IL RUOLO DI FEDERUTILITY NELLA DEFINIZIONE DELLE NORMATIVE SUI MATERIALI
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1 INFLUENZA DEI SISTEMI DI DISTRIBUZIONE SULLA QUALITA DELL ACQUA POTABILE Centro Convegni AMGA - Genova, 18 novembre 2005 IL RUOLO DI FEDERUTILITY NELLA DEFINIZIONE DELLE NORMATIVE SUI MATERIALI Renato Drusiani Federutility Roma 1. Introduzione Non esiste niente di più impattante per una impresa che fa largo impiego di infrastrutture o dispositivi di varia natura per lo svolgimento della sua mission, di una normativa che impone mutamenti radicali sugli strumenti di lavoro dei quali si avvale, anzi, sugli stessi materiali con i quali questi strumenti sono realizzati. Se ci si pensa bene è quanto avviene anche per le imprese che operano nel servizio idrico anche se questi problemi, forse perché considerati troppo tecnologici, non li ritroviamo mai al centro del dibattito che in questi ultimi anni ruota attorno a governance, affidamento del servizio, tariffe, ecc. Ricordando tuttavia alcune rivoluzioni tecnologiche del passato possiamo ben dire che il volto delle aziende e le loro modalità di operare sul territorio è stato più influenzato dai mutamenti dell hardware che non dal cambio degli assetti istituzionali intervenuti sulle imprese. Il passaggio dal gas di città al gas naturale è un esempio fra i più noti. Restando comunque al campo dei materiali, la introduzione generalizzata della materia plastica nelle tubazioni sappiamo bene quanto ha inciso sulla organizzazione dei cantieri ed in generale del modo di lavorare delle imprese, oppure quale serie di problemi che ancora ci stiamo trascinando, ha accompagnato la fuoriuscita dall amianto (e quindi anche dai manufatti di cemento amianto) delle imprese operanti nei servizi idrici. Si tratta molto spesso di rivoluzioni silenziose, ma non per questo meno importanti di altre soprattutto per quanto riguarda le ricadute economiche e tecnologiche sulle aziende interessate.
2 2. Pregi e limiti dell attuale approccio normativo sul servizio idrico: aspetti generali Fra i principi fondanti della U.E. vi è quello di pervenire ad un quadro comune e condiviso per quello che riguarda una serie di regole che ineriscono l economia, la finanza, il commercio, l ambiente, la salute, ecc.. Le finalità sono diverse; dall avere uno spazio comune europeo all interno del quale beni, merci e professioni possano liberamente circolare, alla tutela della salute e della qualità della vita in tutta l area UE evitando al tempo stesso che questo possa incoraggiare veri e propri dumping ambientalisanitari che potrebbero essere causa essi stessi di deformazione dei principi della concorrenza. A lato pratico tuttavia questo approccio, che di per sé dovrebbe rappresentare un forte stimolo alla armonizzazione normativa in tutti i settori, trova forti ostacoli o comunque si presta a numerose contraddizioni. La annunciata direttiva sui servizi, la contestata Bolkestein, con l introduzione del principio del rispetto, comunque, della normativa del paese di origine, costituisce di fatto la rinuncia all obiettivo di una progressiva e generalizzata armonizzazione normativa, aprendo quindi le porte ad una sostanziale deregulation per numerose attività. Al contrario una intensa e penetrante regolamentazione inerente il rapporto fra chimica ed ambiente, argomento al centro di attenzione della Commissione UE (progetto R.E.A.C.H.), regolamentazione per certi versi opportuna in relazione alle ricadute che possono esservi sull ambiente, può tuttavia diventare un boomerang per l intera economia europea (e quindi anche sulla idea di benessere che gli associamo) se poi non si è in grado di imporre a paesi terzi che esportano nell area UE gli stessi standard di qualità di produzione che abbiamo scelto per il nostro continente. In questa situazione caratterizzata da evidenti contraddizioni nella quale si muovono le istituzioni europee, e che oscillano da forme di dirigismo eurocratico alla più completa deregulation in alcuni campi, si inserisce il legislatore nazionale. Facendo riferimento alle normative che contraddistinguono il settore idrico si può facilmente verificare che il sistema nazionale dei servizi idrici non si trova nelle migliori condizioni possibili rispetto agli altri operatori europei. Un semplice esame della situazione delle norme UE accolte nel sistema normativo nazionale che più di altre impattano con la gestione dei servizi idrici, mostra che, almeno nel passato il ritardo medio di recepimento era dell ordine di 7-8 anni, quando invece il tempo di adozione delle stesse norme non avrebbe dovuto superare i due anni. Del resto anche la direttiva 271/91 è stata di fatto recepita nel nostro ordinamento solo nella prima metà del 99, giusto dopo otto anni, ponendo di fatto l Italia nel fanalino di coda rispetto alle altre
3 nazioni aderenti alla UE [1]. Unica ed isolata eccezione, al momento, è rappresentata dal recepimento della direttiva 98/83/CE relativa alle acque potabili, avvenuto sostanzialmente nei termini previsti (DM 2 febbraio 2001, num.31). Riguardo al mancato o tardivo recepimento delle direttive europee nel nostro ordinamento occorre ricordare che esso provoca negativi effetti che vanno al di là di quella che può essere l immediata ripercussione sugli utilizzatori finali o sull ambiente; esso coinvolge veri e propri problemi di politica industriale. E evidente infatti che in tale situazione si pone oggettivamente il sistema delle imprese nazionali in condizioni di inferiorità rispetto agli altri operatori europei, che, prima di noi sono stati indotti ad affinare le tecnologie, depositare brevetti, ecc. per adeguare l impiantistica ed il servizio all'utenza, ai nuovi standard. Questo, d altra parte, non è il risultato di semplici congetture, ma corrisponde ad una serie di riscontri effettuati dai quali purtroppo emerge anche in questo caso una collocazione di coda del nostro Paese rispetto, soprattutto, ad altri Paesi di più consolidata tradizione industriale [2]. Analoghe considerazioni possono essere svolte riguardo alle personalizzazioni che caratterizzano certi schemi di recepimento. Il fatto di avere parametri diversi, in termini qualitativi e quantitativi, rispetto ad rispetto alle direttive di recepimento, oltre a rendere più problematica l attuazione delle stesse nel nostro Paese, non aiuta certo il nostro sistema manifatturiero a mettere a punto dispositivi e processi utilizzabili, al di fuori dell unicum nazionale, anche in altri mercati. 3. I materiali e le norme Occorre innanzitutto precisare che il tema delle normative sui materiali si inserisce nel più generale discorso relativo ai materiali di costruzione di cui si intende regolamentare la utilizzazione all interno dello spazio europeo. Se si considera a questo punto la dimensione del mercato delle costruzioni [ 3 ] che interessa il 10 % del PIL della Unione con circa 12 milioni di addetti, ci si rende perfettamente conto delle oggettive difficoltà, ma anche dei numerosi, legittimi interessi, che vengono necessariamente coinvolti. Si ricorda che già la Direttiva 98/83/CE sulle acque potabili all art.10, nell ambito di un complessivo riavvicinamento delle rispettive disposizioni normative/regolamentari, invitava gli Stati membri ad adottare adeguate misure affinché sostanze o materiali in qualche modo interagenti con la produzione o il trasporto di acqua potabile non avessero ad alterare la qualità della stessa. 1 Report of Commission "Implemention of Council Directive 91/271/EEC of 21 may 1991 concerning urban waste water treatment, as amended by Commission Directive 98/15/EC of february 1998", Brussels, 15 january R.Drusiani Aggiornamento normativo e competitività sul mercato delle imprese di gestione dei servizi idrici H2Obiettivo 2000, Bologna 31 maggio-1 giugno Atti del Construction Industry Meeting 2003 Construction Unit DG Enterprise, Brussels 22 January 2003
4 Tenuto conto allora del quadro definito dalla direttiva 89/106/CE relativa al " ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione" la Commissione europea nel giugno 2001 ha provveduto a conferire al CEN, l'ente normatore europeo, il mandato M/136 per procedere ad una armonizzazione delle legislazioni e delle disposizioni nazionali in materia, in grado di tenere conto congiuntamente della normativa sulle acque potabili e di quella sui prodotti da costruzione. Al riguardo è stato istituito un gruppo di rappresentanti governativi degli stati membri, impegnati a redigere uno schema di accettazione unico europeo (European Acceptance Scheme - EAS) per tutti i prodotti a contatto con acqua potabile. Questo gruppo che si avvale del contributo di diversi gruppi di lavoro (WG) collegati al comitato tecnico europeo CEN/TC 164 "Adduzione acqua", ha già iniziato ad operare (l ultima riunione si è tenuta a maggio a Reggio Emilia). Con questa premessa possiamo ora esaminare il decreto 6 aprile 2004, n. 174 dal titolo Regolamento concernente i materiali e gli oggetti che possono essere utilizzati negli impianti fissi di captazione, trattamento e distribuzione delle acque destinate al consumo umano. Questo regolamento si applica ai materiali degli impianti nuovi e a quelli utilizzati per sostituzioni nelle riparazioni, a partire da dodici mesi dalla data di pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 166 del 17/07/2004). I materiali e oggetti considerati nel regolamento, così come i loro prodotti di assemblaggio (gomiti, valvole di intercettazione, guarnizioni, ecc.) devono essere compatibili con le caratteristiche delle acque destinate al consumo umano, quali definite nell allegato I del D.Lgs 31/01 e non devono, nel tempo, conferire carattere nocivo per la salute all acqua con essi posta a contatto, né alterarne sfavorevolmente le caratteristiche organolettiche, fisiche, chimiche e microbiologiche. Il decreto individua le possibili tipologie di materiali che possono essere utilizzati a contatto con le acque destinate al consumo umano, nonché le procedure per poterne consentire la immissione in commercio ed in generale all uso. I materiali ammessi a contatto con l acqua sono infatti stati classificati in tre categorie ognuna delle quali è specificatamente trattata in un allegato del decreto n.174/2004: 1. metalli, leghe e rivestimenti metallici (Allegato I) 2. materiali a base di leganti idraulici, smalti, ceramiche e vetri (Allegato II) 3. materie plastiche, gomme naturali e sintetiche (Allegato III).
5 Ogni categoria di materiali comprende una lista positiva di sostanze ammesse, ovvero le uniche che possono essere utilizzate; si ricorda infatti che nel nostro Paese, ed in generale nella UE, si segue un approccio di questo tipo a differenza invece di quanto avviene in altre realtà nazionali [ 4 ]. Tenuto conto della grande varietà di prodotti disponibili, ogni categoria di materiali è normalmente suddivisa in sottocategorie; la durata prevista delle diverse liste è in ogni caso stabilita in cinque anni dalla pubblicazione del decreto. Ad esempio, la prima famiglia, quella dei materiali metallici, comprende diverse categorie rappresentate da : acciai (di vario tipo), ghise, rame e sue leghe, alluminio, titanio e sue leghe. Per ogni materiale della lista vengono indicati i limiti o i range di variazione degli elementi principali caratteristici del materiale considerato ed il contenuto massimo di impurezze che sono valutate globalmente e/o per singolo elemento. Le più ricorrenti impurezze richiamate per i materiali metallici di cui all Allegato I sono: Arsenico, Piombo, Cadmio, Antimonio, con concentrazioni che singolarmente considerate, possono andare a seconda dei casi, dal 0,01 % al 0,05 %. Tralasciando alcune inesattezze tecniche contenute nel decreto [ 5 ], si può affermare che le critiche mosse a tale decreto si incentrano soprattutto su due problemi. Vi è innanzitutto il problema della accertata impossibilità del sistema produttivo di mettere a disposizione a breve componenti e dispositivi aventi concentrazione assai ridotta di impurezze. Ciò in quanto presuppongono una elevata qualità delle materie prime utilizzate ma anche dello stesso processo di produzione, condizione questa oggettivamente non attuabile a breve. L altro aspetto critico del regolamento, strettamente collegato con il precedente è rappresentato dal periodo transitorio per l utilizzo del materiale stoccato che è previsto in soli dodici mesi. Tale durata è ingiustificatamente breve se paragonato con i tre anni a suo tempo previsti (DPR 24 maggio 1988, n.215) per i prodotti contenenti amianto (crociodolite) di assai superiore pericolosità. Questo limitatissimo periodo non solo avrebbe comportato forti perdite economiche, ma di fatto non era oggettivamente possibile rispettarlo in relazione al fatto che per il settore produttivo dianzi ricordato, sarebbe stato del tutto impossibile fare fronte alla domanda di manufatti rispondenti alle nuove disposizioni introdotte dal decreto. 4 A.A.V.V. Materials used in drinking water distribution systems: contribution to taste and odor Water Science and Technology Vol 49 No 9, IWA Publ Ad esempio si rilevano inesattezze nella identificazione degli elementi chimici rappresentativi di impurezze metalliche (punto dell Allegato I) o nelle date relative ai limiti di impiego di alcuni additivi nella fabbricazione di materie plastiche (punto 1.B dell Allegato IIIa).
6 Per questo motivo era inevitabile, come poi è avvenuto, uno slittamento dei tempi sulla possibilità di utilizzare materiali e dispositivi che fanno riferimento alle precedenti disposizioni [ 6 ]. Va altresì ricordato che il nuovo regolamento riassorbe quelle che sono le indicazioni contenute nella circolare del Ministero della Salute 2 dicembre 1978, n. 102 sulla Disciplina igienica concernente le materie plastiche e gomme per tubazioni ed accessori destinati a venire in contatto con acqua potabile e da potabilizzare e quelle del decreto ministeriale 21 marzo 1973 sulla Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d uso personale. Per questo motivo i problemi di deroga temporanea all utilizzo dei materiali attualmente disponibili riguardano solo una parte di quelli compresi nel regolamento stesso; il problema si pone soprattutto per i materiali metallici e relative leghe. 4. Quale garanzia sulla qualità dei materiali Due sono gli obiettivi che si intende perseguire con le normative riguardanti i materiali (le esistenti e quelle future). Da un lato vi è il raggiungimento di un adeguato livello di protezione sul piano sanitario per tutti cittadini dell Unione e dall altro vi è quello della rimozione delle barriere tecniche alla circolazione di prodotti da costruzione destinati a venire a contatto con l acqua potabile. Detti materiali, una volta considerati conformi a requisiti essenziali, dovranno infatti essere dotati di apposita marcatura CE che ne assicuri così un tranquillo ed al tempo stesso diffuso impiego in tutti i paesi della Unione. Tutto naturalmente funziona se tutti poi rispettano le regole e su questo si pongono due problemi. Da un lato i controlli che, come abbiamo visto per settori ben più sensibili per la salute umana come quello della carne bovina [ 7 ], non sempre sono attuati con la necessaria intensità ed estensione. E dall altro il rischio di immissione sui nostri mercati di prodotti a basso costo ma anche di bassa qualità prodotti in Paesi ove il costo del lavoro e di altri fattori della produzione è assai più contenuto rispetto a quanto applicato in area UE. I problemi indicati sono ovviamente collegati in quanto la pratica esperienza di quanto si verifica in altri settori tecnologici ha oramai insegnato che certificazioni di origine ed altri documenti di accompagnamento certamente impeccabili sotto il profilo formale non sempre trovano corrispondenza nella realtà. 6 Si tratta di proroga di due anni (nuova scadenza giugno 2007) prevista dalla legge 17 agosto 2005,n.168 (GU n.194 del ) 7 Ci si riferisce alla diffusione del prione della BSE manifestatosi in allevamenti bovini soprattutto inglesi (il cosìdetto morbo della mucca pazza) nei primi anni del 2000
7 Anche per questi motivi è opportuna una più intensa attività da parte dei laboratori nazionali accreditati mentre vanno stimolate (anche sul piano contrattuale-commerciale) forme di certificazioni volontarie aggiuntive, comunque riscontrabili dai sistemi di controllo nazionali o quanto meno dello spazio UE. 5. Conclusioni Da questa rapida sintesi abbiamo potuto vedere che il problema della qualità dei materiali nella industria idrica si inserisce in quello che rappresenta il più vasto problema del rispetto delle regole tecniche, igieniche ma anche commerciali tipiche di altre attività ed altri settori sviluppati all interno della UE. Il ruolo della associazione di categoria (Federutility) che raggruppa una larga fetta di utilizzatori di questi materiali è molteplice. Al tempo stesso si avverte tuttavia l esigenza che su questo tema così delicato ma anche trasversale si possa contare sull apporto culturale ed ideativo delle diverse componenti che ne risultano coinvolte. Si tratta oltre che dei gestori, della Sanità e dei consumatori, della Scienza, della Produzione, ma anche dello stesso Diritto commerciale; tutte parti diverse che dovrebbero tuttavia essere coinvolte nella definizione di regole oggettive e nel controllo del rispetto delle stesse. Tenendo in ogni caso presente che quello che deve in ogni caso dominare non è un mero atteggiamento di tipo protezionistico, che come tale non potrebbe a lungo reggere, ma soprattutto di una protezione dei consumatori/clienti, senz altra possibilità di scelta del servizio idrico a cui sono collegati. Naturalmente non esiste solo un problema esterno in quanto ad ambiti di influenza ed effetto, ma anche interno diretto nei confronti degli utilizzatori di detti materiali. Vanno allora inserite in questa azione una serie di iniziative, dalla convegnistica sino alla promozione di pubblicazioni tecniche di livello come recentemente Federutility ha fatto per quanto riguarda tutti gli aspetti tecnici inerenti le tubazioni in polietilene [ 8 ] inviando copia del testo ai suoi associati. Roma, 10 novembre A.Pavan, R.Frassine Tubazioni in polietilene per il trasporto di acqua editore Springer, Milano 2005
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