RESTI DI UN SIRENIO FOSSILE

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1 SOPRA RESTI DI UN SIRENIO FOSSILE (METAXYTHERIUM LOVISATI, Cap.) RACCOLTI A MONTE FIOCCA PRESSO SASSARI IN SARDEGNA MEMORIA DEL PROF. GIOVANNI CAPELLINI BOLOGNA TIPOGRAFIA GAMBERINI E P ARMEGGIANI 1886 Biblioteca del Distretto biomedico-scentifico - Sezione Scienze della Terra - Università di Cagliari Digitalizzato da Sardoa d-library

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3 SOPRA RESTI DI UN SIRENIO FOSSILE (METAXYTHERIUM LOVISATI, Cap.) RACCOLTI A MONTE FIOCCA PRESSO SASSARI IN SARDEGNA MEMORIA DEL PROF. GIOVANNI CAPELLINI BOLOGNA TIPOGRAFIA GAMBERINI E PARMEGGIANI 1886

4 Estratta dalla Serie IV, Tomo VII, delle Memorie della Reale Accademia delle Scienze dell'istituto di Bologna e letta nella Sessione del 14 Febbraio 1886.

5 I primi resti di Sirenii fossili scoperti in Italia furono scavati a Castelgomberto, nel Vicentino, e fecero parte dell'interessante collezione ivi adunata dal Castellini, passata in seguito al Museo di geologia dell'università di Padova. Quei resti consistono in una congerie di costole, le quali, per la loro compattezza, non lasciano dubitare che si debbano riferire ad un Sirenio; il Prof. T. A. Catullo, nel Catalogo della collezione Castellini, fra gli oggetti riposti nella stanza segnata N. 1, pel primo ne fece menzione con la seguente brevissima indicazione: Carcami fossili di cetacei probabilmente del Manatus, presi nel calcare terziario di Castelgomberto (1). Per altre e più importanti scoperte fatte in seguito dal Barone De Zigno, e dallo stesso dottamente illustrate, fu dimostrato che quelle coste sono da riferire al genere Halitherium (2). Appena un anno dopo la pubblicazione del Saggio di zoologia fossile del Catullo, nell'argilla turchina di Montiglio, fra Torino e Casale in Monferrato, si scoprivano gli avanzi dello scheletro di Sirenio che il Dott. G. D. Bruno dieci anni dopo illustrò e fece conoscere col nome di Cheirotherium subapenninum (3). Non intendendo di fare oggi una completa storia dei Sirenii italiani, non ripeterò per quali ragioni il fossile di Montiglio in seguito venisse da me riferito al genere Felsinotherium, fondato nel 1865, coi resti del Sirenio scavato nel 1863 a Riosto nel Bolognese (4); ma importa notare che il Prof. Bruno aveva giustamente (1) CATULLO T. A. Saggio di zoologia fossile, pag Padova (2) DE ZIGNO Barone A. Sui mammiferi fossili del Veneto. Padova (3) BBUNO G. D. - Illustrazione di un nuovo Cetaceo fossile. Memorie dellar.accademia delle Scienze di Torino. Serie II, Vol. I, pag Torino (4) Vedi: Atti della Società italiana di Scienze naturali (Riunione straordinaria tenuta in Spezia dal 18 al 21 Settembre 1865) Vol. VIII, p Milano CAPELLINI G. - Sul Felsinoterio sirenoide halicoreforme dei depositi litorali pliocenici dell'antico bacino del Mediterraneo e del Mar Nero. Memorie dell'accademia delle Scienze dell Istituto di Bologna. Serie III, Tomo I, pag Bologna 1872.

6 4 40 riconosciuto che il Sirenio di Montiglio non si poteva riferire al genere Halitherium, creato allora allora da Kaup, per i Sirenii del bacino di Magonza. E. Suess e F. Bayan, nelle importantissime Memorie sui terreni terziari del Vicentino, ricordarono incidentalmente frammenti di coste di Halitherium, provenienti dai terreni miocenici ed eocenici di quella regione; ma il primo che trattò magistralmente dei resti di questo genere di Sirenii in Italia fu il Barone A. De Zigno, nella Memoria Sirenii fossili trovati nel Veneto (1). Dopo aver ricordato gli avanzi di coste raccolte dal Castellini, il Barone De Zigno parla delle coste di Halitherium da esso rinvenute nei terreni terziari medii e inferiori del Vicentino, fa menzione delle vertebre, costole e altre ossa di Halitherium, scavate nel calcare eocenico del Monte Scuffonaro presso Lonigo, che ora si trovano nel Museo di paleontologia a Firenze; e sopratutto descrive e illustra gli avanzi trovati nel Bellunese, presso Cavarzana nella valle delle Guglie, provenienti dall' arenaria glauconiosa miocenica con Scutelle ed altri fossili caratteristici. Nella stessa Memoria sono pure illustrati alcuni degli avanzi di Halitherium scavati a Monte Zuello di Grumolo presso Roncà nel Veronese, e sono ricordati frammenti di coste dello stesso Sirenoide raccolti a Priabona, a Mossano, a Lonigo e a Grancona nel Vicentino. Con tutti questi avanzi ai quali in seguito se ne aggiunsero altri che il De Zigno pure fece conoscere (2), fino dal 1875 già erano state riconosciute nel Veneto quattro specie di Halitherium distinte da quella del bacino di Magonza, Halitherium Schinzii, Kaup. Queste specie fin da principio furono indicate dal De Zigno coi nomi di Halitherium Bellunense, quella di Cavarzana in Val delle Guglie; H. Veronense, H. angustifrons, H. curvidens, le altre fondate con i resti raccolti nel Vicentino e nel Veronese. Il Prof. G. R. Lepsius nella sua classica Memoria sull'halitherium Schinzi, passando in rivista tutti i Sirenii fossili a lui noti fino al 1882, delle quattro specie di Halitherium del Veneto ne mantiene una sola, l'h. Veronense, e ad essa riferisce tutti i resti provenienti dall'eocene del Veronese e dall'oligocene del Vicentino. Quanto ai resti dell'halitherium Bellunense, De Zigno, dopo aver dimostrato che il Metaxytherium Cuvieri, De Christol, del miocene di Linguadoca, si deve ritenere come tipo di un genere di Sirenio distinto dal genere Halitherium, intermedio fra (1) DE ZIGNO Barone A. Annotazioni paleontologiche - Sirenii fossili trovati nel Veneto. Memorie del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Volume XVIII. Venezia (2) IDEM Sopra un nuovo Sirenio fossile scoperto nelle colline di Brà. Memorie della R. Accademia dei Lincei. Serie 3 a, Vol. II. Roma Nuove osservazioni sull'halitherium veronense. Memorie del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Volume XXI. Venezia Nuove aggiunte alla fauna eocenica del Veneto. Memorie del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Volume XXI. Venezia 1881.

7 41 5 questo e il genere Felsinotherium, il Lepsius pensa che il Sirenoide dell'arenaria miocenica del Bellunese si abbia pure a registrare nel genere Metaxytherium (M. Bellunense, De Zigno) (1). Allo stesso genere Metaxytherium, secondo il Lepsius, sarebbe da riferire anche il Sirenio di Montiglio (ciò che io non posso ammettere); riconosce però che il Sirenio piemontese non si può identificare specificamente con quello del Bellunese e per conseguenza mantiene la specie fondata da Bruno e da me pure rispettata quando riferii al genere Felsinotherium i resti del Sirenio pliocenico del Monferrato. In conclusione il Lepsius riduce a quattro le otto specie di Sirenii fossili italiani già conosciute; mantenendone una soltanto nel genere Halitherium, una nel genere Felsinotherium e riferendone due al genere Metaxytherium. Al Prof. Lepsius sfuggì la mia citazione di avanzi di Sirenii nella pietra leccese a Caballino in Terra d'otranto, in una proprietà del Duca Sigismondo Castromediano, pei quali non azzardai di indicare se fossero da riferire al genere Halitherium piuttostochè al genere Felsinotherium (2). Quella scoperta, di poco anteriore alla mia prima gita a Lecce nel 1869, consisteva in vertebre e coste che in parte si trovano nel Museo di Lecce e in parte mi furono donate pel Museo di Bologna, e che oggi sarei inclinato a considerare come spettanti al genere Metaxytherium. Qualche avanzo di Sirenio della pietra leccese ricordo pure di aver veduto nella collezione del Prof. Cav. De Giorgi a Lecce. Il Lepsius non fa menzione degli avanzi di Sirenii raccolti da me e dal Cav. Lawley nei dintorni di Volterra, e fino dal 1876 e 1877 dal Lawley stesso fatti conoscere fra i resti di vertebrati fossili delle colline toscane (3). Questi avanzi, che per la maggior parte si conservano fra i resti di vertebrati fossili non ancora illustrati, che ho depositato nell'istituto geologico di Bologna, consistono in frammenti del cranio, porzioni di coste e parecchi altri resti dello scheletro di un esemplare di Felsinotherium, scavato nelle sabbie plioceniche di S. Taviano (doveva dire S. Ottaviano) presso Volterra. Nel 1876 in una escursione in cerca di avanzi di cetacei presso S. Ottaviano ebbi la fortuna di trovare un dente di quell'importante Sirenio; gli altri resti furono poco dopo raccolti dai cercatori di fossili che mi accompagnavano in quella circostanza, e mentre me ne fu inviata una parte, l'altra fu venduta al Cav. (1) LEPSIUS Dott. G. R. Halitherium Schinzi die fossile Sirene des Mainzer Beckens. Abhandlungen d. Mittelrheinischen geol. Vereins. I Band, pag Darmstadt (2) CAPELLINI G. Della Pietra leccese e di alcuni suoi fossili. Memorie dell'accademia delle Scienze dell'istituto di Bologna. Serie III, Tomo IX, pag Bologna (3) LAWLEY. R. Nuovi studi sopra ai pesci fossili ed altri vertebrati fossili delle colline toscane, pag Firenze Quattro Memorie sopra a resti fossili. Atti della Società toscana di Scienze naturali. Adunanza del 6 Maggio Volume III, Fasc. 2. Pisa G. CAPELLINI 2

8 6 42 Lawley (1). Per fare apprezzare con quanto discernimento era stata fatta quella ripartizione, accennerò che una notevole porzione di una costa ridotta in sette frammenti, era stata in parte inviata al Lawley e in parte a me, e solamente dopo che tutti quei resti (per verità assai scarsi) mi furono gentilmente donati, potei dimostrare che si trattava di un solo individuo e non di due, come i cercatori avrebbero voluto persuadere. Nell' aprile del 1877 il Cav. Lawley ebbe altri pochi avanzi di Felsinotherium raccolti pure nei dintorni di Volterra, nel luogo detto alla Rocca; di questi meritano di essere ricordati due molari ed una zanna lunga dodici centimetri, evidentemente spettanti ad un giovane individuo, che conservansi tuttavia nella collezione del fu Cav. R. Lawley a Montecchio. Nella collezione dell' Istituto geologico conservo ancora una zanna di giovane Felsinotherium raccolta dai miei cercatori e inviatami con questa indicazione: fra Vicarello e Villamagna nel Volterrano; però non azzardo affermare che si tratti di un terzo giacimento di avanzi di Sirenii sulla destra dell'era, ed amo ancora di ritenere che invece provenga dalle vicinanze di S. Ottaviano e alla Rocca; anzi non mi meraviglierei se un. accurato esame mi facesse conoscere che la zanna da me posseduta spetti allo stesso individuo di cui altra zanna ebbe il Lawley con la indicazione di essere stata trovata alla Rocca. Contemporaneamente alla prima scoperta di resti di Sirenii nel Volterrano, il Prof. Federico Craveri scopriva, nelle vicinanze di Brà in Piemonte, un ammasso di ossa con le quali il Prof. B. Gastaldi ricostituì il bellissimo cranio che in seguito fu illustrato dal Barone De Zigno col nome di Felsinotherium Gastaldii (2). Delle altre parti dello scheletro fu trovata soltanto una costa; ma io penso che con accurate ricerche forse si sarebbero scoperti parecchi altri avanzi importanti dello stesso animale. Dal 1877 al 1884 non mi consta che sieno stati scoperti altri resti di Sirenii in Italia, ma nel settembre di quell'anno il prof. Lovisato mi annunziava l'invio della metà di un trovante raccolto a Monte Fiocca ad una buon'ora da Sassari, contenente alcune vertebre, che l'egregio Professore sospettava potessero essere di un delfinoide. Ricevuto l'importante invio del Lovisato, mi affrettai a raccomandargli di volermi spedire l'altra metà del piccolo masso di calcare e qualunque frammento se ne fosse staccato, allorché egli aveva spaccato quel trovante per meglio rendersi conto di quanto conteneva. Questo secondo invio fu ritardato a motivo delle quarantene, ma alla fine di dicembre ebbi l'altra metà del prezioso masso con vertebre ed anche frammenti di ossa che staccatisi dalla roccia, allorchè il masso fu spaccato, erano stati diligentemente raccolti. (1) I denti furono conservati dal Cav. Lawley per la sua collezione particolare a Montecchio. (2) DE ZIGNO Barone A. Sopra un nuovo Sirenio fossile scoperto nelle colline di Brà in Piemonte. Memorie della R. Accademia dei Lincei. Serie 3 a, Volume II. Roma 1878.

9 43 7 Frattanto avendo chiesto al Prof. Lovisato di informarmi sulla provenienza del piccolo masso calcare con vertebre e sui rapporti stratigrafici e cronologici della roccia in posto, ecco quanto mi scriveva in proposito: Il masso con vertebre fu trovato sotto un ulivo a Monte Fiocca ad una buon' ora da Sassari al limite delle trachiti antiche e del terziario.,, Il calcare analogo a quello delle vertebre giacerebbe, coll'intermezzo talora di un sedimento di ciottolini di quarzo formanti una specie di puddinga a cemento calcare, direttamente sulle trachiti e sopporterebbe la marna calcare gialla o biancastra di Sassari, nella quale poi furono trovati i resti del delfinorinco (1). La forma litologica del calcare contenente le vertebre apparterrebbe per me all'orizzonte geologico della Pietra forte di Bonaria di Cagliari e quindi sarebbe miocenica (miocene medio?), riferibile all'orizzonte geologico dei banchi compatti intercalati fra la Pietra cantone di Cagliari. Una sezione fra S. ta Natolia (o Anatolia) e Monte Fiocca, darebbe in serie discendente: 1 o Calcare grossolano giallastro o biancastro corrispondente a quello di Sassari con resti di delfinorinco e denti di squalo (Calcaire grossier jaunatre del Lamarmora); 2 o Calcare argilloso a spatangoidi; 3 o Calcare compatto corrispondente a quello del piccolo masso con vertebre di Monte Fiocca; 4 Lave trachitiche, trachiti sanidiniche, fonoliti ecc. del Monte S. ta Natolia. Il Prof. Lovisato dapprima aveva ammesso che il calcare grossolano giallastro di Sassari e Cagliari fosse pliocenico, ma in seguito ad accurate osservazioni stratigrafiche riconobbe che stava inferiormente alla Pietra forte di Bonaria, e quindi in data 23 Aprile 1885 mi assicurava che il calcare grossolano in cui erano stati trovati i resti di coccodrillo a Cagliari e quelli di delfinorinco a Sassari era da ritenersi decisamente come miocenico; ciò che del resto era reso evidente dagli stessi avanzi del delfinorinco, il quale offre molte analogie con quelli che si trovano nella Pietra leccese in Terra d'otranto. Anche per queste rocce terziarie della Sardegna vi sarebbe da fare un interessante studio comparativo con la serie ben nota e stupendamente illustrata dell'isola di Malta, come già in parte ebbi a fare per la pietra leccese; ed io inclinerei a riconoscere nel calcare di Monte Fiocca l'equivalente del calcare inferiore di Malta, mentre il calcare grossolano giallastro di Sassari e Cagliari potrebbe corrispondere (1) Il Prof. Lovisato, insieme alla prima metà del blocco con vertebre, mi aveva inviato alcuni frammenti di calcare grossolano tenero miocenico con avanzi di rostro di un delfinorinco di cui mi occuperò in altra circostanza; questo calcare tenero dal Lovisato è indicato col nome di marna calcare giallastra o biancastra.

10 8 44 ad una parte della pietra leccese e alla arenaria calcarifera dell'isola di Malta, la quale contiene avanzi di coccodrillo del tipo Gaviale, come è appunto il Crocodilus calaritanus, Gennari, di cui si conservano avanzi nel museo della R. Università di Cagliari. Ed ora dovrei dire che cosa ho potuto ricavare dal piccolo masso spaccato e scheggiato che il Prof. Lovisato aveva raccolto a Monte Fiocca; prima però mi sia permesso di aggiungere brevi parole per accennare altre scoperte di resti di sirenii, in questi ultimi anni, in Italia. Fino dal maggio 1885 il Dott. Neviani, professore di storia naturale nel R. Liceo di Catanzaro, mi spedì due frammenti di coste le quali per il carattere della eccezionale compattezza sono da riferirsi indubbiamente ad un sirenio. Quei frammenti provengono dal miocene delle Baracche di Catanzaro, ove il Neviani raccolse parecchi avanzi di molluschi e denti di pesci, fra i quali alcuni non comuni che ritengo spettanti al genere Scarus. Finalmente nel novembre u. s. il Dottor Alessandro Portis mi annunziava che il signor Dottor Angelo Discalzo aveva donato al museo geologico di Torino alcuni avanzi di Felsinotherium da esso scoperti nelle argille turchine plioceniche ricche di foraminiferi, molluschi e granchi delle fornaci di Savona. Quei resti che il Dott. Portis si compiacque comunicarmi per studio, consistono in una parte dell'incisivo e del frontale destro e in un frammento del processo orbitario b il tutto molto guasto; vi ha inoltre un dente molare isolato (il 1 o molare inferiore destro) un poco sciupato. Con tutto ciò questa scoperta di avanzi di sirenii nel pliocene ligure offre grandissimo interesse per la paleontologia e lascia sperare che in seguito si possano scoprire altri e più importanti resti in quelle argille che sono attivamente scavate per usi industriali, sopratutto per figuline. Dopo questa breve digressione per ricordare la scoperta di resti di Sirenii fossili in Calabria ed in Liguria, dirò definitivamente delle vertebre estratte dal piccolo masso raccolto fuor di posto a Monte Fiocca. Il piccolo masso, che meglio avrebbe potuto dirsi un grosso ciottolo, aveva forma irregolare, un diametro maggiore di venti centimetri ed un diametro minore di undici a dodici centimetri. Spaccato, con un colpo di martello, quasi a metà nel senso dell'asse principale, nella faccia interna della prima metà che mi fu inviata dal Lovisato si vedevano i resti di cinque vertebre e cioè: piccola porzione del corpo di una vertebra che riconobbi essere la 4 a cervicale, i corpi e porzione delle apofisi trasverse destre della 5 a, 6 a e 7 a cervicale; piccola porzione della prima vertebra dorsale. Sebbene i corpi di quelle vertebre fossero proporzionatamente alquanto più lunghi di quello che d'ordinario sono i corpi delle vertebre cervicali dei delfinoidi, pure il sospetto che si potessero riferire ad un sirenio fu avvalorato soltanto allorchè ricevuta 1'altra metà del ciottolo, coi resti delle vertebre in essa inclusi, trovai modo di completare le vertebre cervicali sopra indicate e inoltre scoprii

11 45 9 altre due vertebre la 1 a e la 2 a cervicale ossia l'asse che, per la sua forma caratteristica, riconobbi immediatamente come spettante ad un sirenio affine al genere Halitherium. Per poter cavare qualche profitto da quelle ossa, occorreva liberarle affatto dalla roccia durissima nella quale si trovavano impegnate; e sebbene potesse parere impresa così difficile da far temere che forse i soli corpi delle vertebre ne sarebbero esciti interi, pure mi vi accinsi pazientemente, e dopo un tempo non breve speso in quel lavoro indispensabile; riescii ad estrarre la superba regione cervicale figurata in grandezza naturale nella tavola annessa a questa memoria e che merita di essere annoverata fra i più importanti e preziosi avanzi di vertebrati fossili italiani scoperti in questi ultimi anni. Prima di proseguire, descrivendo partitamente le singole vertebre, accennandone i rapporti e le differenze con le omologhe fin qui note dei sirenii affini, aggiungerò che il gentilissimo fortunato scopritore del ciottolo con vertebre di Monte Fiocca, si compiacque farmene cortese dono e fu lietissimo di sapere quanto io apprezzava la sua scoperta e quanto mi interessavano quei resti fossili specialmente perchè spettavano ad un sirenio. Nella tavola annessa a questa memoria ho fatto disegnare in grandezza naturale e in diverse posizioni le vertebre isolate del ciottolo di Monte Fiocca, ma, per economia di spazio, ho curato 1'armonia della tavola piuttostochè 1'ordine delle figure; ciò valga a rendere conto fin da principio dei numeri apposti alle figure e ordinati come le descrizioni delle singole vertebre. Le figure 1, 4 e 9 rappresentano tutte le vertebre estratte dal ciottolo in rapporto fra loro, approssimativamente come si trovavano prima di essere isolate, viste per il lato destro. Gli esemplari essendo pochissimo guasti da quel lato, trovai conveniente di preferirlo per le figure d'insieme, e da ciò ne venne la necessità di trasportare le citate figure sulla metà destra della tavola. La figura 1 rappresenta l'asse e nella figura 4 sono rappresentate in rapporto fra loro le altre cinque vertebre cervicali segnate con le lettere c, d, e, f, g, secondo l'ordine progressivo dalla 3 a cervicale c fino alla 7 a cervicale g; manca la 1 a cervicale ossia 1'atlante, di cui non ho trovato alcun frammento, e sono indicate con linee punteggiate le porzioni delle apofisi spinose che mancano alla 4 a, 5 a e 6 a cervicale. L'asse, ossia la 2 a vertebra cervicale, che atteso la sua importanza ho avuto cura di fare rappresentare visto per tre lati, Tav. fig. 1, 2 e 3, mentre a prima vista si riconosce che spetta ad un sirenio, quando la si confronta con la vertebra omologa dell'halitherium Schinzi (non si conoscono gli assi delle altre specie) presenta nell'insieme notevoli differenze per le quali si è subito indotti ad ammettere che sia da riferirsi ad un genere affine ma distinto. Col genere Felsinotherium le differenze non sono meno accentuate se si con

12 10 46 fronta con l'asse del Felsinotherium Forestii di Riosto, il solo esemplare di questo genere del quale per ora si conosce la regione cervicale. I1 Lepsius nella memoria già più volte citata, facendo una rivista dei generi e delle specie dei sirenii dimostra la necessità di mantenere il genere Metaxytherium fondato da De Christo1 nel 1840 e vi riferisce i sirenii miocenici di Linguadoca e altre regioni di Francia, quello della arenaria glauconiosa di Cavarzana nel Bellunese, e i resti di sirenii del calcare di Leitha del Bacino di Vienna. Tutti questi resti di sirenii, per lungo tempo ritenuti nel genere Halitherium, hanno certamente maggiori affinità con questo piuttosto che col genere Felsinotherium, al quale si riferiscono i grandi sirenii pliocenici; ma il Lespius sostiene che in quel genere non debbano restare più lungamente confusi. Intanto del Metaxytherium fin qui non si conosce la regione cervicale, ed è solo per induzione che io da questo momento vi riferisco quella del sirenio di Monte Fiocca tenendo conto dei rapporti e delle differenze che presenta la 2 a vertebra cervicale confrontata con la corrispondente dei generi Halitherium e Felsinotherium. Ad avvalorare questa determinazione si aggiunge, però, altra notevole circostanza, e cioè: che secondo il Lepsius i resti del genere Halitherium per ora sarebbero tutti stati raccolti in rocce eoceniche ed oligoceniche, al genere Metaxytherium sarebbero da riferire tutti i resti di sirenii miocenici e quanto al genere Felsinotherium sappiamo essere esclusivo del pliocene. Che poi la roccia di Monte Fiocca dalla quale è stata cavata la regione cervicale corrisponda al calcare di Leitha, oltrechè dalla posizione stratigrafica e dai suoi rapporti col calcare grossolano di Cagliari e Sassari, si può anche ricavare dall'esame litologico del calcare del ciottolo e dall'avervi trovato un bello esemplare di Pyrula cingulata che stava precisamente entro 1'arco neurale dell'asse. (1) Questa vertebra nel mezzo del corpo ha una larghezza di m. 0,081 e se fosse completa la sua apofisi spinosa sarebbe alta circa m. 0,090 ; la sua lunghezza compresa 1'apofisi odontoide è m. 0,054 (Vedi Tav. fig. 1 e 2). L'apofisi odontoide è molto robusta, lunga m. 0,025 e larga m. 0,020; quindi un terzo più robusta di quella dell'halitherium Schinzi e simile a quella del Felsinotherium. (2) Il collo dell'apofisi odontoide è ben distinto e le depres (1) Per ciò che riguarda i caratteri del genere Metaxytherium, sono da consultare le seguenti Memorie di De Christol e di Lepsius. DE CHRISTOL Recherches sur divers Ossements fossiles attribués par Cuvier a deux Phoques, au Lamantin et à deux espèces d'hippopotames, et rapportés au Metaxytherium, nouveau genre de Cetacé de la famille des Dugongs. Annales des Sciences naturelles. Seconde série, Tav. XV,. pag Paris LEPSIUS Mem. cit., p (2) LEPSIUS Mem. cit., pag CAPELLINI Mem. cit., pag. 31 e 32, Tav. VI, fig. 2, 3 e 4. Bologna 1872.

13 47 11 sioni laterali profonde che lo determinano, fanno anche meglio risaltare le facce articolari anteriori. La faccia articolare inferiore dell'odontoide (Vedi Tav. figura 2 ) è relativamente piccola. Riguardo alla forte inclinazione e alla ampiezza di dette facce, poco o nulla vi è da notare rispetto a quelle dell'asse dell'halitherium del B. di Magonza. La faccia articolare posteriore (per la terza vertebra) è larga m. 0,050; alta m. 0,034 con profondo solco alla metà del margine inferiore, ciò che non ho riscontrato nell'asse dell'halitherium Schinzi e neppure in quello del Felsinotherium. Il canale vertebrale anteriormente è largo m. 0,032, alto m. 0,031, quindi molto più tondeggiante di quello dell'ordinario Halitherium; posteriormente questo canale si dilata in guisa che il diametro trasversale dell'anello vertebrale misura m. 0,039. Le apofisi trasverse inferiori nulla presentano di particolare rispetto a quelle della specie tipica dell'haliterio. Le apofisi trasverse articolari superiori sono molto robuste, sporgenti ai due lati dell'arco, con le facce articolari rivolte all'esterno e che si incontrano obliquamente col margine posteriore dell'arco, il quale si assottiglia scendendo verso le apofisi inferiori (Vedi Tav. fig. 1 e 3). La terza vertebra che in alcuni esemplari dell'haliterio del Reno è, in parte almeno, saldata con 1'asse, nel sirenio di Monte Fiocca è interamente libera. Il corpo della vertebra è alto m. 0,039, largo m. 0,051, superiormente con una grossezza di m. 0,014, inferiormente un poco più grosso; nel centro si assottiglia alquanto ed è appena di m. 0,010. Nel lato inferiore si nota una profonda smarginatura che si allarga dall'avanti all'indietro (Tav. fig. 5). Le apofisi del lato destro sono benissimo conservate, non così quelle del lato sinistro; manca piccola porzione dell'arco e per conseguenza nulla posso dire con precisione della apofisi spinosa che nella figura 4 e è stata ricostrutta. Le estremità delle apofisi inferiori sono distanti fra loro m. 0,088; le apofisi stesse sono piegate un poco obliquamente in avanti e con foro subrotondo di m. 0,005; la base del canale vertebrale è di m. 0,038. Le zigo-apofisi del lato destro sono perfettamente conservate e la lamina ossea ha ancora una grossezza di circa quattro millimetri. La 4 a vertebra cervicale, che nella fig. 6 è rappresentata in grandezza naturale vista per la faccia posteriore e nella fig. 4 d vista dal lato destro, per la forma e per le dimensioni relative ben poco differisce dalla precedente. Il corpo della vertebra infatti misurato posteriormente è largo m. 0,051, alto m. 0,040; in alto ha una grossezza ossia lunghezza di m. 0,014 e in basso m. 0,015. Le apofisi inferiori sono appena un poco più sviluppate e la massima distanza fra le loro estremità è di m. 0,099; sono esse pure attraversate dal canale arterioso costituito da un foro appena ovale con un diametro maggiore di soli sei millimetri. L'apofisi inferiore destra è un poco sciupata come si vede nella citata figura 6. Le zigoapofisi sono assai bene conservate e le facce articolari sono ampie, l'arco neurale è incompleto, essendo andata perduta la porzione superiore e quindi

14 12 48 l'apofisi spinosa; tuttavia con quel che resta è facile di ricostruire 1'arco stesso ed avere così la elegante forma di cuore che presenta il canale vertebrale con una larghezza massima, verso la base, di m. 0,042. La grossezza della lamina ossea al punto in cui le zigoapofisi anteriori e posteriori si fondono insieme, è di soli due millimetri. Giova notare che le facce articolari sono molto più grandi delle corrispondenti nella vertebra omologa dell'halitherium Schinzi, ma la distinzione fra le due zigoapofisi è meno marcata. La 5 a vertebra cervicale rappresentata pel lato destro nella fig. 4 e, e per la faccia anteriore nella fig. 7 completata con linee punteggiate, è alquanto sciupata per ciò che riguarda le apofisi trasverse inferiori e il lato sinistro dell'arco neurale. Il corpo presenta approssimativamente le dimensioni di quello della vertebra precedente e solo avrei da notare che è appena più corto di un millimetro. Le zigoapofisi hanno facce articolari ampie e sempre poco distinte le anteriori dalle posteriori; la lamina ossea ancora più sottile che 1'arco neurale piuttosto gracile, e il canale vertebrale appena più largo di un millimetro, verso la base, di quello che ho indicato per la 4 a vertebra cervicale. Questa vertebra in tutte le sue parti è più elegante e meno tozza della omologa dell'halitherium Schinzi, dalla quale se vuolsi differisce notevolmente per il contorno più regolare e per la maggiore distanza fra le estremità laterali delle apofisi trasverse anteriori, la quale nell'esemplare di Monte Fiocca è di ben m. 0,092, mentre in un esemplare del 1'Haliterio del Reno è soltanto di m. 0,072. Molto sciupata è la 6 a cervicale e per questa ragione ho ommesso di darne una figura distinta e solo si vede rappresentata pel lato destro nella fig. 4 f. Il corpo di questa vertebra nella faccia posteriore ha una larghezza di m. 0,046 e una altezza di m. 0,040; la sua lunghezza è sensibilmente diversa in alto e in basso, perchè mentre in alto la grossezza del detto corpo è di m. 0,012, in basso invece è di m. 0,015. Differenze di tal genere sono già state notate anche dal Lepsius come carattere ben accentuato nelle diverse vertebre cervicali dell'haliterio dalla 3 a alla 7 a e ne ha anzi dedotto per conseguenza la curva convessa inferiore che doveva resultare pel collo di quel sirenio. Le apofisi trasverse inferiori che dalla terza a questa sesta cervicale sono andate acquistando sempre maggiore sviluppo, senza cambiare tipo di forma, in questo esemplare fra le estremità loro hanno una distanza di ben m. 0,113. Queste apofisi sono pure attraversate dal foro per il quale passa 1'arteria vertebrale e questo è ancora più ampio di quello che si riscontra nella vertebra precedente. La 7 a vertebra cervicale offre speciale interesse, per la forma notevolmente diversa da quella delle precedenti ed anche perchè fra le vertebre del ciottolo di Monte Fiocca è una delle meglio conservate. Dissi che questa vertebra, rappresentata nella tavola fig. 4 g e nella fig. 8 vista per la faccia posteriore, era delle meglio conservate: tale infatti apparisce dai disegni; però mi corre 1'obbligo di dichiarare che 1'esemplare fu ricomposto

15 49 13 con circa cinquanta frammenti liberati, con grande difficoltà e con molta pazienza dalla durissima roccia nella quale trovavasi incluso 1'osso già tutto fratturato. Questa vertebra per la sua figura differisce talmente dalle quattro cervicali che la precedono, non contando l'atlante e l'asse, che sarebbe facile di confonderla con una dorsale, essendo molto simile ad uno dei primi elementi di questo secondo gruppo di vertebre. II corpo della vertebra è largo m. 0,046, alto m. 0,035; in alto la sua grossezza è di m. 0,015 e in basso m. 0,020. Delle zigoapofisi solamente l'anteriore destra è ben conservata e la sua faccia articolare nettamente distinta e disgiunta da quella della zigoapofisi posteriore mediante una profonda e ampia insenatura, ha un diametro di m. 0,015. Per il portamento, per la forma e per la robustezza, queste apofisi corrispondono assai bene a quelle dell'haliterio del B. di Magonza. Le apofisi trasverse inferiori differiscono completamente da quelle delle vertebre precedenti. Si potrebbe dire che esse hanno forma decisamente triangolare e che, mentre col lato minore a base del triangolo sono fuse col corpo della vevtebra e saldate con la base dell'arco neurale, con uno dei lati maggiori formano una sola linea orizzontale con la base o lato inferiore del corpo della vertebra stessa. L'altro lato maggiore del triangolo isoscele forma il margine laterale di queste singolari apofisi; questo margine non è costituito da una linea retta, ma piuttosto ondulata. All'angolo superiore, ossia all'incontro di questo lato con quello che abbiamo considerato come base del triangolo, si trova la zigoapofisi anteriore che con esso parimente si fonde. Il vertice del triangolo costituito dai due lati principali e che limita la maggiore distanza fra le estremità delle due apofisi trasverse inferiori ha forma tubercolare e nella faccia anteriore delle apofisi stesse vi si nota una specie di faccetta per inserzione di robusti muscoli. Queste apofisi che nell'insieme corrispondono assai bene a quelle dell'halitherium Schinzi, ma differiscono abbastanza da quelle del Felsinotherium Forestii, hanno però forma più elegante, e mentre nell'haliterio del B. di Magonza le estremità di queste apofisi sono come troncate perchè terminate da una specie di tuberosità uncinata, invece nell'esemplare di Monte Fiocca, fig. 8, sono tondeggianti e quasi lisce e la tuberosità per le inserzioni muscolari è spostata sulla faccia anteriore. Le apofisi trasverse inferiori della 7 a cervicale dell'halitherium Schinzi, per quanto ho verificato negli esemplari da me esaminati e anche secondo il Lepsius sono imperforate; invece nel Metaxytherium di Monte Fiocca si mantiene il foro arterioso in forma ovale con un diametro maggiore di m. 0,009 e un diametro minore di m. 0,004. L'arco vertebrale è di forma elegantissima e mentre a partire dalla base si piega all'indietro, verso la sua sommità torna a flettersi in avanti, come si può notare nella fig. 4 g; 1'apofisi spinosa è anche meno pronunziata che nella corrispondente vertebra dell'haliterio che ho preso come termine di confronto. G. CAPELLINI 3

16 14 50 Dalla base del corpo all'apice della apofisi spinosa questa vertebra misura m. 0,096; il maggior diametro laterale del canale neurale è di m. 0,047; il diametro verticale m. 0,042. Alla base e nel lato posteriore della vertebra ove le apofisi trasverse si fondono col corpo, si notano due facce articolari destinate a ricevere in parte il capo della prima costa che appunto si articola fra questa vertebra e la seguente 1 a vertebra dorsale. Coi diversi frammenti ossei raccolti dal Prof. Lovisato, insieme alle due parti principali del ciottolo di Monte Fiocca, ho potuto ancora ricomporre una porzione della 1 a vertebra dorsale, la quale si vede rappresentata pel lato destro nella fig. 9. Questo meschino avanzo delle 19 vertebre, delle quali suppongo che doveva resultare la regione dorsale del Metaxytherium, consiste in una parte del corpo spaccato nel senso della sua lunghezza, che però ho potuto determinare mediante una piccolissima porzione che ne rimane nel lato sinistro ed ho riscontrato eguale a m. 0,029; vi ha inoltre 1'apofisi trasversa destra perfettamente conservata e notevole porzione dell'arco col lato esterno però molto sciupato. L'apofisi trasversa è relativamente corta, tuberosa nella sua estremità ove si nota inferiormente la faccia articolare pel tubercolo della prima costa, la quale, come già ho accennato, articola la sua testa o estremità prossimale fra la metà anteriore del corpo di questa vertebra e la metà posteriore di quello della 7 a cervicale. La zigoapofisi anteriore destra è benissimo conservata ed ha una faccia articolare che presenta un diametro di m. 0,015. Il canale neurale presenta una massima larghezza di m. 0,046 e una altezza di m. 0,042. Un frammento del corpo della seconda vertebra dorsale, completa tutto ciò che ho potuto cavare dal ciottolo di Monte Fiocca e faccio voti perchè questi a- vanzi non restino lungamente soli, ma che in seguito ad accurate ricerche si riesca invece a scoprire nuovi e più importanti avanzi di questo sirenio, la di cui regione cervicale presentando caratteri intermedi fra quelli della regione stessa nei generi Halitherium e Felsinotherium, parmi che avvalori grandemente la supposizione che spetti al genere Metaxytherium mantenuto anche dal Lepsius. Riguardo poi alla specie alla quale si potrebbe riferire il Metaxytherium sardo anche escludendo, da quelle ammesse dal Lepsius, il sirenio di Montiglio che io non saprei togliere dal genere Felsinotherium, resterebbero il Metaxytherium Cuvieri del miocene di Francia, il Metaxytherium Bellunense del Veneto ed il Metaxytherium sp. del B. di Vienna. Di queste tre specie non si conosce alcuna delle vertebre cervicali che invece costituiscono i soli avanzi del sirenio di Sardegna e per conseguenza ogni giudizio in proposito è molto azzardato; pure in attesa di altre scoperte le quali permettano di fare nuovi studi comparativi in proposito, credo conveniente di distinguere con nome speciale il sirenio raccolto a Monte Fiocca e, in onore dell'egregio professore alla cui intelligenza si deve la prima scoperta di sirenii fossili in Sardegna, lo chiamerò: Metaxytherium Lovisati.

17 51 15 Riassumendo ora ciò che ho rapidamente accennato nella presente memoria e tenendo conto dei più recenti studii intorno ai sirenii viventi e fossili, parmi che si possa giungere alle seguenti conclusioni: L'ordine dei Sirenia fondato da Illiger nel 1811 comprende animali che i zoologi d'accordo coi paleontologi collocano fra gli Ungulata natantia, riconoscendone i rapporti da un lato coi Cetacei e dall' altro coi Pachidermi. Tutti i Sirenii finora conosciuti secondo il Lepsius si devono comprendere in sette generi, dei quali, quattro si riferiscono a sirenii fossili e tre a sirenii viventi. Questi generi secondo l'ordine di loro apparizione, a cominciare dal più antico fra i fossili, sono : 1 Genere Prorastomus, Owen Fossile nel terziario antico dell'isola di Giamaica. 2 Genere Halitherium, Kaup Fossile nel terziario antico, nell'oligocene nel B. del Reno in Assia; nei dintorni di Basilea; presso Linz sulle rive del Danubio; in Belgio; nei dintorni di Parigi e di Bordeaux; nel calcare nummulitico del Veneto; a Suffolk in Inghilterra; a Malta? presso il Cairo in Egitto. 3 Genere Metaxytherium, de Christol Fossile nel miocene di Linguadoca; nel Bellunese; nel B. di Vienna; in Sardegna Genere Felsinotherium, Capellini Fossile nel Pliocene a Riosto e Mongardino nel Bolognese; a Montiglio e a Brà in Piemonte; a Savona in Liguria; a Fangonero presso Siena, alla Rocca e a S. Ottaviano presso Volterra in Toscana. Per i Sirenii viventi si hanno i generi: 5. Genere Halicore, Illiger Vive nel Mar rosso, nelle coste di Mozambico, all'isola Maurizio, nell'arcipelago Malese, alle Filippine e nella costa settentrionale di Australia. 6. Genere Rhytina, Illiger All'isola di Bering nel 1741; forse sulle coste di Kamschatka e del Giappone. Secondo Nordenskïold questo sirenio sarebbe stato veduto nel 1780 e anche dopo; forse vive ancora sulle coste di Alaska. 7. Genere Manatus, Rondelet 1558 syn. Lamantin, Buffon Una specie vive sulle coste occidentali dell'africa tropicale, dalla Senegambia, alla Guinea; altra sp. si trova sulle coste delle Antille, a Florida, al Messico, a Venezuela e nel nord del Brasile; nell' Orinoco, nel Rio delle Amazzoni e in altri fiumi di quella costa. La prima scoperta di avanzi di sirenii fossili in Italia è anteriore al 1827 e quei resti oggi sono riferiti al genere Halitherium. I resti del sirenio di Montiglio che nel 1838 il Bruno riferì al genere Cheirotherium e in seguito P. Gervais ritenne nel genere Halitherium col nome di H. Serresii, in realtà spettano al genere Felsinotherium. Il Lepsius ritenne il sirenio di Montiglio nel genere Metaxytherium, ma quando

18 16 52 se ne confrontano i resti del cranio con le corrispondenti ossa dei Felsinoterii del Bolognese, della Toscana e del Piemonte, si riconosce che per la forma e per le; dimensioni con esse convengono perfettamente; mentre i sirenii riferibili al genere Metaxytherium avevano invece molto minori dimensioni e maggiori rapporti col tipo Halitherium. Il sirenio fossile di Riosto nel Bolognese, scoperto nel 1863, servì per la creazione del nuovo genere Felsinotherium di cui già sono state annoverate tre specie, che il Lepsius ritiene doversi confondere nella specie tipica Felsinotherium Forestii illustrata nel I resti dell'halitherium Bellunense del De Zigno oggi sono riferiti al genere Metaxytherium; tutti gli altri avanzi di sirenii veneti secondo il Lepsius dovrebbero riferirsi ad una sola specie di Haliterio, Halitherium Veronense, De Zigno. Per conseguenza, dei quattro generi di sirenii fossili ammessi anche dal Lepsius, in Italia già se ne conoscevano avanzi di tre indipendentemente dalla scoperta delle vertebre di sirenio nel ciottolo raccolto a Monte Fiocca. Queste vertebre differiscono notevolmente dalle omologhe dei generi Felsinotherium e Haliherium; hanno però con questo ultimo genere maggiori rapporti, anche per le dimensioni: e tenuto conto della età del calcare in cui si trovavano incluse, si acquista la quasi certezza che esse spettino al genere Metaxytherium del quale fino ad ora non si conosceva la regione cervicale. Il calcare di Monte Fiocca è miocenico, corrisponde a una delle molte forme del calcare di Leitha ed è un poco più antico del calcare grossolano di Sassari e Cagliari con avanzi di delfinorinchi e di coccodrilli del tipo Gaviale, come è il Crocodilus calaritanus, Gennari, i cui avanzi scoperti a Cagliari nel 1868, si conservano nel museo di quella regia Università. Tenendo conto di tutte le scoperte di Sirenii fossili in Italia registrate nella presente memoria, già si annoverano non meno di dicianove località che ne fornirono resti più o meno incompleti. Queste località sono così ripartite : Piemonte 2 Veneto 7 Bolognese 2 Terra d' Otranto 1 Calabria 1 Toscana 4 Liguria 1 Sardegna. 1 19

19 53 17 SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Fig. 1 a Vertebra cervicale vista dal lato destro. 2 a La stessa vertebra vista per la faccia inferiore. 3 a La stessa vista per la faccia anteriore. 4 a Le altre cinque vertebre cervicali 3 a, 4 a, 5 a, 6 a, 7 a viste dal lato destro. 5 a 3 a vertebra cervicale vista per il lato inferiore. 6 a 4 a vertebra cervicale vista per la faccia posteriore. 7 a 5 a vertebra cervicale figurata per la faccia anteriore. 8 a 7 a vertebra cervicale vista per la faccia posteriore. 9 a Porzione della 1 a vertebra dorsale vista per il lato destro.

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22 Mem. Ser. IV. Tom. VII E. Contoli, dis. o METAXYTHERIUM

23 G. Capellini Resti di Sirenio fossile. 4 1 g f e c 2 d 3 5 LOVISATI. Cap. lit. G. Wenk - Bologna.

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