1. L A.T. È UNA STORIA CHE PRE PARA L AVVENTO DI CRISTO.

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1 La composizione dei libri dell Antico Testamento inizia dal sec. X /IX al I sec. a.c. Osservando questo lungo periodo di tempo e di storia, si comprende l interessante varietà dei libri d ell A. T., che ci conducono dalle origini del mondo e dell umanità alla costituzione del popolo eletto, alle sue alterne vicende di fedeltà e di infedeltà, di passeggera grandezza, sotto l aspetto politico e di abituale sforzo per sopravvivere tra le press ioni di popoli assai più potenti di lui, al suo crollo e alla sua restaurazione: tutto ciò sotto la spinta di una grande speranza e alla luce di una saggezza divina, enunciata non solo nei libri propriamente sapienziali, ma anche in quelli di contenuto storico o profetico. Tanti i libri dell Antico Testamento quanto quelli del Nuovo Testamento narrano la vicenda divina, prima che terrena e umana, in quanto è fissata e voluta dal disegno eterno di Dio. Scendendo da queste altezze e limitando la considerazione all orizzonte storico o preistorico dei libri dell A. T., non sarà difficile convincersi che esso si spinge ben al di là del millennio in cui quei libri sono stati scritti, al di là pure delle Tradizioni che vi sono raccolte, al di là delle discutibili indicazioni cronologiche che essi ci offrono. L Antico Testamento è la premessa che rende comprensibile ed accettabile il Nuovo; ma d altra parte, quello non si comprende, se non alla luce di questo. In perfetta continuità con l insegnamento del N. T. e dei Padri, la Costituzione sulla Divina Rivelazione (Dei Verbum) al c. IV nn.15 e 16, esprime con mirabile chiarezza l interdipendenza dei due Testamenti. 1. L A.T. È UNA STORIA CHE PRE PARA L AVVENTO DI CRISTO. Come storia di un popolo del vicino Oriente, ess o può essere studiato e compreso anche sotto un aspetto puramente umano, con l ausilio dell archeologia e delle fonti extrabibliche. E giusto precisare che il Cristianesimo ha come principio fondamentale l inserimento di Cristo nella storia umana; perciò esso non è una pura ideologia che possa prescindere dalla storia. Per questo il Vangelo di Matteo incomincia con la genealogia umana di Gesù. Inoltre l A.T. è anche la storia degli interventi di Dio, che entra nelle vicende umane a realizzarvi il suo piano di salvezza. Questo concetto, già chiarissimo da un capo all altro dell A. T., rende comprensibile ed accettabile il Mistero dell Incarnazione. 2. L A.T. È UN DOTTRINA RELIGIOSA che prepara il Cristianesimo. Sappiamo che non si tratta di una dottrina espress a una volta per sempre in una formulazione perfetta e definitiva; tutto il complesso dottrinale nell A.T. appare come una didattica progressiva, che conduce un popolo dalle idee più elementari fino all acquisto di quelle più elevate. Vi è una parte della dottrina che è sempre valida e che il Nuovo Testamento presuppone semplicemente, senza insistervi di nuovo. Su Dio e la sua trascendenza, sulla creazione, sull uomo immagine di Dio, sulla provvidenza che guida la storia. 1

2 Vi è una parte della dottrina dell A ntico Testamento che trova un completamento nel Nuovo, ma senza della quale il messaggio cristiano non avrebbe senso. Si pensi alla storia della caduta originale ed al concetto di redenzione. Fuori della cornice dell A T., un espressione come l Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (Gv 1,29) risulterebbe incomprensibile. Non per nulla il messaggio di Cristo risuonò non ad Atene né a Roma, ma a Gerusalemme e cioè là dove era stato preparato. Vi è da ultimo, un linguaggio religioso, una formulazione della dottrina in termini divenuti teologici: spirito, grazia, fede peccato, che nel N.T. appare come l ultima fase di sviluppo di un processo le c ui fasi sono registrate nell A.T. La Rivelazione non può servirsi di vocaboli diversi da quelli in uso nell ambiente a cui si rivolge, altrimenti non sarebbe compresa. All inizio della Rivelazione essa doveva esprimersi nei termini più adatti per farsi comprendere e ogni Rivelazione successiva trovava così vocaboli su cui già si era esercitata la riflessione reli giosa e li poteva usare come qualcosa già conosciuto, per formulare nuove rivelazioni. Gli autori del N. T. si trovarono dunque in possesso di un vocabolario religioso più ricco e più evoluto, a cui diedero l ultimo e definitivo contributo di arricchimento. 3. L A.T. È UNA PEDAGOGIA RELIGIOSA Afferma S. Paolo in Gal 3,24:«La Legge fu il nostro pedagogo fino a Cristo». Comunque s intenda pedagogo, risulta chiaro dalle parole di S. Paolo non solo che l A.T. doveva condurre a Cristo, ma anche il diverso trattam ento richiesto dall immaturità e dall infanzia religiosa degli uomini che venivano in tal modo guidati. Occorre notare tre aspetti: Pedagogia nel proporre le verità religiose. E un aspetto distinto dalla questione del linguaggio religioso. Qui si tratta del contenuto oggettivo della Rivelazione, che dovette essere graduato secondo la capacità ricettiva del popolo eletto. Pedagogia nel condurre fino all ideale, attraverso fasi meno perfette, dosando, per così dire, le esigenze divine secondo la possibilità di essere comprese. Vi è tuttavia anche un aspetto positivo: le virtù cristiane sono il superamento, non l eliminazione di quelle della Rivelazione più antica. Così l amore per il Padre celeste non ha il suo vero senso se non si appoggia sullo sgomento israelitico di fronte alla trascendenza divina: bisognava prima che il popolo fosse educato al rispetto per la maestà divina, perché il concetto dell amore di Dio apparisse nelle sue giuste proporzioni. Pedagogia nel far passare attraverso certe esperienze, che preparano ed illuminano il dono definitivo. S. Paolo non teme di ripetere che la Legge è venuta per mettere in chiaro l impossibilità morale di osservarla (Rm 5,20; 7,8; Gal 3,19) e far così sentire la necessità della grazia. Non si educa solo con le parole e gli esempi, ma anche con le situazioni in cui l educando viene a trovarsi. Oltre l esperienza della vocazione e dell infedeltà, del castigo e dell espiazione, occorre citare l esperienza del fallimento dell ideale tradizionale della vita religiosa in Giobbe e nell Ecclesiaste, esperienza dolorosa che incide sulla percezione del valore della vita e reclama, perciò, una luce maggiore. Solo dopo questa esperienza è comprensibile il discorso 2

3 della Montagna. L A.T. e il Nuovo stanno dunque fra di loro nel rapporto di una educazione e del suo termine. 4.L ANTICO TESTAM ENTO È UNA FIGURA (TIPO) DEL N UOVO. E l insegnamento di Matteo, che vede nei fatti passati l immagine degli avvenimenti della vita del Cristo (profezie di compimento). E l insegnamento di Giovanni, che nei fatti antichi mostra la figura dei misteri cristiani; è soprattutto l insegnamento di Paolo, che la tradizione della Chiesa non ha mai cessato di usare e sviluppare. I QUATTRO DOCUMENTI : (TRADIZIONI) 1. DOCUM ENTO JAHVISTA(J) : Sintesi dalle narrazioni unitarie ben distinte, caratterizzate sia dalla forma letteraria che dal contenuto. Una personalità forte e geniale ha saputo convogliarvi antiche tradizioni dalle singole tribù e dei singoli santuari in base ad una salda dottrina religiosa e nazionale. Benché prenda il nome dall uso divino Jahvè, ciò che caratterizza il documento jahvista è soprattutto il modo in cui l antico materiale di tradizioni e cicli tradizionali è stato forgiato e indirizzato ad un unico grande obiettivo. Nelle narrazioni domina la chiarezza e la semplicità, che, con estrema scarsità di mezzi, hanno saputo raggiungere effetti mirabili e profondi, l amore per le espressioni concrete e una delicata conoscenza del cuore umano. Questo documento ha conservato l originale, viva e vigorosa maniera del racconto popolare, le sue immagini ed espressioni primitive, anche dove il materiale di antichissime tradizioni era stato trasformato dalla fede d Israele. L effetto è quello di un convincente realismo. Con estrema oggettività presenta l uomo, gli enigmi e i conflitti delle sue azioni, gli errori e le confusioni celati nel suo cuore. Se appaiono subito, nella storia primitiva i grandi interrogativi dell umanità (creazione e natura, peccato e dolore ecc.), si scorgono chiaramente anche le vie di Dio agli albori della storia d Israele. L elezione è la chiave per comprendere l azione speciale di Dio verso la comunità anticotestamentaria. (Gen 6,8; 8, 21ss; 18,23-33; Es 32,9-14; 33, 12 ss.;34, 1-28: (Catalogo rituale). La teologia di J si trova sulla linea di E. ed è contrassegnata da espressioni ed immagini concrete, ardite e, insieme familiari ed equilibrate con numerosi antropomorfismi. 2. DOCUM ENTO ELOHISTA (E): Il nome deriva dall uso di Elohim, per designare Dio, prima della rivelazione mosaica di Es 3,2 e anche in seguito. Ciò non per timore di profanazione, come avverrà dopo l esilio, ma per una abitudine nordista. Il documento elohista non ha la vivacità drammatica e pittoresca, la profondità psicologica, né la carica di nazionalismo a sfondo religioso di J. Secondo questo documento, che conosce le promesse della terra di Canaan 3

4 fatte da Dio ai Patriarchi, la vera grandezza di Israele sta nel fatto che Dio lo ha scelto quale sua proprietà, per servire a Lui, il vero Dio; con un compito eminentemente religioso, quasi sacerdotale (Es 19,5; Nm 23,9.21). Ed è il solo ad accennare al fatto che gli antenati venerarono dei stranieri (Gs 24); e la sua presa di posizione contro il paganesimo è più forte di quella di J. Si ritiene comunemente che E. inizi con Gen 15:Alleanza di Dio con Abramo, il cui esempio dimostra che Dio vuole fede e obbedienza e non gradisce sacrifici umani (Gn 22). Rivelazione e Legge, hanno per E., carattere primariamente morale, solo secondariamente cultuale: il decalogo (Es 20, 1-17) e il libro dell Alleanza riguardano i doveri verso Dio e verso il prossimo, l adempimento dei quali è condizione per l unione con Dio. 3. DOCUM ENTO DEUTERONOM ISTA (D): E rappresentato in modo compatto dal Deuteronomio, a parte i cc , in cui si incontrano altri Documenti del Pentateuco; ma anche altri libri, in particolare Giosuè, Giudici, 1 e 2 Samuele, 1 e 2Re, hanno subito l influsso deuteronomista. Tale documento si interessa più alla salvezza religiosa che all espansione di Israele nel mondo. Il deuteronomista a differenza di J ed E contiene più Legge che Storia. I santuari venerati dai patriarchi sono riprovati e tutte le feste debbono celebrarsi in unico luogo. Questa posizione teologica è sintetizzata nel celebre testo dello Shema Ascolta Dt 6,4-9: preghiera quotidiana di ogni fedele israelita. D. ha formulato per primo, una teologia dell elezione e del popolo di Dio. Unità del santuario. Unicità di Dio. Obbligo di provvedere ai sacerdoti leviti. Tutta l opera è piena dell idea del culto rettamente praticato, in un luogo unico; viene esaltata l autorità dei sacerdoti. 4. DOCUM ENTO O CODICE SACERDOTALE (P): C è da precisare che non è l unico documento (es. D) che presenti interessi sacerdotali: culti, riti, norme connesse. Ha carattere dotto, evidente nella terminologia tecnica, nella cronologia, nello schematismo. Il documento è prosaico, erudito, schematico. A P. appartiene la pagina monumentale di Gen 1,1-2, 4a, ouverture di tutta la Bibbia. Particolarmente significativa è la concezione di Dio in P. I forti antropomorfismi dimostrano, da una parte, il superamento delle lettera, dall altra, l ancoramento ad antichissime tradizioni. In generale, però, gli antropomorfismi sono evitati, con rilievo alla trascendenza divina. D io si rivela agli uomini, né per mezzo di angeli e mai in forma umana; si rivela solo parlando: è una voce; oppure si manifesta come luce e fuoco: è la gloria (Kabod) di Jahvè che appare al popolo. Nella presentazione della storia d Israele P. sottolinea la funzione essenziale della fede. Un atto di fede è la costruzione dell arca in Noè, la circoncisione in Abramo. Il destino di Mosè, di Aronne e di tutto il popolo nel deserto è legato alla fede: la loro infedeltà è punita; solo perché Dio è fedele verso se stesso l Alleanza è eterna. P. è lontano dalle prospettive universalistiche e messianiche di J.: il suo ideale è la teocrazia israelita, che ha la sua classica espressione in Es 29, 43-46, soprattutto v

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