Clandestinità e reati connessi alla luce delle recenti interpretazioni giurisprudenziali a cura di Alessandra D Angelo

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1 Clandestinità e reati connessi alla luce delle recenti interpretazioni giurisprudenziali a cura di Alessandra D Angelo In questi anni sono state introdotte alcune novità sul tema dell immigrazione. In primis, l aggravante della clandestinità, introdotta con il D.L. 92/2008, poi convertito con la legge n. 125/2008, e, in secondo luogo, le modifiche apportate con l introduzione del reato di clandestinità con la legge n. 94/2009. Circostanza aggravante della clandestinità (art. 61, n. 11 bis cp): tale aggravante veniva contestata a coloro che commettevano il reato trovandosi illegalmente sul territorio nazionale. La Corte Costituzionale è intervenuta dichiarando l incostituzionalità di questa norma (sentenza n. 249/2010) perché discriminatoria. In particolare, l art. 61, n. 11 bis cp violava l art. 3 Cost. (principio di uguaglianza), poiché un medesimo fatto di reato veniva punito più gravemente se commesso da uno straniero irregolare. Al contrario, qualora la stessa condotta fosse stata tenuta da un cittadino italiano, la legge lo avrebbe punito con una pena più lieve. La Corte afferma, infatti, che la qualità di immigrato irregolare [ ] diventa uno stigma, che funge da premessa ad un trattamento penalistico differenziato del soggetto [ ]. Le qualità della singola persona da giudicare rifluiscono nella qualità generale preventivamente stabilita dalla legge, in base ad una presunzione assoluta, che identifica un tipo di autore assoggettato, sempre e comunque, ad un più severo trattamento. In secondo luogo, poi, l aggravante in questione violava l art. 25, co. 2 Cost. (principio della responsabilità penale personale), poiché il soggetto deve essere punito per le condotte da lui tenute, e non per le qualità personali. Nel caso in esame, non può sostenersi che la clandestinità sia una condizione personale dalla quale desumere un automatica pericolosità del reo, a prescindere da ogni circostanza individuale oggettiva e soggettiva. Ad oggi, quindi, l aggravante della clandestinità non è più applicata dai giudici italiani. Reato di immigrazione clandestina (art. 10 bis D. Lgs. 286/98): il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, di natura contravvenzionale, punisce due distinte condotte: - Ingresso illegale: si consuma quando lo straniero entra nel territorio italiano, varcando i confini, senza averne titolo; - Trattenimento illegale: sussiste quando vengono meno le condizioni che avevano legittimato precedentemente la permanenza.

2 La pena prevista è un ammenda da a euro. Qualora il soggetto sia insolvibile, l ammenda può essere convertita in libertà vigilata o lavoro sostitutivo. Tuttavia, in questo casi, la legge prevede esplicitamente che il giudice, se lo ritiene, sostituisca tale pena con l espulsione. Ad oggi, quindi, il reato di ingresso e soggiorno illegale è tuttora vigente ed effettivo. Reato di inottemperanza all ordine di esibire un documento identificativo e il titolo di soggiorno (art. 6, co. 3, D. Lgs. 286/98): la precedente formulazione puniva la mancata esibizione, senza giustificato motivo, dei documenti, ovvero del passaporto o altro documento di identificazione oppure del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno. Ciò significa che l esibizione di uno qualsiasi di questi documenti escludeva la sussistenza del reato ex art. 6, co. 3. In altre parole, il cittadino straniero, seppur irregolare sul territorio, aveva l obbligo di esibire i documenti di identificazione, ma non necessariamente il permesso di soggiorno. Non era così punibile il cittadino di Paesi terzi che non esibiva il permesso di soggiorno o la carta di soggiorno, in quanto incompatibili con la sua irregolarità. Il Pacchetto Sicurezza (l. n. 94/2009) ha, invece, modificato l art. 6, co. 3 prevedendo che lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non ottempera, senza giustificato motivo, all ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato è punito con l arresto fino ad un anno e con l ammenda fino ad euro Le novità fondamentali riguardano quindi un trattamento sanzionatorio più severo (l arresto fino ad un anno e l ammenda dai ai euro, anziché i precedenti 6 mesi di arresto e 413 euro di ammenda) e la sostituzione della congiunzione e con la disgiunzione o. Quest ultima modifica, in particolare, ha portato ad una nuova fattispecie penale per la cui sussistenza è necessaria la contemporanea presenza delle due categorie di documenti: il documento identificativo (passaporto o altro documento equipollente) e il titolo di soggiorno (permesso o la ex carta di soggiorno). Ciò significa allora che tale reato potrà applicarsi solo ed esclusivamente agli stranieri regolarmente presenti sul territorio, ovvero a coloro che possiedono e possono esibire sia il documento identificativo, sia il titolo di soggiorno. Tale ragionamento logico-giuridico è stato sviluppato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n /2011), la quale ha di fatto operato un abolitio criminis del reato di inottemperanza di esibizione dei documenti nei confronti degli stranieri irregolari. Tuttavia, questi ultimi saranno perseguibili ai sensi del nuovo reato di ingresso e soggiorno illegale previsto dall art. 10 bis. A tal proposito la Corte dichiara la sussistenza di un doppio binario, poiché il legislatore

3 distingue e sanziona in maniera diversa le condotte dei cittadini stranieri regolari da quelli irregolari. Reato di inottemperanza all ordine del Questore di lasciare il territorio italiano (art. 14, co. 5 ter D. Lgs. 286/98): la legge italiana prevede che il Prefetto può adottare un provvedimento amministrativo di espulsione nei confronti del cittadino irregolare (il decreto di espulsione, comunemente chiamato foglio di via ), ai sensi dell art. 13, co. 2 D. Lgs. 286/98, sia in caso di ingresso, sia in caso di soggiorno irregolare (nel primo caso lo straniero non è mai stato in possesso di un regolare permesso di soggiorno, mentre nel secondo caso il permesso non è più valido perché scaduto e non rinnovato o revocato o annullato). L espulsione così disposta è immediatamente esecutiva ed è il Questore competente ad attuarla. Per tali ragioni, il Questore dà esecuzione all espulsione mediante l accompagnamento alla frontiera del cittadino irregolare a mezzo della forza pubblica (art. 13, co. 4). Qualora tale accompagnamento non fosse possibile per mancanza del vettore o perché lo straniero necessità di soccorso o non si è certi della sua identità o nazionalità, allora il Questore dispone che lo straniero sia trattenuto, per il tempo strettamente necessario (e comunque non oltre 6 mesi), presso il centro di identificazione ed espulsione (C.I.E.) più vicino (art. 14). Se non è possibile trattenere lo straniero presso un C.I.E.(ad es. per mancanza di posti disponibili o per la decorrenza dei termini massimi di trattenimento), allora il Questore ordina allo straniero di lasciare il territorio nazionale entro 5 giorni (art. 14, co. 5 bis). Se lo straniero, senza un giustificato motivo, non ottempera a tale ordine, si integreranno le fattispecie penali previste dagli artt. 14, co. 5 ter e quater. L art. 14, co. 5 ter del testo unico delle leggi sull immigrazione punisce con la reclusione da 1 a 4 anni il cittadino di un Paese terzo irregolare che viola l ordine di lasciare entro 5 giorni il territorio italiano, senza un giustificato motivo. Inoltre, viene adottato nei confronti dell imputato un nuovo provvedimento di espulsione (con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica oppure con trattenimento presso un C.I.E., secondo le modalità sopra descritte) Qualora il medesimo cittadino violasse nuovamente anche il secondo ordine ricevuto, restando in Italia, allora sarebbe punito più severamente dall art. 14, co. 5 quater (ovvero con la pena della reclusione da 1 a 5 anni). La Corte di Giustizia Europea è intervenuta sul tema con una sentenza del (El Dridi, C- 61/11 PPU) per verificare la legittimità dell art. 14, co. 5 ter D. Lgs. 286/98 alla luce del diritto comunitario. In particolare, la normativa italiana configgerebbe con la direttiva europea

4 2008/115/CE recante norme e procedure comuni applicabili agli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Il caso affrontato dalla Corte riguarda il sig. El Dridi, condannato alla pena di un anno di reclusione per il reato di permanenza in Italia, in violazione dell ordine di allontanamento emesso nei suoi confronti (ai sensi dell art. 14, co. 5 ter) dal Questore di Udine. Il ragionamento sviluppato dalla Corte può essere riassunto in 3 passaggi: 1. DIRETTA APPLICABILITA della direttiva: la direttiva europea 2008/115/CE non è stata recepita nell ordinamento nazionale con una legge ad hoc entro il termine stabilito (ovvero il ). Ciò comporta che la direttiva, qualora preveda disposizioni sufficientemente precise, possa essere automaticamente applicata nei Paesi membri come legge interna e pienamente efficace; 2. VIOLAZIONE DEI PRICIPI DI PROPORZIONALITA ED EFFICACIA: la direttiva dispone che gli Stati membri adottino misure di rimpatrio che, seppur coercitive, siano proporzionali alla violazione commessa dagli stranieri. In altre parole, le misure coercitive hanno impulso dalla violazione di un provvedimento amministrativo (il decreto di espulsione e il contestuale ordine di abbandonare lo Stato) - e non, invece, dalla contestazione del reato di ingresso illegale, ai sensi dell art. 10 bis T.U.I., punito con una sentenza del giudice-. Su questo presupposto la Corte afferma che non è possibile prevedere una pena così severa, quale la reclusione, per una tale violazione, né, tanto meno, cercare di ovviare alle difficoltà che lo Stato italiano incontra nei rimpatri applicando una pena detentiva. La direttiva 2008/115/CE indica, nello specifico, una graduale procedura amministrativa di rimpatrio che va dalla misura meno restrittiva della libertà dell interessato la concessione di un termine per la partenza volontaria [da 7 a 30 giorni, mentre la normativa italiana ne prevede solo 5 - nda] alla misura che maggiormente limita la sua libertà il trattenimento in un apposito centro -, fermo restando in tutte le fasi di detta procedura l obbligo di osservare il principio di proporzionalità. 3. DISAPPLICAZIONE DELL ART. 14, CO. 5 TER: la Corte conclude, pertanto, che non è possibile sanzionare penalmente, con la pena detentiva, la violazione di un passaggio graduale della procedura amministrativa di rimpatrio (qual è appunto l ordine di lasciare il territorio dello Stato entro 5 giorni). Per tale ragione, i giudici italiani dovranno disapplicare ogni disposizione del D. Lgs. 286/98 contraria al risultato della direttiva 2008/115/CE, e in particolare l art. 14, co. 5 ter. Ciò significa che la Corte di Giustizia Europea ha operato un abolitio criminis, ovvero ha eliminato il reato di inottemperanza all ordine del Questore di abbandonare il territorio nazionale (ex art. 14,

5 co. 5 ter), sulla base delle norme stabilite dall ordinamento comunitario, oramai parte integrante degli ordinamenti nazionali degli Stati membri. Va da sé che tale indicazione ben si attaglia anche all art 14, co. 5 quater, seppur la Corte non si è pronunciata a riguardo. Ciò si può estendere anche per l art 10 bis, che punisce il reato contravvenzionale di ingresso e soggiorno clandestino, tuttora efficace, ma al vaglio di legittimità da parte della Corte di Giustizia Europea.

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