COMUNE DI SORRENTO PROVINCIA DI NAPOLI

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2 COMUNE DI SORRENTO PROVINCIA DI NAPOLI MIGLIORAMENTO DELLE CARATTERISTICHE DI STABILITÀ E SICUREZZA DEL TERRITORIO: Interventi urgenti di mitigazione del rischio idrogeologico in ambito urbano PROGETTO PRELIMINARE RELAZIONE ILLUSTRATIVA 1) DESCRIZIONE DELL'INTERVENTO 1.a) Premesse La misura 1.5 del P.O.R. Campania si propone, tra l altro, di procedere all attuazione di interventi strutturali e non strutturali sul territorio regionale interessato da elevato rischio idrogeologico al fine di migliorare la stabilità e la sicurezza dei centri urbani e delle aree produttive, tutelando, altresì, le infrastrutture di comprovata importanza. Sul B.U.R.C. n. 50 del è stato pubblicato il Bando di attuazione della predetta misura per gli interventi cofinanziati dal FESR relativi al Miglioramento delle caratteristiche di stabilità e di sicurezza del territorio che prevede la possibilità per gli Enti Locali di beneficiare di contributi (fino all importo massimo di ,00 Euro per ciascun comune) per la realizzazione delle opere di risanamento e stabilisce i requisiti di ammissibilità delle domande di finanziamento e la relativa procedura di presentazione (le istanze devono essere

3 corredate del progetto preliminare delle opere da finanziare e della documentazione comprovante la coerenza con la pianificazione di bacino e la classificazione dell area interessata dall intervento). Per la definizione delle priorità di intervento in relazione al limite finanziario stabilito nel bando, l Amministrazione Comunale si è riferita al Piano degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico in Penisola Sorrentina e sull Isola di Capri, redatto dall Autorità di Bacino del Sarno ed approvato dal Comitato Istituzionale nella seduta del 4 aprile 2002, comunicando alla stessa Autorità di Bacino, con nota prot del , l individuazione degli interventi n. 40 (Atigliana-Cesarano), n. 45 (Marina Piccola), n. 47 (Nastro Azzurro-Zatri) e n. 51 (Vallone dei Mulini), e tanto al fine di ottimizzare le risorse disponibili senza correre il rischio di infruttuose duplicazioni in relazione alle programmazioni curate direttamente dall Autorità. Alla predetta comunicazione hanno fatto seguito contatti informali con i funzionari dell Ente che hanno confermato l individuazione effettuata e riscontri sopralluogo che hanno consentito di accertare un precedente intervento (probabilmente effettuato dall A.N.A.S) nella zona Nastro Azzurro-Zatri che di conseguenza è stata esclusa. Come si vedrà diffusamente nel seguito, questa individuazione delle zone di intervento scaturisce, nel rispetto delle indicazioni del bando regionale, dall analisi delle situazioni a rischio più elevato, laddove il concetto di rischio deve essere inteso come rischio totale, basato cioè sulla combinazione di più fattori sia di carattere tecnico (nel caso specifico pericolosità e vulnerabilità di natura idrogeologica), che di tipo socio-economico (valore degli elementi, persone e beni, e- sposti al rischio). Il quadro dei fabbisogni e delle esigenze scaturente dalla suddetta individuazione è risultato ancora troppo ampio in relazione al limite superiore finanziario assegnato, per cui al predetto criterio è stato affiancato l obiettivo di rimuovere le situazioni che presentano un elevatissimo grado di rischio attuale, nel senso che sono caratterizzate da fenomeni di dissesto recenti o in corso ricadenti in area urbanizzata con un elevato grado di rischio per le infrastrutture pubbliche, per gli insediamenti produttivi, per i beni storici monumentali e per il numero di persone potenzialmente coinvolte. 2

4 Questa analisi ha indicato come interventi prioritari la sistemazione del vallone Atigliana-Cesarano, il risanamento del costone tufaceo a Marina Piccola e la sistemazione del Vallone di Mulini, tutti relativi a dissesti che hanno riflessi su aree densamente abitate o su infrastrutture viarie o portuali di importanza strategica e affollate quotidianamente da migliaia di persone. Detti interventi, peraltro, costituiscono il completamento di alcuni interventi avviati da alcuni anni dal Settore Difesa del Suolo e Genio Civile della Regione Campania, dal Settore Difesa del Suolo dell Amministrazione Provinciale di Napoli, dall Autorità di Bacino del Sarno, dalla Comunità Montana Monti Lattari Penisola Sorrentina e dallo stesso Comune di Sorrento, e si prefiggono l obiettivo dell eliminazione del rischio nelle zone di intervento. Essi, poi, concorrono a generare uno sviluppo sostenibile attraverso interventi di ingegneria naturalistica e ricadono in aree incluse nella rete Natura 2000 (SIC IT relativo alla fascia costiera). Il particolare ruolo che Sorrento ricopre nello scenario turistico internazionale consente di ipotizzare l apporto di finanziamenti privati (project financing) per la valorizzazione e la fruizione dei valloni attraverso la riqualificazione di un percorso storico-naturalistico che consenta l accesso agli imponenti resti dei vecchi mulini, al godimento di scorci paesaggistici con lo sfondo dell antica cinta muraria che hanno ispirato i vedutisti ottocenteschi ed al contatto con un repertorio botanico che comprende specie rarissime. In tal senso l Amministrazione Comunale sta promuovendo da alcuni anni le opportune iniziative che, tuttavia, hanno bisogno, in via preliminare per la loro credibilità e sostenibilità economico-finanziaria, dell esecuzione di tutti i necessari interventi di risanamento e messa in sicurezza dei costoni. Il meccanismo di finanza di progetto, attivabile ai sensi della legge n. 109/1994, potrà proficuamente consentire una corretta gestione, o meglio manutenzione, delle opere di consolidamento realizzate. Il presente progetto è stato redatto sulla base di alcune indagini e rilievi preliminari dei dissesti effettuati sopralluogo dallo scrivente e della Relazione geologica preliminare redatta dal dott. Vincenzo Fucito. 3

5 Presso l Ufficio Tecnico del Comune di Sorrento è stata, inoltre, reperita una Comunicazione relativa alle condizioni di stabilità del costone sottostante il Rione Atigliana lungo il rivolo omonimo, redatta nel Marzo del 1997 dal dott. Salvatore Palomba, a seguito della frana verificatasi l 11 gennaio dello stesso anno. 1.b) La Relazione geologica preliminare Come si è detto, è stata redatta dal geologo dott. Vincenzo Fucito una Relazione geologica preliminare a cui si rimanda per tutti gli approfondimenti e da cui si desumono le seguenti considerazioni conclusive. La Penisola Sorrentina è costituita da litologie ceno-mesozoiche ascrivibili alla successione lito-stratigrafica calcareo-dolomitico-marnosa, dal complesso delle Argille Varicolori (Miocene) e da quei terreni plio-pleistocenici che si sovrapposero all ossatura dei Monti Lattari, ossia dapprima dall Ignimbrite Campana (Tufo Grigio) derivante dalle violente ed abbondanti eruzioni dei Campi Flegrei, poi da materiali fluviali di natura carbonatica in cui risultano intercalate sabbie vulcaniche ed, infine, dalla messa in posto delle piroclastiti sciolte provenienti dalle attività vulcaniche del Somma-Vesuvio. La fascia costiera ha pendenze sub-verticali e sul fronte dell alta falesia sono riscontrabili le strutture singenetiche di raffreddamento: linee verticali di fatturazione intersecanti tra loro verso l interno del fronte tufaceo. Questa fascia risulta ad alto rischio geologico per le frane (crolli) che si possono innescare laddove i poliedri rocciosi vengono separati per effetto dell azione erosiva esplicata sia (in termini meccanici) dalle radici delle piante che da agenti meteorici e, in misura non trascurabile, per gli eventuali volumi mobilizzati dall effetto sismico. L azione di scalzamento al piede della falesia operato dal moto ondoso ha fatto evolvere la morfologia della costa secondo il modello dell arretramento parallelo. Questo fenomeno di modellamento del paesaggio è stato parzialmente ostacolato con la messa in opera delle scogliere frangiflutti, ma l azione degli agenti esogeni, unita allo stato di fatturazione dei sistemi intersecanti secondo angoli 4

6 prossimi ai 120, determinano l instabilità dei poliedri tufacei lungo la parete sub-verticale. Il settore montano del territorio comunale è caratterizzato da una morfologia relativamente giovane evoluta per slope decline da versanti di faglia generatisi nell ultima fase tettonica pliocenica. Su di essi si è evoluto un pattern idrografico che ha seguito le linee di massima pendenza costituendo la genesi dei canaloni nelle litologie carbonatiche e delle forre in quelle tufacee. Il centro abitato si sviluppa prevalentemente su un terrazzo deposizionale del Tufo Grigio e delle piroclastiti sciolte sopra i terreni carbonatici: la potente coltre tufacea venne interessata durante la fase interglaciale quaternaria da una considerevole reincisione operata dall azione erosiva delle acque defluenti permanentemente da Casarlano, tanto da generare le forre sopra citate in località Vallone dei Mulini e Atigliana, che risultavano occupate e sfruttate da attività antropiche (il primo fino alla fine del 700 ed il secondo fino agli inizi del secolo scorso). I terreni piroclastici sciolti che ammantano i rilievi montuosi sono, a causa delle precipitazioni meteoriche, motivo di colate note in letteratura come colate di piroclastiti su calcare, e sono tipiche dell assetto morfo-strutturale della Penisola Sorrentina interessando gran parte del territorio comunale (Nastro Verde, Nastro Azzurro, Malacoccola e Casarlano). 1.c) Il Progetto Preliminare Il presente progetto preliminare è stato redatto nel rispetto degli indirizzi e dei criteri tecnici per l elaborazione dei progetti delle opere di mitigazione del rischio e per gli interventi di sistemazione dei dissesti indicati nelle Norme di attuazione e nei relativi allegati tecnici del Piano stralcio per l assetto idrogeologico, redatto dall Autorità di Bacino del Sarno ed adottato dal Comitato Istituzionale in data In particolare, all art. 21 delle Norme di attuazione è indicata la tipologia degli interventi di sistemazione ammessi, mentre nell Allegato D sono riportati i crite- 5

7 ri di massima per la progettazione degli interventi e nell Allegato G le misure tecnico costruttive e amministrative per la mitigazione della vulnerabilità e per la riduzione delle condizioni di rischio. Il dettaglio dei principali elementi tipologici è riportato nelle Linee guida per la progettazione degli interventi di mitigazione del rischio frane, redatte dall Autorità di Bacino del Sarno a corredo del Piano stralcio di cui sopra. Nel seguito si riporta l individuazione delle zone di intervento con l analisi sommaria dei dissesti riscontrati e con la descrizione preliminare degli interventi di bonifica e sistemazione proposti. La sistemazione del Vallone Atigliana-Cesarano Il Vallone Atigliana-Cesarano comprende le due aste torrentizie principali, Rivolo Atigliana e Rivolo Cesarano, del complesso sistema di alvei e canali secondari che raccolgono e collettano dari le acque che raccolgono meteoriche e della collettano zona collinare le acque meteoriche della zona collinare ubicata immediatamente a monte del centro urbano di Sorrento. Risalendo da valle, dalla confluenza nel Vallone dei Mulini a lato di Via Fuorimura, l asta principale, denominata Atigliana, ha un primo tratto tombato, di lunghezza pari a circa 180 m, fino all incrocio con Via S. Lucia, dove c è l immissione dell alveo Cesarano, o meglio, del tratto residuo a valle della deviazione artificiale realizzata negli anni 50. Il rivolo Cesarano, infatti, che in origine si sviluppava per circa m da S. Lucia (confluenza nel rivolo Atigliana a quota 67 m.s.m.) fino alla zona di Baranica-Rivezzoli (a quota 350 m.s.m.), attraversando appunto l omonima frazione di Cesarano, fu deviato con una galleria artificiale che ha origine all incrocio dell alveo con Via Cesarano e Via Atigliana e si immette nel rivolo Atigliana, circa 100 metri a monte dell inizio del tratto tombato. 6

8 Il Rivolo Atigliana, dopo la confluenza con la galleria artificiale Cesarano, prosegue verso monte prendendo successivamente la denominazione di Rivo Casarufolo e poi di Rivo Pontone; lo sviluppo complessivo dell alveo fino alla zona di Pontone (a quota 500 m.s.m.) risulta pari a metri. Diverse sono le problematiche connesse alla sicurezza idraulica e geologica in relazione alle caratteristiche geomorfologiche dei terreni attraversati dagli alvei, ai processi morfologici di erosione, trasporto e sedimentazione che in essi agiscono ed in relazione agli interventi e alle modificazioni indotte dall'uomo. Gli alvei hanno raggiunto il loro assetto attuale in seguito a fenomeni di erosione e di alluvionamento che si sono andati via via determinando a seconda che la capacità di trasporto risultasse maggiore o minore del rifornimento di materiale solido del bacino di monte. Essi presentano problematiche distinte nei tratti montani, in quelli pedemontani ed in quelli finali artificiali e tombati. Nella zona montana, entrambi i rivoli sono costituiti da fossi mediamente incisi ad elevata pendenza, completamente asciutti, nei quali l acqua defluisce solo nei periodi piovosi ed in quelli immediatamente successivi. In questi tratti gli alvei hanno raggiunto il loro assetto attuale in seguito a fenomeni erosivi esplicatisi in tempi lunghissimi in formazioni lapidee e a causa delle forti pendenze di fondo presentano capacità medie di trasporto in genere superiori a quelle di rifornimento di materiale solido proveniente dal bacino a monte. Le granulometrie dei materiali trasportati vanno dalle frazioni più sottili (limi ed argille) a quelle più grossolane (sabbia e ghiaia) fino a ciottoli e massi di notevoli dimensioni. L approfondimento del letto dell alveo provocato dal procedere dell erosione può provocare l instabilità e nei casi estremi, il franamento delle sponde. In corrispondenza di eventi meteorici intensi possono verificarsi grossi trasporti di massa per il dilavamento del versante che danno luogo a problemi nella successiva zona pedemontana a minor pendenza, che tende ad alluvionarsi in conseguenza del deposito del materiale solido in arrivo da monte. E altresì evidente che, in conseguenza del carattere spiccatamente torrentizio degli alvei, il trasporto di materiale solido fino al tronco vallivo avviene in maniera sporadica, manifestandosi soprattutto in conseguenza di piogge abbastanza prolungate, anche se non particolarmente intense. 7

9 Nei tratti pedemontani i due alvei presentano caratteristiche diverse. Per quanto riguarda il Rivolo Cesarano, nel tratto in prossimità dell omonima frazione e fino al tombino finale, l alveo presenta, per la gran parte, il fondo rivestito con basoli vesuviani o con pietre arenarie e le sponde incassate in murature di tufo grigio che contengono i vecchi agrumeti. E questo il tratto in cui la formazione geologica è costituita dal banco tufaceo sorrentino per cui l alveo corre tra due costoni che verso valle si vanno man mano approfondendo. In tale tronco, ancorché con le sponde rivestite, si evidenziano tratti alluvionati con la tendenza a formare meandri con fenomeni di dissesto e poi di erosione nella sponda concava e di deposito nella sponda convessa. 8

10 Le situazioni di rischio che devono essere esaminate sono quelle che derivano, principalmente, dalla parziale asportazione del rivestimento del fondo, in special modo a valle dei salti, e dalla scarsa manutenzione delle sponde, particolarmente dei costoni tufacei con la loro coltre piroclastica superficiale di varia potenza, dai quali, periodicamente, si distaccano ammassi di consistenza più o meno grande. Si rammenta, poi, che nella zona in studio ci sono numerosi fabbricati residenziali che sono stati realizzati a poca distanza dal ciglio dei costoni tufacei e che, quindi, possono essere pericolosamente coinvolti in questi dissesti. 9

11 La classificazione abitualmente adottata per questi fenomeni franosi è quella di Varnes (1978), rivista da Cruden e Varnes (1994), che si basa principalmente sul meccanismo del movimento e sul tipo di materiale coinvolto ed è frutto di un ampia casistica e sperimentazione. Nei costoni rocciosi in esame ci si trova in presenza di frane di crollo e ribaltamento, e cioè caduta di blocchi isolati o in massa o ribaltamento di blocchi; si tratta di frane tipiche delle scarpate morfologiche con forte acclività, molto diffuse nelle successioni lapidee. Le condizioni predisponenti la caduta di blocchi e frammenti sono connesse in particolare al grado di disgiunzione dei materiali rocciosi, alla geometria delle fratture ed ai loro reciprochi rapporti. Uno di questi distacchi, di entità rilevante, è avvenuto nel gennaio del 1997 ed è descritto nella citata Relazione del dott. Salvatore Palomba: la localizzazione coincide con il versante sottostante il quartiere di edilizia pubblica di Atigliana e la quantità di materiale che si è mobilizzata è rilevante ed ha travolto il muro di sponda riempiendo il canale per circa due metri di altezza. 10

12 Un altro, di entità minore, ma pure nella zona della recente edilizia residenziale di Cesarano, ha interessato solo i terreni sottostanti il costone senza raggiungere l alveo. Tuttavia, il materiale di frana è ancora presente in condizioni di instabilità nel terrazzamento ubicato a lato del rivolo e potrebbe mobilizzarsi causando ostruzioni al deflusso delle acque, con possibili allagamenti delle altre aree golenali ed ancora il franamento dei terreni a monte. Inoltre, sempre per la presenza al bordo superiore di fabbricati e cortili, i rischi di dissesto vengono notevolmente amplificati per l entità dei possibili danni che si potrebbero arrecare a persone e cose. Evidenti, infine, sono le problematiche inerenti la sicurezza idraulica nel tratto finale tombato con una galleria artificiale parzialmente rivestita, laddove si consideri che l assoluta mancanza di manutenzione potrebbe comportare franamenti di calotta o altri intasamenti con conseguenze devastanti per la pubblica incolumità. Le sezioni tombate, poi, in occasione di eventi piovosi particolarmente intensi, possono essere pericolosamente ostruite dal materiale alluvionale che si può mobilizzare per effetto delle portate copiose, trascinando, eventualmente, altro materiale ingombrante (arbusti, rifiuti, etc.) comunque presente negli alvei. 11

13 Il tratto di interesse del Rivolo Atigliana, e cioè quello compreso tra il tombino all incrocio con Via S. Lucia e la confluenza con il Rivolo Cesarano, corre incassato nella forra profonda delimitata dai due costoni tufacei che presentano diffusi e marcati fenomeni di dissesto. Anche in questo caso al bordo dei costoni sono presenti numerosi fabbricati che potrebbero essere pericolosamente coinvolti dai possibili distacchi. Al contempo, il franamento nell alveo di volumi anche considerevoli provenienti dai costoni stessi, potrebbe provocare rovinose o- struzioni al deflusso delle acque provenienti da monte. L instabilità dei costoni rocciosi tipici del versante settentrionale della Costiera Sorrentina è legata alla loro natura litologica e morfologica, alle loro caratteristiche meccaniche ed ai fattori climatici che influenzano lo stato tensionale e la coesione della roccia. Infatti l azione degli agenti atmosferici o le infiltrazioni che si determinano in occasione di eventi meteorici possono creare o aumentare la fessurazione delle rocce rendendole instabili. Anche le escursioni termiche sono responsabili della fatturazione degli ammassi rocciosi con conseguente aumento della probabilità dell evento franoso. Lo studio dei fenomeni di instabilità dei pendii in roccia si presenta particolarmente complesso in relazione alla notevole varietà di tipologie di dissesto, di ci- 12

14 nematismi del fenomeno, dei volumi delle masse instabili. Le indagini geomeccaniche da eseguire in situ hanno l obiettivo di individuare e localizzare i punti in cui si può verificare il dissesto; ad esse seguirà la determinazione delle possibili evoluzioni del fenomeno e dei volumi di roccia potenzialmente instabili in modo da giungere ad una accurata progettazione delle opere di bonifica e sistemazione. In genere la stabilizzazione dei pendii può essere affrontata con due diverse metodologie di intervento. La prima comprende gli interventi di stabilizzazione delle masse rocciose per impedire il distacco e/o la caduta. Tali interventi possono prevedere la rimozione controllata di blocchi o masse di roccia (interventi di bonifica in parete) oppure possono prevedere l installazione di dispositivi atti ad aumentare le condizioni di stabilità dell ammasso (interventi di rinforzo). La seconda metodologia prevede interventi di protezione che mirano a salvaguardare le infrastrutture e le aree accessibili all uomo e, quindi, mettono in relazione l ammasso roccioso dal quale ha origine un qualunque fenomeno di dissesto con le opere (infrastrutture, centri abitati, strade, etc.) esposte al rischio di caduta massi (scavo di trincee, protezione superficiale delle pareti, barriere paramassi rigide, barriere paramassi elastiche a basse o alte deformazioni, gallerie artificiali). E evidente che nel caso in esame questa seconda categoria di interventi è assolutamente improponibile, sia per motivi di natura ambientale e paesaggistica che per stessa particolare morfologia dei versanti. Per lo studio di questa fenomenologia franosa, è generalmente necessario un rilievo fotogrammetrico di tipo terrestre, finalizzato ad evidenziare la conformazione della parete verticale, al fine di ottenere una cartografia a curve di livello della zona sulla quale dovranno essere posizionati gli interventi strutturali. Successivamente, viene effettuata una serie di rilievi geostrutturali al fine di individuare le principali famiglie di giunti che concorrono a generare fenomeni di dissesto di tipo crollo. Una volta ultimati i rilievi, il versante viene suddiviso in settori con caratteristiche omogenee e su questi ultimi possono essere valutate le condizioni di instabilità, elaborando alcune sezioni trasversali di dettaglio lungo le quali si sviluppa- 13

15 no le analisi di stabilità per la successiva definizione delle specifiche proposte di intervento. L intervento di bonifica dovrà prevedere la pulizia integrale del costone tufaceo con la rimozione della vegetazione e degli elementi lapidei instabili soggetti ad evidenti fenomeni di distacco, la sarcitura di tutte le lesioni principali già e la chiodatura dei blocchi instabili di maggiori dimensioni. Per la stabilizzazione dei cigli dei costoni e della coltre superficiale di materiale piroclastico più o meno addensato si preferiranno in genere interventi di ingegneria naturalistica (terre armate, geostuoie o geocelle con talee, etc.) mentre si provvederà al rifacimento dei vecchi muri di contenimento in tufo grigio crollati. Relativamente all alveo Cesarano, si prevede il ripristino dei rivestimenti di fondo e spondali con la stessa tipologia di quelli esistenti (realizzati nei secoli scorsi) previa la rimozione del materiale alluvionale in eccesso e di quello franato, nonchè interventi di ingegneria naturalistica per la stabilizzazione delle sponde. Il risanamento del costone tufaceo di Marina Piccola L alta falesia che caratterizza la Piana di Sorrento, nel tratto di interesse, presenta evidenti fratture che isolano prismoidi tufacei anche di grosse dimensioni; l azione disgregatrice della vegetazione arbustiva ed arborea si esplica con la profonda penetrazione degli apparati radicali nelle fratture, sicché periodicamente si verifica il pericoloso distacco di piccoli conci tufacei. 14

16 Nella zona di interesse il costone sormonta pericolosamente la parte meridionale del bacino portuale di Marina Piccola, e cioè quella adibita all ormeggio delle imbarcazioni da diporto, e, verso levante, alcuni stabilimenti balneari ubicati proprio al piede della falesia. Stante il fatto che i versanti oggetto di studio incombono direttamente sul mare aperto, il rilievo fotogrammetrico finalizzato ad evidenziare la conformazione della parete verticale, al fine di ottenere una cartografia a curve di livello della zona sulla quale dovranno essere posizionati gli interventi strutturali, dovrà essere eseguito per via aerea con eventuali integrazioni da elicottero. Successivamente, verranno effettuati i rilievi geostrutturali in parete per l individuazione delle principali famiglie di giunti che concorrono a generare fenomeni di dissesto di tipo crollo o ribaltamento. L intervento di bonifica prevede, preliminarmente, una pulizia integrale del costone tufaceo che consentirà di rimuovere la vegetazione arbustiva ma anche e- lementi lapidei instabili di piccole dimensioni soggetti ad evidenti fenomeni di distacco o, comunque, tutta la parte maggiormente alterata e degradata dall azione degli agenti esogeni. Successivamente, verranno effettuate le sarciture delle lesioni principali già individuate e di quelle che verranno alla luce dopo la pulizia, e si provvederà alla chiodatura dei blocchi instabili. 15

17 La sistemazione del Vallone dei Mulini Il Vallone dei Mulini è la parte centrale di un sistema di tre valloni. Prima della colmata di Piazza Tasso (1866), il vallone principale si estendeva fino al porto di Marina Piccola verso nord, mentre ad ovest comunicava col secondo vallone, detto Prossimo, che, al bordo delle antiche mura, proseguiva fino a Marina Grande con una stretta gola. Anche questo secondo vallone è oggi in parte colmato (parte finale di Via degli Aranci) fino alla Porta degli Anastasi, dove raccoglie le acque provenienti da monte dal Rivolo S. Antonio, che passa al disotto della colmata di Via degli A- ranci e Piazza Antiche Mura. Il terzo vallone saliva dalla Villa La Rupe verso le colline (il Vallone Atigliana-Cesarano di cui si è detto in precedenza) ed è stato anch esso colmato subito dopo Villa La Rupe (colmata di S. Lucia). Quindi la parte rimanente di questo microsistema di burroni, oggi ancora ben visibile da Via Fuorimura e da Piazza Antiche Mura, è quella centrale compresa tra Piazza Tasso e Villa La Rupe da un lato per uno sviluppo di circa m 290 e tra Villa La Rupe e la Porta degli Anastasi dall altro, per uno sviluppo di m 220. Il Vallone dei Mulini deve il suo nome ad un mulino attivo fino alla fine dell 800 ed ancora visibile al suo fondo, a cui era ammessa anche una segheria pure alimentata dalle acque correnti provenienti dalle 16

18 colline ed un lavatoio pubblico. Come si è detto, a bordo superiore del vallone corre la cinta muraria difensiva, preziosa testimonianza archeologica di cui è in corso da diversi anni un attento restauro curato dal prof. arch. Arnaldo Venditti. Della antica cinta difensiva greca rimane la murazione esistente sotto il piano stradale della Porta Parsano Nuova, visibile in prossimità della Porta stessa, ed un altro rudere di dimensioni molto limitate rinvenibile in Via Sopra le Mura, poco oltre la Porta della Marina Grande. La città romana si sovrappose all'insediamento greco osservandone la pianta urbana e la stessa cinta muraria a grossi blocchi isodomici e queste mura, rimasero a difesa di Sorrento durante tutta l'epoca medioevale; il loro rifacimento iniziò nel 1551, e fu completato nel 1561 dopo la tragica invasione dei Turchi. La tipologia di dissesti che interessano i costoni tufacei che delimitano il Vallone dei Mulini è la medesima di quella descritta in precedenza per il Vallone Atigliana-Cesarano e per il costone tufaceo di Marina Piccola, e cioè formazione di fratture che isolano prismoidi tufacei anche di grosse dimensioni che si distaccano e crollano nell alveo. In questo caso, tuttavia, l azione disgregatrice della vegetazione arbustiva ed arborea è particolarmente significativa a causa del particolare microclima, con tasso di umidità pari a circa l 80% per tutto l anno, che si 17

19 è determinato nel vallone per effetto delle colmate che ne hanno chiuso la ventilazione sia a monte che a valle verso il mare. I fenomeni di dissesto hanno un duplice effetto di pericolosità, sia per i possibili danni alle opere, alle infrastrutture ed alle costruzioni esistenti al bordo superiore, che per le possibili ostruzioni dell alveo ubicato al piede che, come si è detto, assicura il deflusso verso il mare delle acque pluviali provenienti dalle zone collinari. Anche in questo caso, pertanto, l intervento di bonifica dovrà prevedere la pulizia integrale del costone tufaceo con la rimozione della vegetazione e degli elementi lapidei instabili soggetti ad evidenti fenomeni di distacco, la sarcitura di tutte le lesioni principali già e la chiodatura dei blocchi instabili di maggiori dimensioni. 18

20 2) LA SOLUZIONE PRESCELTA 2.a) Il profilo localizzativo e funzionale Come si è detto, l intervento è stato localizzato nelle aree del territorio comunale a maggiore rischio di frana, sulla base delle elaborazioni contenute nel Piano degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico in Penisola Sorrentina e sull Isola di Capri redatto dall Autorità di Bacino del Sarno nel rispetto delle indicazioni contenute nel Piano stralcio per l assetto idrogeologico, redatto dalla stessa Autorità di Bacino ed adottato dal Comitato Istituzionale in data ; quest ultimo Piano, previsto dalle Leggi n. 267/1998 e n. 365/2000, si configura come stralcio funzionale relativo al rischio idrogeologico nell ambito del Piano di bacino idrografico previsto dall art. 17 comma 6-ter, della legge 18 maggio 1989, n. 183 e dalla L.R. 7 febbraio 1994, n. 8. Per rischio si intende il valore atteso delle perdite umane, dei feriti, dei danni ai beni ed alle attività economiche dovuti ad un particolare fenomeno e risulta pari al prodotto tra la vulnerabilità (grado di perdita indotta su elementi esposti al rischio da un fenomeno di una data intensità), la pericolosità (probabilità che un certo fenomeno di determinata intensità si verifichi in una data area in un dato periodo di tempo) ed il valore dell elemento di rischio (valore economico o numero di unità relative ad ogni elemento di rischio). Pertanto la pericolosità, che è una caratteristica intrinseca del territorio, si traduce in rischio quando gli effetti dei fenomeni naturali implicano un costo economico. Tale costo, abitualmente indicato come vulnerabilità, è valutabile tramite l analisi urbanistica del territorio finalizzata a definire gli elementi fisici per i quali deve essere valutata l esistenza di possibili rischi in seguito al verificarsi di una frana. In tale ambito sono individuati in senso generale: gli agglomerati urbani, comprese le zone di espansione urbanistica, le a- ree su cui insistono insediamenti produttivi, impianti tecnologici di rilievo e tutti gli elementi legati alla presenza antropica definiti a rischio; le infrastrutture a rete e le vie di comunicazione di rilevanza strategica, il patrimonio ambientale ed i beni culturali di interesse rilevante; 19

21 le aree sedi di servizi pubblici e privati, di impianti sportivi e ricreativi, le strutture ricettive e le infrastrutture primarie. Secondo quanto specificato dal D.P.C.M. del , la cartografia delle a- ree a rischio di frana del Piano stralcio dell Autorità di Bacino è stata realizzata proprio sovrapponendo la Carta della pericolosità con la Carta degli insediamenti, delle attività antropiche e del patrimonio ambientale. La Carta della Pericolosità costituisce un elaborato di sintesi derivante dalla Carta della suscettività da frana e delle aree di possibile invasione, nel quale sono sintetizzate le aree caratterizzate da diverso grado di pericolosità, stimato in base alla presunta intensità del fenomeno e così classificato: Pericolosità molto elevata (P4): aree caratterizzate dalla presenza di fenomeni di dissesto attivi, da fenomeni di dissesto attualmente quiescenti ma con elevata probabilità di riattivazione, a seguito della presenza di evidenze manifeste di fenomeni di dissesto potenziale o della concomitanza di più fattori con caratteristiche fortemente predisponenti al dissesto (acclività, spessori consistenti di depositi sciolti di copertura, caratteristiche strutturali del substrato roccioso, caratteristiche idrogeologiche e contrasti di permeabilità, condizioni attuali di uso del suolo. Comprendono inoltre settori di territorio prossimi ad aree interessate da dissesti attivi o potenzialmente riattivabili, aree di possibile transito e/o accumulo di flussi detriticofangosi provenienti da dissesti innescatisi a monte ed incanalati lungo direttrici delimitate dalla morfologia, oltre ad aree di possibile transito e/o recapito di materiali provenienti da dissesti di diversa tipologia, innescatisi a monte ed anche non convogliati lungo direttrici delimitate dalla morfologia. Pericolosità elevata (P3): aree caratterizzate dalla presenza di fenomeni di dissesto quiescenti e/o inattivi, da limitate evidenze di fenomeni di dissesto potenziale o dalla concomitanza di più fattori predisponenti al dissesto (acclività, spessori consistenti di depositi sciolti di copertura, caratteristiche strutturali del substrato roccioso, caratteristiche idrogeologiche e contrasti di permeabilità, condizioni attuali di uso del suolo), o dalla prossimità ad aree interessate da dissesti attivi o potenzialmente riattivabili. Pericolosità media (P2): aree caratterizzate da scarse evidenze di fenomeni di dissesto potenziale o dalla presenza di alcuni dei fattori predisponenti al dissesto (acclività, spessori consistenti di depositi sciolti di copertura, caratteristiche strutturali del substrato roccioso, caratteristiche e contrasti di permeabilità, condizioni attuali di uso del suolo), o dalla prossimità ad aree interessate da dissesto. Pericolosità bassa o trascurabile (P1): aree di ambito subpianeggiante, collinare o montuoso in cui si rilevano scarse o nulle evidenze di dissesto in atto o potenziale e scarsa o nulla dipendenza dagli effetti di fenomeni di dissesto presenti in aree adiacenti 20

22 e nelle quali non si rilevano significativi fattori predisponenti al dissesto (acclività, spessori consistenti di depositi sciolti di copertura, caratteristiche strutturali del substrato roccioso, caratteristiche e contrasti di permeabilità, condizioni attuali di uso del suolo). Nella Carta del Rischio frane l attribuzione della specifica classe di rischio è avvenuta attraverso l incrocio tra le diverse classi di pericolosità e le diverse porzioni di territorio, classificate in funzione del loro uso e quindi tipologicamente come elementi a rischio. Sono state, in tal modo, individuate le aree sottoposte a rischio più elevato rispetto ad altre, anche a parità di pericolosità, in dipendenza degli elementi antropici che vi si trovano ubicati. La classificazione prevede le seguenti quattro classi di rischio: rischio moderato (R1), per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio ambientale sono marginali; rischio medio (R2), per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale. Tali danni non pregiudicano tuttavia l agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche; rischio elevato (R3), per il quale sono possibili problemi per l incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, danni rilevanti al patrimonio ambientale e l interruzione della funzionalità delle attività socio-economiche; rischio molto elevato (R4), per il quale sono possibili perdite di vite umane, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture ed al patrimonio ambientale e la distruzione delle attività socio-economiche. Per quanto concerne il rischio da alluvioni, le aree individuate nella relativa cartografia del Piano costituiscono una piccola percentuale del territorio e sono concentrate a ridosso delle incisioni naturali in contesti già contemplati nel rischio da frane, per cui ci si può limitare all analisi di quest ultima tipologia. Il bando regionale per l accesso ai finanziamenti della misura 1.5 del P.O.R. Campania prescrive che gli interventi prescelti debbano ricadere in aree classificate P4, R4, P3, e R3 nella cartografia di Piano. Nel caso del Comune di Sorrento le zone così classificate sono numerose e molto vaste in relazione al limite economico per il complesso degli interventi pure stabilito dal bando; ne consegue che l analisi della cartografia generale di bacino è stata approfondita sulla base di valutazioni comparative di dettaglio tra le varie aree sui possibili 21

23 danni alle popolazioni, sulla compromissione del sistema fisico e sulla distruzione delle attività produttive, del patrimonio storico-architettonico e del paesaggio naturale. Questa analisi di dettaglio ha consentito di individuare come prioritari i seguenti interventi: 1. sistemazione del Vallone Atigliana-Cesarano, che costituisce l elemento principale della rete di drenaggio della zona collinare a monte del centro urbano ed al cui bordo sorgono numerosi insediamenti di edilizia residenziale pubblica; 2. risanamento del costone tufaceo di Marina Piccola, nel tratto compreso tra l Hotel Excelsior Vittoria e l Hotel Loreley, incombente sul porto turistico e commerciale e sul litorale destinato alla balneazione; 3. sistemazione del Vallone di Mulini, nel tratto a monte della colmata di Piazza Tasso. Come riportato nelle carte tematiche estratte dal suddetto Piano stralcio relative alla pericolosità da frane ed al rischio da frane, le zone di intervento risultano caratterizzate dai livelli di pericolosità o di rischio prescritti dal bando. 22

24 PERICOLOSITA FRANE ZONA 1 ZONA 2 23

25 PERICOLOSITA FRANE ZONA 3 LEGENDA 24

26 RISCHIO FRANE ZONA 1 ZONA 2 25

27 RISCHIO FRANE ZONA 3 LEGENDA 2.b) La soluzione prescelta in relazione alla prefattibilità ambientale Lo studio di prefattibilità ambientale riportato in allegato ricerca, in relazione alla tipologia, categoria e all'entità dell'intervento, le condizioni che consentano un miglioramento della qualità ambientale e paesaggistica del contesto territoriale. Esso ha orientato le principali scelte pro- 26

28 gettuali conducendo all elaborazione di una proposta particolarmente curata sotto il profilo della protezione ambientale. 2.c) La soluzione prescelta in relazione alla situazione complessiva della zona La soluzione prescelta ha una forte connotazione di rispetto e protezione ambientale, e tanto in ossequio al forte regime vincolistico presente ed alle prescrizioni normative per questi interventi contenute nel Piano stralcio per l assetto idrogeologico. Le successive fasi della progettazione valuteranno approfonditamente il possibile ricorso ad interventi di Ingegneria Naturalistica, la cui previsione oltre che in linea con la salvaguardia ambientale garantita dalla legge, raccoglie i più recenti orientamenti stabiliti dalla Regione Campania che, con il Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania n. 574 del , ha approvato uno specifico Regolamento per la loro attuazione. 2.d) La soluzione prescelta in relazione alle caratteristiche e finalità dell intervento, anche con riferimento ad altre possibili soluzioni La progettazione preliminare ha esaminato alcune alternative in relazione alla tipologia degli interventi ammissibili con riferimento ai dettati normativi di protezione ambientale di cui si è detto. Le scelte sono state orientate in base a criteri di efficacia correlati al tipo di dissesto ed alla morfologia e geologia del versante. L approfondimento delle successive fasi di progettazione potrà utilmente confermare o variare queste scelte nell ampio ventaglio di possibilità offerte dall Ingegneria geotecnica e dalla Bioingegneria. 27

29 3) LA FATTIBILITÀ DELL'INTERVENTO 3.a) Lo studio di prefattibilità ambientale Lo studio di prefattibilità ambientale ha verificato la fattibilità sotto il profilo ambientale delle scelte progettuali verso cui è stata indirizzata la presente progettazione preliminare. Nel rinviare al richiamato documento, si osserva che l impostazione metodologica seguita nel processo di elaborazione del progetto ha conferito all analisi dell incidenza dell opera sull ambiente un ruolo cruciale nell orientamento delle scelte. 3.b) Le indagini geologiche e geotecniche di prima approssimazione Le indagini esperite in questa fase preliminare sono state limitate all acquisizione dei dati esistenti nella letteratura geologico-tecnica per la zona di interesse ed all ispezione visiva, resa agevole dal contestuale intervento di taglio della vegetazione arbustiva e di pulizia fatto eseguire dalla Comunità Montana del Monti Lattari Penisola Sorrentina. Come si è detto in precedenza, i litotipi affioranti nelle aree di intervento sono costituiti dai prodotti delle diverse fasi eruttive dei vulcani napoletani accumulati in una preesistente conca tettonica, con spessori tali da modificarne nel tempo l aspetto originario. Questa caratterizzazione di massima della geologia è sufficiente per le valutazioni necessarie in questa fase progettuale preliminare. E evidente, tuttavia, come si illustrerà meglio nel seguito, che la successiva fase della progettazione (definitiva) dovrà essere preceduta da adeguate indagini e rilievi da effettuare nelle aree interessate. 28

30 3.c) I vincoli di natura storica, artistica, archeologica, paesaggistica o di qualsiasi altra natura La soluzione definita nel presente progetto preliminare non contrasta con i numerosi vincoli di natura paesaggistica ed ambientale esistenti; questi, infatti, hanno fortemente caratterizzato le scelte progettuali sicché il prodotto finale è perfettamente adeguato alle prescrizioni della normativa sia generale che settoriale. Le opere previste sono conformi allo strumento urbanistico vigente (P.R.G.) ed alle norme del vigente Piano Urbanistico Territoriale dell'area Sorrentino-Amalfitana, approvato con la Legge Regione Campania n. 35/87; in paritoclare le aree di intervento risultano comprese nelle seguenti Zone Territoriali: Zona Territoriale 1b - Tutela dell ambiente naturale 2 grado Zona Territoriale 2 - Tutela degli insediamenti antichi accentrati Zona Territoriale 4 - Riqualificazione insediativa ed ambientale di 1 grado Zona Territoriale 6 - Urbanizzazione satura L area di intervento ricade, altresì, in zona soggetta a vincolo ambientale ai sensi della D.L.vo n. 490/1999, per cui sarà necessario acquisire il parere della Commissione Edilizia Comunale BB.AA. e trasmettere il Decreto di autorizzazione alla Soprintendenza BB.AA. di Napoli per l eventuale esercizio del potere inibitorio. Come si è detto diffusamente in precedenza, sotto il profilo della tutela idrogeologica, l area è inclusa tra quelle a rischio frane nel Piano Stralcio di Bacino per l'assetto Idrogeologico, redatto dall Autorità di Bacino del Sarno ed adottato dal Comitato Istituzionale in data ai sensi delle Leggi n. 267/1998 e n. 365/2000. Alcune aree di intervento risultano vincolate sotto l aspetto archeologico ma gli interventi previsti sono compatibili con il vincolo e addirittura necessari per la salvaguardia dei beni vincolati. 29

31 4) GLI INDIRIZZI PER LA REDAZIONE DEL PROGETTO DEFINITIVO 5.a) Generalità La fase di redazione del progetto definitivo dovrà essere preceduta dalle seguenti attività: Rilievo topografico accurato ed a scala adeguata; Rilievo fotogrammetrico e rilievo delle discontinuità con metodi fotogrammetrici; Rilievo geologico-strutturale in parete e geomorfologico di dettaglio. La caratterizzazione geomeccanica e strutturale degli ammassi rocciosi presenti nell area d interesse verrà eseguita mediante l effettuazione di un rilievo geostrutturale, condotto secondo le metodologie previste da ISRM, su diverse stazioni di rilevamento significative. I rilevamenti verranno eseguiti lungo linee di scansione di lunghezza adeguata rispetto alla spaziatura media delle discontinuità (orientativamente m). In ogni stazione si definiranno i parametri suggeriti dalla Società Internazionale di Meccanica delle Rocce (ISRM) per la caratterizzazione geomeccanica degli ammassi rocciosi: tipo di discontinuità (giunti, faglie, piani di scistosità, passaggi litologici), orientazione valutata mediante bussola geologica, spaziatura delle discontinuità delle varie famiglie, lunghezza e persistenza delle varie discontinuità, scabrezza delle superfici dei giunti valutata mediante profilografo ed ondulazione degli stessi valutata con triplometro e calibro, resistenza delle pareti valutata mediante sclerometro, apertura, natura dei riempimenti dei giunti, litologie e valutazione dei volumi rocciosi unitari. Tali parametri verranno poi trattati statisticamente e rappresentati mediante tabelle in cui si segnaleranno i valori dei principa- 30

32 li parametri statistici (media, moda, deviazione standard). Per quanto concerne l orientazione dei giunti, i valori verranno diagrammati su reticoli equiareali di Schmidt come proiezioni di poli nell emisfero inferiore, quindi verranno definite le linee di isodensità dei poli stessi e i grandi cerchi corrispondenti ai valori centrali di ogni famiglia di discontinuità. Per quanto concerne la scabrezza dei giunti, parametro rilevante per la definizione dei parametri di resistenza con il metodo di Barton, i profili rilevati verranno esaminati sia qualitativamente mediante confronto con profili standard, come proposto da Barton, sia con elaborazioni al calcolatore, utilizzando formule comunemente adottate (es. Tse Cruden) e diversi passi di campionamento per evidenziare la rugosità e l ondulazione dei giunti a diverse scale. La stima degli errori che possono influenzare i risultati delle operazioni di rilevamento può variare a seconda degli strumenti utilizzati ed è nell ordine dei 2 gradi per quanto riguarda la bussola con cui valutare l orientazione, di 1-2 cm per la bindella metrica con cui valutare l orientazione la lunghezza e la spaziatura dei giunti, di frazione di millimetro per quanto concerne il calibro con cui valutare l apertura dei giunti, di circa 5 unità per quanto riguarda il rimbalzo dello sclerometro. Ovviamente l attività in oggetto è soggetta ad un altro errore ben maggiore rispetto a quello strumentale, dovuto al grado di rappresentatività della stazione di rilevamento rispetto alla situazione dell ammasso in profondità. Tale errore, sempre che non sia dovuto alla presenza di imprevedibili e ovvi limiti di e- strapolazione in profondità, può essere stimato qualitativamente confrontando sia i risultati ricavati tra stazioni di rilievo limitrofe che con altri affioramenti ubicati nell area in esame. Tutti i dati raccolti consentiranno di identificare zone omogenee dal punto di vista geologico-strutturale, e quindi di classificare le stesse dal punto di vista geomeccanico mediante metodologie di 31

33 valore comunemente riconosciuto (metodo RMR di Bieniawski e metodo Q di Barton); Caratterizzazione geotecnica dei materiali sulla base di dati provenienti da indagini in sito ed in laboratorio; Ricostruzione della successione litostratigrafica presente; Realizzazione di una serie di analisi di stabilità lungo sezioni appositamente tracciate dei volumi rocciosi potenzialmente instabili mediante il metodo dell equilibrio limite con riferimento specifico alla sagoma dei blocchi ed al meccanismo di rottura. Si prevede inoltre di effettuare un analisi della dinamica di caduta di singoli blocchi mediante l applicazione di una procedura di calcolo sviluppata da ISMES ( CADMA ) capace di fornire indicazioni sul comportamento più probabile di massi in caduta libera lungo sezioni significative rilevate e caratterizzate a scala di dettaglio. Il programma partendo da analisi statistiche su un numero significativo di blocchi (in genere 100) è in grado di fornire i parametri (altezza di caduta, energia, distanza di arresto ecc.) necessari per il posizionamento, la scelta tipologica, e la verifica di interventi passivi da realizzare al piede del versante; Scelta delle tipologie di intervento più idonee, verificate sulla base delle analisi di stabilità sopra descritte. Gli schemi grafici allegati al presente progetto preliminare forniscono indicazioni sommarie sulla tipologia degli interventi previsti. Il progetto definitivo potrà introdurre le variazioni necessarie per ottimizzare la soluzione progettuale, fermo restando il limite finanziario assegnato e le principali caratteristiche funzionali, tipologiche e dimensionali. 5.b) Le indicazioni in relazione alle esigenze di manutenzione 32

34 Il progetto definitivo fornirà le indicazioni necessarie per la manutenzione delle opere da realizzare in modo da rendere efficace e duratura nel tempo l azione di risanamento promossa. 33

35 5) CRONOPROGRAMMA DELLE FASI ATTUATIVE Il cronoprogramma delle fasi attuative tiene conto dell articolazione delle fasi progettuali introdotte dalla legge n. 109/1994 e dal relativo Regolamento di cui al D.P.R. n. 554/1999, nonché dei tempi amministrativi necessari per l espletamento dei rilievi e delle indagini, per l acquisizione dei pareri, per le procedure di affidamento e per il perfezionamento del finanziamento. 1) approvazione preliminare...10 giorni 2) rilievi ed indagini geotecniche...60 giorni 3) redazione progetto definitivo...50 giorni 4) acquisizione pareri sul progetto definitivo...60 giorni 5) approvazione progetto definitivo...10 giorni 6) perfezionamento del finanziamento dell opera...60 giorni 7) redazione progetto esecutivo...60 giorni 8) approvazione progetto esecutivo...10 giorni 9) affidamento dei lavori giorni 10) esecuzione dei lavori giorni 11) collaudi giorni Totale giorni 34

36 6) ACCESSIBILITÀ, UTILIZZO E MANUTENZIONE DELLE OPERE, DEGLI IMPIANTI E DEI SERVIZI ESISTENTI Alla lettera g) del comma 1 dell art. 19 il D.P.R. n. 554/1999 prescrive espressamente l esigenza di fornire «le indicazioni necessarie per garantire l accessibilità, l utilizzo e la manutenzione delle opere, degli impianti e dei servizi esistenti». Le successive fasi di progettazione comprenderanno lo studio dettagliato dell organizzazione del cantiere in modo da ridurre al minimo i disagi per i servizi pubblici in esercizio. Particolare cura dovrà porsi per limitare gli inconvenienti derivanti dalla movimentazione dei materiali di risulta e di quelli da costruzione, prescrivendo il rigoroso rispetto delle norme regolamentari vigenti locali e statali. Si dovranno pure fornire le indicazioni degli accorgimenti necessari per evitare gli inquinamenti da polveri e da rumore procurati dalle principali attività edilizie previste, e tanto in relazione alla presenza delle attività antropiche. 35

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