COMUNE DI TERLIZZI (BA)

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1 COMUNE DI TERLIZZI (BA) OGGETTO: Inquadramento geologico-idrogeologico di livello preliminare, ai fini della disciplina delle acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia per l ottenimento delle autorizzazioni per l adozione del Piano di lottizzazione C2 B del comparto edificatorio del PRG del Comune di Terlizzi (BA). IL TECNICO Geol. Fabio Elio BUZZANCA Pagina 1 di 69

2 INDICE 1. Premessa Inquadramento legislativo nazionale Inquadramento legislativo regionale Compatibilità delle ipotesi di progetto smaltimento acque reflue con le normative vigenti Inquadramento geografico e ubicazione topografica Ricostruzione preliminare del modello geologico Inquadramento idrogeologico generale del settore Adriatico delle Murge Inquadramento idrogeologico dell area in esame Analisi geomorfologica preliminare Regime vincolistico del PAI Descrizione dell attività svolta nell area Individuazione della curva di possibilità pluviometrica e valutazione delle portate di massima piena Curve di possibilità pluviometrica con metodo di Gumbel Calcolo del tempo di corrivazione Calcolo dell altezza di pioggia critica Coefficiente di deflusso istantaneo Calcolo della portata max, valutazione della capacità di assorbimento del sottosuolo e definizione del franco di sicurezza Coordinate UTM dei punti di scarico Conclusioni Pagina 2 di 69

3 1. Premessa Il presente elaborato tecnico è stato redatto dallo scrivente a seguito di specifico incarico conferito dalla Società IMMOBILIARE ELENA S.R.L. con sede in Rimini, via Flaminia n.171, al fine dell ottenimento delle autorizzazioni per l adozione del Piano di Lottizzazione C2 B del comparto edificatorio del PRG del Comune di Terlizzi (BA). L elaborato rappresenta un primo inquadramento geologico - idrogeologico di livello preliminare, redatto per disciplinare sulle acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia. Il presente documento è idoneo ad una progettazione di livello preliminare in quanto trattasi di uno studio tecnico di prima approssimazione. Si procederà a descrivere in maniera qualitativa la circolazione delle risorse idriche sotterranee, la loro formazione, i rapporti tra acque superficiali e sotterranee e il regime pluviometrico (fonte dati reperibili in letteratura). Nel capitolo 4 è stata ipotizzata una soluzione progettuale di riutilizzo delle acque meteoriche di dilavamento finalizzato a usi civili per il Piano di Lottizzazione, così come previsto dalla Legge Regionale n.13/2008 Norme per l abitare sostenibile, dal Regolamento Regionale n.8 del 18 aprile del 2012 Disciplina degli insediamenti o delle attività ricadenti all interno delle zone di rispetto delle opere di captazione delle acque sotterranee destinate al consumo umano e dal Regolamento Regionale n.26 del 9 dicembre 2013 Disciplina delle acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia. La proposta di riutilizzo reflui per usi civili non è una soluzione progettuale da intendersi come definitiva, ma solo indicativa, la cui fattibilità dovrà essere verificata in sede di progettazione definitiva del Piano di lottizzazione. Per quanto concerne, invece, le caratteristiche idrogeologiche generali dell area in esame e di un suo intono significativo, esse sono state desunte dal Piano di Tutela delle Acque, adottato dalla Regione Puglia con DGR n 883 del 19/06/2007 ed approvato con Delibera del Consiglio Regionale n 230 del 20/10/2009. Pagina 3 di 69

4 Il Piano di Tutela delle Acque della Regione Puglia rappresenta lo strumento direttore del governo dell acqua, è pertanto uno strumento normativo di indirizzo che si colloca, nella gerarchia della pianificazione del territorio, come strumento sovraordinato di carattere regionale, le cui disposizioni e misure di salvaguardia hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni e gli enti pubblici nonché per i soggetti privati. Si tratta di un Piano che ha come finalità sia la tutela integrata e sinergica degli aspetti quali-quantitativi delle risorse idriche, sia gli obiettivi di qualità ambientale, al fine di perseguire uno sviluppo sostenibile del consumo delle acque (superficiali e sotterranee), salvaguardando le stesse da possibili inquinanti e dando indirizzi sulla vulnerabilità delle acque di falda e dei corsi d acqua superficiali. Ciò detto, in questo lavoro si analizzano i seguenti temi ai fini dell iter autorizzativo: Compatibilità del progetto con le normative vigenti Inquadramento legislativo nazionale Inquadramento legislativo regionale Inquadramento geografico e topografico dell area oggetto di studio Ricostruzione preliminare del modello geologico Analisi geomorfologica preliminare Inquadramento idrogeologico generale Assetto idrogeologico delle aree di interesse Compatibilità con le Norme Tecniche di Attuazione del PAI vigente per le opere previste Calcolo del tempo di corrivazione Calcolo dell altezza di pioggia critica Calcolo della portata massima. Pagina 4 di 69

5 2. Inquadramento legislativo nazionale La disciplina delle autorizzazioni per lo smaltimento delle acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia trova riferimento, nella moderna legislazione, nel D.Lgs. n.152/1999, modificato ed integrato dal successivo D.Lgs. n.258/2000. Il 29 aprile del 2006 entra in vigore il D.lgs.152/2006 (successivamente aggiornato e modificato), che abroga il precedente D.lgs 152/1999 e recepisce la normativa europea Direttiva 2000/60/CE, ed è su questo decreto legge che si fonda la normativa cardine della disciplina di tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee. Nella SEZIONE II TITOLO I parte terza del D.lgs 152/2006 Tutela delle acque dall inquinamento (art. 73) sono rappresentati gli obiettivi di salvaguardia e uso sostenibile delle risorse idriche, nonché le modalità di raggiungimento di tali obiettivi. Nell art.74 sono riportate invece, alcune definizioni importanti come quelle di acque reflue domestiche, industriali, urbane, scarico e falda acquifera che di seguito si riportano: I. Acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche. II. Acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento. III. Acque reflue urbane: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato. IV. Scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all art.114 (l art. 114 riguarda le Dighe) Pagina 5 di 69

6 V. Falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l estrazione di quantità significative di acque sotterranee. Nella SEZIONE II - TITOLO III - CAPO I della parte terza del D.lgs 152/2006 Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi l art. 94 disciplina sulle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano. In particolare, si riportano i commi che legiferano sulle zone di tutela da sottoporre a vincolo e sulle zone di rispetto dalle opere di captazione. Più in dettaglio: 1) comma 3: la zona di tutela assoluta è costituita dall area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni; essa in caso di acque sotterranee e ove possibile per le acque superficiali deve avere un estensione di almeno 10 metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e deve essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio. 2) comma 4: la zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata in relazione alla tipologia dell opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare nella zona di rispetto sono vietati l insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività: dispersione dei fanghi e acque reflue anche se depurati, dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade, pozzi perdenti etc 3) comma 5: per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4, preesistenti, ove possibile e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano, all interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o attività: fognature; Pagina 6 di 69

7 edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione; opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio; pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera e) del comma 4 (aree cimiteriali) 4) comma 6: In assenza dell individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione. 5) comma 8: Ai fini della protezione delle acque sotterranee anche di quelle non ancora utilizzate per l uso umano, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all interno delle zone di protezione, le seguenti aree: Aree di ricarica della falda Emergenze naturali ed artificiali della falda Zone di riserva Il riutilizzo dell acqua è sancito dall art.99 comma 2 il quale impone alle regioni di adottare norme e misure volte a favorire il riciclo dell acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate. Nella SEZIONE II - TITOLO III CAPO III della parte terza del D.lgs 152/2006 Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi si definiscono i criteri generali per la disciplina degli scarichi. Più in dettaglio si ritiene rappresentare quanto di seguito: Art. 101 comma 1: Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono rispettare i valori limite previsti nell Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L autorizzazione può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limite e idonee prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l eventualità di guasti nonché per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle condizioni di regime. Pagina 7 di 69

8 Art. 101 comma 2: Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell esercizio della loro autonomia tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili definiscono i valori limite di emissione, diversi da quelli di cui all Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell Allegato 5 alla parte terza del presente decreto: nella Tabella 1 relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali; nella Tabella 2 relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili; nella Tabella 3/A per i cicli produttivi ivi indicati; nelle Tabelle 3 e 4 per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo allegato. L art. 103 riguardante gli scarichi al suolo, vieta lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, fatta eccezione a) per i casi previsti dall articolo 100 comma 3; b) per gli scarichi di piena a servizio delle reti fognarie; c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l impossibilità tecnica o l eccessiva onerosità a fronte dei benefici ambientali conseguibili a recapitare in corpi idrici superficiali, purchè gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine della regioni ai sensi dell art.101 comma 2. Sino all emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4 dell Allegato 5 alla parte terza del presente decreto; d) Per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali purchè i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli; e) Per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate; Pagina 8 di 69

9 f) Per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici dalle operazioni di manutenzione delle reti idropotabili e dalla manutenzione dei pozzi per acquedotto. Ad ogni buon conto l art. 103 comma 3 legifera che gli scarichi di cui alla lettera e) devono essere conformi ai limiti della Tabella 4 dell Allegato 5 alla parte terza del D.lgs. 152/06. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell Allegato 5 alla parte terza del D.lgs. 152/06. Infine l art. 113 legifera sulle acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia. In particolare al comma 1 lett a) si affida alla regioni le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate. Inoltre alle regioni viene richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici. Rimane comunque vietato lo scarico o l immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee. Infine Nella SEZIONE II - TITOLO IV CAPO I della parte terza del D.lgs 152/2006 Piani di gestione e piani di tutela delle acque all art.121 si definiscono gli obiettivi e gli interventi dei Piani di Tutela delle acque. La Regione Puglia ha adottato il suo Piano di Tutela delle Acque con DGR n 883 del 19/06/2007 ed lo ha approvato con Delibera del Consiglio Regionale n 230 del 20/10/2009. Pagina 9 di 69

10 3. Inquadramento legislativo regionale Come già detto, nel capitolo precedente, la Regione Puglia ha adottato il Piano di Tutela delle Acque con DGR n 883 del 19/06/2007 ed lo ha approvato con Delibera del Consiglio Regionale n 230 del 20/10/2009. Nelle Linee Guida del Piano di Tutela delle Acque al fine di garantire la tutela qualiquantitativa dei corpi idrici, le acque di lavaggio delle aree esterne e di prima pioggia devono essere opportunamente trattate. In riferimento al caso oggetto del presente elaborato, ai sensi del Piano di Tutela delle Acque, poiché le acque meteoriche di dilavamento di superfici esterne, degli insediamenti destinati alla residenza o ai servizi, strade, piste, rampe e piazzali sulle quali si effettua il transito, la sosta e il parcheggio di mezzi di qualsiasi tipo, non derivano da sostanze pericolose, esse devono essere sottoposte prima del loro smaltimento ad un trattamento di grigliatura e dissabbiatura. L Autorità competente potrà richiedere, in funzione della pericolosità e dell estensione delle superfici di raccolta anche un trattamento di disoleazione. Inoltre nelle more dell individuazione delle aree di salvaguardia di cui all art.94 del D.lgs.152/06 gli scarichi e le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento negli strati superficiali del sottosuolo, non possono avvenire a meno di 500 metri dalla captazione ad uso potabile. Nel Piano di Tutela delle Acque al punto 3.6 si autorizzano gli scarichi delle fognature bianche dei centri abitati nel sottosuolo qualora sia accertata l impossibilità tecnica di realizzare sistemi di smaltimento in altri corpi idrici. Tali scarichi sono ammessi come scarichi di emergenza per il superamento dei livelli di guardia oltre il quale si avrebbero condizioni di allagamento dei centri abitati con reale pericolo per l incolumità delle persone. Dovranno altresì essere assunti tutti i provvedimenti idonei ad evitare la dispersione in falda di potenziali inquinanti pericolosi. In sede di rilascio dell autorizzazione sarà necessario acquisire il parere vincolante dell Autorità di Bacino competente (nel caso in esame dell Autorità di Bacino della Regione Puglia). Pagina 10 di 69

11 Infine nel punto il Piano di tutela delle Acque disciplina sulla prevenzione dall inquinamento delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne che smaltiscono sul suolo/sottosuolo. A tal riguardo si fa presente che nel caso di sversamenti accidentali la pulizia delle superfici interessate dovrà essere eseguita immediatamente a secco o con idonei materiali inerti assorbenti. I materiali derivanti da quanto sopra detto, devono essere smaltiti come rifiuti dello svolgimento del ciclo produttivo e l autorità competente, in relazione al rischio potenziale che possano verificarsi sversamenti accidentali dell area scolante può prescrivere l adozione di sistemi di intercettazione delle sostanze di facile e tempestiva attivazione, che impediscano lo sversamento sul suolo e negli strati superficiali del sottosuolo delle sostanze suddette. Nel 2011 la Regione Puglia ha emanato il Regolamento Regionale n.12 Disciplina degli insediamenti o delle attività ricadenti all interno delle zone di rispetto delle opere di captazione delle acque sotterranee destinate al consumo umano in attuazione di quanto disposto dal D.lgs. 152/2006 art. 94 comma 5. Il Regolamento regionale n.12 disciplina all interno delle zone di rispetto delle opere di captazione delle acque sotterranee destinate al consumo umano erogate a terzi mediante impianti di acquedotto che rivestono carattere di pubblico interesse e sulle seguenti strutture: fognature; edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione; opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio; pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera e) del comma 4 art.94 del D.lgs 152/2006 In particolare in attuazione di quanto disposto dai commi 3 e 6 dell art.94 del D.lgs. 152/06 la zona di tutela assoluta deve avere un estensione di almeno 10 metri di raggio dal punto di captazione e la zona di rispetto che è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta ha un estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o derivazione. Pagina 11 di 69

12 Nelle zone di rispetto delle opere di captazione sono vietati l insediamento dei centri di pericolo (come la dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade) e lo svolgimento delle attività elencate all art. 94 comma 4 del D.lgs.152/06. L esistenza delle strutture oggetto di disciplina del regolamento ossia (fognature, edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione, opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio e pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera e) del comma 4 art.94 del D.lgs 152/2006) non è ammissibile all interno delle zone di rispetto delle opere di captazione. In deroga a tale principio le stesse strutture e attività possono essere dichiarate compatibili, all interno della zona di rispetto con la presenza delle opere di captazione a condizione che siano rispettate le seguenti indicazioni e prescrizioni: per le opere di captazione esistenti ed in esercizio alla data di entrata in vigore del presente regolamento si dovrà prevedere la chiusura e l abbandono della fonte di captazione nei termini della normativa regionale di riferimento (L.R. n.1 del 12/01/2005 come modificata con L.R. n.3 del 22/02/05). In alternativa alla chiusura o all abbandono dell opera di captazione è consentito il mantenimento in esercizio dell opera di captazione, subordinatamente all adozione di misure aggiuntive di protezione dinamica. All art.3 comma 3 del Regolamento regionale n. 12 del 2011 si fa presente che l esistenza di impianti di trattamento individuali di acque reflue domestiche non è compatibile nella zona di rispetto con la presenza di opere di captazione di acque destinate al consumo umano. L art. 4 disciplina sulle opere di edilizia residenziale e sulle connesse opere di urbanizzazione all interno delle zone di rispetto stabilendo che devono essere considerati i seguenti elementi; la tipologia delle fondazioni in relazione al pericolo di inquinamento delle acque sotterranee e la tenuta e messa in sicurezza dei sistemi di collettamento delle acque nere, miste e bianche. Infine l art. 5 disciplina sulle opere viarie all interno delle zone di rispetto, stabilendo che devono essere considerati i seguenti elementi: la tipologia di strada in relazione al pericolo di inquinamento delle acque sotterranee, la regimentazione delle acque Pagina 12 di 69

13 meteoriche e le modalità di stoccaggio ed utilizzazione di fondenti stradali in caso di neve e ghiaccio. In data 18 aprile 2012 la Regione Puglia emana il Regolamento Regionale n. 8 Norme e misure per il riutilizzo delle acque reflue depurate D.lgs. 152/2006 art.99 comma 2. Legge Regione Puglia n. 27 del 21/2008 comma1 lett.b). Il Regolamento detta norme e misure volte a favorire il riciclo dell acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate, contribuendo alla tutela quali-quantitativa delle risorse idriche, alla riduzione dei prelievi delle acque superficiale e sotterranee e alla riduzione degli impatti sui corpi idrici ricettori. Il trattamento depurativo (affinamento) che rende le acque idonee al riutilizzo è una misura che può contribuire agli obbiettivi sopra esposti ed inoltre qualora detta misura sia individuata dal Piano di Tutela delle Acque come necessaria al perseguimento degli obbiettivi, il servizio di affinamento costituisce parte integrante del Servizio Idrico Intergrato (SII). Gli impianti elencati e quindi già esistenti elencati nel Piano di Tutela delle Acque uniti a quelli che saranno realizzati devono rispettare quanto previsto dal D.M. 185/2003 e successive modificazioni nonché con le disposizione del Regolamento. Nell art. 2 del Regolamento si danno le definizioni di recupero, impianto di recupero, rete di distribuzione, riutilizzo e Piano di Gestione, che di seguito si riportano: 1. Recupero: riqualificazione di un acqua reflua mediante adeguato trattamento depurativo (affinamento) finalizzato a renderla adatta alla distribuzione per specifici usi. 2. Impianto di recupero: le stazioni (strutture) destinate al trattamento depurativo incluse le eventuali strutture di equalizzazione e di accumulo delle acque reflue recuperate presenti all interno dell impianto, prima dell immissione nella rete di distribuzione delle acque reflue recuperate. 3. Rete di distribuzione: le strutture destinate all erogazione delle acque reflue recuperate, incluse le eventuali strutture per la equalizzazione e accumulo dei reflui recuperati diverse da quelle di cui alla lettera b) e le eventuali stazioni per l ulteriore trattamento site all esterno dell impianto di recupero. Pagina 13 di 69

14 4. Riutilizzo: impiego di acqua reflua recuperata di determinata qualità per specifica destinazione d uso, per mezzo di una rete di distribuzione, in parziale o totale sostituzione di acqua superficiale o sotterranea o derivante da rete idrica di approvvigionamento di acqua potabile. 5. Piano di Gestione: documento di gestione del singolo sistema atto al recupero e riutilizzo delle acque reflue e comprensivo di impianto di affinamento, condutture vasche di raccolta delle acque affinate, sistema di collettamento e distribuzione delle acque da riutilizzare. All art. 4 Predisposizione del Piano di Gestione si fa presente che per i singoli impianti di depurazione o gruppi di impianti di depurazione, con carico superiore a 2000 A.E. (Abitanti Equivalenti) per i quali la Regione abbia stabilito il recupero della risorsa idrica previa verifica della fattibilità tecnico-economica, il riutilizzo delle acque reflue è attuato attraverso la predisposizione di un Piano di Gestione del sistema di riutilizzo delle acque reflue recuperate, mentre l art.5 definisce i contenuti del Piano di Gestione. L art. 6 disciplina sulle destinazioni d uso ammissibili delle acque reflue recuperate. In particolare esse possono essere recuperate come segue: I) Irriguo: l impiego di acqua reflua recuperata per l irrigazione di colture destinate sia alla produzione di alimenti per il consumo umano ed animale si ai fini non alimentari nonché per l irrigazione di aree destinate al verde o ad attività ricreative o sportive. II) Industriale: l impiego di acqua reflua recuperata come acqua antincendio di processo di lavaggio e per i cicli termici dei processi industriali con l esclusione degli usi che comportano un contatto tra le acque reflue recuperate e gli alimenti o i prodotti farmaceutici e cosmetici. III) Ambientale: l impiego di acque reflua recuperata come acqua di alimentazione per il ripristino o il miglioramento degli equilibri idrici delle aree umide e per l incremento della biodiversità degli habitat naturali. IV) Civile: l impiego di acqua reflua recuperata per il lavaggio delle strade nei centri urbani; per l alimentazione dei sistemi di riscaldamento o raffreddamento; per l alimentazione di reti duali di adduzione separate da quelle potabili, destinate al Pagina 14 di 69

15 lavaggio ed irrigazione di aree verdi private e allo scarico dei servizi igienici negli edifici ad usi civili. Gli artt riguardano le specifiche tipologie di riutilizzo, ovvero ambientale (art.7), irriguo (art.8), civile (art.9) e industriale (art. 10). Per il caso oggetto di studio, come si specificherà meglio in seguito, si ipotizza recuperare i reflui per uso civile. All art. 11 si disciplina circa i requisiti che devono avere le reti di distribuzione. In particolare per la loro progettazione l Allegato 2 al Regolamento detta disposizioni e particolari costruttivi del sistema di distribuzione. L art. 12 tratta dei requisiti che devono avere i sistemi irrigui. A tal riguardo è vietato l uso di sistemi di irrigazione a pioggia quando le acque reflue recuperate vengono a contatto con parti eduli delle colture. Inoltre ai sensi del comma 2 l irrigazione con acque reflue recuperate è consentita all interno dei centri abitati, anche in insediamenti singoli unifamiliari, unicamente, mediante subirrigazione o sistemi di irrigazione che non determinino la diffusione dell aerosol. Sono da osservare le distanze le distanze tra il sito di utilizzazione e le opere di captazione ad previste nell allegato 5 del Regolamento. Gli artt. 13 e 14 disciplinano sui sistemi di riutilizzo dell acqua reflua recuperata e sui recapiti alternativi al riutilizzo. In particolare per il corretto dimensionamento dei sistemi di riutilizzo del refluo recuperato si deve tenere conto della produzione media dei reflui e di eventuali fonti di acqua alternativa a quella reflua recuperata per soddisfare i picchi di domanda. Inoltre per ogni sistema di riutilizzo delle acque reflue deve essere previsto uno scarico alternativo per l allontanamento dei reflui affinati. Tra i recapiti alternativi, previsti da legge, ai sensi del comma 2 art. 14 vi è la possibilità di rilascio sul suolo assicurando gli obiettivi di qualità ambientale del Piano di tutela delle Acque e conformemente alla disciplina degli scarichi di cui alla Parte III Sezione II, Titolo II, Capo II del D.lgs 152/06. Infine gli artt del Regolamento disciplinano sulle concessioni di derivazione delle acque pubbliche e sul loro riutilizzo, sulle autorizzazioni allo scarico Pagina 15 di 69

16 con finalità di riutilizzo e sui controlli da parte dell autorità competente. Mentre gli art disciplinano sull attuazione dei piani di gestione e sulle norme transitorie. In data 9 dicembre 2013 la Regione Puglia ha emesso il Regolamento Regionale n.26 Disciplina delle acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia che ha come finalità la tutela ed il miglioramento della qualità delle acque superficiali e sotterranee in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità individuati nel Piano di Tutela delle Acque della Regione Puglia. In coerenza con le finalità della Legge Regionale 13/2008 è obbligatorio il riutilizzo delle acque meteoriche di dilavamento finalizzato alle necessità irrigue, domestiche, industriali ed altri usi consentiti dalla legge, tramite la realizzazione di appositi sistemi di raccolta, trattamento ed erogazione, previa valutazione delle caratteristiche chimicofiche e biologiche per gli usi previsti. L obbligo di riutilizzo vige per i nuovi edifici ed installazioni e comunque per coloro che alla data di entrata in vigore del Regolamento siano sprovvisti di autorizzazione ovvero non abbiano presentato comunicazione ai sensi dell art.15 del regolamento in parola. Qualora risulti l impossibilità tecnica del riutilizzo, il titolare dello scarico allega istanza motivata e circostanziata relazione redatta da tecnico abilitato per il rilascio dell autorizzazione di cui agli artt del regolamento. Gli scarichi e le immissioni di acque di dilavamento non devono recare pregiudizio al raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici ricettori e alla sicurezza idraulica e geomorfologica delle aree interessate. Fatte salve le definizioni di cui all art. 74 del D.lgs. 152/2006 già riportate nel capitolo precedente, si riportano altre definizioni, utili ai fini del presente elaborato, e stabilite dal Regolamento Regionale n. 26 del 9 dicembre 2013 all art 3 comma 1. 1) Acque meteoriche di dilavamento: le acque di pioggia che precipitano sull intera superficie impermeabilizzata scolante afferente allo scarico o all immissione. Pagina 16 di 69

17 2) Acque di prima pioggia: le prime acque meteoriche di dilavamento relative ad ogni evento meteorico preceduto da almeno 48 ore di tempo asciutto per una altezza di precipitazione uniformemente distribuita; Di 5 mm per superfici scolanti aventi estensione, valutata al netto delle aree a verde e delle coperture non carrabili che non corrivano sulle superfici scolanti stesse inferiore o uguale a mq. Compresa tra 5 mm e 2.5 mm per le superfici scolanti di estensione rientranti tra mq e mq valutate al netto delle aree a verde e delle coperture non carrabili che non corrivano sulle superfici scolanti stesse in funzione dell estensione dello stesso bacino correlata ai tempi di corrivazione alla vasca di prima pioggia. 3) Acque di seconda pioggia: la parte delle acque meteoriche di dilavamento eccedente le acque di prima pioggia. 4) Acque di lavaggio: acque non meteoriche utilizzate per operazioni di lavaggio di aree esterne impermeabili o per altre operazioni diverse da quelle di processo. 5) Suolo: corpo naturale composto da sostanze minerali ed organiche, generalmente in orizzonti di spessore variabile differenziato dalle formazioni geologiche sottostanti per la composizione chimico-fisica ed i caratteri biologici. 6) Sottosuolo: l intera zona in profondità sottostante il suolo. 7) Franco di sicurezza: lo strato di suolo e sottosuolo posto al di sopra del livello di massima escursione delle acque sotterranee che, per sua natura e spessore garantisce la salvaguardia qualitativa delle stesse. Il suo spessore minimo deve essere di 1.5 metri valutato e verificato in funzione delle effettive caratteristiche del sottosuolo. 8) Vasca di prima pioggia: manufatto a tenuta stagna adibito alla raccolta ed al contenimento del volume delle acque di prima pioggia. La medesima vasca può essere adibita se dimensionata e/o equipaggiata con apparecchiature idonee al trattamento delle stesse acque. Pagina 17 di 69

18 9) Superficie scolante: l insieme di strade, cortili, piazzali, aree di carico e scarico e di ogni altra superficie scoperta alle quali si applicano le disposizioni sullo smaltimento delle acque meteoriche di cui al presente regolamento. 10) Tempo di ritorno: l intervallo medio di tempo all interno del quale un evento di precipitazione sarà uguagliato e superato. All art. 4 comma 2 si prevede uno scarico alternativo dei reflui recuperati come scarico di emergenza e previa ordinanza di cui all art 54 del D.lgs Infatti all art. 4 comma 3 del Regolamento Regionale n. 26 del 9 dicembre 2013 si ammette l utilizzo di sistemi di smaltimento a gravità nel sottosuolo, come scarico di emergenza in caso di superamento dei limiti di guardia oltre i quali si determinano condizioni di allagamento dei centri abitati e gravi pericoli per l incolumità pubblica. In tali casi deve essere comunque perseguita in maniera prioritaria la possibilità di sfruttare la capacità assorbente e filtrante del suolo e degli strati superficiali del sottosuolo, al fine di adottare lo scarico di emergenza nel sottosuolo solo per i volumi eccedenti rispetto alla capacità di assorbimento del suolo e degli strati superficiali del sottosuolo. Dovranno in ogni caso essere assunti tutti i provvedimenti idonei ad evitare la dispersione in falda di potenziali inquinanti pericolosi. Ai sensi dell art.4 comma 4, nei casi in cui si utilizzino sistemi di smaltimento a gravità nel sottosuolo, come scarico di emergenza in caso di superamento dei limiti di guardia oltre i quali si determinano condizioni di allagamento dei centri abitati e gravi pericoli per l incolumità pubblica, in sede di rilascio dell autorizzazione dello scarico da parte dell Autorità competente, sarà necessario acquisire il parere vincolante sull istanza prima della realizzazione delle opere da parte dell Autorità di Bacino. Le acque di prima pioggia sono avviate verso vasche di accumulo a perfetta tenuta stagna e sottoposte prima di essere smaltite nei ricettori finali ad un trattamento di grigliatura, dissabbiatura. Le vasche sono dotate di un sistema di alimentazione che consenta di escludere le stesse a riempimento avvenuto e le ulteriori acque sono avviate ai recapiti finali. Pagina 18 di 69

19 Le vasche di prima pioggia devono essere dotate di accorgimenti tecnici che ne consentano lo svuotamento entro 48 ore successive. Le acque meteoriche di dilavamento ai sensi dell art. 4 comma 6 in alternativa alla separazione delle acque di prima pioggia, possono essere trattate in impianti con funzionamento in continuo sulla base della portata stimata secondo le caratteristiche pluviometriche dell area da cui dilavano per un tempo di ritorno pari a 5 (cinque) anni. L art.5 del Regolamento Regionale n. 26 del 9 dicembre 2013 disciplina sulle acque meteoriche di dilavamento effettuate tramite altre condotte separate. Anche in questo caso le acque di prima pioggia provenienti da superfici scolanti impermeabilizzate di insediamenti industriali, artigianali, commerciali e di servizio, localizzate in aree sprovviste di fognatura separata e provenienti da attività non pericolose sono avviate verso vasche di accumulo a perfetta tenuta stagna e sottoposte prima di essere smaltite nei ricettori finali ad un trattamento di grigliatura, dissabbiatura e nel caso specifico anche a disoleazione prima del loro scarico nei recapiti finali. Le vasche di prima pioggia devono essere dotate di accorgimenti tecnici che ne consentano lo svuotamento entro 48 ore successive. Le acque meteoriche di dilavamento ai sensi dell art. 5 comma 2 in alternativa alla separazione delle acque di prima pioggia, possono essere trattate in impianti in funzionamento in continuo sulla base della portata stimata secondo le caratteristiche pluviometriche dell area da cui dilavano per un tempo di ritorno pari a 5 (cinque) anni. Infine all art.7 si disciplina sulle Zone di rispetto per gli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da attività non pericolose come è il caso oggetto di studio. Per cui nelle more dell individuazione e delimitazione delle aree di salvaguardia di cui all art.94 del D.lgs. 152/06 per gli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da attività non pericolose, nei corsi d acqua episodici, naturali ed artificiali, sul suolo e negli strati superficiali del sottosuolo non potranno avvenire a meno di: 200 metri dalle opere di captazione di acque sotterranee destinate a consumo umano. Pagina 19 di 69

20 200 metri dalle opere di derivazione di acque sotterranee destinate a consumo umano. In una fascia di 200 metri attorno al punto di scarico non è ammessa la balneazione, la pesca, la piscicoltura, la stabulazione dei mitili e la molluschicoltura. Il Capo II disciplina sulle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne proveniente da attività pericolose, mentre il Capo III e il Capo IV si esprimono sul regime autorizzatorio e sanzionatorio e sulle disposizioni di vigilanza e controllo. Si aggiunge infine che ai sensi dell allegato 5 Regolamento Regionale n. 8 del 2012 Norme e misure per il riutilizzo delle acque reflue depurate D.lgs. 152/2006 art.99 comma 2. Legge Regione Puglia n. 27 del 21/2008 comma1 lett.b), la distanza di rispetto tra il sito di utilizzazione e le opere di captazione ad uso potabile per il riutilizzo delle acque meteoriche ad uso civile è di 500 metri. Pagina 20 di 69

21 4. Compatibilità delle ipotesi di progetto smaltimento acque reflue con le normative vigenti Il progetto di piano di lottizzazione prevede sia opere di edilizia residenziale, sia attività non specificamente residenziali ma strettamente connesse con le residenze (servizi collettivi per le abitazioni e/o uffici), sia opere infrastrutturali viarie e di urbanizzazione da realizzarsi nel comprensorio del Comune di Terlizzi (BA) nel comparto C2 B. Ora, per quanto concerne la disciplina delle acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia, come già rappresentato, ai sensi del Regolamento Regionale del 9 dicembre 2013 n 26: [ ] in coerenza con le finalità della Legge Regionale n. 13/2008 è obbligatorio il riutilizzo delle acque meteoriche di dilavamento finalizzato alle necessità irrigue, domestiche, industriali ed altri usi consentiti dalla legge tramite la realizzazione di appositi sistemi di raccolta, trattamento ed erogazione, previa valutazione delle caratteristiche chimico-fiche e biologiche per gli usi previsti. Ancora, [ ] l obbligo di riutilizzo vige per i nuovi edifici ed installazioni e comunque per coloro che alla data di entrata in vigore del Regolamento siano sprovvisti di autorizzazione ovvero non abbiano presentato comunicazione ai sensi del successivo art.15 [ ]. Inoltre, il Regolamento Regionale n.8 del 18 aprile 2012, detta norme e misure volte a favorire il riciclo dell acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate; in particolare, detto Regolamento, all art.9 norma il recupero delle acque reflue per usi civili, previo parere favorevole dell Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione dell Ambiente (di seguito Arpa) e dell Autorità sanitaria. Il riutilizzo dei reflui recuperati per uso civile è consentito, laddove tecnicamente possibile, per il lavaggio delle strade nei centri urbani, per l alimentazione dei sistemi di riscaldamento o raffreddamento, per l alimentazione di reti duali di adduzione separate da quelle potabili, per l irrigazione di aree verdi private attraverso l utilizzo di sistemi di subirrigazione che non determinino la diffusione dell aerosol. Le acque reflue recuperate e destinate per gli usi civili non possono superare, all uscita dell impianto di recupero, i valori limite dei parametri riportati in Tabella 1 del Regolamento Regionale n.8/2012, inoltre i progetti degli impianti di recupero devono Pagina 21 di 69

22 essere realizzati in modo da evitare il riflusso delle acque di approvvigionamento, oltre che consentire la ispezionabilità della rete. I progetti di reti duali da prevedersi, ai sensi dell art.9 comma 5 del Regolamento Regionale n.8/2012, sono realizzati in modo tale da escludere qualsiasi interconnessione, contatto o mescolamento anche accidentale (ad esempio derivante da perdite, infiltrazioni o fessurazioni nei sistemi di condutture), sia con sistemi di convogliamento e distribuzione di acque destinate all uso potabile sia con i sistemi di adduzione delle acque reflue. Stante quanto sopra, la eventuale soluzione progettuale prevede il riutilizzo delle acque meteoriche di dilavamento finalizzato alle necessità civili per l interno comparto edilizio C2 B, in conformità a quanto fissato all art. 5 comma 2 della Legge Regionale n.13/2008 Norme per l abitare sostenibile. Si tratterebbe di un progetto di recupero delle acque meteoriche provenienti da attività non pericolose, ai sensi di legge, le quali dopo essere state opportunamente trattate (cfr. Regolamento Regionale 9 dicembre 2013 n. 26) quindi grigliate, dissabbiate e disoleate (anche se la disoleazione non è necessaria), saranno successivamente inviate agli impianti di recupero. Più in dettaglio, le acque di prima pioggia saranno avviate verso vasche di accumulo a perfetta tenuta stagna, dotate di accorgimenti tecnici che ne consentano lo svuotamento entro 48 ore successive, e sottoposte ad un trattamento di grigliatura, dissabbiatura e disoleazione. Successivamente tutte le acque subiranno il trattamento depurativo (affinamento) che le renderà idonee al riutilizzo per gli usi civili, così da non superare, all uscita dell impianto, i valori limite dei parametri riportati in Tabella 1 del Regolamento Regionale n.8/2012. Il trattamento depurativo (affinamento) che rende le acque idonee al riutilizzo è una misura che può contribuire agli obbiettivi di tutela quali-quantitativa delle acque, ed inoltre qualora detta misura sia individuata dal Piano di Tutela delle Acque come necessaria al perseguimento degli obbiettivi, il servizio di affinamento costituisce parte integrante del Servizio Idrico Intergrato (SII). Pagina 22 di 69

23 L impianto, qualora realizzato, sarà catalogato nel Piano di Tutela delle Acque e dovrà rispettare sia quanto previsto dal D.M. 185/2003 e ss.mm.ii., sia le disposizioni del Regolamento Regionale n. 8 del 18 aprile Le reti duali del presente progetto, saranno realizzati in modo tale da escludere qualsiasi interconnessione, contatto o mescolamento anche accidentale, sia con sistemi di convogliamento e distribuzione di acque destinate all uso potabile sia con i sistemi di adduzione delle acque reflue (cfr. ai sensi dell art.9 comma 5 del Regolamento Regionale n.8/2012). Le reti di distribuzione delle acque reflue recuperate saranno progettate e realizzate secondo i requisiti generali riportati nell Allegato 2 del Regolamento Regionale n.8/2012, oltre che essere conformi a quanto stabilito dall art.11 dello stesso Regolamento. In concreto, nella messa in opera dette reti di distribuzione saranno adeguatamente contrassegnate, mentre i canali a cielo aperto e gli invasi di acque nella rete di distribuzione saranno indicati con segnaletica colorata e visibile ed, infine, i punti nei quali sarà conferita l acqua depurata saranno segnalati in modo da essere chiaramente distinguibili da quelli delle acque potabili. Ancora, le tubazioni per l alimentazione degli scarichi dei servizi igienici saranno contrassegnati con specifica segnalazione ed il sistema di distribuzione sarà dotato di idonei strumenti di rilevamento della pressione e della portata, nonché di punti di prelievo per il monitoraggio della qualità dell acqua recuperata. Inoltre, per il dimensionamento del sistema si terrà in debita considerazione la produzione media dei reflui recuperati e delle oscillazioni temporali di breve o lungo periodo, ponendo attenzione sia il consumo sia la produzione del refluo affinato. Ora, poiché al progetto di recupero delle acque reflue deve essere associato uno scarico alternativo dei reflui affinati in caso di riutilizzo parziale di essi, può essere preso in considerazione, come già esplicitato nella relazione sullo smaltimento reflui depurati, il rilascio delle acque meteoriche sul suolo (cfr. l Allegato tecnico avente ad oggetto Inquadramento geologico-idrogeologico di livello preliminare, ai fini dello smaltimento reflui depurati ). Pagina 23 di 69

24 Tra i recapiti alternativi, previsti ex art.14 comma 2 del Regolamento Regionale n.8/2012, vi è la possibilità di rilascio sul suolo assicurando gli obiettivi di qualità ambientale del Piano di Tutela delle Acque e conformemente alla disciplina degli scarichi di cui alla Parte III Sezione II, Titolo II, Capo II del D.lgs 152/06. Inoltre, ai sensi dell art. 4 comma 2 del Regolamento Regionale n. 26/2013 si deve prevedere uno scarico alternativo dei reflui recuperati come scarico di emergenza, previa ordinanza di cui all art 54 del D.lgs Infatti, all art. 4 comma 3 dello stesso Regolamento n. 26/2013, si ammette l utilizzo di sistemi di smaltimento a gravità nel sottosuolo, come scarico di emergenza in caso di superamento dei limiti di guardia oltre i quali si determinano condizioni di allagamento dei centri. Alla luce di quanto sopra esposto, per il progetto che trattasi, in via del tutto preliminare e qualora tecnicamente possibile, potrà prevedersi lo scarico di emergenza nel suolo e nel sottosuolo per i volumi di riutilizzo parziale, previa valutazione della capacità assorbente della matrice suolo e sottosuolo. Quindi, in fase di progettazione definitiva, qualora fosse approvato lo smaltimento sul suolo/sottosuolo dei reflui recuperati eccedenti, dovrà essere valutata attentamente la capacità assorbente e filtrante del suolo e degli strati superficiali del sottosuolo, valutando anche la presenza tutti i potenziali inquinanti in modo da assumere tutte le precauzioni per evitarne la dispersione in falda. Ancora, qualora venga adottata la soluzione progettuale sopra descritta, in fase di progettazione definitiva e comunque prima della realizzazione delle opere, sarà necessario acquisire il parere vincolante dell Autorità di Bacino della Regione Puglia per l autorizzazione allo scarico sul suolo e/o negli strati superficiali del sottosuolo e, sarà inoltre condizione imprescindibile che gli scarichi siano conformi alla disciplina di cui alla Parte III Sezione II, Titolo II, Capo II del D.lgs 152/06. Il progetto, in coerenza con i contenuti e finalità del Piano di Tutela delle Acque e del Regolamento Regionale n. 26/2013, anche se non richiesto, dovrà prevedere la manutenzione e la pulizia delle superfici scolanti e, qualora ci fossero sversamenti accidentali, la pulizia delle superfici interessate dovrà essere eseguita immediatamente a secco o con idonei materiali inerti assorbenti. Pagina 24 di 69

25 I materiali derivanti da quanto sopra detto, dovranno essere smaltiti come rifiuti derivanti dallo svolgimento del ciclo produttivo, mentre l autorità competente, in relazione al rischio potenziale che possano verificarsi sversamenti accidentali dell area scolante, potrà prescrivere l adozione di sistemi di intercettazione delle sostanze di facile e tempestiva attivazione al fine di impedire lo sversamento sul suolo e negli strati superficiali del sottosuolo delle sostanze suddette. Si tratta di misure precauzionali anche se non specificatamente richieste da normativa vigente. Ciò detto, in fase di progettazione definitiva, si dovrà avere cura di verificare la distanza delle opere di captazione ad uso potabile dal sito di utilizzazione. In particolare, si fa avviso che lo scarico delle acque meteoriche di dilavamento (quelle eccedenti) sul suolo e/o negli strati superficiali del sottosuolo non potrà avvenire a meno di: 200 metri dalle opere di captazione di acque sotterranee destinate a consumo umano. 200 metri dalle opere di derivazione di acque sotterranee destinate a consumo umano. In una fascia di 200 metri attorno al punto di scarico non è ammessa la balneazione, la pesca, la piscicoltura, la stabulazione dei mitili e la molluschicoltura. Inoltre, affinchè le acque di dilavamento possano essere recuperate per usi civili si dovrà verificare che la distanza delle opere di captazione ad uso potabile dal sito di utilizzazione sia non meno di 500 metri. La scelta dell opzione progettuale sopra descritta sarà valutata in sede di progettazione definitiva, allorquando si disporrà dell ubicazione precisa delle opere di captazione come richiesto da normativa, nonché delle effettive aree a disposizione per lo smaltimento dei reflui recuperati, oltre che delle reali condizioni di criticità geologica e idrogeologica dei luoghi derivanti dalla modellazione geologica definitiva. Si tratta di una soluzione progettuale che non deve essere in alcun modo interpretata come definitiva ma solo indicativa e qualora accettata dal progettista incaricato, si dovrà procedere con la elaborazione di un livello di approfondimento di tipo specialistico nel pieno rispetto di un progetto definitivo. Pagina 25 di 69

26 Infine, si fa presente che, anche se non di specifica pertinenza dei contenuti del presente elaborato, in base al Regolamento Regionale n.12 del 16 giugno 2011, all interno delle zone di rispetto delle opere di captazione delle acque sotterranee destinate al consumo umano erogate a terzi mediante impianti di acquedotto che rivestono carattere di pubblico interesse, le opere di edilizia residenziale e relative di urbanizzazione, nonché le opere viarie e, in generale, infrastrutture di servizio, come quelle che si intendono realizzare, non sono ammissibili. In altre parole, qualora le opere previste dalla realizzazione del Piano di lottizzazione del Comparto C2 B, risultassero ricadenti all interno della zona di rispetto delle opere di captazione di acque sotterranee destinate al consumo umano erogate a terzi mediante impianti di acquedotto che rivestono carattere di pubblico interesse, l esistenza delle opere edilizie e delle altre attività comunque oggetto del Piano di Lottizzazione non sarebbero ammissibili. In particolare, si fa partecipe che la zona di tutela assoluta deve avere una estensione di raggio di almeno 10 metri dal punto di captazione e la zona di rispetto, che è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta, una estensione di raggio di 200 metri rispetto al punto di captazione o di derivazione. A tal riguardo, è appena il caso di precisare che nelle zone di rispetto delle opere di captazione è vietato l insediamento dei centri di pericolo (come la dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade) e, similmente, non è ammissibile l esistenza di impianti di trattamento individuali di acque reflue domestiche. In deroga a tale principio, qualora ci si trovasse nelle condizioni di cui all art 2 comma 4 del Regolamento Regionale n.12 del 16 giugno 2011, le strutture e attività oggetto del Piano di Lottizzazione potranno essere dichiarate compatibili all interno della zona di rispetto con la presenza delle opere di captazione a condizione che siano rispettate le seguenti indicazioni e prescrizioni: per le opere di captazione esistenti ed in esercizio alla data di entrata in vigore del presente regolamento, si dovrà prevedere la chiusura e l abbandono della fonte di captazione nei termini della normativa regionale di riferimento (L.R. n.1 del 12/01/2005 come modificata con L.R. n.3 del 22/02/05). Pagina 26 di 69

27 In alternativa alla chiusura o all abbandono dell opera di captazione è consentito il mantenimento in esercizio dell opera di captazione, subordinatamente all adozione di misure aggiuntive di protezione dinamica. Si vuole precisare però che la condizione di non ammissibilità alla realizzazione delle opere previste dal Piano di Lottizzazione, è tutta da verificare. Infatti solo qualora le opere previste dalla realizzazione del Piano di lottizzazione del Comparto C2 B, risultassero ricadenti all interno della zona di rispetto di eventuali opere di captazione di acque sotterranee presenti e destinate al consumo umano erogate a terzi mediante impianti di acquedotto che rivestono carattere di pubblico interesse, l esistenza delle opere edili e delle altre attività comunque oggetto del Piano di Lottizzazione non sarebbero ammissibili. Considerato che condizione appena rappresentata rimane da verificare, nondimeno lo scrivente rappresenta che in data 30 gennaio ha presentato formale istanza, acquisita successivamente agli atti con prot. n 4234 del 6/2/, presso gli uffici della Regione Puglia Servizio Lavori Pubblici, al fine di acquisire atti, documenti e informazioni riguardanti l ubicazione di pozzi ad uso umano, irriguo e domestico e che alla data attuale di predisposizione del presente elaborato tecnico non ha ancora ricevuto alcun riscontro in merito a quanto richiesto. Pagina 27 di 69

28 5. Inquadramento geografico e ubicazione topografica Localizzata ad una quota approssimativamente compresa tra i 171 e i 174 metri s. l. m. l area in esame presenta le seguenti coordinate chilometriche dei vertici della sagoma (indicati con le lettere A,B,C,D,E,F,G), calcolate nel sistema di riferimento UTM WGS84 - ETRS89 fuso 33N (CFR Allegato-Carta dell ubicazione su base CTR). A m E m N B m E m N C m E m N D m E m N E m E m N F m E m N L area in esame può essere individuata nelle seguenti cartografie ufficiali: Foglio I.G.M 177 Bari scala 1: Tavoletta (I.G.M) 177 III - N.O. Ruvo di Puglia e 177 III N.E. Bitonto scala 1: Carta Tecnica Regione Puglia F "Pezza Santa Croce" e F Parco Teseo Pagina 28 di 69

29 6. Ricostruzione preliminare del modello geologico I riferimenti bibliografici esistenti in letteratura sulla geologia del territorio di Terlizzi forniscono uno schema generale relativamente semplice (CFR Allegato Carta Geologica). Geologicamente appartenente alle Murge basse, la zona di Terlizzi è caratterizzata, per lo più dall affioramento della serie dei calcari cretacei appartenenti al Gruppo dei Calcari delle Murge (Calcare di Bari) individuato in cartografia geologica ufficiale scala 1: con il simbolo C7-4, dalla Formazione Calcarenitica nota in letteratura con il nome di (Tufi delle Murge o Calcarenite di Gravina) individuato nella carta geologica con il simbolo Qcca e dalla formazione geologica dei Depositi Alluvionali del Quaternario. In riferimento all area oggetto di intervento, la formazione geologica affiorante è rappresentata per lo più da quella cretacea del Calcare di Bari (Turoniano - Barremiano). La formazione geologica del Calcare di Bari è costituita da calcari detritici di colore bianco e grigio chiaro in strati e banchi di spessore decimetrico e metrico costituiti da litofacies a tessitura prevalentemente fango-sostenuta (mudstone, wackestone biopedali e bindstone stromatolitici) e subordinatamente granulo-sostenuta (packstone/grainstone bioclastici e biopedali) a luoghi interessati da diagenesi meteorica e/o da pedogenesi (floatston/rudstone intraclastici in matrice argillosa residuale) con frequenti intercalazioni di calcari dolomitici e di dolomie grigie. Nella parte inferiore e superiore del Calcare di Bari, sono stati riconosciuti calcari macrofossiliferi a molluschi (pevalentemente rudiste); si tratta di gruppi di strati costituiti da accumuli conchigliari autoctoni o para-autoctoni con tessitura prevalente di tipo floatstone/rudstone, corrispondenti, dal più antico al più recente, al "livello Palese", al "livello Sannicandro" e al "livello Toritto". Nella parte sommitale i floatstone/rudstone bioclastici sono alternati a rudstone intrabioclastici e a mudstone/wackestone bioturbati. Pagina 29 di 69

30 Nella parte medio alta della successione si rinvengono bancate massive di brecce dolomitiche e di dolomie grigio scure a luoghi fittamente laminate che si chiudono verso est. L ambiente di sedimentazione del Calcare di Bari è di tipo peritidale di piattaforma interna mentre le nelle parti sommitali di esso si riconoscono ambienti di transizione da margine a bacino. Ciò detto, parte dell area in esame, quella contermine ad un corso d acqua episodico superficiale, è invece interessata dall affioramento della formazione geologica dei Depositi Alluvionali del Quaternario (CFR Allegato Carta Geologica). La formazione geologica dei Depositi Alluvionali del Quaternario è rappresentata da depositi terrosi e ciottolosi calcarei che sono presenti sul fondo e sui fianchi dei solchi erosivi del corsi d acqua episodico superficiale. Dal punto di vista tettonico l area oggetto di studio non risulta essere interessata da alcun elemento plicativo o disgiuntivo. Pagina 30 di 69

31 7. Inquadramento idrogeologico generale del settore Adriatico delle Murge In Puglia le unità carbonatiche mesozoiche della Piattaforma apula costituiscono un serbatoio d acqua di notevole estensione e capacità cui attingono numerosissimi pozzi a servizio dei comparti civile, agricolo e industriale. Idrogeologicamente la Puglia può essere distinta in quattro unità: il Gargano, il Tavoliere, le Murge ed il Salento; si tratta di serbatoi di acqua dolce, idraulicamente connessi ma aventi comportamento idrogeologico sostanzialmente diverso. Infatti, la differente natura litologico-stratigrafica dei terreni affioranti, i variegati assetti tettonici degli stessi e l irregolare distribuzione delle permeabilità cui le falde traggono alimentazione, fanno si che gli schemi delle circolazioni idriche sotterranee delle quattro unità idrogeologiche siano diversi fra loro, sebbene la falda costituisca un sistema idrico continuo. L unità idrogeologica della Murgia, risulta essere delimitata a sud dall allineamento ideale Taranto-Brindisi e a nord dal fiume Ofanto. Essa inoltre, come mostra la sezione idrogeologica generale della figura seguente, è a contatto sul lato adriatico con acqua marina di intrusione continentale, e con argille pliopleistoceniche sul lato bradanico. (Maggiore e Pagliarulo 2004). Sezione idrogeologica attraverso le Murge (da Maggiore M. & Pagliarulo P.,2004) L acquifero murgiano carsico è, quindi, da considerarsi di tipo costiero in cui l acqua di mare rappresenta la base su cui galleggiano le acque dolci a causa della minore densità di queste ultime. Tale Unità costituisce una idrostruttura di elevata capacità e potenzialità idrica, dove le acque sotterranee circolano secondo livelli idrici preferenziali, irregolarmente distribuiti nello spazio, in accordo con il forte grado di anisotropia che caratterizza l acquifero. La Pagina 31 di 69

32 natura carsica dei terreni che contraddistingue il territorio murgiano, solo parzialmente ricoperto per trasgressione da sedimenti quaternari di natura sabbioso-argillosa e calcarenitici, condiziona le modalità di alimentazione/deflusso delle acque sotterranee ed i lineamenti dell idrografia superficiale. Le modalità di infiltrazione e ruscellamento delle acque meteoriche sono quindi legate sia all intensità e distribuzione delle discontinuità e cavità che interessano il substrato calcareo, sia all eventuale presenza in queste, di materiale di riempimento che costituisce un ostacolo al libero drenaggio e deflusso delle acque in profondità. In generale, la principale ricarica dell acquifero murgiano avviene, ad opera di una serie di bacini imbriferi di tipo endoreico posti nelle parti più interne e topograficamente più elevate, che raccolgono le acque degli eventi meteorici convogliandole, mediante inghiottitoi, verso il sistema dei reticoli carsici sotterranei (Maggiore e Pagliarulo 2004). La falda idrica si muove, quindi, sotto un carico piezometrico elevato e tende a dirigersi verso mare in maniera diffusa attraverso la rete carsica disarticolata da faglie e fratture. Le quote delle zone di maggior ricarica sono all incirca comprese tra 300 e 600 m s.l.m. dove le altezze di pioggia raggiungono anche i 750 mm/anno. Va comunque detto che le zone di alimentazione della falda acquifera sono strettamente dipendenti dal grado di permeabilità delle rocce affioranti. Infatti l assorbimento, è maggiore nei punti interessati da un carsismo più accentuato e con scarsa o nulla vegetazione, rispetto a zone in cui il substrato carbonatico si presenta in affioramento compatto e omogeneo o dove sia presente vegetazione. Pagina 32 di 69

33 8. Inquadramento idrogeologico dell area in esame La circolazione idrica superficiale e sotterranea della zona in esame è condizionata, dalle caratteristiche idrogeologiche delle rocce affioranti. Dall analisi delle isopieze (Fig.1) si può notare come, le quote piezometriche nell area oggetto di intervento, dovrebbero essere circa 23 m. s. l. m. quindi la profondità della falda profonda la si colloca a circa 148 metri dal piano campagna attuale. Fig. 1 Stralcio della Carta della distribuzione media dei carichi piezometrici degli acquiferi carsici della Murgia e del SalentoTav. 6.2 del Piano di Tutela delle Acque. Per quanto riguarda i caratteri di permeabilità, in mancanza di specifiche prove (che si consiglia di far eseguire in fase definitiva) la formazione geologica affiorante nell area di indagine può classificarsi in: i. rocce permeabili per carsismo, fessurazione e/o fratturazione valori di permeabilità 10-6 <k< 10-4 m/s; caratterizzanti le aree di affioramento del Calcare di Bari. Circa il chimismo delle acque di falda freatica profonda, da dati di letteratura di settore esso dipende essenzialmente dalle acque di alimentazione (acqua piovana, intrusioni marine, etc.), ma anche da fattori climatici e geografici oltre che al tempo di permanenza che le acque hanno nel terreno, prima di raggiungere la zona di saturazione. Pagina 33 di 69

34 In tutto il territorio pugliese sono, in generale, possibili due tipi di degrado: uno relativo alla salinizzazione delle acque, l altro alle fonti di inquinamento chimico-batteriologico. Dall analisi delle Prime Misure di Salvaguardia, adottate ai sensi dell art. 121 del D.lgs. 152/06 comma 2, (Pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n.102 del 18/07/2007) si evince che l area oggetto di intervento è soggetta alle prescrizioni generali di dette misure in quanto rientrante in Area di tutela quali-quantitativa. Pagina 34 di 69

35 Fig.3 Tabella Area di vincolo d uso degli acquiferi Acquifero carsico della Murgia Pagina 35 di 69

36 salina. Fig.4 Tabella Area di vincolo d uso degli acquiferi Acquifero carsico della Murgia Aree interessate da contaminazione Pagina 36 di 69

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