Il Disodio Clodronato riduce il riassorbimento periprotesico in impianti non cementati nelle fasi precoci: studio prospettico con controllo
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1 G.I.O.T. 2002;28:79-87 Il Disodio Clodronato riduce il riassorbimento periprotesico in impianti non cementati nelle fasi precoci: studio prospettico con controllo Reduction of the periprosthetic bone reabsorbing around uncemented femoral hip implants using Disodium Clodronate: a prospective study with a control group L. Massari G. De Rito A. Brunoro A. Lo Caputo 1 F. Traina G.C. Traina Dipartimento di Scienze Biomediche e Terapie Avanzate, Sezione di Clinica Ortopedica e Traumatologica, Università di Ferrara 1 Dipartimento Di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Reumatologia, Università di Ferrara Indirizzo per la corrispondenza: Prof. Leo Massari, Clinica Ortopedica, Università di Ferrara, Corso Giovecca 203, Ferrara. Fax msl@unife.it Ricevuto il 18 febbraio 2002 Accettato il 21 marzo 2002 RIASSUNTO Il rimodellamento periprotesico attorno a impianti non cementati dell anca è fenomeno che si verifica sempre dopo un impianto e che risente di vari fattori legati alla protesi e legati al paziente. Lo studio in vivo del rimodellamento periprotesico avviene mediante l analisi densitometrica a raggi X (DEXA). In quasi tutti i lavori presenti in letteratura sull argomento si nota un calo della densità ossea periprotesica (BMD) già a partire dai primi mesi dall intervento con dati di perdita di massa ossea diversi a seconda dei modelli protesici, e del tipo di indagine effettuata, fino a raggiungere valori di quasi -50% del valore di partenza. Gli Autori hanno voluto valutare l effetto che la somministrazione di Disodio Clodronato (Difosfonal, SPA) può svolgere sul rimodellamento periprotesico in 21 pazienti operati con stelo protesico non cementato con rivestimento parziale in idrossiapatite (ABG, Stryker Howmedica). Il protocollo di studio consiste nella somministrazione di Disodio Clodronato 100 mg i/m al dì per 7 giorni, 100 mg i/m alla settimana per 6 mesi e 100 mg ogni 2 settimane per altri 6 mesi. I pazienti sono stati controllati clinicamente e con valutazione DEXA a partire dalla 15 a giornata postoperatoria e con scansioni a 3, 6 e 12 mesi postoperatori. Come gruppo di controllo sono stati utilizzati 24 pazienti operati con la medesima tecnica chirurgica ai quali non era stato somministrato Disodio Clodronato. I risultati evidenziano un andamento differente della BMD periprotesica tra i due gruppi con valori percentuali di diminuzione di BMD sensibilmente diversi, con una minore perdita di massa ossea periprotesica nei casi trattati con Disodio Clodronato. Tale differenza è evidente sia in tutto il femore periprotesico sia nelle diverse sub-regioni, con differenze statisticamente significative nella regione del calcar e piccolo trocantere(-9,82% vs. -25% a 1 anno) e nelle regioni diafisarie, mediale (-7,87% vs. -9,35% a 1 anno) e laterale (-6,41% vs. -9,58% a 1 anno). L analisi dei risultati di questo lavoro porta a concludere che il Disodio Clodronato (Difosfonal ) è utile nel ridurre il riassorbimento periprotesico in impianti femorali non cementati nelle fasi precoci. Parole chiave: rimodellamento periprotesico, DEXA, protesi d anca non cementate, Disodio Clodronato SUMMARY Objectives: To study the effect of the Disodium Clodronate (Difosfonal ) in the periprosthetic bone remodelling around uncemented femoral hip implants in the early phases. 79
2 Il Disodio Clodronato riduce il riassorbimento periprotesico in impianti non cementati nelle fasi precoci: studio prospettico con controllo Methods: The Authors studied 21 patients operated on with uncemented femoral hip implants with proximal hydroxylapatite coatings (ABG, Stryker Howmedica). The study protocol considered the administration of Difosfonal 100 mg i/m every day during the 1 st week, then 100 mg i/m every week for 6 months and 100 mg i/m every 2 weeks for the next 6 months. The DEXA evaluations were performed since the 15 th post-operative day followed by scans at 3, 6 and 12 months. The control group considered 24 patients operated on using the same technique and the same implant but without administration of Difosfonal. Results: The results denoted a different behaviour of the periprosthetic Bone Mineral Density (BMD) between the two groups, with a significant less decrease of BMD in the study group. The differences were statistically significant for the medial metaphyseal region (-9.82% vs. -25% at 1 year) and for the diaphyseal regions, both medial (-7.87% vs %) and lateral (-6.41% vs %). Conclusions: The results of this prospective study can allow us to conclude that the Disodium Clodronate (Difosfonal )is an useful tool in order to reduce the periprosthetic bone reabsorbing around uncemented femoral hip implants in the early phases. However the follow-up time is too short to draw any conclusions about the long-term survival of the implants. Key words: periprosthetic bone remodelling, DEXA, uncemented hip arthroplasties, Disodium Clodronate INTRODUZIONE Il rimodellamento periprotesico femorale è un evento praticamente inevitabile dopo l impianto dello stelo protesico non cementato. Nei primi anni 90 Engh, Bobyn et al. 1-3 evidenziavano variazioni della morfologia e della densità ossea periprotesica all esame di radiografie seriate, con particolari caratteristiche che gli autori consideravano segni di osteointegrazione o meno. Il rimodellamento periprotesico, infatti, può evidenziarsi radiograficamente con zone di addensamento o di rarefazione dell osso (rimodellamento osseo) ovvero attraverso variazioni della morfologia del femore prossimale, quali un aumento dello spessore delle corticali sia distrettualmente che globalmente (modellamento osseo). Il rimodellamento periprotesico risente di fattori estrinseci (legati alla protesi) e di fattori intrinseci (legati all osso). Tra i fattori estrinseci indubbia importanza rivestono il materiale di costruzione (soprattutto in termini di modulo di elasticità) 4 5, il design ed il tipo di fissazione meccanica (stelo retto, stelo anatomico, press-fit distale, fit prossimale e fill distale, ecc.) 6, la presenza di rivestimenti bioattivi. Tra i fattori intrinseci vanno annoverati l osteoporosi, che secondo alcuni Autori 2 è una controindicazione all impianto di steli non cementati, la forma del femore prossimale, e pertanto il diverso adattamento ad uno stelo protesico di design standard, e fattori non meglio identificati che potrebbero rientrare in una sorta di iper- o ipo-reattività individuale. Ancora non si conoscono bene i meccanismi di traduzione del segnale biomeccanico (stress-shielding, load-transfer) in segnale cellulare e, quindi, in attivazione degli osteoblasti (osteoformazione) ovvero degli osteoclasti (riassorbimento). L ipotesi più accreditata è che lo stimolo meccanico si traduca in segnale elettrico a livello degli osteociti i quali, lavorando come network intraosseo, andrebbero poi ad attivare le linee cellulari osteoblastiche o osteoclastiche a seconda dei vari fattori sopra segnalati 7 8. Lo studio in vivo dei fenomeni di rimodellamento periprotesico vede la DEXA come la metodica migliore per valutare variazioni di densità ossea periprotesica (epifenomeno del rimodellamento) già in fasi precoci. Infatti l esame radiografico risente di notevoli variabili tecniche nella valutazione densitometrica con variazioni notevoli che lo rendono inattendibile in una valutazione del rimodellamento periprotesico. West et al. lo hanno chiaramente dimostrato in un lavoro attentamente controllato. Già nel 1992 Bobyn et al. 3 ritenevano indispensabile la DEXA nella valutazione precoce del rimodellamento periprotesico. I successivi lavori pubblicati hanno confermato tale validità, con coefficienti di variazione inferiori al 3-4% Questo sta a significare che variazioni di densità ossea superiori, in plus o in minus, del 3-4% sono legate al processo di rimodellamento. Tenendo presente che l occhio umano riesce a identificare variazioni di densità radiografica quando queste superano il 30-40% della densità iniziale (in plus o in minus), fatta salva la perfezione tecnica della esecuzione della radiografia, ben si comprende come la DEXA sia la metodica di scelta per valutare il rimodellamento periprotesico. Praticamente tutti i lavori pubblicati finora evidenziano un riassorbimento del femore prossimale a distanza di tempo dall inserimento di uno stelo protesico non cementato, sia in lavori retrospettivi con controllo controlatera- 80
3 L. Massari et al. le, sia in lavori prospettici. In alcuni casi tale riassorbimento raggiunge valori percentuali molto elevati (oltre il 40%), anche se si tratta di studi effettuati in maniera retrospettiva con controllo controlaterale con phantoms su protesi in Cromo-Cobalto-Molibdeno (con rigidezza molto elevata) con coating prossimale e pressfit totale (maggiore stress-shielding). In uno studio prospettico iniziato nel 1991 abbiamo valutato tramite DEXA il rimodellamento femorale attorno a steli in lega di Titanio di forma anatomica, a fit prossimale e fill distale (ABG, Stryker-Howmedica, London, UK). In questo studio abbiamo notato come, nei primi 5 anni dopo l impianto, vi sia una riduzione della densità ossea periprotesica mediamente di oltre il 15% con punte di -40% nella regione metafisaria mediale, zona che comprende il calcar e il piccolo trocantere Il riassorbimento osseo periprotesico del femore prossimale, anche se spesso non comporta problemi clinici particolari, crea preoccupazione per la longevità del sistema osso-protesi e, quindi, per la necessità di dover reimpiantare protesi successive in condizioni di scarso bone-stock. Per ridurre il riassorbimento prossimale molto si è lavorato sul piano della protesi, ossia sul design (protesi anatomiche e non rette), sui materiali (Titanio al posto del Cromo-Cobalto), sui rivestimenti bioattivi (idrossiapatiti). Da qualche tempo si sta cercando di lavorare anche sul versante biologico del sistema, ossia sull osso, utilizzando farmaci che riducano l attività osteoclastica laddove questa venga attivata dai fenomeni di stress-shielding o di load-transfer. Alcuni report hanno posto in evidenza una riduzione del riassorbimento osseo periprotesico dopo somministrazione di bisfosfonati o difosfonati Forti della nostra esperienza nella valutazione densitometrica periprotesica abbiamo voluto studiare il comportamento dell osso periprotesico, in termini di variazione di densità, dopo somministrazione di Disodio Clodronato (Difosfonal ) a partire dall immediato postoperatorio. MATERIALI E METODI Sono stati studiati 21 pazienti operati di artroprotesi non cementata dell anca con stelo in lega di Titanio, di forma anatomica, con rivestimento prossimale in idrossiapatite (ABG, Stryker-Howmedica Inc., London, UK). Si tratta di 15 Femmine e 6 Maschi, affetti da coxartrosi primaria in 17 casi e da artrosi in esiti di displasia congenita in 3 casi, di età media 68,3 ± 5,3 aa. A questi pazienti è stato somministrato Disodio Clodronato (Difosfonal, SPA, Milano, Italia), a partire dalla 7 a giornata postoperatoria, al dosaggio di 100 mg i/m al dì per 7 gg, seguita da 100 mg i/m alla settimana per 6 mesi e successivamente 100 mg i/m ogni 2 settimane fino ad 1 anno dall impianto protesico. Durante tale periodo (12 mesi) i pazienti sono stati studiati mediante DEXA periprotesica a partire, mediamente, dalla 10 a giornata postoperatoria (T0) e, poi, a 3 mesi (T1), 6 mesi (T2) e 12 mesi (T3). Sono stati studiati tutto il femore periprotesico (TOT) e 5 sub-regioni di interesse: R1 regione metafisaria laterale (gran trocantere), R2 piccola regione a ridosso del margine laterale metafisario della protesi (rivestimento in idrossiapatite), R3 regione metafisaria mediale (calcar e piccolo trocantere), R4 regione diafisaria mediale, R5 regione diafisaria laterale (Fig. 1). Fig. 1. Visione della regione femorale analizzata e della suddivisione delle sub-regioni. 81
4 Il Disodio Clodronato riduce il riassorbimento periprotesico in impianti non cementati nelle fasi precoci: studio prospettico con controllo Come controllo sono stati considerati i 24 pazienti dello studio prospettico precedentemente citato 21. Entrambi i gruppi sono stati operati con la medesima tecnica chirurgica (approccio laterale diretto tipo Hardinge) dallo stesso chirurgo (GCT) ed hanno seguito lo stesso decorso postoperatorio (carico consentito con ausili a partire mediamente dalla 7 a giornata postoperatoria). Dal punto di vista della composizione dei gruppi in termini di sesso, età e patologia non vi sono differenze statisticamente significative. RISULTATI Nella Tabella I sono riportate le medie e le deviazioni standard della BMD di tutto il femore periprotesico e delle sub-regioni selezionate (R1-R5) ai diversi tempi di scansione (T0-T3). Si può notare come le deviazioni standard siano omogenee nei vari tempi e nelle diverse regioni studiate, ciò a significare un comportamento complessivamente omogeneo dei vari casi studiati. Nella Figura 2 sono riportati in grafico i valori della Tabella I. Analizzando il grafico si può notare un decremento di BMD nei primi 3 mesi dall intervento, sia nel femore periprotesico globalmente che nelle varie sub-regioni, una ripresa dei valori di BMD tra i 3 e i 6 mesi e una successiva stabilizzazione dai 6 ai 12 mesi postoperatori. Nella Tabella II sono riportate le differenze percentuali tra i valori medi a T1, T2 e T3 relativamente ai valori BMD di partenza al tempo T0, calcolate come segue: (BMDTn BMDT0) / BMDT0 * 100; Rianalizzando il grafico della Figura 2 alla luce dei dati percentuali si può notare come nei primi 3 mesi postoperatori vi sia un decremento della BMD periprotesica totale di circa il 9% del valore iniziale, con punte di -10,71% nella regione metafisaria mediale (R3) e di -9,6% per la regione diafisaria laterale (R5). Dal 3 al 6 mese postoperatori vi è una inversione di tendenza con una BMD totale di poco inferiore, in termini percentuali, alla BMD di partenza (-1,74%) e, addirittura, un aumento di densità per le regioni metafisarie laterali (R1 e R2) comprendenti il gran trocantere (regione a maggiore presenza di osso spongioso). La regione R3 vede, invece, una diminuzione di BMD mediamente di -11,60% tra il 3 ed il 6 mese postoperatorio. Le regioni diafisarie (R4 e R5) vedono, in questo periodo, una inversione di tendenza con un recupero della densità ossea sensibile con valori differenziali attorno al 3%. Dal 6 al 12 mese postoperatorio si nota una sostanziale stabilizzazione dei valori densitometrici del femore periprotesico globale ed anche delle sub-regioni, con la importante differenza per la regione R3 nella quale si assiste ad un aumento medio di 2 punti percentuali rispetto ai valori riscontrati a 6 mesi dall intervento. Nella Figura 3 riportiamo graficamente l andamento delle medie di BMD totale e delle diverse sub-regioni evidenziato nello studio citato precedentemente e prese come gruppo di controllo. Si può notare come la BMD totale e Tab. I. Tot R1 R2 R3 R4 R5 T0 1,15 ± 0,16 0,74 ± 0,13 0,84 ± 0,16 1,12 ± 0,28 1,65 ± 0,21 1,56 ± 0,20 T1 1,05 ± 0,15 0,69 ± 0,12 0,83 ± 0,16 1,00 ± 0,26 1,55 ± 0,22 1,41 ± 0,18 T2 1,13 ± 0,17 0,77 ± 0,15 0,95 ± 0,19 0,99 ± 0,28 1,60 ± 0,25 1,51 ± 0,27 T3 1,09 ± 0,18 0,74 ± 0,15 0,85 ± 0,22 1,01 ± 0,28 1,52 ± 0,27 1,46 ± 0,26 Tab. II. Tot R1 R2 R3 R4 R5 T1/T0-8,69% -6,75% -1,19% -10,71% -6,06% -9,61% T2/T0-1,74% +4,05% +13,09% -11,60% -3,03% -3,21% T3/T0-5,21% 0% +1,19% -9,82% -7,87% -6,41% 82
5 L. Massari et al. Fig. 2. Fig. 3. delle diverse sub-regioni abbia visto un calo percentuale molto simile nei primi 3 mesi, seguito da una leggera e non significativa ripresa della BMD tra i 3 e i 6 mesi postoperatori ed una stabilizzazione nei successivi 6 mesi. Si differenzia nettamente da questo andamento tendenziale la regione R3 (calcar e piccolo trocantere) nella quale, invece, avevamo riscontrato un costante decremento percentuale che portava la media di BMD a -25% del valore densitometrico iniziale dopo 12 mesi dall intervento. Nelle Figure da 4 a 9 abbiamo riportato in grafico l andamento delle differenze percentuali confrontandole tra le diverse regioni per evidenziare ancora meglio il differente andamento del gruppo in trattamento con Difosfonal rispetto al gruppo di controllo. CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONI Il rimodellamento del femore periprotesico è inevitabile quando si utilizzano steli protesici non cementati. La tipologia, la localizzazione e l entità del rimodellamento dipendono da svariati fattori legati alla protesi ed all individuo. Mentre i fattori legati alla protesi (il design, il materiale, il tipo di fissazione, l utilizzo di rivestimenti bioattivi ) sono stati ampiamente studiati e corretti allorquando creavano importanti problemi di riassorbimento osseo, i fattori biologici individuali non sono ancora ben chiari. Di certo possiamo affermare che laddove si assista ad una diminuzione locale della massa ossea, e quindi della densità, devono entrare in gioco, inevitabilmente, le cellule deputate al riassorbimento, ovverosia gli osteoclasti. Non è ancora sufficientemente chiarito attraverso quale meccanismo biochimico gli osteoclasti, e gli osteoblasti, vengano attivati nel rimodellamento periprotesico: si pensa 7 8 che gli stimoli meccanici dovuti all impianto protesico vengano tradotti in stimoli elettrici e chimici (chemiochine?) dagli osteociti i quali trasmettono alla periferia tali stimoli attivando rispettivamente gli osteoblasti o gli osteoclasti a seconda delle necessità e delle caratteristiche meccaniche dell impianto. Gli studi densitometrici pubblicati finora hanno posto Fig. 4. Fig
6 Il Disodio Clodronato riduce il riassorbimento periprotesico in impianti non cementati nelle fasi precoci: studio prospettico con controllo Fig. 6. Fig. 7. Fig. 8. Fig. 9. tutti in evidenza come si verifichi un riassorbimento osseo della regione metafisaria femorale, con percentuali anche molto elevate: Kilgus et al. 9 riportano una diminuzione di BMD femorale prossimale anche di oltre il 45% in impianti estremamente rigidi come gli steli AML, attraverso, però, uno studio retrospettivo con controllo controlaterale effettuato tramite phantoms creati dal software del densitometro. Kiratly et al evidenziano lo stesso problema studiando solamente 4 piccole aree periprotesiche metafisarie prossimali. Anche altri Autori hanno evidenziato il riassorbimento periprotesico prossimale anche attorno a steli protesici di differenti design e costruzione, seppur con differenze importanti tra protesi con rivestimenti bioattivi e protesi senza tali rivestimenti 14. Nella nostra esperienza, effettuata studiando protesi a design anatomico in lega di titanio con rivestimento prossimale in idrossiapatite 16-21, abbiamo notato una diminuzione di BMD nei primi 6-12 mesi dall impianto, con variazioni di circa il 10% della BMD globale. Abbiamo, inoltre, rilevato come le variazioni di BMD riscontrate a 6 mesi si correlano in maniera statisticamente significativa con quelle riscontrate a 5 anni dall intervento chirurgico. Analizzando le diverse sub-regioni (R1-R5) abbiamo rilevato come nella regione R3 (regione metafisaria mediale calcar e piccolo trocantere) la diminuzione di BMD raggiunge valori di -25% a 12 mesi con un calo costante durante tutto il periodo fino ad arrivare a - 40,15% in media a 5 anni. Tale aspetto, che radiograficamente si traduce in un arrotondamento del calcar o in una sua diminuzione di spessore, è dovuto a fenomeni di loadtransfer ed è legato anche alla elevata densità iniziale del calcar secondaria alla degenerazione artrosica preesistente. Tale situazione, comunque, preoccupa il chirurgo ortopedico in quanto viene ritenuta responsabile di successive mobilizzazioni della protesi, di micromovimenti della protesi con conseguente reazione endostale e periostale distale e/o di fenomeni di rottura a fatica della protesi o del femore periprotesico. Analizzando i risultati del lavoro sul gruppo di pazienti 84
7 L. Massari et al. trattato con Disodio Clodronato possiamo notare come vi sia una iniziale diminuzione del BMD, sia totale che in tutte le sub-regioni, nei primi 3 mesi dall impianto, con punte di -10,71% nella regione R3. A questo segue una decisa inversione di tendenza tra i 3 e i 6 mesi con una diminuzione percentuale di BMD, rispetto al valore iniziale al tempo T0, di -1,74% globalmente, e addirittura un aumento medio della BMD della regione metafisaria laterale (R1) di +4,05% rispetto al valore a T0. Riguardo alla regione R3 si nota come il decremento di BMD si sia, praticamente, stabilizzato rispetto ai valori a 3 mesi (T1) (Tab. II). Nei successivi 6 mesi abbiamo riscontrato una diminuzione della BMD totale e delle sub-regioni, tranne che per R3, laddove vi è stato addirittura un incremento medio valutabile attorno al 2% circa rispetto ai valori a 6 mesi. Confrontando i dati percentuali tra il gruppo trattato con Difosfonal e il gruppo di controllo si notano diverse cose: 1) a 3 mesi dall intervento chirurgico le differenze tra i due gruppi non sono eclatanti né statisticamente significative, tranne che per la regione R3 (-10,71% gruppo Difosfonal, -17,42% gruppo controllo); 2) il confronto a 6 mesi pone in evidenza una significativa differenza tra i due gruppi, sia per la BMD totale che per quelle delle sub-regioni; 3) a 12 mesi le differenze tra i due gruppi si riducono anche se permane, comunque, una differenza in positivo per quanto riguarda il gruppo trattato con Difosfonal ; tale differenza è evidente sia nel femore periprotesico considerato globalmente sia nelle varie sub-regioni; 4) a 12 mesi persiste una notevole, e statisticamente significativa (p < 0,001), differenza tra i dati dei due gruppi relativamente alla regione R3, regione nella quale si nota, nel gruppo trattato, una diminuzione di BMD statisticamente inferiore rispetto al gruppo di controllo (-9,82% vs. -25,00%). In conclusione possiamo affermare che la somministrazione di Difosfonal, secondo lo schema posologico riportato, influenza l andamento della BMD periprotesica in impianti non cementati in lega di titanio con rivestimento prossimale in idrossiapatite. Tale influenza è più evidente nel periodo da 3 a 6 mesi postoperatori. Nel periodo 0-3 mesi non si notano differenze statisticamente significative tra i due gruppi (tranne che per la regione R3): questo primo periodo postoperatorio è caratterizzato dalla risposta dell osso periprotesico alla necrosi dell endostio e della spongiosa dovuta all intervento ed all utilizzo delle frese per preparare l alloggio della protesi definitiva. Tali manovre chirurgiche comportano un inevitabile danno cellulare al quale l organismo risponde, nei primi 3 mesi, con una attività di riparazione e di sostituzione delle cellule necrotiche; pertanto l attività del Disodio Clodronato è meno efficace in quanto si trova ad agire su un substrato cellulare nel quale prevalgono i macrofagi (pulizia) da un lato e gli osteoblasti (riparazione) dall altro. Invece nella regione metafisaria mediale, costituita dal calcar e piccolo trocantere, laddove l influenza dei meccanismi biomeccanici caratterizzati dal load-transfer, e pertanto l attivazione degli osteoclasti ai fini del riassorbimento osseo, è sensibilmente maggiore fin dall inizio abbiamo notato una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi, a testimonianza della attività anti-riassorbimento del Disodio Clodronato. Dopo i primi 3 mesi necessari alla riparazione del danno chirurgico entrano in gioco i fenomeni di rimodellamento periprotesico caratterizzati da variazioni di densità ossea legati ad una risposta osteoblastica e/o osteoclastica legata a fenomeni di tipo biomeccanico (stress-shielding e load-transfer); la comparazione tra i due gruppi del nostro studio pone in evidenza come in questo periodo nel gruppo trattato con Disodio Clodronato vi sia un recupero di densità ossea rispetto al gruppo di controllo, o meglio nel gruppo trattato la diminuzione di densità ossea sia sensibilmente inferiore rispetto al gruppo di controllo: tali differenze sono evidenti in tutte le subregioni analizzate ma risaltano soprattutto nelle regioni metafisarie laterali (R1 e R2) regioni con maggiore presenza di osso spongioso a contatto con l idrossiapatite. Nella regione R3 le differenze tra i due gruppi permangono statisticamente significative e numericamente ancora più evidenti: si tratta in effetti della regione nella quale maggiore dovrebbe essere l attività osteoclastica ai fini del riassorbimento osseo periprotesico. A 12 mesi dall intervento le differenze percentuali tra i due gruppi diminuiscono, segnale di un assestamento biomeccanico ed anche biologico. Tali differenze sono meno significative nelle regioni diafisarie (R4 e R5), regioni nelle quali meno si dovrebbero risentire i fenomeni biomeccanici in questo tipo di protesi. Nelle regioni metafisarie laterali le differenze tra i due gruppi si riducono, mentre ancora più evidente, e significativa, è la differenza tra i due gruppi per quanto riguarda la BMD della regione R3, regione nella quale, nel gruppo di controllo, si ha una costante diminuzione della BMD con percentuali medie di -25% 85
8 Il Disodio Clodronato riduce il riassorbimento periprotesico in impianti non cementati nelle fasi precoci: studio prospettico con controllo mentre nel gruppo trattato si ha addirittura un miglioramento della BMD con percentuali che passano da - 11,60% a 6 mesi a -9,82% a 12 mesi. In questa regione il riassorbimento osseo è continuo e costante ed ha portato, nel gruppo di controllo, a variazioni di oltre -40% a 5 anni dall intervento, pertanto il ruolo protettivo e preventivo di questo riassorbimento precoce da parte del Difosfonal è evidente e significativo. Considerato che il rimodellamento periprotesico precoce, ovverosia quello che avviene nei primi 6-12 mesi dall intervento, è poi responsabile dell andamento anche nei successivi 5 anni, possiamo concludere affermando che il Difosfonal riduce il riassorbimento periprotesico precoce in impianti in lega di titanio e che tale riduzione è molto evidente per la regione metafisaria mediale, regione che comprende il calcar ed il piccolo trocantere. Considerato, inoltre, che la riduzione di densità ossea nella regione metafisaria mediale è una fonte di notevole preoccupazione per il clinico ortopedico riguardo la durata della protesi, i risultati di questo studio confortano relativamente all utilità del Difosfonal nel ridurre le fasi precoci di questo riassorbimento, ben sapendo che il follow-up di questo studio è ancora troppo breve per potere trarre delle conclusioni definitive su una eventuale maggiore sopravvivenza della protesi. BIBLIOGRAFIA 1 Engh CE, Massin P, Suthers E. 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