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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO FACOLTÀ DI INGEGNERIA Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria per l Ambiente ed il Territorio Anno Accademico Corso di Frane ANALISI DI UN CASO STUDIO DESCRITTO IN PING LU, FILIPPO CATANI, V VERONICA TOFANI E NICOLA CASAGLI QUANTITATIVE HAZARD AND RISK ASSESSMENT FOR SLOW-MOVING LANDSLIDES FROM PERSISTENT SCATTERER INTERFEROMETRY (2013) Docente: Prof. Ing. Michele Calvello Studentessa: Clara Capuano Matricola:

2 Sommario 1. Presentazione del caso studio Descrizione dell area di studio La tecnologia PSI Presentazione del lavoro scientifico sviluppato dagli autori Analisi critica del caso studio Bibliografia Indice delle figure Figura 1- Localizzazione geografica del bacino del fiume Arno Figura 2- Mappa degli Hotspot ottenuta con orbita ascendente (a) e discendente (b) Figura 3- Mappa della suscettibilità del bacino del fiume Arno Figura 4- Mappa della pericolosità per il bacino del fiume Arno considerando un periodo di analisi di 30 anni Figura 5- Matrice utilizzata per determinare la nuova classe di intensità a patire dalla vecchia classificazione presa dall inventario frane e dalla nuova classificazione delle velocità Figura 6- Mappa derivata dell intensità dei fenomeni franosi relativi al bacino del fiume Arno Figura 7- Mappa del rischio da frana stimato a partire dai dati PSI nel bacino del fiume Arno a) Mappa ombreggiata in rilievo b-f) Mappe del rischio relative a 2, 5, 10, 20 e 30 anni rispettivamente Indice delle tabelle Tabella 1-Parametri e loro classificazione usati per la mappa della suscettibilità da frana nel bacino del fiume Arno (Catani et al. 2005) Tabella 2 -Classificazione della classe di pericolosità in base alla densità del kernel Tabella 3- Rischio da frana (perdita stimata in ) nel bacino del fiume Arno calcolati per 5 periodi di tempo a partire dai dati PSI Tabella 4- Scala di intensità delle frane basata sulla massa spostata (da Fell, 1994) Tabella 5 - Scala di intensità delle frane basata sulla velocità e sul danno prodotto (da Cruden & Varnes, 1994)

3 1. Presentazione del caso studio Lo studio si prefigge l obiettivo di aggiornare le mappe della pericolosità e del rischio da frana, attraverso l acquisizione di dati aggiornati utilizzando una tecnologia all avanguardia: la Persistent Scatterer Interferometry (PSI). Negli ultimi anni numerosi studi si sono occupati della mappatura di fenomeni franosi e della loro classificazione in termini di pericolosità e di rischio, tuttavia sono ben pochi quelli che sono stati successivamente aggiornati, il che è abbastanza in contraddizione con lo scopo per il quale tali mappe sono state pensate. Una mappatura affidabile infatti richiede di essere aggiornata quanto più frequentemente possibile. Uno dei principali ostacoli per raggiungere questo traguardo è quindi la mancanza di dati aggiornati, e in un certo senso il telerilevamento possiede tutte le potenzialità per conseguire questo risultato, infatti i satelliti grazie alla loro orbita e al breve tempo di rivisitazione garantiscono un acquisizione frequente di dati aggiornati. Il caso studio si concentra, dunque, sul valutare la pericolosità e il rischio delle frane lente, a tale scopo è stata scelta l area del bacino del fiume Arno, nel centro Italia, proprio perché la maggior parte dei movimenti di massa del bacino sono frane lente rotazionali, che vengono individuate dalla tecnologia PSI con un grado di precisione molto elevato. 1.1 Descrizione dell area di studio Il bacino del fiume Arno si trova in Italia Centrale e si estende per lo più nel territorio della regione Toscana. L intera area del bacino è di circa 9130 km 2, dal momento che il bacino è tutto nell Appennino centrale, il 78% si trova in aree montane e collinari. Figura 1- Localizzazione geografica del bacino del fiume Arno. Il bacino è fortemente interessato dai fenomeni franosi, più di frane sono state mappate in scala 1:10.000, per una superficie interessata di oltre 800 km 2 (Catani et al 2005;. Farina et al., 2006). Il 74% di queste sono costituite da movimenti di rotazione lenti, che possono essere periodicamente riattivati a causa di piogge intense e prolungate (Catani et al. 2005; Lu et al. 2012). Queste frane rappresentano una grande minaccia per la vita degli abitanti del luogo (2,6 milioni di abitanti) e per gli elementi vulnerabili: il bacino comprende molte città storiche, come Firenze, Pisa e Arezzo (Fig. 1), che possiedono un valore artistico inestimabile. 3

4 1.2 La tecnologia PSI Con il termine SAR o radar ad apertura sintetica si intende un antenna montata su di una piattaforma mobile. Un apparecchio trasmittente (radar) irraggia lo spazio circostante con un onda elettromagnetica che incide sugli oggetti che incontra subendo un fenomeno di riflessione. Una parte dell onda diffusa torna verso l antenna, dove viene misurata. In questo modo il radar è in grado di individuare oggetti e, misurando il ritardo temporale tra l istante di trasmissione e quello di ricezione, è possibile misurarne la distanza di tali oggetti dall antenna. Questa misura avviene però solo nella direzione dell illuminazione dell antenna. Non tutte le tipologie di fenomeni franosi possono essere misurati con le tecniche multiinterferogramma, il che dipende dalle caratteristiche del fenomeno stesso, come la velocità di deformazione (la massima velocità misurabile è pari a 6 cm/anno). Facendo riferimento alla classificazione proposta da Cruden e Varnes (1996), l applicabilità delle tecniche interferometriche è ottima per i movimenti franosi di tipo scivolamento (roccia, terra e detriti), colate in roccia ed espansione laterale. L interferometria SAR da satellite permette di ottenere ottimi risultati nel monitoraggio delle deformazioni del terreno, soprattutto in aree urbanizzate che, per la presenza di edifici e infrastrutture, hanno elevate proprietà di riflessione del segnale radar. Nel caso di zone agricole la presenza di edifici sparsi e manufatti consente la presenza di bersagli radar e quindi il monitoraggio satellitare delle deformazioni. In aree con elevata copertura vegetale quali quelle boschive, la presenza di bersagli radar è limitata a rocce esposte o edifici isolati. La possibilità di individuare PS in tali aree è perciò bassa. I corpi idrici, e quindi anche ghiacciai, non hanno le caratteristiche elettromagnetiche necessarie per individuare PS. Nel presente caso studio il set di dati PS è stato elaborato con Tele-Rilevamento Europa (TRE) per conto dell Autorità di Bacino dell Arno con la tecnica PSInSAR, che è influenzata solo in minima parte dalla de-correlazione temporale/geometrica e dai disturbi atmosferici, come descritto da Ferretti et al. (2000,2001). Sono state elaborate 102 immagini RADARSAT-1 SAR (54 immagini ascendenti e 48 discendenti), rilevate nel periodo che va da marzo 2003 a gennaio Queste due orbite coprono un area di circa km 2, ossia il 70% dell intero bacino. Sono stati identificati più di PS. La precisione della velocità di spostamento lungo la LOS varia da 0,1 a 2mm/anno. La densità PS è di 54 punti/km 2 per i dati ascendenti e 60 punti/km 2 per l orbita discendente. I PS situati nelle zone piane sono stati nascosti, in modo tale da utilizzare solo quelli nelle zone collinari e montuose per la mappatura della pericolosità e del rischio da frana. In questo modo la densità dei punti è scesa a 31 PS/km 2 per i dati ascendenti e 32 PS/km 2 per i dati discendenti. 4

5 2. Presentazione del lavoro scientifico sviluppato dagli autori La mappa degli hotspot In questo studio è stato usato un dataset di PS sia ascendenti che discendenti (fig.2), dove si mostra una parte della mappa degli Hotspot PS nel bacino del fiume Arno, che copre l area compresa fra Volterra e Poggibonsi. I pixel che indicano punti in avvicinamento rispetto al sensore sono indicati con le tonalità in blu, mentre invece quelli che si allontanano dal sensore sono indicati con le tonalità del rosso. Sia gli hotspot rossi che blu indicano dove possono avvenire i possibili movimenti franosi, con i colori più intensi, che indicano un livello di addensamento di PS maggiore, e quindi una velocità di movimento maggiore. Figura 2- Mappa degli Hotspot ottenuta con orbita ascendente (a) e discendente (b). La mappa della suscettibilità Poiché la mappa della suscettibilità è basata solo sulla probabilità spaziale dell occorrenza della frana, indipendentemente dalle previsioni temporali, nel caso studio è stata utilizzata la stessa mappa usata da Catani et al. (2005). Per l analisi della sensibilità sono stati considerati cinque fattori: - pendenza; - curvatura del profilo; - uso del suolo; - copertura del suolo; - litologia. I primi tre sono ottenuti dai dati DTM (creati con mappe topografiche del 2002), classificati rispettivamente in 5, 3 e 3 classi. Il fattore di copertura del suolo è stato ricavato da una mappa della copertura del Corine Land Cover in una scala 1: Il fattore litologia è stato acquisito dalla mappa litologica pubblicata da Canuti et al. (1994), che è stata riclassificata in otto classi. La sintesi di questi cinque parametri di suscettibilità è elencata in tabella 1. 5

6 In ogni unità omogenea di riferimento è stata individuata la percentuale di area in frana, assegnando quindi un valore di suscettibilità che va da 0 a 100, collocandole in questo modo in una classe di appartenenza. Le classi di appartenenza sono 4: S 0, S 1, S 2 ed S 3, elencati secondo un livello di suscettibilità crescente. La mappa finale della suscettibilità è riportata in figura 3. Parametri di suscettibilità Angolo di inclinazione del pendio Curvatura del profilo 0-5, 5-10, 10-20, 20-33, Concava, piana o convessa Area contribuente , , >1.500 Copertura del terreno Litologia Classificazione Terreni modificati artificialmente, colture e coltivazioni permanenti, foreste, pascoli, terreni coltivati eterogenei, macchie e zone umide. Terreni coesivi; complesse unità principalmente pelitici; terreni granulari; rocce indurita;marne e argille compatte;rocce con strati pelitici; rocce deboli; conglomerati debolmente cementati e rocce carbonatiche. Tabella 1-Parametri e loro classificazione usati per la mappa della suscettibilità da frana nel bacino del fiume Arno (Catani et al. 2005). Figura 3- Mappa della suscettibilità del bacino del fiume Arno. La mappa della pericolosità La mappa della pericolosità è stata realizzata utilizzando la precedente mappa degli Hptspot (fig.2), analizzando però separatamente l orbita ascendente da quella discendente. Sono stati 6

7 individuati 5 livelli di pericolosità H 0, H 1, H 2, H 3 e H 4. La scelta del livello di pericolo per ogni frana è stata successivamente avvalorata utilizzando l interpretazione di foto aeree e di sondaggi supplementari. La classificazione è riportata in tabella 2. Orbita ascendente Hotspot rossi H 4 Densità kernel -280 H < Densità kernel -140 H < Densità kernel -35 H 1-35 < Densità kernel < 0 H 0 Densità kernel = 0 Hotspot blu H 4 Densità kernel 560 H > Densità kernel 280 H > Densità kernel 70 H 1 70 >Densità kernel 0 H 0 Densità kernel = 0 Orbita discendente Hotspot rossi H 4 Densità kernel -200 H < Densità kernel -100 H < Densità kernel -25 H 1-25 < Densità kernel < 0 H 0 Densità kernel = 0 Hotspot blu H 4 Densità kernel 400 H > Densità kernel 200 H > Densità kernel 50 H 1 50 >Densità kernel 0 H 0 Densità kernel = 0 Tabella 2 -Classificazione della classe di pericolosità in base alla densità del kernel. Successivamente i livelli di rischio stimati con le mappe degli hotspot sono stati confrontati con le classi di suscettibilità. Per ogni pixel, se la classe di pericolosità è superiore alla corrispondente classe di suscettibilità, la nuova classe di pericolosità è determinata dalla pericolosità, mentre se il grado di pericolo della mappa hotspot è inferiore alla classe di suscettibilità corrispondente, il grado di pericolo finale è quello relativo alla suscettibilità. Per ciascuno di questi cinque nuovi livelli di pericolo, viene stimato il periodo di ritorno T (H 0 : 10mila anni, H1: 1000 anni, H 2 : 100 anni, H 3 : 10 anni, H 4 : 1anno), come descritto da Catani et al. (2005). 7

8 Viene calcolata quindi la probabilità di accadimento per ogni livello di pericolosità, usando il seguente algoritmo (Canuti e Casagli 1996): dove T è il periodo di ritorno, N è il periodo di tempo considerato per la valutazione della probabilità temporale che è stato posto pari a 2, 5, 10, 20, e 30 anni, rispettivamente. P {H (N)} è la probabilità temporale di accadimento in un determinato arco di tempo N. In figura 4 è riportata la mappa della pericolosità per il periodo di analisi di 30 anni. Figura 4- Mappa della pericolosità per il bacino del fiume Arno considerando un periodo di analisi di 30 anni. Le mappe dell intensità delle frane L intensità della frana può essere stimata grazie all energia cinetica del movimento di massa, che a sua volta può essere valutata a partire dal volume e dalla velocità della massa in frana. Prima dell avvento delle tecnologie satellitari, a causa della difficoltà di misurare la velocità delle frane lente e profonde su aree vaste, l intensità si stimava soprattutto in base al volume coinvolto nella frana. Infatti per le vecchie mappe del bacino del fiume Arno, Catani et al. (2005) misurarono l intensità delle frane lente profonde stimando proprio il volume del materiale franato, fecero cioè un analisi a posteriori. Questo problema viene superato grazie alla tecnica PSI, che è in grado di rilevare velocità dell ordine di mm all anno. Inoltre, la tecnica PSI fornisce la serie completa delle registrazioni dei movimenti delle velocità delle frane nei periodi analizzati. 8

9 Le immagini SAR, inoltre, forniscono una stima delle velocità massima del movimento di massa, ciò è particolarmente utile considerando che spesso l intensità della frana è collegata alla velocità massima e non a quella media. Tuttavia le velocità stimate con la tecnica PSI sono calcolate facendo la media delle velocità registrate fra due passaggi consecutivi del satellite, pertanto queste si trovano ad essere sempre inferiori rispetto a quella di picco, (Cascini et al. 2010). Il campo di velocità è stato suddiviso in 4 classi: v4 (velocità >10mm/24 giorni), v3 (10mm/24 giorni > velocità > 4mm/24 giorni), v2 (4mm/24 giorni > velocità > 2 mm/24 giorni), v1 (velocità < 2 mm/24 giorni), (24 giorni è il tempo di rivisitazione del satellite RADARSAT, ossia l intervallo di tempo tra due serie di registrazione consecutive). È stata scelta la limitazione 10 mm/giorni per separare v4 e v3 perché si approssima molto alla velocità tipica di una frana lenta di rotazione attiva (1,6 m all anno), secondo la classificazione riportata da Cruden e Varnes (1996). Analogamente è stata scelta una velocità di 4 mm/24 giorni per separare v3 e v2 perché è la velocità scelta da Cruden e Varnes (1996) per differenziare frane molto lente da estremamente lente. Inoltre, la velocità di 2mm/24 giorni è stata scelta per separare il livello di velocità v2 da v1 perché è definita come la velocità di movimenti estremamente lenti. Queste quattro classi di velocità sono state usate per definire i nuovi livelli di intensità, che vanno da I 1 a I 4, con livelli di intensità crescenti. Il confronto fra le vecchie classi di intensità, riportate nell inventario frane, e le velocità ottenute con la tecnica PSI, si è basato su un approccio euristico utilizzando la matrice di classificazione indicata nella figura 5. La classificazione dell intensità è stata poi utilizzata per creare una nuova mappa dell intensità dei fenomeni franosi, riportata in figura 6. Figura 5- Matrice utilizzata per determinare la nuova classe di intensità a patire dalla vecchia classificazione presa dall inventario frane e dalla nuova classificazione delle velocità. 9

10 Figura 6- Mappa derivata dell intensità dei fenomeni franosi relativi al bacino del fiume Arno. La vulnerabilità e l esposizione La vulnerabilità è definita come il grado di perdita attesa per un elemento a rischio a causa dell accadimento di una frana, compresa fra 0 (senza danni) e 1 (perdita totale). L esposizione è invece considerata come il numero di vite umane o il valore dei beni esposti a rischio. La selezione degli elementi a rischio per la valutazione della vulnerabilità in questo studio è stata basata sulle carte topografiche digitali regionali alla scala 1:10.000, e da un aggiornamento della mappa della copertura e uso del suolo del Corine Land cover dell agenzia spaziale europea a scala 1: Successivamente è stato redatto un geo-database degli elementi a rischio, compresi i valori di esposizione e la vulnerabilità in funzione dell intensità determinata in precedenza. Gli elementi a rischio sono stati raggruppati in cinque categorie: -costruzioni; -complessi; -strade; -ferrovie; -copertura del suolo. Ogni categoria è ulteriormente suddivisa in base all uso, il che restituisce il valore dell esposizione e della vulnerabilità per ogni elemento. Per esempio gli ospedali e le scuole sono stati considerati più vulnerabili degli impianti sportivi, benché facciano tutti parte della categoria complessi. La valutazione quantitativa del rischio da frana La valutazione quantitativa del rischio da frana è stata effettuata con l applicazione diretta del seguente algoritmo: Rischio = Pericolosità x Vulnerabilità x Esposizione 10

11 come suggerito da Varnes (1984). Il calcolo è stato effettuato su ciascun pixel con una risoluzione spaziale di 10 x 10 m, stimato per cinque diversi intervalli di tempo, rispettivamente 2,5,10,20 e 30 anni. La mappa finale del rischio indica la quantità di perdita attesa in (FIG.7). La perdita economica complessiva stimata è riassunta nella tabella 4, che indica le perdite potenziali (in Euro) in 2, 5, 10, 20 e 30 anni. Figura 7- Mappa del rischio da frana stimato a partire dai dati PSI nel bacino del fiume Arno a) Mappa ombreggiata in rilievo b- f) Mappe del rischio relative a 2, 5, 10, 20 e 30 anni rispettivamente. Periodo di riferimento Perdita stimata in Tabella 3- Rischio da frana (perdita stimata in ) nel bacino del fiume Arno calcolati per 5 periodi di tempo a partire dai dati PSI. 11

12 3. Analisi critica del caso studio Nel caso studio viene descritta la procedura scelta dagli autori per aggiornare le mappe della suscettibilità, della pericolosità e del rischio da frana relative al bacino del fiume Arno che furono redatte nel 2005 da Catani et al.. Queste mappe contenevano dati fino al 2002, il che vuol dire che è da più di dieci anni che non venivano aggiornate con dati nuovi. Gli autori si sono serviti delle mappe degli hotspot elaborate per conto dell Autorità di Bacino del fiume Arno. La redazione delle mappe del rischio (PAI) fu affidata alle Autorità di Bacino nel 1998 in seguito al decreto legge (d.l n.180/1998) chiamato anche decreto Sarno, perché approvato dopo i tragici eventi del maggio 98, che uccisero quasi 200 persone in provincia di Salerno. L operato delle Autorità di Bacino nell individuazione delle aree a rischio è stato guidato dalle disposizioni legislative: il D.P.C.M. 29/9/98 è stato emanato proprio per assicurare la realizzazione di prodotti di Piano omogenei e confrontabili, ma malgrado questo è possibile riconoscere alcune specificità nell operato delle singole Autorità. Per quanto riguarda la valutazione della pericolosità, è possibile riconoscere un percorso metodologico, comune a tutte le autorità, articolato in due momenti fondamentali: 1. La fase di inventario dei fenomeni di dissesto, generalmente speditiva, che costituisce un primo elaborato della pericolosità; 2. La definizione di metodi per la zonazione della pericolosità su tutta l area di studio. La prima fase implica una serie di azioni che vanno dall acquisizione di dati pregressi, in possesso delle diverse Amministrazioni pubbliche, ai rilievi fotointerpretativi e ai sopralluoghi diretti, per finire con una prima, sommaria, identificazione e classificazione dei tipi e dell intensità dei processi in atto. Nella seconda fase vengono approfondite le valutazioni sulla pericolosità, in primo luogo attraverso la definizione completa dei fenomeni inventariati, con l esplicazione di parametri, come stato di attività, stile di attività, intensità, tipo di movimento, tipo di materiale, in grado di fornire informazioni utili al fine di stabilire gli effetti attesi. Facendo riferimento all'esperienza ed al principio generale che un dato fenomeno di instabilità avviene con maggiore frequenza laddove si è verificato in passato, il rilevamento di dettaglio delle forme e dei processi del territorio, nonché l'indicazione del loro stato di attività, possono consentire una previsione in termini qualitativi della ricorrenza dei fenomeni. Per gli ambiti territoriali non interessati da frane si dovrebbe eseguire un analisi della suscettività al dissesto, ovvero individuare la presenza di indicatori geomorfologici che possano rappresentare indizi precursori di fenomeni di instabilità, la presenza di caratteri fisici del territorio che rappresentino fattori predisponenti di fenomeni di instabilità, quali caratteri litologici, clivometrici e giaciturali, nonché caratteri relativi alle coperture detritiche superficiali. L Autorità di Bacino del fiume Arno all epoca ha redatto le mappe della suscettibilità incrociando 5 tematismi: 12

13 - geologia; -geomorfologia; - acclività del pendio; - idrogeologia; - uso del suolo. Dall incrocio di questi tematismi si sono ricavate 5 classi di suscettività al dissesto, alle quali sono state applicate le Norme di Piano, gli autori del caso studio invece hanno sintetizzato questa mappa in quattro classi, rispetto alle cinque della mappa precedente. Le principali differenze metodologiche si riscontrano nella valutazione della pericolosità dei fenomeni di dissesto. Alcune Autorità di Bacino classificano la pericolosità delle frane in base al tipo di fenomeno franoso (es. frana lenta, scorrimento rotazionale, crolli), o in base al loro stato di attività (attiva, quiescente, inattiva). Altre Autorità invece, come quella del fiume Arno, utilizzano una matrice di correlazione fra intensità del fenomeno franoso (stimata o con il volume in frana o con la velocità della massa in frana) e la frequenza. Una volta realizzate le carte della pericolosità le diverse Autorità sono passate alla valutazione del rischio: dall'analisi dei Piani inerenti l'assetto Idrogeologico, si evince che l'assunzione dell'espressione di rischio è avvenuta, generalmente, in maniera qualitativa. Nelle Relazioni di Piano sono diffusi i riferimenti alle difficoltà metodologiche proprie dell'analisi del rischio: difficoltà nel determinare quantitativamente la capacità di sopportare le sollecitazioni esercitate da un certo evento (vulnerabilità) o il valore monetario degli elementi a rischio. In generale, è possibile riconoscere una procedura simile per tutte le Autorità, che prevede un approccio semplificato all'equazione generale del rischio. Con questo breve excursus ho voluto mettere in evidenza che, nonostante l intento iniziale fosse quello di creare dei PAI omogenei su tutto il territorio Italiano, il prodotto finale è ben lontano dall obiettivo prefisso nel 98. Gli stessi autori dell articolo non hanno seguito le stesse linee guide scelte da Catani et al. all epoca della prima redazione di queste mappe. Infatti la carta della suscettibilità è stata modificata, passando da cinque a quattro classi, ma la modifica che a mio avviso è parsa più importante riguarda la mappa dell intensità, in quanto Catani et al. all epoca classificò l intensità dei fenomeni franosi in base al volume mobilitato secondo la classifica proposta da Fell 1994 (tabella 4), facendo ovviamente un analisi a ritroso, in questo caso invece gli autori hanno preferito classificare l intensità in base alla velocità dei movimenti, utilizzando la classifica proposta da Cruden e Varnes, 1994 (tabella 5). Questa scelta ha modificato il livello di intensità del fenomeno franoso, come si è visto nella figura 5, comportando la modifica della valutazione quantitativa del rischio. La scelta degli autori di utilizzare questo nuovo tipo di classificazione è stato certamente dettato dalla nuova tecnologia utilizzata (PSI), che consente di misurare la velocità dei movimenti franosi a cinematica lenta con 13

14 una % di errore inferiore a 2 mm/anno, consentendo certamente una stima più precisa rispetto invece allo stimare la volumetria della massa franata. Tuttavia, al fine di creare delle mappe omogenee, almeno all interno di una stessa Autorità di Bacino, a mio avviso bisognerebbe essere coerenti con le scelte adottate all inizio della relazione di queste mappe, in modo tale da ottenere delle mappe sì aggiornate, ma che non stravolgano completamente quelle ottenute in precedenza. Intensità (I) Descrizione Volume (m 3 ) 2 Estremamente piccola < ,5 Molto piccola Piccola Media , Mediamente grande 2, Molto grande Estremamente grande > Tabella 4- Scala di intensità delle frane basata sulla massa spostata (da Fell, 1994). Classe Descrizione Velocità tipica Osservazioni sui danni I Estremamente lento 6 mm/anno Impercettibile senza strumenti di monitoraggio, costruzione di edifici possibile con precauzioni. II Molto lento 16 mm/anno Alcune strutture permanenti possono essere danneggiate dal movimento. III Lento 1,6 m/anno Possibilità di intraprendere i lavori di rinforzo e di restauro durante i movimenti. IV Moderato 13 m al mese Alcune strutture temporanee o poco danneggiabili possono essere mantenute. V Rapido 1,8 m/ora Evacuazione possibile; distruzione di strutture, immobili ed installazioni permanenti. VI Molto rapido 3 m/min Perdita di vite umane, velocità troppo elevata per permettere l evacuazione. VII Estremamente rapido 5m/s Catastrofe di eccezionale violenza, edifici distrutti per l impatto del materiale spostato, molti morti. Tabella 5 - Scala di intensità delle frane basata sulla velocità e sul danno prodotto (da Cruden & Varnes, 1994). 14

15 Bibliografia

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