Nikolajevka: una eroica tragedia
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- Orazio Toscano
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1 Nikolajevka: una eroica tragedia Scritto da Gioacchino Gambetta venerdì 02 luglio 2010 Il col. Adami, comandante del 5 Alpini a Nikolajevka La raccontiamo usando le stesse parole del Colonnello Adami a Bressanone il 26 gennaio 1956, in occasione della rievocazione della battaglia di Nikolajevka, alla presenza di una folta schiera di Redici della Tridentina, allocuzione che sintetizza mirabilmente le vicende del 5 Alpini sul fronte russo: La battaglia di Nikolajewka che oggi commemoriamo, per le condizioni eccezionali di ambiente in cui si è svolta, per la enorme sperequazione di mezzi e di condizioni fisiche e morali tra noi ed i russi e per lo svolgimento terribilmente drammatico, possiamo considerarla unica nella storia e possiamo definirla, senza paura di esagerare, la battaglia degli Eroi nel vero senso mitico della parola e come ha detto Don Gnocchi, valoroso Cappellano della Tridentina, la più alta vittoria dello spirito sulla materia, della volontà sull avversa fortuna. Noi oggi ricordiamo il passato non per un vano ed inopportuno senso di esibizionismo, ma perché non vogliamo dimenticare o lasciare dimenticare quella Fede che non può cessare con la gloria trascorsa, ma vuole essere realtà vivente, maestra sempre delle nostre azioni, stimolo e guida per il futuro. Non possiamo dimenticare chi per quella Fede sì è sacrificato e dimenticare che essa si identifica con l amore per la nostra terra, la famiglia e la Religione. La battaglia di Nikolajewka è stata per la Tridentina l ultimo fulgido e grande episodio di una disperata manovra di ripiegamento che sommariamente vi descriverò perché è in essa che prende grandezza il quadro della battaglia stessa. Al 15 gennaio 1942 la Divisione Tridentina composta da: - 5 e 6 reggimento alpini; - 2 reggimento artiglieria da montagna; - 82 compagnia cannoni anticarro da 47mm;
2 - Battaglione genio; - 25 reparto salmerie e altri servizi vari; ed era dislocata sul Don su di un fronte di circa 25 chilometri. A quella data i lavori di rafforzamento in linea avevano raggiunto la massima efficacia ed in tutti era la convinzione che nessun attacco nemico avrebbe intaccata la nostra difesa; questa fede assoluta nel lavoro compiuto e nella saldezza delle proprie virtù militari trovava piena conferma e si rafforzava nei giorni 16 e 17quando i battaglioni Edolo e Vestone subivano per 48 ore furiosi attacchi di forze superiori e poderosi bombardamenti senza che le linee fossero minimamente intaccate. Non solo, ma il giorno 15, con ardita azione, due pattuglie dell Edolo, al comando del Tenente Raiteri, passano il Don e distruggono due bunker nemici a dimostrazione della nostra piena efficienza e del nostro spirito combattivo. Si è ancora in piena battaglia nel settore dell Edolo e del Vestone quando il giorno 17 viene dato l ordine di iniziare il ripiegamento per le ore 17, lasciando sul posto piccoli reparti di copertura fino all alba del 18 per proteggere il movimento del grosso. Adunata dei reparti a Podgornoje. Così, in una serata fredda e plumbea, la Divisione Tridentina, che non aveva mai subito un insuccesso, lascia le sue formidabili posizioni, definite dai tedeschi piccola Sigfrido per iniziare un ripiegamento senza meta e senza direzione. Da più giorni il Corpo d Armata Alpino era come una grossa isola in mezzo ai russi, che dilagati sui fianchi che avevano ceduto, erano già alle nostre spalle per ben 200 chilometri di profondità ed avevano già occupato Rossosch, la sede del Comando del Corpo d Armata, tutte le basi logistiche arretrate, compresi i centri di raccolta salmerie, e sbarravano le principali vie di comunicazione con potenti mezzi corazzati. All alba del 18 la Tridentina, seguita dai reparti di copertura che avevano potuto disimpegnarsi brillantemente, è riunita a Podgornoje dove già si trovavano i Comandanti di Divisione e di Corpo d Armata, Generali Reverberi e Nasci, il Generale Heibel comandante dei resti di un Corpo d Armata tedesco, con pochi elementi corazzati superstiti, ed i resti del gruppo italo-tedesco Vulcano di cui faceva parte il nostro valoroso reggimento Artiglieria a Cavallo. Il Generale Reverberi ordinava la costituzione di due colonne: - 5 Alpini, obiettivo Postojalli, direzione Scororib, - 6 Alpini, obiettivo Postojalli, direzione Opyt dove la sera stessa sarebbero affluiti i vari comandi. Precedevano le colonne i battaglioni Tirano e Verona, obiettivo Postojalli. I due battaglioni muovevano autotrasportati la sera stessa del 18. All alba del 19 doveva muovere il grosso. Il Tirano la sera stessa comunicò per radio che trovava difficoltà nell oscurità ad entrare in Scororib che riteneva fortemente presidiata. Ricevette in conseguenza ordine dal comando del 5 di
3 sostare in attesa dell alba. Il Verona, entrato in Posojalli, dopo una cruenta lotta, ne veniva poi ricacciato da notevoli rinforzi russi. Il grosso del 5, diretto su Scororib, trovava sulla direzione il Tirano ancora fermo e truppe tedesche in difficoltà di fronte ad un attacco russo appoggiato da carri armati. Il Comandante del 5 ordina all Edolo di scavalcare il Tirano ed i reparti tedeschi e di attaccare il paese. L Edolo, con il concorso del gruppo Valcamonica ed i semoventi controcarri tedeschi, con un brillantissimo attacco che si risolve alla baionetta al grido di Savoia, in poche ore occupa il paese catturando armi, cannoni, automezzi e prigionieri. Muore in combattimento il valoroso colonnello comandate le formazioni tedesche. Al mattino successivo, il giorno 20, il 5 scavalcando alcuni reparti della Julia e della Vicenza, procede su Lessinscanchi che era stata occupata dal Morbegno nella notte ed arriva a Postojalli verso mezzogiorno. Intanto il nemico nella notte del 19 aveva attaccato furiosamente e ripetutamente Opyt cercando di isolare i comandi delle truppe che operavano su Postojalli, i battaglioni Verona e Valchiese e reparti del Vestone, ma l eroico comportamento dei reparti in posto, il sacrificio totale della 45ª batteria del Vicenza, il valore del II battaglione Genio, riuscivano ad avere ragione del nemico. Il 20 mattina Postojalli veniva definitivamente in possesso dei battaglioni del 6, dopo una asperrima lotta. Moltissime le perdite del nemico, ma anche le nostre furono dolorose, specialmente per il battaglione Verona. A Postojalli il generale Reverberi assume il comando dell avanguardia composta dai battaglioni del 6 Vestone e Verona e dai gruppi corazzati del Colonnello Faut e Maggiore Fischer. Il Comando della Tridentina venne assunto dal Comandante del 5 al quale si riunisce il Morbegno che era con la Divisione Vicenza. L avanguardia, munita di mezzi adeguati, aveva il compito di rottura mentre la colonna del 5 e degli altri reparti costituivano il grosso e la retroguardia. Lo stesso giorno 20, senza possibilità di sosta e di riposo, la Tridentina, preceduta dalla truppe dell avanguardia, lascia il carnaio che era Postojalli per Nova Karkowka sotto gli attacchi continui del nemico che con carri armati, artiglierie e mortai cerca di sbarrarci il passo
4 provocandoci numerose e dolorose perdite. Cade quel giorno anche il generale Heibel che muoveva su di un semovente con il generale Nasci. All alba del 21 tutte le truppe entrano in Nova Karkowka il cui sbarramento è rotto definitivamente. Era il quinto giorno di combattimento che la Tridentina aveva dovuto affrontare, ma gli Alpini che dal giorno 15 combattono ininterrottamente, camminano senza riposo e senza cibo sotto tormente di neve e di freddo siberiano meno 40 C cominciano a dare segni di stanchezza e di esaurimento. Molti sono i congelati agli arti. Le slitte non sono più sufficienti per trasportare i feriti ed i congelati. Le auto-carrette non hanno più carburante e devono essere abbandonate rinunciando così a preziose scorte di viveri e di munizioni. Incominciano a verificarsi i primi dolorosi casi di alienazione mentale e di esaurimento. La Tridentina alle ore 14 del 21, dopo poche ore di riposo, riprende la marcia e a notte inoltrata, non riuscendo a trovare ricovero per tutti, sosta per poche ore. La marcia è ripresa all alba del giorno 22 e si arriva davanti a Scheljakino, fortemente occupata dal nemico che fa manovrare parecchi carri armati. Il Vestone e l Edolo, con le loro batterie e appoggiati dai semoventi tedeschi e dai nostri 47, occupano con brillante azione il paese e l avanguardia procede senza indugio. Il grosso, cioè il 5 ed altri reparti, subisce ancora un attacco di carri armati e solo all imbrunire può disimpegnarsi ed avviarsi verso ovest come era convenuto. Il battaglione Morbegno, con la 31ª batteria del Bergamo, la 82ª compagnia cannoni e le salmerie, che sono di retroguardia, vengono attardati dalla confusione di una massa di circa sbandati e nella oscurità profonda perdono il contatto con il grosso che non potranno più raggiungere, perché dovranno assolvere il loro gravoso compito di retroguardia combattendo duramente per tre giorni contro forze preponderanti e masse di carri armati che cercavano di attaccare il grosso in coda e sui fianchi. Il loro sacrificio fu quasi totale; enormi le perdite e gli atti di valore. Cade colpito in fronte il Maggiore Sarti, comandante del battaglione e poco dopo il Capitano Emanuelli che lo sostituiva. Il Maggiore Fabrocini, raccolti alcuni gruppi di superstiti, dopo altri combattimenti riesce a raggiungere, dopo alcuni giorni, il grosso. Altri superstiti con Amighetti, Negri, Zanotti, Bianche gravemente ferito, attraverso attacchi continui, raggiungono Karkow. Della 31ª batteria e della 82ª cannoni più nessuno fa ritorno. Il valore leggendario delle nappine bianche del Morbegno, della 31ª batteria del Bergamo, della 82ª cannoni hanno permesso alla Tridentina di proseguire nella sua faticosa marcia ed arrivare, dopo che il 6 Alpini in avanguardia aveva decisamente attaccato e sfondato un altro sbarramento nemico, a Romankowo la notte del 24 dove non tutti trovano ricovero nelle isbe, e dalla battaglia contro il freddo e la tormenta molti non escono vivi. Non vi è sosta, non vi è tregua ed all alba si riparte ed il 5 si accantona a Nikitowka mentre il 6 si porta più avanti, tra Arnautowo e Nikolajewka. Tutti trovano ricovero nelle numerose isbe ed in
5 tutti c'è la speranza di un po di riposo. Ma la sera cominciano gli attacchi e si protraggono tutta la notte specialmente forti contro il Val Chiese e la 33ª batteria del Bergamo che, a costo di gravi perdite, riesce a salvare i suoi pezzi. All alba del 26 il 5, con in testa il Tirano, al centro il gruppo tedesco del Maggiore Fischer e di retroguardia l Edolo ed il gruppo Valcamonica, si muove per congiungersi con il 6 per l attacco a Nikolajewka che risulta fortemente occupata. Il Tirano, giunto alla selletta di Arnautowo, viene attaccato da forti formazioni russe che penetrate alla spalle del 6 avanzano baldanzose cantando, accompagnate da un violento fuoco di mortai e di armi automatiche. Il Tirano del Maggiore Maccagno, pur con poche armi automatiche, quasi tutte inefficienti, non esita e si lancia al contrattacco in una tremenda ed impari lotta e con l ausilio di una mitragliatrice della 48ª compagnia, ben piazzata su un fianco, di un pezzo del gruppo Fischer ed uno del Valcamonica, riesce a respingere il nemico che lascia sul terreno molti morti ed un gran numero di armi di ogni tipo. L ora del Tirano è però pagata a caro prezzo; ben undici Ufficiali e numerosissimi Alpini cadono eroicamente e molti sono feriti. Non vi è dubbio che il sacrificio quasi totale del Tirano alla selletta di Arnautowo abbia impedito ai russi di tagliare in due la colonna dividendo il 5 dal 6 : ciò che avrebbe determinato l annientamento completo e la fine; perché l Edolo non avrebbe potuto arrivare in tempo utile a dare man forte, stretto come era da una folla di sbandati ed alle prese con attacchi di partigiani in coda. Onore e gloria quindi al Tirano ed ai suoi eroici Caduti che hanno reso possibile alla Tridentina di affrontare ancora vittoriosamente il nemico a Nikolajewka ed aprire la strada verso la libertà a migliaia di sbandati che al valore degli Alpini si erano affidati. Ed eccoci davanti a Nikolajewka. Prima di accennare allo svolgimento del combattimento, il terzo in meno di venti ore, che ha concluso vittoriosamente la famosa battaglia, è bene metter in evidenza la sperequazione delle forze e dei mezzi contrapposti. I battaglioni del 6 già privatissimi nei combattimenti dei giorni precedenti e che, come il Val Chiese, avevano combattuto tutta la notte, potevano disporre di circa un migliaio di uomini validi che, già dall alba, erano alle prese coi russi davanti a Nikolajewka e stavano subendo dolorose perdite. Del 5 si poteva fare affidamento sui superstiti del Tirano, circa 200, sulla compagnia comando reggimentale e sulla compagnia comando dell Edolo che era riuscita a riunirsi a noi. In tutto circa 1500 uomini. L'armamento degli Alpini era costituito da fucili 91 e da bombe a mano che non sempre funzionavano, le poche armi superstiti erano in gran parte inefficienti, mortai e cannoni anticarro da 47 più nessuno. La nostra artiglieria poteva contare sui pochi pezzi del gruppo Vicenza dell eroico Colonnello Calbo e sui resti del Bergamo di Meozzi, sui pezzi del gruppo Fischer, due da 155, due carri armati e una katiuscia del Colonnello Faut, il tutto però con un numero limitatissimo di munizioni. Condizioni fisiche degli uomini disperate, al limite di ogni resistenza, sfiniti dalle lunghe marce e
6 dal digiuno, martoriati dal gelo, dalle ferite, dalla sete e dalla fame. Le truppe russe contrapposte erano in parte siberiane, abituate a freddi assai più terribili, razionalmente equipaggiate, walenke ai piedi, giubbotti imbottiti, copricapo di pelo, ognuno con un mitra, un numero rilevante di mitragliatrici di tutti i calibri, automezzi, semoventi, aeroplani da ricognizione e da mitragliamento che non ci davano tregua. Morale alto perché agivano contro un nemico in ritirata che credevano ormai vinto. Lo dimostra il fatto che si lanciarono contro il Tirano cantando allegramente. Erano in molti, una divisione, asserragliati in un grosso paese dietro una difesa naturale che era il terrapieno di una ferrovia e la possibilità di sparare contro di noi che dovevamo scendere allo scoperto per la falda bianca di una grande balka. Questo breve quadro per mettere meglio in evidenza in che condizioni gli Alpini della Tridentina hanno saputo vincere. Il Generale Nasci ed il Generale Reverberi giunti davanti a Nikolajewka, dove i battaglioni del 6 già tenacemente combattevano abbarbicati alla massicciata della ferrovia, si resero conto, anche perché riferito dai Comandanti di battaglione Chierici e Bracchi, già ferito, che non avrebbero potuto da soli superare l infernale sbarramento di fuoco che mieteva continuamente vittime. Diedero l ordine di raccogliere tutti gli elementi del 5 ed inviarli in rinforzo al Val Chiese e al Vestone, che si trovavano in situazione critica davanti al lato est del paese. Parte perciò il Maggiore Maccaglio con i 150 superstiti del Tirano, col valoroso Capitano Piatti già ferito, e il Capitano Alessandria, unici Capitani di compagnia superstiti; parte il Capitano Pasini con la compagnia comando dell Edolo. Vengono messi in posizione i pezzi del Vicenza, e a poche centinaia di metri dal nemico sparano i pochi colpi ancora rimasti incuranti delle forti perdite che a loro procuravano i mortai russi. Anche tutti i pezzi tedeschi sono in linea e sparano sul paese; i due carri d assalto tedeschi giunti oltre la ferrovia non possono proseguire perché non sufficientemente protetti e con scarsissime munizioni. Partono per l attacco anche molti Ufficiali del comando del 5 e del 6 Alpini, dell artiglieria, del genio e dei servizi. Gli atti di ardimento e di eroismo non si possono contare, ma ciò nonostante la situazione rimane ancora indecisa. Il nemico con il fuoco continuo di tutte le sue armi, batte i reparti già attestati alla ferrovia e gli elementi che lungo il declivio scoperto della balka scendono a raggiungerli provocando molte dolorose perdite. Gli uomini cadono a decine, anche nella sterminata massa degli sbandati che un po indietro attendono l esito della battaglia. I mitragliamenti aerei provocano dei vuoti. Il battaglione Edolo ed il gruppo Valcamonica, ritardano serrati dalla calca. Il Generale Reverberi guardando quella massa ingente di sbandati che sta inerte alle nostre spalle pensa che sia giunto il momento di incitare tutti con l esempio, e preso il Generale Nasci sotto braccio si avvia alla ferrovia per partecipare personalmente all attacco e cercare di entrare in paese prima che arrivino le tenebre, perché non vi è dubbio che nessuno avrebbe potuto resistere ad un addiaccio in quella notte fredda. Molti seguirono i due coraggiosi Generali mentre l azione riprendeva violenta e drammatica perché gli Alpini, le cui povere mani ghiacciate reggevano un misero fucile, trovavano ancora la forza di resistere leoninamente alla terribile reazione nemica ed alla deficienza dei mezzi supplivano con una aggressività che aveva del miracoloso. Mentre si stava per toccare l acme della tragicità ecco arrivare il battaglione Edolo, Belotti in
7 testa, seguito dal Valcamonica che senza indugio si lancia nella lotta. Spiegata la 51ª a destra e la 50ª a sinistra il battaglione oltrepassa di slancio i binari ed investe impetuosamente l abitato. Due pezzi del gruppo Bergamo, spintisi audacemente avanti, e le armi ancora efficienti della 110ª compagnia piazzate velocemente appoggiano efficacemente l avanzata. Il Generale Reverberi, salito su di un carro d assalto tedesco, si lancia in paese gridando Tridentina Avanti e gli Alpini ai lati, con lotte a corpo a corpo, conquistano in breve tempo l abitato. Nel furore della battaglia le mitragliatrici ed i cannoni nemici non ci arrestano più. Il nemico rimane disorientato ed indeciso di fronte a tanta audacia e slancio e di ciò approfittano gli Alpini, il cui spirito aggressivo si rinvigorisce. Cacciano definitivamente i russi cha lasciano sul terreno un moltissimi di morti, e di armi di ogni genere. I superstiti si danno alla fuga. Il miracolo è compiuto. Nikolajewka è presa da pochi uomini esausti, sfiniti e pressoché disarmati. Nella storia di questa epica battaglia risolta in tre sanguinosi combattimenti che si succedono quando il primo non era ancora finito, gli atti di valore individuale, gli eroismi di quegli uomini che, pur al limite della resistenza umana, hanno avuto la forza di spezzare l ultima parete di ferro che li separava dalla libertà, sono stati tali e tanti che mi è impossibile descriverli e tanto meno di far i nomi di tutti quegli eroi. Non possiamo però non ricordare i due Generali Nasci e Reverberi a braccetto dirigersi impavidi verso il sottopassaggio della ferrovia sotto un uragano di fuoco decisi a sacrificarsi pur di dare l esempio; non possiamo dimenticare il Generale Martinat che animato dallo stesso spirito di sacrificio si lanciava all attacco con la compagnia comando del 5 trovando eroica morte. Non possiamo dimenticare gli artiglieri alpini del Vicenza e del Bergamo schierati a poche centinaia di metri dal nemico che sparano gli ultimi colpi mente i mortai russi fanno saltare i pezzi, muli e serventi. In questa disperata altruistica azione in appoggio ai compagni Alpini morivano anche il comandante del Vicenza Colonnello Calbo ed il Sergente Maggiore Tempesti. Non possiamo dimenticare gli ultimi superstiti del Tirano lanciarsi ancora nella lotta nella quale trovarono eroica morte il Capitano Piatti, già ferito ad Arnautowo, ed il Tenente Astolfi e quelli del Morbegno scampati miracolosamente alla morte ed alla prigionia, che combattono ancora nel paese con il Tenente Merlini che rimane ferito. Non possiamo dimenticare i Cappellani che, come il frate della leggenda, San Bernardo da Mentone, con il crocefisso in una mano e bombe nell altra, lordi di sangue, combattevano e benedicevano. Non possiamo dimenticare i Medici che, valorosi soldati in combattimento, si negavano il riposo nelle soste per tagliare e curare carni doloranti e ridare vita a tanti eroi. E sempre davanti ai nostri occhi lo spettacolo indescrivibile dei posti medicazione la notte di Nikolajewka dove, alla luce di fiochi lumicini, si vedevano Ufficiali medici lordi di sangue, tra il lezzo della cancrena ed i gemiti dei feriti, tagliare carni ed inghiottire pezzi di mulo cucinato alla bell'e meglio tra i feriti ed i morenti. E doveroso poi un tributo di riconoscenza ai nostri valorosi compagni della Wehrmacht: i resti dei gruppi corazzati del Colonnello Faut e del Maggiore Fischer che hanno combattuto strenuamente e
8 valorosamente con gli Alpini con un senso di grande cameratismo. Ricordiamo il Generale Heibel che, colpito a morte, rifiutava l assistenza e dichiarava che gli Alpini erano i migliori soldati del mondo perché combattevano solo con il fucile 91. Ed il Colonnello comandante le formazioni tedesche a Scororib che morente diede da buon soldato la consegna delle sue truppe al comandante del 5 augurandogli buona fortuna. E cosa dire di tutti quegli Ufficiali, Sottufficiali e soldati di tutte le specialità e servizi che non essendo inquadrati in un reparto, armati solo di grande fegato e di una ferrea volontà di vincere, si sono lanciati anche loro all attacco di casa in casa nel paese pagando con un forte tributo di morti e di feriti il loro generoso slancio? E non vorrei finire questo troppo succinto racconto di gesta valorose senza ricordare che il Capitano Grandi della 46ª compagnia del Tirano, colpito a morte ad Arnautowo, vedendo i suoi soldati piangenti attorno a lui diceva: «cosa fate lì con quei musi? Cantate con me la canzone del Testamento del Capitano», ed accompagnata dalle tristi note di quel coro, la sua bella e giovane vita si spegneva. Troppo ci sarebbe da dire sugli eroi vivi e morti della Tridentina. Basti il fatto che furono distribuite 21 Medaglie d Orto. I superstiti devono a loro eterna riconoscenza; la Patria deve a loro una delle più gloriose pagine della storia del valore della nostra gente. Finisco questa mia arida e frettolosa cronistoria degli avvenimenti della Battaglia di Nikolajewka ripetendo quanto Don Gnocchi ebbe a dire in proposito dopo la stessa battaglia: «Dio era con gli Alpini Ma gli Alpini erano degni di Dio»; sì perché avevano quella fede che li ha fatti diventare eroi; l amore per la Patria e per la famiglia, fede che diventava sempre più grande quanto più il gelo di una notte ostile, l aggressione ossessionante di una terra nemica senza orizzonti e senza meta si accanivano contro di loro e quando le forze stavano per crollare la visione dell Italia, della famiglia lontana era per loro una luce che li rendeva disperatamente decisi a raggiungerla. Solo uomini che possiedono così forte questa fede possono avere fatto quello che hanno fatto per cercare di reagire. Ma quegli uomini non sono morti, ci sono ancora, eccoli là, schierati in armi sotto la gloriosa Bandiera, sono i loro figli, i loro nipoti, sono della stessa razza, la razza del montanaro eguale in tutto il mondo, che non mollerà mai perché ha delle radici poderose piantate in terra dura e rocciosa. Io mi permetto come vecchio Alpino, di ricordare ai giovani Comandanti che questi Alpini sono gli stessi che a Nikolajewka, praticamente senza armi, hanno saputo vincere una battaglia essenzialmente con le loro qualità morali. Meditate su questo, specialmente ora che la dottrina, il tecnicismo ed il materialismo prendono il sopravvento su tutto; e fate che la grande fiamma dello spirito alpino non abbia mai ad impallidire perché questa fiamma è necessaria più della armi per l integrità morale e materiale della nostra Patria.
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