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1 Università degli Studi di Roma La Sapienza Facoltà di Lettere e Filosofia La Sacra Famiglia su tavola in Santa Maria Assunta a Fondi: elementi tecnici e stilistici a confronto con l'opera di Giulio Romano in Santa Maria dell'anima a Roma Tesi di Silvia Berardi Relatore: Prof.ssa Cristiana Bigari Correlatore: Prof.ssa Stefania Macioce a.a

2 GIULIO ROMANO La Vita. La data di nascita di Giulio Romano non è sicura. Le fonti da cui si può dedurre qualche notizia sono il necrologio tributato a Mantova all artista, che indica il 1499, e l opera di Giorgio Vasari Le Vite de più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568) 1, in cui si risale al Si tratta, però, di notizie non del tutto attendibili perché oltre a uno scarto di ben sette anni i due testi presentano, per motivi diversi, margini di approssimazione piuttosto ampi. Certi invece il luogo di nascita, Roma, e la paternità, dichiarata dal nobilis vir Pietro Pippi de Ianutiis 2. L avvio dell apprendistato artistico di Giulio si colloca verso la metà del secondo decennio del Cinquecento, quando inizia a lavorare nella bottega romana di Raffaello Sanzio. Collaboratore di Raffaello in Vaticano, si stacca ben presto dal gruppo degli allievi ed elabora una grandiosa maniera, in cui l altissimo lascito del classicismo raffaellesco e dell antico viene rivissuto con intensità e riproposto in un rinnovato ordine linguistico coinvolgente architettura e decorazione. La sua carriera può dividersi in due fasi: partecipazione alle imprese vaticane fino alla morte di Raffaello (1520); poi, partenza da Roma nel 1524 per Mantova, dove da Baldassarre Castiglione era stato introdotto presso Federico Gonzaga, che gli affida la realizzazione di un vasto complesso monumentale, il Palazzo del Te. Collabora con Raffaello agli affreschi della Stanza dell Incendio di Borgo ( ) e, probabilmente, ai disegni preparatori ai cartoni per gli arazzi con gli Atti degli apostoli. In questi anni partecipa, oltre che alla decorazione della Stufetta e della Loggetta del cardinal Bibbiena, all affrescatura delle 1 G. Vasari, Le Vite de più eccellenti pittori, scultori e architettori, (Firenze 1568), Milano 1929, rist. Firenze C. D Arco, Istoria della vita e delle opere di Giulio Pippi Romano (Mantova 1838), 2 ed

3 Logge ( ), sequenza di 52 storie del Vecchio Testamento in formato ridotto, dai forti contrasti di timbro cromatico, ritmate da parti ornamentali e grottesche. In particolare, sono riconosciute a Giulio una decina di scene fra le quali: il Diluvio Universale, Abramo e Melchisedec, il Sacrificio di Isacco, Mosè presenta le tavole della Legge. Giulio è riconosciuto inoltre responsabile della maggior parte degli affreschi, eseguiti su progetto di Raffaello, della Storia di Psiche nella loggia della Farnesina ( ), ove si manifesta in pieno quel processo di <<reificazione>> della figura ideale raffaellesca verso una sensuosa evidenza, che diverrà un carattere costante del suo corposo mondo. Resta ancora problematica la partecipazione a numerose opere di soggetto religioso fra le ultime di Raffaello, come l Andata la Calvario, detta lo Spasimo di Sicilia (Madrid, Prado), la Sacra Famiglia di Francesco I (Parigi, Louvre), la Sacra Famiglia, detta La Perla (Madrid, Prado). Al periodo compreso fra il 1518 e il 1524 appartiene sia un gruppo di dipinti di piccolo formato aventi come protagonista la Vergine (Madonne Gonzaga, Spinola, Novar, Hertz), sia pale d altare (Lapidazione di Santo Stefano: Genova, Santo Stefano; Deesis: Parma; Incoronazione di Monteluce: Roma, in collaborazione con Giovan Francesco Penni), sia ritratti (Ritratto di donna: Strasburgo; Ritratto di giovane: Lugano, coll. Thyssen). In tutte queste opere il grado di responsabilità personale di Giulio oscilla all interno di un ampia gamma interpretativa fondata su un idea raffaellesca, e dunque tra la collaborazione diretta a fianco del maestro e una singolare dote di continuità che fa agire il modello in un ambito sostanzialmente rinnovato. Al di là della collaborazione artistica, il rapporto con Raffaello è di grande affetto e la profondità del sentimento può in buona parte essere attribuita al carattere di Giulio, che Vasari nell opera sopra citata così descrive: fondato, fiero, sicuro, capriccioso, vario, abundante ed universale, aggiungendo, a riprova del legame con il maestro, che egli fu dolcissimo nella conversazione, ioviale, affabile, grazioso e tutto 4

4 pieno di ottimi costumi: le quali parti furono cagione che egli fu di maniera amato da Raffaello, che egli fusse stato figliolo non più l avrebbe potuto amare; onde avvenne, che si servì sempre di lui nell opere di maggiore importanza. La prima opera autonoma di Giulio è il Ritratto di Giovanna d Aragona (Parigi, Louvre) in cui, tra l altro, è già possibile riconoscere il distacco dalla concezione raffaellesca. Nonostante lo sforzo per riprendere la visione artistica del Sanzio e ottenere il consenso, Giulio introduce infatti sin d ora quello che sarà uno degli elementi più caratterizzanti dei suoi ritratti, lo scarto tra il personaggio effigiato e l ambiente che lo circonda; spezza volutamente l armonia, tanto ricercata invece da Raffaello, tra figure e spazio, non subordinato più il secondo alla prima bensì costruendo entrambi come episodi diversi di una prospettiva più vasta. Il 6 aprile 1520 muore Raffaello Sanzio. La sua bottega, insieme alle commesse non ancora compiute, viene ereditata da Giulio Romano e da Giovan Francesco Penni. Nello stesso anno il cardinale Giulio dei Medici gli affida, insieme a Giovanni da Udine, la decorazione (compiuta nel 1525) di un altra creazione raffaellesca, villa Madama. Divenuto papa con il nome di Clemente VII, e desideroso di condurre a termine i lavori nelle Stanze, questi lo incarica di concludere la decorazione della Sala di Costantino, iniziata da Raffaello, che doveva completare il programma celebrativo sviluppato nelle altre Stanze Vaticane. Giulio Romano coinvolse nell impresa altri pittori della cerchia raffaellesca come Giovan Francesco Penni, Polidoro da Caravaggio e Perin del Vaga. La rielaborazione operata da Giulio, ormai libero da qualsiasi controllo del maestro, gli consentì di esprimere un orientamento nuovo, in cui la sintesi e l equilibrio dello stile classico venivano compromessi. Le scene dipinte sulle pareti sono l Apparizione della Croce a Costantino, la Battagli di ponte Milvio, il Battesimo di Costantino e la Donazione di Costantino. 5

5 Nella spettacolare scena della Battaglia di ponte Milvio (1521) si articola in una complessa correlazione di piani che nel loro ambiguo moltiplicarsi secondo ritmi spezzati non consentono allo spettatore di individuare un punto fisso di riferimento. Evidente la derivazione iconografica da prototipi romani, tanto che alcuni particolari appaiono ripresi dai rilievi dell arco di Costantino e dalla colonna Traiana. Il rapporto con l antico, tuttavia, è risolto in chiave retorica, secondo una interpretazione che sdrammatizza la violenza dell azione per recuperare il valore simbolico dell intera scena. Anche nella definizione della figura umana l artista contraddice i propri antecedenti classici nella accentuazione plastica dei volumi dalle superfici lucidate, in cui i dettagli paiono incisi più che modellati. Agli stessi anni appartengono anche importanti dipinti d altare come la Madonna della gatta (Napoli, Capodimonte) e la Madonna col Bambino e i SS. Giovanni Battista, Marco e Giacomo (1524), commissionata dal banchiere Jacopo Fugger per la chiesa romana di Santa Maria dell Anima. Gli anni del pontificato di Clemente VII Medici ( ) segnarono un altra felice stagione per le arti. Il clima culturale raffinato e sensibile della corte papale attrasse a Roma un gran numero di artisti tra cui il Parmigianino, Rosso Fiorentino e Benvenuto Cellini, che affiancarono gli artisti già presenti in città, come Giulio Romano, Perin del Vaga, Polidoro da Caravaggio, Giovanni da Udine e Sebastiano del Piombo. Ma un drammatico evento mise fine a questo periodo di fecondi scambi artistici: nel 1527, il sacco di Roma ad opera dei lanzichenecchi dell imperatore Carlo V provocò la diaspora degli artisti verso vari centri italiani, peraltro già avviata con la partenza di Giulio Romano. Nel 1524 Giulio fu chiamato a Mantova da Federico II Gonzaga, figlio di Isabella d Este, per sovrintendere come architetto al rinnovamento urbanistico della città. Aiutato da uno stuolo di collaboratori (Rinaldo Mantovano, Fermo Chisoni, Benedetto Pagni, Girolamo da Treviso e molti altri) egli 6

6 promosse numerosi interventi architettonici, nell intento di fare di Mantova una nuova Roma. Difatti nei primi due anni di vita mantovana la carriera di Giulio si sviluppa essenzialmente sul versante architettonico, come è dimostrato dalla nomina a superiore delle strade e prefetto delle fabbriche gonzaghesche (20 novembre 1526) e soprattutto dall inizio della costruzione di Palazzo Te, risalente con ogni probabilità al Nel breve volgere di pochi mesi però, i suoi compiti si estendono anche al controllo della pittura e crescono rapidamente in importanza e competenza, sino a fargli ricoprire il ruolo di regista della vita di corte, ricalcando la figura incarnata da Raffaello Sanzio presso Leone X. La qualità che gli consente di percorrere un tale cammino in tempi così ravvicinati consiste nel saper fornire quasi a getto continuo disegni per argenteria e apparati di corredo, per affreschi e quadri, per palazzi, ville e giardini, e veramente questa svariatissima produzione ha il suo centro motore nel primato del disegno. La principale commissione affidata all artista fu la costruzione di Palazzo Te 3, rappresenta in un certo qual modo la summa, l espressione più compiuta di quello che Giulio Romano ha saputo realizzare alla corte dei Gonzaga. La singolarità dell opera inizia dal nome Te così denominato perché derivante da un termine medievale, Teieto, con cui veniva indicata una distesa erbosa piuttosto ampia dietro i bastioni meridionali di Mantova. Lì, tra i pascoli, sorgevano le mura di antiche scuderie gonzaghesche che avevano suggerito al marchese Federico l idea di una villa con un giardino disegnato dall acqua (la zona era circondata da piccoli laghi) appena esterna alla cerchia cittadina. Palazzo Te è una villa suburbana, destinata allo svago e ai piaceri di Federico II Gonzaga, chiaramente derivata dai modelli romani della Farnesina e di villa Madama. Giulio Romano edificò un ampio palazzo a pianta quadrata con cortile centrale, che sviluppò su un solo piano per adeguarlo 3 G.M. Erbesato, Il Palazzo Te di Giulio Romano, Firenze

7 al piatto e paludoso paesaggio circostante. Sul lato est un grandioso loggiato si apre verso il giardino, con una serie di archi sostenuti, nell atrio centrale, da gruppi di quattro colonne. L edificio è un campionario di invenzioni stilistiche, reminiscenze archeologiche, spunti naturalistici e decorativi, quali ad esempio le colonne inglobate in blocchi di pietra a superficie rustica del cortile. Nel progetto Vasari distingue due fasi costruttive: una iniziale, circoscritta alla parte settentrionale del perimetro preesistente un poco di luogo da potervi andare, e ridurvisi talvolta a desinare o a cena per ispasso -, e una successiva per far poi tutto quello edificio a guisa di un gran palazzo. Le prime notizie relative alla fabrica nova del Te sono datate febbraio 1526 (ma l avvio dei lavori si può far risalire ad alcuni mesi prima) e riportano i quantitativi di colori, pennelli, gesso, marmi per porte e camini, statue antiche acquistati per la decorazione 4. L approvvigionamento così tempestivo di questi materiali testimonia come proprio la decorazione fosse considerata la parte più impegnativa di tutta l opera. Infatti, negli anni successivi, l artista diresse anche i lavori di decorazione del palazzo, dove portò a maturazione gli spunti raccolti nel periodo della sua educazione romana nella bottega del Sanzio. E probabile che sin dall inizio dei lavori Giulio avesse un programma preciso e che tutti i disegni siano stati completati in anticipo rispetto a qualunque esecuzione. I collaboratori per la pittura e le decorazioni plastiche di cui si ha notizia sono circa una decina; ad essi è affidato il compito di completare le scene dopo che Giulio Romano le ha preparate e ha dato i primi tocchi, a mo di esempio e impostazione. In base ai dati stilistici la prima sala eseguita risulta essere quella dei Cavalli, cui prendono parte tutti gli aiuti. Si tratta di un ambiente dedicato all esaltazione di una delle grandi passioni di Federico 4 G. Paccagnini, Il Palazzo Te, Milano

8 Gonzaga, i cavalli appunto, e ancora al duca e alle sue qualità guerresche rimandano le Storie di Ercole collocate sopra i destrieri. Sempre riferibile a una prima fase è la decorazione dell attigua Sala di Psiche 5 ( ca.), dedicata alla glorificazione dell amore, riprese il tema già trattato nella Farnesina, sviluppandolo in modo più scenografico e dissacrante, e prendendo spunto dalle Metamorfosi di Apuleio. Nella Sala dei Giganti ( ) creò uno straordinario capolavoro di grande potenza illusionistica: nella grandiosa decorazione delle pareti, basata sulla Gigantomachia di Ovidio, le figure possenti dei giganti si contorcono tra le architetture crollate, fino all Olimpo del soffitto, con gli dei trionfanti tra le nuvole, alludendo allegoricamente alla caduta degli angeli ribelli a Dio. Questi due ambienti principali, la Sala di Psiche e la Sala dei Giganti, si contrappongono per la diversità di concezione: la prima, a nord, articolata in un raffinato gioco di medaglioni e lunette, ricco di virtuosistici effetti illusivi; e la seconda, a sud, che sembra circondare il visitatore di un incessante turbinio di figure mostruoso. Altre sale sviluppano temi astrologici e allegorici (Sala dei Venti, Sala delle Aquile). Gli ultimi interventi vengono effettuati entro la prima metà del Non si deve con ciò pensare che la lavorazione abbia avuto un ritmo lento, perché in realtà Giulio Romano e i suoi collaboratori pressati da Federico Gonzaga che più di una volta li minaccia addirittura di applicare pene corporali lavorano con tempi anche più accelerati di quelli del pur rapido Raffaello. Gli ambienti da creare sono però oltre venti e le decorazioni esigono un organizzazione del lavoro oltremodo articolata, in grado di coordinare tutte le componenti che contribuiscono a una realizzazione così complessa, dai finanziamenti ai disegni, all opera di muratori, scalpellini, pittori, stuccatori, falegnami, doratori. Il risultato finale è una sontuosa villa di rappresentanza costruita in una 5 D. Arasse, Giulio Romano e il labirinto di Psiche, in Quaderni di Palazzo Te, 3, II, 1985, pp

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