I MARCATORI PRAGMATICI NELLA LINGUA ITALIANA DEI SEGNI (LIS)

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1 Università degli Studi di Bologna Facoltà di Psicologia Indirizzo di Psicologia Generale e Sperimentale I MARCATORI PRAGMATICI NELLA LINGUA ITALIANA DEI SEGNI (LIS) Tesi di Laurea in Psicolinguistica Relatore: Presentata da: Prof. SILVANA CONTENTO CRISTIANA BANDINI Parole Chiave: Linguaggio dei segni - Pragmatica - Sessione Invernale Anno Accademico

2 1 INDICE Indice 1 PARTE PRIMA 3 I. Introduzione alla lingua dei segni 3 2. Aspetti strutturali parametri formazionali aspetti morfo-sintattici iconicità\arbitrarietà Aspetti evolutivi Studi e ricerche, le nuove tecnologie. 25 PARTE SECONDA La pragmatica della comunicazione Lo spostamento referenziale: l anafora nelle lingue dei segni Contenuto e relazione Fare domande nelle lingue dei segni Presentazione della Ricerca Ipotesi Metodo Soggetti Materiale Procedura Modalità di osservazione 49

3 Risultati Descrizione dei risultati Discussione Confronto dell attività narrativa dei due gruppi di soggetti Associazione luogo-referente Spostamento referenziale Gli effetti dello spostamento referenziale Differenze tra soggetti con media competenza LIS e soggetti con alta competenza LIS Conclusioni 76 Appendice 79 Ringraziamenti 83 Bibliografia 84

4 3 PARTE PRIMA 1. Introduzione alla lingua dei segni La comunicazione visivo-gestuale usata dalle comunità sorde, si definisce come una vera e propria lingua, diversa dalla semplice mimica o pantomima: ha caratteristiche proprie, diverse dalle lingue vocali, ma che la rendono capace di soddisfare le funzioni specifiche di ogni lingua. La lingua dei segni è infatti un sistema di regole e simboli che mutano nel tempo e che è condiviso da un gruppo di persone appartenenti ad una comunità con diversi scopi: esprimere idee, opinioni, emozioni, monitorare se stessi e gli altri, esprimere relazioni, interagire, trasmettere cultura, ecc.(crystal, 1993). Il mondo degli udenti ha ignorato e sottovalutato questa forma di comunicazione se non fino a qualche decennio fa, quando Stokoe (Stokoe, 1978) iniziò una analisi sistematica della lingua americana dei segni (ASL). Fino ad allora pochi erano gli studi che riguardavano la lingua dei segni anche se in pratica le comunità sorde utilizzavano al loro interno forme di comunicazione espresse dai segni. Il primo ad interessarsi di questa lingua fu un abate verso la metà del settecento, che gestiva una scuola per sordi in Francia. Poi, con il Congresso di Milano del 1880, l Europa decise di eliminare l insegnamento della lingua dei segni perché si credeva potesse danneggiare ed ostacolare l apprendimento della lingua vocale da parte dei sordi. Questa decisione, peraltro rifiutata totalmente dai rappresentanti americani al congresso, fu applicata a livello formale: questo significa che nelle scuole, e nei luoghi ufficiali la lingua dei segni era bandita, ma in pratica, al di fuori di situazioni formali, i sordi continuarono a parlarsi con la loro lingua madre visivo-gestuale. Ciò provocò un grave danno per queste lingue: prima di tutto si fermò completamente l interesse e l analisi delle lingue dei segni; in più essendo questa lingua esclusa dalla scuola, non si poté sviluppare e trasformare

5 4 parallelamente ad altre lingue. ( Caselli, Maragna Pagliari Rampelli & Volterra, 1994; Corazza, 1993; Radutsky, 1992; Corazza & Volterra, in V. Volterra, 1987). Nessuna lingua è fissa e immutabile: col passare del tempo vengono osservate variazioni anche consistenti all interno di ogni lingua e questi cambiamenti riguardano sia il lessico, che la fonologia, oltre che la morfologia e la sintassi. Tali modificazioni derivano da un uso costante della lingua e seguono i cambiamenti storico-tecnologici e sociali della comunità in cui essa è usata. Il sistema linguistico infatti muta e si adatta alle esperienze della comunità stessa. Ci sono molti modi per creare nuove parole: attraverso acronimi, abbreviazioni o generalizzazione di parole già esistenti, composizione di più parole o morfemi base, o attraverso processi di incrocio. In più, contatti con altre comunità e altre lingue possono portare a prestiti e scambi tra le diverse espressioni. (Akmajian Demers, & Harnish, 1986). Nei secoli le lingue vocali quindi hanno creato nuovi vocaboli adeguati alle trasformazioni tecnologiche e sociali, hanno inventato parole appropriate per concetti e idee appartenenti a campi sempre più specialistici e settoriali. Per le lingue dei segni questo non è stato possibile, o almeno è avvenuto, ma in modo molto più limitato. Più correttamente, ciò è avvenuto all interno del contesto in cui era utilizzata la lingua e quindi in contesti quotidiani concreti e non formali. Le lingue segniche sono ricche di vocaboli, ma la maggior parte di questi sono riconducibili alla quotidianità, al concreto, dato che questo era l unico utilizzo concesso. Ciò non significa che con una lingua dei segni non si possano esprimere concetti astratti o di aree specifiche. Esiste comunque una reale difficoltà per molte espressioni appartenenti a linguaggi altamente specializzati (Caselli Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994 ), che non hanno un corrispettivo segno nelle lingue visivogestuali come emerso a più riprese nel corso dei lavori del convegno di Bertinoro, 1997, Tradurre il silenzio. Dalla fine degli anni sessanta ad oggi molto è stato l interesse per le lingue visivo-gestuali, e molti sono stati gli studi riferiti ad esse. Si è sentita la necessità di considerare le comunità sorde come gruppi linguistici

6 5 minoritari e, come altre minoranze linguistiche, dovrebbero ricevere più attenzione e interesse da parte delle strutture sociali e politiche oltre che della comunità udente in generale. E da sottolineare a questo proposito il fatto che in Italia la lingua italiana dei segni fino ad oggi non era formalmente ancora riconosciuta come lingua. (Convegno di Bertinoro, 1997). Solo ultimamente un decreto ministeriale del 23 giugno 1997 ha inserito fra le lingue didattiche moderne, la lingua dei segni. (Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale, n.175 del 29 luglio 1997). Inizialmente i ricercatori si focalizzarono sulle somiglianze tra lingue segniche e lingue vocali, questo perché lo scopo di quegli anni era riconoscere alla lingua dei segni lo status di lingua al pari delle lingue vocali. Poi dimostrata questa tesi, gli studi hanno cominciato ad evidenziare le differenze esistenti tra le lingue segniche e vocali, e tra le stesse lingue dei segni. (Pizzuto e Corazza, 1997). Infatti, contrariamente a quello che si può pensare, il linguaggio dei segni non è universale, anche se vi sono delle somiglianze tra lingue diverse e se la comprensione fra stranieri non udenti risulta più facile rispetto a quella tra parlanti lingue verbali. Esistono diverse lingue segniche, (per esempio la LSF la lingua dei segni francese; l ASL, la lingua dei segni americana; la LIS, lingua italiana dei segni, ecc.) oltre che differenze all interno di una stessa lingua (forme dialettali come nella lingue vocali.), (Caselli, Maragna Pagliari Rampelli, & Volterra, 1994; Corazza & Volterra, in V. Volterra, 1987). La lingua più studiata è stata l ASL ma in questi ultimi anni gli studi di altre lingue sia europee che orientali si sono moltiplicati, e hanno prodotto già risultati interessanti oltre che utili sul piano pratico. Gli studi sulle lingue segniche hanno portato a due assunti fondamentali: 1. la capacità linguistica è biologicamente ancorata nel patrimonio umano (acustico-vocale o visivo-gestuale). 2. il confronto tra le due modalità (segnica/vocale) può portare a evidenziare le proprietà indipendenti o dipendenti dalla modalità stessa e quindi a definire gli universali linguistici.

7 6 E evidente infatti che l esistenza di una forma comunicativa, con molte caratteristiche fondamentali di una lingua, ma che si esprime attraverso un altra modalità, prova che la capacità linguistica di comunicare è insita nella specie umana qualunque sia la modalità espressiva; inoltre gli studi sulla lingua segnica possono rivelare quali siano le strutture fondamentali del linguaggio e soprattutto quelle che sono dipendenti dalla modalità visivogestuale o vocale e quelle invece che risultano indipendenti (Corazza & Volterra, in V. Volterra, 1987 ). Comprendere questi processi aiuterà a capire meglio la facoltà di linguaggio e a confermare o respingere le varie teorie sull apprendimento e lo sviluppo della competenza linguistica. Anche l indagine sulla struttura cerebrale sottostante l uso della lingua di segni e di quella vocale può essere di grande aiuto per capire e spiegare i complessi rapporti tra sistema nervoso centrale e linguaggio. Da alcune ricerche infatti sembra che nei soggetti non udenti i compiti di riconoscimento e comprensione del segnato coinvolgano l emisfero sinistro del cervello, allo stesso modo che per gli udenti il riconoscimento e la comprensione del parlato. Questi risultati mostrano che i sistemi cerebrali coinvolti nella comprensione delle parole sono gli stessi anche per i segni, cioè vi è una specializzazione emisferica sinistra per stimoli linguistici, verbali o gestuali che siano. Anche alcuni dati clinici mostrano come soggetti segnanti sordi con lesioni all emisfero sinistro riportino danni di afasia segnica, mentre i compiti visuo-spaziali non subiscono deficit; se invece l emisfero colpito è il destro la situazione si inverte. (Caselli et al. 1994; Volterra, 1991). Un recente studio di un caso di lesione emisferica sinistra in un soggetto sordo segnante, (Corina Poisner, Bellugi, Feinberg, Dowd & O Grady- Batch, 1992) ha evidenziato come i sistemi sottostanti l organizzazione del linguaggio siano dissociati, separati, dai sistemi di organizzazione dei gesti, e come l emisfero sinistro sia specializzato per l analisi delle informazioni linguistiche, segniche o orali che siano. Il paziente con lesione emisferica sinistra non mostrava nessun disturbo nell articolazione motoria dei gesti e nella comprensione di compiti pantomimici, ma riportava gravi deficit nella comprensione e nella produzione dei segni. Questi deficit non dipendevano

8 7 da una complessità maggiore di articolazione per i segni perché i gesti pantomimici erano di uguale o maggiore complessità, con una sequenzialità e organizzazione che veniva eseguita senza difficoltà. La differenza tra segni e gesti risiede nel grado di composizionalità dei segni. La composizionalità è una caratteristica di tutte le lingue, orali o gestuali, che permette, attraverso un numero limitato di elementi ricorrenti, di costruire livelli sempre più gerarchicamente superiori dotati di significato. Nel caso osservato da Corina e i suoi collaboratori viene dimostrato come segni linguistici e gesti non linguistici coinvolgano sistemi neuronali specifici e separabili. Comunque i ricercatori ritengono sia evidente che possa esistere un livello di convergenza tra i due sistemi, data sia l alta sincronia tra gesti e sistema linguistico (nelle lingue parlate) sia l alta correlazione tra afasie e disturbi nel movimento (aprassie). Ricerche più datate sostenevano invece una più attenuata specializzazione emisferica nei sordi ed altre ancora sostengono una asimmetria cerebrale opposta nei sordi e negli udenti (Poizner & Battison, 1980). 2. Aspetti strutturali della Lingua Italiana dei Segni (LIS) Come da un numero ristretto di suoni senza significato (fonemi) si riesce a formare un vastissimo numero di parole, così da un ristretto numero di unità minime, chiamati cheremi, si possono formare un alto numero di unità significative, i segni. (Crystal, 1993). Dal punto di vista dell analisi linguistica l organizzazione sub-lessicale delle lingue dei segni è simile alla modalità verbale di comunicazione: possiede infatti un sistema morfologico-sintattico che permette di esprimere ciò che nelle lingue parlate corrisponde a preposizioni, articoli e ordine della frase. Le principali diversità tra la lingua dei segni e la lingua verbale sono la modalità con cui si esprime, l ordine nella frase (più flessibile nella lingua dei segni) e l elemento temporale: gli elementi che formano un segno infatti non sono temporalmente lineari ma simultanei o sovrapposti, in quanto possono utilizzare lo spazio in modo diverso, al contrario delle lingue verbali in cui invece una parola è composta da una sequenza lineare di elementi.

9 8 Per quanto riguarda lo studio della LIS, le ricerche in questo campo sono ancora poche anche se in continuo aumento: la prima difficoltà che si aggiunge è la situazione particolare italiana in cui non è possibile parlare ancora di una lingua italiana unica dei segni che riunifichi tutte le diverse variazioni regionali, di città o comunità distinte (Caselli Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994; Corazza & Volterra, in V. Volterra, 1987). In ciascun paese accanto alla lingua dei segni esistono altri sistemi che si situano a metà tra la lingua parlata e quella segnata: la lettura labiale: usata per la comunicazione tra sordi e udenti, ma in parte anche tra sordi per disambiguare certe situazioni; la dattilologia: cioè segni manuali che corrispondono alle lettere; la lingua segnata: che usa a livello di vocabolario i segni della LIS ma a livello grammaticale e sintattico segue la lingua parlata. Si può costruire una linea immaginaria in cui ad una estremità è posta la lingua italiana parlata (LI), poi in un continuum le altre forme di comunicazione, la dattilologia (DT), l italiano segnato (IS) e alla estremità opposta la lingua italiana dei segni (LIS) LI DT IS LIS (Adattamento da V. Volterra, 1981) 2.1 Parametri formazionali Seguendo l impostazione di Stokoe (Stokoe, 1960) l analisi di differenti lingue dei segni ha portato all individuazione di caratteri ricorrenti in esse. Si sono così evidenziati quattro parametri formazionali con cui si possono definire e distinguere i segni e che per la maggior parte degli studiosi costituiscono la base composizionale delle lingue segniche: 1. il luogo (lo spazio in cui si esegue il segno) 2. la configurazione (la forma che prendono le mani) 3. il movimento (il movimento che eseguono le mani)

10 9 4. l orientamento del palmo della mano (la posizione del palmo della mano, parametro aggiunto successivamente all analisi originaria di Stokoe). Nel caso in cui due segni si diversificano per uno solo di questi parametri, si parla di coppia minima. Nella LIS si sono individuati 15 luoghi, 26 configurazioni, 6 orientamenti, e 32 movimenti, (Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994) Il luogo in cui vengono eseguiti i segni è definito come spazio segnico: questo spazio si estende dall estremità del capo alla vita e da una spalla all altra.(tab.1) Nello spazio si possono usare una o due mani e si può avere contatto tra le mani e parti del corpo. Lo spazio segnico si può suddividere in parti più ristrette che caratterizzano i vari segni: 1. spazio neutro (di fronte al corpo del segnante); 2. faccia (su tutto il viso sono rari, ma esistono alcuni segni che ne occupano una parte); 3. parte superiore (area vasta suddivisibile in zone più specifiche come tempia, fronte, lato del capo o sopra al capo); 4. occhio (e area adiacente); 5. naso (soprattutto per i segni a una mano); 6. guancia (spesso a una mano con contatto); 7. orecchio (e area circostante) 8. bocca (labbra e area adiacente spesso a una mano); 9. mento (e sottomento); 10.collo; 11.spalla e tronco superiore (area diversa dal petto che risulta in posizione inferiore, le spalle corrispondono alla linea del tempo: il passato viene segnato dietro le spalle il futuro davanti); 12.petto; 13.tronco inferiore e anca (i segni eseguiti in questa area sono numerosi, mentre al di sotto dell anca non esistono segni, se si escludono quelli per indicare le gambe o altre parti del corpo inferiori); 14.braccio inferiore e superiore (dalla spalla al polso, di solito ad una mano) 15.polso (generalmente c è contatto con l altra mano. La posizione del polso è sempre prona quindi non c è un ulteriore distinzione come esiste invece

11 10 in ASL o BSL. (Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994; Crystal, 1993; Verdirosi, in V. Volterra, 1987). Tabella 1. Lista dei 15 luoghi della LIS (Adattato da Caselli et al. 1994) Le mani possono eseguire, da un punto di vista motorio, moltissime configurazioni diverse, che però non sono tutte utilizzate in LIS per eseguire i segni.(tab.) Non tutte le lingue infatti usano le stesse configurazioni, inoltre anche la frequenza d uso può variare per una stessa configurazione tra lingue dei segni diverse. Per esempio la configurazione W (cioè l indice il medio e l anulare estesi) viene utilizzata in molti segni oltre che nella numerazione nell ASL e nel BSL, mentre nella LIS tale configurazione non viene mai usata in quanto è sostituita dalla configurazione 3 in cui viene esteso il pollice l indice e il medio. Le configurazioni vengono chiamate con lettere dell alfabeto e numeri, a volte insieme a simboli, che però variano da una lingua dei segni all altra. Spesso esistono varianti di configurazioni che non cambiano il significato di un segno, mentre altre volte la variante è obbligatoria e quindi ne modifica il significato. Per esempio nella configurazione della mano chiusa a pugno (B) l estensione del pollice è

12 11 richiesta in caso di contatto. (Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994; Corazza & Volterra, in V. Volterra, 1987). Tabella 2. Lista delle 26 configurazione LIS.(Adattato da Caselli et. al 1994) Esistono configurazioni che vengono usate esclusivamente come classificatori, per es. il pollice e l indice estesi parallelamente classificano oggetti a forma di striscia o con poco spessore. Altre configurazioni sono invece usate esclusivamente per rappresentare lettere dell alfabeto. A questo proposito è opportuno segnalare che l alfabeto manuale varia da paese a paese, anche se attualmente è stato elaborato anche un alfabeto internazionale, conosciuto per di più dai giovani segnanti. (Radutzky, 1987) L uso delle lettere dell alfabeto risulta utile per i nomi propri o difficili o poco conosciuti, a parte ciò la dattilologia in generale è poco usata in Italia

13 12 dai non-udenti rispetto ad altri paesi. Alternativamente le lettere dell alfabeto possono anche avere una funzione di inizializzazione cioè viene segnata la prima lettera della parola configurata successivamente o simultaneamente. Per esempio la lettera C per coca cola, oppure per i giorni della settimana o luoghi specifici o nomi di persona. (Radutzky, 1987) Ci sono segni con configurazioni e luoghi molto simili che però si differenziano per il tipo di movimento. Il movimento della/e mani è stato suddiviso in 4 categorie di tratti: 1. direzione: cioè dove si spostano le mani ( in avanti, verso l alto, ecc..); 2. maniera: indica come le mani si muovono, infatti può avvenire un movimento circolare o arcuato o ellittico in senso orario o antiorario, ondulatorio ecc.. Se la maniera non è specificata allora è implicito un movimento in linea retta; 3. contatto: può avvenire contatto col corpo all inizio, alla fine o durante l esecuzione e può essere un contatto singolo o continuo o ripetuto. Il contatto avviene con tutta la mano o con le sole dita o le punte delle dita; 4. interazione: specifica il rapporto tra le due mani, accostamento divisione, incrocio, presa o inserimento. Importante risulta essere la posizione delle mani prima che inizi il movimento: infatti l orientamento del palmo e la posizione del polso in partenza vengono considerati specificatamente, anche se non fanno parte dei parametri formazionali fondamentali. Questo parametro minore, è definito come rapporto che le mani hanno con il corpo e tra loro nello spazio, nella parte iniziale del segno. Il palmo della mano infatti può avere un orientamento diverso, verso l alto o il basso, a destra o sinistra, verso il segnante o in avanti. (Radutzky & Santarelli, in V. Volterra, 1987; Caselli, Maragna, Pagliari e Volterra, 1994). Vi sono altri movimenti cruciali che non riguardano le mani, ma il volto, il collo e le spalle: questi movimenti hanno una grandissima importanza e sono chiamati movimenti non-manuali. Infatti la postura del corpo, l espressione,

14 13 il movimento del capo, lo sguardo e le spalle coagiscono alla produzione e alla comprensione dei segni manuali. Tali elementi non-manuali sono fondamentali in tutte le lingue studiate, indispensabili per capire, sia i singoli segni, che le frasi complesse. Un diverso movimento non manuale può cambiare il significato di un segno o di una intera proposizione. Espressioni facciali appropriate, sono richieste nella maggior parte dei segni come parte integrante del significato: per esempio in tutti i segni che esprimono sentimenti emozioni o che indicano aggettivi (GRASSO, MAGRO ecc.) 1. Anche il movimento della bocca (componente orale) può accompagnare il segno per evidenziarne qualche caratteristica, o per disambiguarne il significato. Le spalle sono importanti per esprimere alcune caratteristiche di significato dei segni: per esempio nel segno PICCOLISSIMO, le spalle si chiudono. Gli avverbi vengono spesso espressi attraverso questa componente nonmanuale, come nell espressione vedere improvvisamente in cui il viso ha una espressione sorpresa e il corpo si sposta all indietro in segno di stupore. A livello frasale le componenti non manuali giocano un ruolo importante per esprimere l intonazione (affermativa o interrogativa) o particolari congiunzioni proposizionali. Altre modulazioni del verbo sono espresse con specifici cambiamenti di postura del segnante. 1 Notazione usata nella discussione di questa ricerca: SEGNI: lettere maiuscole rappresentano la glossa italiana per i segni. La glossa rappresenta il significato della forma citazionale del segno, fuori dal contesto. (segni): parole minuscole tra parentesi tonde rappresentano la traduzione italiana del segno o della frase) sr [ : segnala l inizio di uno spostamento referenziale. ]: segnala la fine di uno spostamento referenziale Parole : parole maiuscole o minuscole tra virgolette indicano parole o frasi citate.

15 14 Tali elementi sono fondamentali, come vedremo in seguito, per comunicare racconti o discorsi riportati in cui sono presenti più soggetti. Gli indici pronominali possono essere espressi dallo spostamento dello sguardo e della postura o da particolari espressioni facciali. (Franchi, in V. Volterra, 1987; Caselli, Maragna, Pagliari e Volterra, 1994). Questo argomento sarà approfondito nelle pagine successive. 2.2 Aspetti morfo-sintattici Esistono specifiche regole morfologiche e sintattiche che distinguono le lingue dei segni e le caratterizzano come vere e proprie lingue diverse da altre forme comunicative come pantomima o sistemi gestuali. Per quanto concerne la morfologia dei nomi e dei verbi occorre osservare che nella lingua italiana dei segni i sintagmi nominali e i verbi vengono divisi in varie classi. Queste distinzioni fonologiche si riflettono sul comportamento morfologico dei segni. Classificazione e comportamento morfologico dei nomi I nomi sono suddivisi in due classi: la prima classe comprende quei nomi che hanno come luogo di articolazione punti diversi del corpo del segnante (per esempio il segno donna o telefono ), mentre la seconda classe comprende i nomi che avvengono nello spazio neutro (per esempio città ). La formazione del plurale si esprime aggiungendo un segno avverbiale che significa tanti/molti per i nomi che appartengono alla prima classe, mentre non è possibile fare lo stesso con i nomi della seconda classe. In quest ultimo caso infatti viene ripetuto il segno modificando il luogo di articolazione e in parte anche il movimento (rispetto alla forma citazionale). (Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994; Pizzuto, in V. Volterra, 1987). Tipologia e comportamento morfologico dei verbi

16 15 La distinzione in tre classi per i verbi, invece, riguarda sia il luogo di articolazione diverso sia il movimento che può avvenire tra due punti oppure in un solo punto di articolazione. La prima classe comprende i verbi che hanno come luogo di articolazione i diversi punti del corpo del segnante (per esempio il segno PENSARE). La seconda classe comprende verbi che hanno come luogo di articolazione lo spazio neutro e sono caratterizzati da un movimento fra due punti di articolazione nello spazio segnico. (per esempio il segno REGALARE) La terza classe è definita da quei verbi che sono articolati nello spazio neutro ma il cui movimento è limitato ad un solo punto di articolazione cioè non hanno una direzionalità.( per esempio il segno ROMPERE). Queste differenze fonologiche hanno un riflesso sul comportamento dei verbi in particolare sul modo in cui vengono specificati i loro argomenti. Con i verbi della prima classe si usa il pronome attraverso l indicazione della persona soggetto: per esempio io mangio si segna indicando il segnante e poi il verbo mangiare, quindi IO MANGIARE. Mentre con i verbi appartenenti alla seconda classe, invece è possibile tralasciare il pronome personale e la forma citazionale può essere variata con alterazioni equivalenti alle flessioni o coniugazioni dei verbi nelle lingue vocali. Per esempio viene modificato il movimento che parte e arriva in luoghi diversi dalla forma citazionale: nel segno io ti regalo, il segno si muove dal corpo del segnante a quello dell interlocutore mentre tu mi regali dall interlocutore al segnante. Ugualmente flessivi sono i verbi della terza classe in cui la flessione avviene nel cambiamento di luogo di articolazione e dato che possiedono solo un luogo di articolazione a differenza della seconda classe, possono specificare un solo argomento. I verbi e quindi le azioni hanno anche una caratteristica temporale: il passato viene espresso da un segno che potrebbe essere tradotto in fatto (MANGIARE FATTO = mangiato ) che viene prodotto alla fine del verbo. Interessante in questo caso è vedere come lo stesso sistema viene utilizzato anche dalle lingue asiatiche.

17 16 Altri segni temporali (avverbi ed espressioni temporali, come domani, poco fa, l altro ieri ecc.) invece vengono eseguiti in relazione ad una linea temporale immaginaria che passa attraverso le spalle: segni riferiti al passato vengono eseguiti muovendo verso la spalla del segnante, quelli riferiti al futuro si muovono invece dalle spalle in avanti. (Caselli Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994; Pizzuto, in V. Volterra, 1987) Le preposizioni Un altro aspetto morfologico interessante è l uso delle preposizioni: esistono in LIS dei segni che in parte corrispondono alle preposizioni di e con, ma si distinguono per funzione: il di di possesso viene espresso con il segno corrispondente all aggettivo possessivo (per esempio nella frase: l auto di mamma viene eseguito il segno di MAMMA poi AUTO poi SUA); questo si diversifica dal di di materia che non va tradotto letteralmente nelle traduzioni italiano-lis (lo stesso vale per il con di compagnia che viene tradotto a differenza del con strumentale). A volte la preposizione viene inglobata nel verbo e non deve essere specificata separatamente come invece accade in italiano (per esempio il segno tagliare con le forbici ), (Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994). Anche qui si possono notare analogie con altre lingue vocali straniere per esempio le lingue slave, in cui spesso il significato della proposizione è insito nei casi grammaticali. La stessa cosa avviene nel latino. L ordine frasale Sul piano sintattico la LIS possiede regole precise in parte analoghe all italiano parlato, ma in parte specifiche per la modalità. Uno degli aspetti sintattici più studiati è l ordine dei segni nella frase. Lo studio di questo aspetto può evidenziare l influenza della modalità usata (gestuale/vocale) sull ordine della frase e verificare se tale fattore appartiene alla categoria degli universali linguistici.

18 17 Laudanna e Volterra (1991) hanno chiesto a un gruppo di udenti e un gruppo di sordi di descrivere dei disegni: il primo gruppo doveva descrivere oralmente le vignette, mentre il secondo gruppo doveva mimarle. Il gruppo di sordi doveva descriverle utilizzando la LIS. Attraverso una comparazione incrociata si sono cercate risposte sulle possibili influenze modali e su eventuali analogie tra i diversi tipi di comunicazione. La lingua dei segni risulta analoga alla lingua parlata per il grado di sistematicità e regolarità della struttura. Allo stesso tempo però la produzione pantomimica, anche se manca di sistematicità rispetto alla LIS, presenta con quest ultima alcune analogie interessanti circa l ordine frasale e ciò indica una influenza notevole della modalità sulla struttura. L uso dello spazio in particolare, oltre a elementi morfologici e semantici, rende flessibile la sequenza canonica Soggetto- Verbo-Oggetto nella LIS. Per particolari tipi di frasi (per es. locative e possessive) l ordine si diversifica molto dalle lingue parlate e risulta analogo alla pantomima. Ci sono quindi delle differenze e delle analogie nell ordine dei segni sia rispetto alla lingua parlata che alla pantomima. I risultati comunque confermano precedenti studi, in cui si evidenziava una influenza notevole della modalità sulla struttura della frase, ma sottolineano anche come tale influenza non sia distribuita in modo omogeneo su ogni tipo di struttura. Le limitazioni imposte da fattori linguistici e modali differiscono a seconda del tipo di struttura semantica considerata. Uno studio recente svolto in questa direzione (Bandini & Galassi, 1995) ha ribadito tali conclusioni anche se con alcune differenze. La ricerca voleva evidenziare il rapporto tra modalità e ordine frasale; erano stati osservati soggetti udenti che non conoscevano la lingua dei segni mentre mimavano frasi ascoltate o fumetti, corrispondenti a tre tipi di proposizioni: reversibili, irreversibili e locative. Le osservazioni hanno sottolineato come la modalità avesse una influenza sull ordine dei segni nella frase. Nelle frasi locative l ordine era quasi sistematicamente Oggetto- Soggetto-Verbo (cioè punto di riferimento, oggetto locato e relazione).

19 18 Per le frasi reversibili si trovarono risultati contrari agli studi precedenti, infatti gli ordini più frequenti furono Soggetto-Oggetto-Verbo o Oggetto- Soggetto-Verbo. In generale comunque i soggetti tendevano a cambiare l ordine degli elementi nella frase anche se non in tutte le frasi presentate. Ciò può indicare una influenza della modalità verbale usata prevalentemente e quotidianamente dai soggetti udenti ma allo stesso tempo evidenzia che l ordine viene fortemente influenzato anche dalla modalità usata (visivogestuale). Ulteriori studi sono necessari per chiarire meglio questo elemento in particolare per verificare possibili differenze tra lingue dei segni diverse e possibili differenze di tipo contestuale che altri studi non hanno permesso. (Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994; Laudanna, in V. Volterra, 1987; Laudanna & Volterra, 1991) 2.3 Iconicità/Arbitrarietà La lingua dei segni ha avuto grandi difficoltà ad essere considerata una vera lingua anche per il fatto che la si considerava non arbitraria e iconica. Se così fosse, ogni persona che non conoscesse per es. la LIS dovrebbe riuscire a capire senza difficoltà un sordo mentre segna: l esperienza mostra che non è così, e che per imparare una lingua dei segni occorrono anni di studio sistematico e di pratica come per una qualsiasi altra lingua straniera vocale. Il problema si presenta complesso in quanto è senza dubbio evidente che alcuni segni presentano un rapporto di iconicità con il loro referente. Ci sono tre posizioni principali: per alcuni autori l iconicità è intrinseca nel segno diversamente dalle lingue parlate (Friedman, in Pizzuto et al 1995); per altri invece l iconicità è solo a livello superficiale e a un livello più profondo rimane l arbitrarietà del linguaggio come nelle lingue parlate (Klima & Bellugi; Padden; Supulla; Corazza, in Pizzuto et al. 1995); altri ancora sostengono che sia l iconicità che l arbitrarietà contribuiscono nella lingua dei segni e sono da porre in un continuum

20 19 (Boyes-Braem; Boyes-Braem, Fournier, Rickly, Corazza, Franchi & Volterra; Corazza & Volterra, in Pizzuto et al. 1995). Alcune ricerche hanno sottolineato come l apparente trasparenza di questi segni, sia in realtà poco frequente. In uno dei primi studi si chiese a dieci persone udenti di indovinare il significato di 90 segni: solo 9 furono le risposte corrette, mentre per i restanti 81 segni i soggetti non furono in grado di riconoscerne il significato. (Bellugi e Klima, in Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994) In un altro studio si è chiesto a soggetti udenti che non conoscevano la lingua dei segni di indovinare il significato di un segno scegliendolo da una lista di possibilità. Anche in questo caso le risposte corrette furono solo il 18%,(Bellugi e Klima, in Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994) In una ulteriore ricerca si mostrarono a soggetti udenti sia i segni che le corrispettive traduzioni, e si chiese loro di dare una spiegazione sulla relazione tra segno e significato. In questo caso i soggetti hanno fornito risposte analoghe per più della metà dei segni presentati(bellugi & Klima, in Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra 1994). Gli autori hanno così chiamato questa caratteristica dei segni (possibilità di poter ricostruire il rapporto tra segno e significato) con il termine di translucidità. Molto spesso però il segno cambia nel tempo e viene modificato diventando così più staccato dal riferimento originario (es. il segno CASA in ASL). Alcuni segni invece sono rimasti legati a referenti che non esistono più a causa di trasformazioni tecnologiche, storiche e culturali (es. TELEFONO in ASL). Esiste quindi un elemento di iconicità che risulta comunque marginale, a volte non più ricuperabile, per la comprensione dei segni. (Frieshberg; Klima e Bellugi, in Caselli et al. 1994) Le metafore visive sottostanti alle configurazione cambiano da comunità a comunità sottolineando ancora una volta l aspetto comunque arbitrario delle lingue dei segni. (es. il segno CARTA). (Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra 1994).

21 20 Una recente analisi ha considerato l aspetto iconico nei termini spaziotemporali che sembra essere evidente nella LIS (come in tutte le lingue segniche): lo scopo di questa ricerca è quello di esplorare l interazione tra iconicità e simbolismo nel lessico e di capire cosa la lingua dei segni e quella parlata condividono e/o in cosa invece si diversificano per quel che riguarda l iconicità. (Pizzuto, Cameracanna, Corazza & Volterra, 1990) Senza soffermarci sui dati specifici e sulle analisi dettagliate, la ricerca ha concluso che le metafore visive sottostanti l uso di termini spazio-temporali sono le stesse sia nelle lingue segniche che nelle lingue vocali. La componente iconica infatti sembra derivare dalla nostra esperienza percettivo-motoria: anche nelle lingue parlate la linea del tempo sembra passare per il nostro corpo, e seguire una direzione analoga e quindi un uso spaziale comparabile a quello usato per le lingue dei segni: il futuro è visto come spazialmente in avanti, mentre ciò che è passato lo si colloca direzionalmente dietro a noi. Non a caso molte forme idiomatiche o metaforiche nelle lingue parlate utilizzano questo sistema: guardare indietro nel passato, guardare avanti negli anni a venire tutto ciò è ormai dietro alle nostre spalle ecc. Allo stesso tempo però è indiscutibile che la manifestazione superficiale della metafora sia in LIS ben visibile, mentre il suono, apparentemente più arbitrario del linguaggio parlato, la renda opaca. (Pizzuto, Cameracanna, Corazza e Volterra, 1995). Come si spiega in questo contesto la maggior facilità di comprensione tra non udenti di nazionalità diverse? Molteplici studi hanno evidenziato come ciascuna lingua dei segni sia costituita da tre nuclei di segni: un piccolo nucleo di segni pantomimici comprensibile a tutti (udenti e non -udenti); un secondo nucleo definibile come una forma di pantomima codificata, spesso comune alle lingue dei segni; un terzo nucleo che comprende segni caratteristici e tipici di una lingua dei segni, chiamati forme lessicali opache.

22 21 Le persone che non conoscono il linguaggio dei segni riusciranno a capire solo i segni che appartengono al primo nucleo, mentre chi conosce le lingue dei segni comprenderà anche quelle del secondo. Il terzo nucleo verrà compreso solo dai soggetti che conoscono quella particolare lingua dei segni (Boyes-Braem; Corazza e Volterra, in Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994; Volterra, 1991). 3. Aspetti evolutivi Appare straordinario come i bambini apprendano senza particolari difficoltà e in modo assolutamente spontaneo la capacità comunicativolinguistica senza una evidente intenzione pedagogica da parte dell adulto. Il bambino dispone di un contesto interno, cioè di tutta una serie di predisposizioni innate, che includono capacità cognitive e percettive, oltre che disposizioni, che lo predispongono da subito all interazione sociale. Il neonato infatti ha già delle capacità percettive e discriminative (si pensi alla preferenza per i volti umani, o alla capacità di discriminare i suoni non linguistici) oltre a capacità comunicative specifiche (sistemi di segnalazione) anche se non ancora intenzionali (il pianto e il sorriso per esempio). Tutto ciò interagisce con il contesto esterno, inteso come ambiente linguistico e sociale che offre la possibilità di apprendere una lingua e influenza il modo e il tempo in cui avviene tale apprendimento. Nel primo anno di vita il bambino non utilizza ancora una forma linguistica strutturata, comunque la fase pre-linguistica dello sviluppo non è certamente anche pre-comunicativa. I sistemi pre-verbali del neonato costituiscono quel patrimonio che permetterà al bambino di affinare le tecniche e le strategie comunicative e di interazione, che saranno poi una base necessaria e indispensabile in cui si innesterà il successivo sviluppo verbale-linguistico. La competenza comunicativa si sviluppa a partire da una predisposizione innata del bambino all interazione con gli altri. L adulto in tutto ciò occupa una funzione di scaffolding (Di Blasio, 1995) di sostegno che risulta di fondamentale importanza per ogni fase di sviluppo.

23 22 Inizialmente l adulto ha il ruolo di fonte di stimolazione e di interprete dei comportamenti-segnale del bambino: in questa fase egli costruisce la comunicazione comportandosi come se il bambino avesse intenzionalità. Poi nelle fasi successive l adulto costituisce un supporto fondamentale per affinare sempre più le capacità linguistiche in tutti i suoi aspetti, e per agevolare il passaggio verso una comunicazione di tipo decontestualizzato. Ambiente esterno (stimoli linguistici e sociali), e ambiente interno (capacità cognitive e predisposizioni innate del bambino) interagiscono in una influenza reciproca e in un rapporto di adattamento circolare continuo. (Ricci Bitti, Zani, 1983; Di Blasio, 1995). E evidente che in presenza di un deficit percettivo uditivo, l apprendimento linguistico vocale non può svilupparsi in modo così spontaneo e naturale : ma ciò non implica che il bambino sordo non sia in grado di acquisire un linguaggio. La capacità di apprendere un linguaggio è una facoltà innata che distingue la specie umana dalle altre specie animali, ma che anche se profondamente ancorata alla matrice biologica ha bisogno di un ambiente linguistico adeguato per realizzarsi entro un periodo di età critico. Ciò non implica che sia legata ad una modalità specifica. Il fatto di non riuscire ad udire suoni, non impedisce al bambino sordo di poter apprendere una lingua. Ciò che cambia è la modalità in cui verrà espressa tale lingua che non utilizzerà il canale uditivo deficitario ma il canale visivo. Ovviamente occorre un ambiente ricco di stimolazioni adeguate come avviene nel caso del bambino udente, quindi bambini sordi esposti alla lingua dei segni fin dalla nascita, apprendono tale lingua come lingua madre in modo naturale e spontaneo come i bambini udenti apprendono la lingua vocale. Alcuni studi hanno confrontato lo sviluppo linguistico in bambini sordi e udenti: si è verificato che gli stadi fondamentali di acquisizione della lingua dei segni e della lingua vocale sono fondamentalmente gli stessi e vengono raggiunti alla stessa età (tabella 3). Esiste poi in tutti i bambini (udenti e non) una equipotenzialità tra modalità gestuale e vocale nel primo stadio di sviluppo: la successiva

24 23 acquisizione del linguaggio dipende dalla modalità a cui il bambino viene esposto. Bambini sordi che nascono da genitori sordi segnanti non avranno difficoltà ad apprendere la lingua segnata. Spesso però bambini sordi nascono da genitori udenti non segnanti, e questo porta ad un impoverimento dell ambiente a cui è esposto il bambino che sarà causa in seguito di una difficoltà maggiore di apprendimento linguistico-cognitivo. L ambiente in cui vive il bambino sordo in questi casi è inadeguato e impreparato alle sue capacità. Ma, nonostante si trovi in un ambiente linguistico impoverito e inadeguato, il bambino sordo, non esposto alla lingua dei segni, impara comunque un sistema gestuale spontaneamente. Occorre sottolineare comunque che i segni utilizzati in questo caso non risultano di uguale ricchezza, e la capacità combinatoria compare ad una età cronologicamente più avanzata rispetto ai bambini esposti ad una lingua dei segni. I bambini udenti, figli di genitori sordi, esposti sia a input vocale che alla lingua dei segni, acquisiscono entrambe le lingue. Questa situazione di bilinguismo avviene se si rispettano alcuni principi generali, per esempio la regola una persona una lingua per evitare mescolanze. Occorre anche operare in modo che l input linguistico nei due codici sia ben bilanciato e risulta necessario che al bambino sia data l opportunità di interagire in ognuno dei codici con interlocutori diversi e in contesti motivati. Questo vale per i bambini udenti che acquisiscono due lingue vocali, o una lingua dei segni e una parlata e presumibilmente anche nei bambini sordi che acquisiscono due lingue dei segni. Ma se si considera il bambino sordo che impara sia la lingua parlata che una lingua dei segni si evidenzia una differenza importante: non si troveranno mai situazioni di bilinguismo simultaneo. In questi casi i due codici non sono equivalenti, infatti la lingua dei segni può essere acquisita in modo spontaneo mentre la lingua parlata viene appresa solo attraverso un lungo e faticoso processo in quanto il canale tramite il quale si esprime non è integro.

25 24 Tabella 3. Fasi di sviluppo comunicativo-linguistico di un bambino sordo e un bambino udente esposti rispettivamente ad una lingua dei segni e una lingua vocale. (Adattamento di Caselli et al. 1994) età in mesi bambino udente bambino sordo 0-3 NON INTENZIONALE pianto, suoni fisiologici pianto, suoni fisiologici 3-7 suoni più articolati, movimenti, vocalizzazioni e lallazione. INTENZIONALE suoni più articolati, movimenti, vocalizzazioni e lallazione. Mancanza di un feed back acustico che porta ad una differenza di produzioni sonore rispetto al bambino udente prime parole (ancora altamente legate al contesto e quindi non veri e propri simboli ma segnali) e primi gesti deittici. primi gesti deittici. (ancora altamente legate al contesto e quindi non veri e propri simboli ma segnali) Un solo sistema lessicale, non compaiono sovrapposizioni.(se esiste un gesto per casa, non c è la parola corrispondente e viceversa. Due intenzioni principali: denominazione e richiesta. Due intenzioni principali: denominazione e richiesta Decontestualizzazione dei segnali usati sia vocali che gestuali: i gesti deittici si trasformano in gesti referenziali o segni, e le espressioni vocali in vere e proprie parole decontestualizzate. Combinazione di più simboli: gesto deittico gesto + deittico gesto deittico + parola gesto deittico + segno parola + segno parola + parola Decontestualizzazione dei gesti che da deittici si trasformano in referenziali o segni veri e propri. Combinazione di più simboli: gesto deittico + gesto deittico gesto deittico + segno segno + segno

26 25 In linea teorica si può sostenere quindi che i bambini sordi possano imparare prima la lingua dei segni in modo naturale e più tardi la lingua parlata e scritta diventando bilingui. Anche se è vero che l acquisizione di una prima lingua (in questo caso dei segni) è un fattore indispensabile per un corretto sviluppo cognitivo e crea la base per apprendere una seconda lingua, occorre considerare che l apprendimento della lingua parlata avviene attraverso un canale deficitario e le competenze raggiunte in una lingua non si trasferiscono automaticamente all altra. Rimane quindi aperto il problema di come insegnare in modo efficace la seconda lingua e come creare condizioni favorevoli per permettere l acquisizione della prima lingua. (Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994; Volterra, 1981; Volterra, 1991). Questo ultimo quesito ci porta a formulare alcune considerazioni per quanto riguarda le implicazioni didattiche. 4. Studi e ricerche, le nuove tecnologie. Da molti anni è evidente che gli strumenti delle nuove tecnologie, in particolare quella informatica, sono risultati di estrema utilità ed importanza per l integrazione nella società di portatori di deficit. Un campo particolarmente proficuo in questo senso è l utilizzazione del computer per l educazione al linguaggio, per bambini sordi. L apprendimento della lingua parlata richiede un iter impegnativo e difficoltoso oltre che lungo per il bambino sordo. Fino a pochi anni fa si riteneva indispensabile, per poter accedere alla prima istruzione, una conoscenza della modalità acustico-vocale della lingua, e questo portava i bambini sordi ad entrare nel processo educativo in modo parziale e tardivo rispetto agli udenti, creando in questo modo un ulteriore deficit. Oggi si ritiene invece che l acquisizione della lingua parlata sia facilitata dalla conoscenza di una lingua appresa in modo spontaneo e naturale (la lingua dei segni) e quindi sia di fondamentale importanza per uno sviluppo corretto e una integrazione maggiore nella società.

27 26 L uso di un personal computer facilita nel bambino sordo l accesso sia ai contenuti proposti dalla scuola sia parallelamente al faticoso processo di acquisizione della lingua parlata attraverso l utilizzazione della modalità visivo-manuale. Il computer di per sé è per i bambini stimolante e suscita interesse. Oltre ai già noti programmi di video scrittura utilizzati per bambini udenti e sordi, esistono alcuni programmi creati appositamente per il bambino sordo e le sue specifiche capacità e difficoltà. Ad esempio il programma chiamato Speechviewer permette di visualizzare in tempo reale le caratteristiche acustiche della voce. Sul video appare un clown la cui bocca, per esempio, si allarga o si rimpicciolisce a seconda dell intensità sonora. Altri programmi sono basati su risultati di ricerche condotte sulla competenza linguistica dei bambini e adulti sordi. Si è osservato infatti che sia i bambini che gli adolescenti, anche se con differenze individuali, hanno molta difficoltà nell apprendimento e nell uso corretto della morfologia libera come preposizioni, articoli e pronomi. (Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994; D Amico, 1994) Queste particelle hanno caratteristiche particolari che ne rendono complicato l uso e la comprensione. I morfemi liberi infatti sono spesso privi di riferimento semantico, la loro funzione varia continuamente e la loro interpretazione e comprensione richiede capacità di inferenza sul contesto frasale e familiarità con il loro uso. Per questo motivo sono stati creati appositi programmi per facilitarne l apprendimento e permettere al sordo una acquisizione graduata e contestuale di questi aspetti morfosintattici dell italiano. (Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994). Fra questi programmi si colloca Gli animali della Savana, un programma multimediale in cui, scegliendo tra diverse icone, si possono osservare fotografie e filmati insieme ad un testo scritto, oppure l immagine di una persona sorda che spiega e commenta in lingua dei segni le immagini o il testo appena visto. Questa applicazione multimediale, permette un ambiente di apprendimento volto a migliorare la competenza linguistica e contemporaneamente a

28 27 facilitare l acquisizione di nuove informazioni. (Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994). Ci sono poi progetti di reti telematiche, che permettono a bambini sordi inseriti in diverse scuole di comunicare tra loro attraverso un computer: si può così facilitare ed incentivare una comunicazione fra pari, in forma colloquiale e in un contesto reale. In questa ottica esiste per esempio un dispositivo telefonico, il DTS consistente in una tastiera e un display che permette di visualizzare immediatamente i messaggi trasmessi. In questo modo oltre ad avere una più forte motivazione a scrivere e leggere si mette il bambino o ragazzo sordo in grado di imparare uno stile linguistico comunicativo di tipo colloquiale e di vita pratica da cui di fatto è spesso escluso. Un altro esempio di quanto possano essere utili le nuove tecnologie è l utilizzo di sottotitoli nei programmi televisivi. (Caselli, Maragna, Pagliari Rampelli & Volterra, 1994). Le possibilità sono molteplici e in via di sviluppo, non solo per quel che riguarda l apprendimento, ma anche per rendere più agevole e socializzata la vita sociale e quotidiana della comunità minoritaria sorda all interno di una comunità udente.

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