale o una sofferenza di notevole gravità; in caso contrario, la richiesta di prestazioni sanitarie era qualificata in termini di interesse legittimo, con conseguente attribuzione della relativa giurisdizione al G. A. Valga ancora notare che la giurisprudenza amministrativa, in materia, continua ad attestarsi su di un versante diametralmente opposto. Invero, i giudici del Consiglio di Stato più volte hanno sostenuto che la P. A., quando è chiamata ad esercitare il proprio potere incidendo su diritti fondamentali, è tenuta a fare ciò contemperando gli altri diritti fondamentali contrapposti coinvolti nel caso concreto. Con particolare riferimento al settore della salute, intesa nella sua dimensione pretensiva, la P. A. dovrà infatti adeguatamente contemperare la fondamentale esigenza di contenimento delle spese dello Stato. Ne consegue, secondo i giudici amministrativi, che anche in tali ipotesi l atto amministrativo autoritativo è idoneo a degradare il diritto fondamentale ad interesse legittimo, radicandosi la giurisdizione del G. A.. In definitiva, il contrasto in materia tra Cassazione e Consiglio di Stato sembra destinato a perdurare. Giurisprudenza conforme: Cass. civ., Sez. Un., 9 marzo 1976, n. 1436; Cass. civ., Sez. Un., 30 marzo 2011, n Giurisprudenza difforme: Cons. St., 10 luglio 2003, n. 4115; Tar Lombardia, Milano, 5 dicembre 2002, n Riferimenti normativi: artt. 2, 3, 24, 32, 103 e 113 Cost.; art. 5, l. 585/1985; l. 833/1978. Aggiornamento settimanale a cura: del Dipartimento di ricerca e sviluppo dell Istituto di Studi Giuridici M&C. Militerni. Coordinatore : dott. Alessandro De Santis.
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