Turbine idrauliche 1/8. Classificazione
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- Aniello Messina
- 8 anni fa
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1 Classificazione Turbine idrauliche 1/8 Una turbina è una macchina che estrae energia da un fluido in possesso di un carico idraulico sufficientemente elevato. Tale carico (o caduta) è generato dal dislivello esistente tra la quota a cui opera la turbina e la quota a cui viene prelevato il fluido che deve lavorare nella turbina. La differenza di livello può essere molto elevata (ad esempio più di 500 m nel caso di un bacino di alta montagna che alimenti con una condotta forzata una turbina posta sul fondo della valle), come può essere piuttosto modesta (ad esempio 40 m o meno nel caso di turbine che utilizzino dislivelli creati artificialmente in un fiume mediante sbarramenti oppure nel caso limite di turbine che sfruttino, per mezzo di dighe che isolano un braccio di mare, il dislivello provocato dalle maree). Elementi essenziali di una turbina sono il distributore e la girante. Il distributore, ricavato nella parte fissa (statore), è costituito da condotti in cui l acqua, proveniente dall impianto motore a monte, assume una velocità prestabilita adatta per entrare nella girante. Qualora i condotti fissi del distributore siano costruiti in forma di uno o più ugelli in modo da generare uno o più getti di acqua che colpiscono la girante, abbiamo il distributore a getto, caratteristico della turbina Pelton (Fig.1). Se invece i condotti fissi del distributore sono generati da pale di adatto profilo (pale direttrici) abbiamo la turbina Francis (Fig.), in cui il distributore consiste in una camera a spirale (Fig..1). (fig.1) (fig.)
2 La girante (o rotore) è la parte mobile della turbina: è praticamente una ruota sulla cui periferia sono riportate delle pale che, percorse dall acqua inviata dal distributore, permettono di trasformare l energia posseduta dall acqua in energia meccanica resa disponibile all albero della girante. Le pale della girante, portate da un disco oppure collegate direttamente al mozzo dell albero, generano condotti che assumono forma diversa a seconda del tipo di turbina. In base al modo in cui viene convertito il carico idraulico disponibile, risultato della variazione di quota piezometrica z + p/( ρ g), distinguiamo due tipi di turbine: ad azione e a reazione. Nelle turbine ad azione, la variazione di quota piezometrica viene trasformata completamente in energia cinetica all interno del distributore; nelle turbine a reazione la variazione di quota piezometrica viene trasformata solo in parte in energia cinetica nel distributore, mentre la parte rimanente viene utilizzata nella girante. Nelle turbine ad azione (la Pelton è in pratica l unico tipo che si sia affermato nelle applicazioni) il getto d acqua che esce dagli ugelli del distributore e che investe solo parte (ammissione parziale (a) ) della periferia della girante, colpisce le pale, trasformando l energia cinetica in lavoro, che viene raccolto all albero. Le pale non sono riempite completamente dal liquido: il getto che scorre sulle pale è essenzialmente a pressione costante (è la pressione atmosferica dell aria che circonda il getto) e la sua velocità relativa viene solo leggermente modificata a causa degli attriti. Le turbine Pelton sono perciò chiamate a getto libero: infatti, nel tratto compreso tra uscita dal distributore e ingresso nella girante, il getto non viene guidato da un condotto e si muove in un ambiente a pressione atmosferica. Nelle turbine a reazione quando il liquido - che ha trasformato solo parte della energia totale disponibile in energia cinetica all interno del distributore - entra nella girante lungo l intera periferia (ammissione totale (b) ) è dotato oltre che di energia cinetica anche (a differenza delle turbine ad azione) di energia di pressione. L energia di pressione viene poi convertita in energia cinetica nei condotti della girante che, questa volta, sono riempiti completamente dal liquido e quindi la velocità relativa non si mantiene costante ma aumenta nel passare lungo la girante. La variazione di energia di pressione, attraverso la girante, è espressa dalla caduta di pressione che si può misurare tra ingresso e uscita dalla girante. Nelle turbine a reazione la girante viene, in genere, seguita da un condotto divergente (il diffusore) che ha lo scopo di trasformare, almeno parzialmente, l elevata energia cinetica, posseduta dal liquido all uscita dalla girante, in aumento della quota piezometrica. Analogamente a quanto abbiamo visto nelle turbopompe, distinguiamo, nel progetto delle turbine a reazione, i tipi a flusso radiale, a flusso misto e a flusso assiale (a) La turbine si dice ad ammissione parzializzala - in contrapposizione all ammissione totale quando il fluido inviato dal distributore non copre tutta la periferia della girante: é questo il caso tipico del distributore a ugelli della Pelton, che investe solo alcune zone della girante. (b) Le turbine a reazione possono solo funzionare ad ammissione totale. Nel caso di ammissione parziale, infatti, i condotti del rotore, non alimentati dal fluido, metterebbero in corto circuito la regione a monte e la regione a valle della girante, con la conseguenza di ridurre (fino ad annullarla) la differenza di pressio-ne esistente tra monte e vallo dalla girante nel funzionamento a reazione Le turbine a reazione, a differenza delle turbine ad azione, sono macchine adatte a trattare dislivelli geodetici z non elevati e portate V molto alte (Tabella XIII). Il rendimento realizzato con le prime turbine a reazione era molto basso in quanto, mancando i condotti fissi del distributore, il liquido non era guidato opportunamente verso i condotti mobili della girante. La prima turbina centripeta (il flusso entra sulla periferia della girante e viene scaricato al centro: è il contrario di una pompa centrifuga) ad alto rendimento fu costruita nel 1849 da James R. Francis e da allora tutte le macchine radiali oppure a flusso misto sono chiamate turbine Francis. Per salti molto bassi (Tabella XIII), una turbina, analogamente a quanto visto per le pompe, può essere disegnata in modo più compatto con un flusso completamente assiale, ed è chiamata turbina ad elica. L elica può essere a pale fisse (Fig. 3) oppure regolabili, e allora viene chiamata Kaplan (Fig. 4); quest ultima è più complessa come meccanica, ma ha il notevole vantaggio di poter conservare rendimenti ancora elevati, quando viene utilizzata a carichi inferiori al carico massimo per cui è stata progettata la turbina. /8
3 3/8 (fig.3) (fig.4)
4 4/8 Grandezze che caratterizzano il funzionamento di una turbina Le grandezze principali utilizzate per la definizione del funzionamento dì una turbina sono grandezze legate al fluido, come: - portata in volume V [m 3 /s]; - caduta netta o utile h u [m ] data dal salto che può effettivamente utilizzare la turbina: al dislivello geodetico z= z m z v, esistente tra i due bacini situati a monte e a valle (Fig. 11.4) e che prende il nome di caduta disponibile, va sottratta la perdita di carico Y, relativa alla condotta in cui è inserita la turbina. Altre grandezze invece, analogamente a quanto è già stato presentato per le turbopompe, sono più direttamente legate alle caratteristiche meccaniche della turbina: - potenza utile P u [W], che è la potenza che viene raccolta all albero della turbina; - velocità di rotazione dell albero della macchina n [giri/s ] oppure velocità angolare ω= π n [rad/ls ]; - rendimento totale della turbina η T : è un numero puro che tiene conto del fatto che non tutta la potenza idraulica, fornita dal liquido, viene convertita in potenza meccanica disponibile all albero della turbina; - una o più dimensioni caratteristiche [m]: solitamente viene preso come riferimento il diametro massimo della girante D [m ]; - la coppia M, data dal rapporto tra potenza e velocità angolare (M = P / ω). La potenza utile della turbina P è espressa da: Pu = ηt V ρ g hu dove η T rendimento totale della turbina, è compreso tra 0,85 e 0,94 ed è dato dal prodotto dei tre rendimenti idraulico η y, volumetrico η v e organico η o. Il rendimento idraulico ( η y = 0,88 0,96) ci dice che non tutta l energia corrispondente alla caduta utile viene trasformata in lavoro a causa delle resistenze passive incontrate dal liquido nell attraversamento della turbina e delle eventuali perdite per energia cinetica non recuperate allo scarico. Il rendimento volumetrico η v esprime la perdita legata a quella frazione di liquido che, sfuggendo attraverso i giochi, non agisce sulle pale fornendo lavoro; questo rendimento è sempre molto alto e normalmente viene considerato uguale a uno. Il rendimento organico ( η o = 0,96 0,99 ) tiene conto della potenza che viene persa per attrito e nell azionare gli ausiliari; anche il rendimento organico viene considerato uguale a uno, a meno che non si tratti di turbine di piccola potenza, nelle quali le perdite di origine meccanica possono rappresentare una frazione significativa della potenza utile generata dalla turbina. In base ai valori dei rendimenti che abbiamo appena elencato e che sono rappresentativi delle turbine idrauliche realizzate più recentemente, si può affermare che la maggior parte delle perdite in una turbina sono di origine idraulica. E quindi al rendimento idraulico che occorre rivolgere la maggiore attenzione nel progetto della turbina. Allorché venga esaminato il sistema comprendente l impianto idraulico e la turbina, occorre moltiplicare il rendimento totale della turbina η T per il rendimento della condotta η cond, che permette di risalire dalla caduta disponibile alla caduta utile. Curve caratteristiche Le turbine idrauliche sono macchine che lavorano usualmente a velocità di rotazione n costante funzione della frequenza f del generatore elettrico sincrono accoppiato alla turbina. Nel caso di frequenza f = 50 Hz, la velocità di f rotazione n è data da : n = = n [giri/s] oppure n = dove n [giri/min ] N p N p N p dove Np è il numero dei poli (Tabella 11.). Le turbine idrauliche sfruttano inoltre una caduta utile h u che viene determinata dalla configurazione dell impianto: questa caduta deve perciò essere considerata costante (c ).
5 5/ ( c ) Quando viene latta variare la portata, la caduta utile in realtà si modifica leggermente, in quanto le perdite di carico della condotta sono funzioni del quadrato della velocità e quindi del quadrato della V. Mantenendo costanti la velocità di rotazione n e la caduta utile h u, si fa variare, attraverso la regolazione della apertura del distributore, la portata V che passa nella turbina. La prima cosa che occorre conoscere è perciò l andamento della potenza utile P u e del rendimento totale della turbina η T al variare della portata V, in corrispondenza del valore di progetto della velocità di rotazione e per il valore assegnato della caduta utile: questi diagrammi prendono il nome di curve di parzializzazione in quanto la portata V viene fatta variare, assumendo tutta la sequenza di valori parziali V / V max, dal valore zero fino al valore massimo V max, che corrisponde al distributore completamente aperto (Figu. 5). Fig.5 Curve di parzializzazione di una turbina idraulica La Fig..5 mette in rilievo che, a causa della potenza persa per attrito e per azionare gli ausiliari, potenza utile e rendimento totale si annullano per un valore della portata molto basso, ma ancora diverso da zero; in queste condizioni infatti tutta a potenza che si genera all interno della macchina viene spesa per bilanciare la potenza persa. Si osserva poi che il valore massimo del rendimento si raggiunge per un valore della portata pari a circa 80% della portata massima ( V / V ma = 0,8), in modo da permettere un ampio di regolazione della turbina con rendimenti ancora elevati, anche se questo viene ottenuto a prezzo di una modesta perdita del rendimento in corrispondenza della portata massima. La potenza massima (valore di P u che corrisponde a V max ) è la potenza massima garantita dal costruttore ed è diversa dalla potenza normale, che è la potenza che la macchina sviluppa in corrispondenza del massimo rendimento. Quando invece la turbina viene alimentata a portata costante V (cioè ad apertura costante del distributore), si ottengono le curve caratteristiche della Fig. 6, che indicano l andamento di potenza utile P u, portata V e del rendimento η T in funzione della velocità di rotazione n. Fig.6 - Curve di potenza utile, portata, coppia motrice e rendimento al variare della velocità di rotazione n di una turbina idraulica.- Il valore della velocità di rotazione n f, in corrispondenza del quale si annullano potenza e rendimento, prende Il nome di velocità di fuga, e individua la condizione di funzionamento per cui tutta la potenza generata all intorno della macchina viene assorbita da attriti e da ausiliari.
6 Turbine ad azione 6/8 La turbina Pelton è in pratica l unico esempio di turbina ad azione che viene utilizzato nelle applicazioni. L acqua prelevata dal bacino arriva alla turbina Pelton (Figura 1.1) attraverso una condotta forzata che termina nel distributore chiamato ugello o boccaglio. L acqua, che esce dall ugello con la velocità assoluta c 1, forma un getto di diametro d che colpisce la pala tangenzialmente a un cerchio di diametro D chiamato cerchio del getti. A causa della variazione della quantità di moto, la corrente, deviata dalla pala, genera una forza che viene raccolta dall albero, su cui è calettato il disco che porta le pale. L ugello, è munito di una spina centrale con estremità a bulbo (ago Doble, dal nome dell inventore) che, spostata assialmente, regola l afflusso di acqua (Fig 1.) e quindi la potenza erogata dalla macchina. A volte è necessario realizzare una brusca diminuzione della potenza conseguibile attraverso la rapida chiusura dell ugello: potrebbero cosi nascere delle forti sollecitazioni nella condotta derivanti da sovrapressioni generate appunto dalla repentina chiusura dell ugello (è il fenomeno del colpo d ariete). Queste sollecitazioni vengono evitate ricorrendo al regolo deviatore, che viene prima inserito in modo da impedire alla corrente di colpire la pala, e successivamente viene ritirato, a mano a mano che l ago viene spostato per regolare la nuova portata. fig. 1. ) Quando la ruota aziona un generatore elettrico, questo viene montato tra due supporti all esterno della ruota. Nel caso di una Pelton a due ruote, il generatore viene posto tra le due ruote (Fig. 1.3). fig. 1.3
7 7/8 La pala della Pelton è accuratamente lavorata all interno in modo da ridurre al minimo le perdite per attrito dell acqua e presenta una forma caratteristica a doppio cucchiaio in quanto è divisa in due parti da una costola a spigolo vivo detta coltello, che suddivide tra le due conche il getto incidente. Il getto di acqua si adagia su ciascuna delle due parti della pala ed esce dopo aver subito una deviazione di quasi 180 (esattamente β ); l angolo β viene definito in modo da scaricare l acqua nella direzione dell asse della ruota evitando così l urto tra l acqua e il dorso della pala successiva che porterebbe a frenare la ruota. La Figura 1.1 riporta delle formule usate abitualmente per la determinazione del numero delle pale e per il proporzionamento della singola pala. Sulla vista in pianta della pala si nota la presenza del taglio E che permette al getto di lavorare più a lungo su una pala quando questa si trova nella posizione migliore per riceverlo, senza essere intercettato dall arrivo della successiva e nello stesso tempo permette al getto di incontrare sempre bordi affilati, evitando la formazione di spruzzi d acqua e le perdite corrispondenti. Il materiale più impiegato è l acciaio comune o inossidabile. Le pale possono essere fuse con il disco (ruota integrale), oppure montate a una a una o a gruppi sulla ruota. Triangoli di velocità: fig.1.7 L impianto in cui è inserita la turbina è costituito da un bacino superiore e da un bacino inferiore con una differenza di quota h d tra il pelo libero dei due bacini, che prende il nome dì caduta disponibile (Fig. 1.7). La pressione che esiste all interno della cassa di una turbina ad azione è quella atmosferica e di conseguenza questa è la pressione a cui viene scaricato il getto. La porzione z della caduta disponibile h d non è perciò utilizzabile, nè z può essere ridotta in modo consistente, in quanto la ruota non può essere posta troppo vicina alla superficie del bacino inferiore; ogni aumento di livello di questo rischierebbe infatti di sommergere la turbina. D altra parte, essendo piuttosto alti i salti utilizzati dalle turbine Pelton, la perdita è percentualmente piccola; se, ad esempio, la Pelton lavora sotto una caduta disponibile, h d = 600 m con z = 3 m, questa perdita rappresenta soltanto 100(31600) = 0,5%. Alla caduta che rimane vanno poi detratta le perdite di carico dovute all attrito che, essendo funzione del quadrato della velocità, vengono tenute basse, realizzando condotte forzate con diametri piuttosto elevati: arriviamo casi alla caduta utile h u, che è la caduta che viene appunto utilizzata dalla turbina per produrre lavoro. La sezione convergente dell ugello, che si trova ai termine della condotta, provvede ad accelerare la corrente fino alla velocità c 1, valore con cui il getto colpisce la pala della turbina. La relazione che lega la velocità c 1, alla caduta utile h u, è sostanzialrnente quella di Torricelli [ v0 = g h ] moltiplicata per un coefficiente di effiusso ϕ [0,97 0,99), che tiene conto della riduzione della velocità dovuta alle perdite presenti nell ugello: c1 = ϕ g hu = ϕ c (1) dove c = g hu è la velocità ideale, quella cioè che si avrebbe in assenza delle perdite espresse da.ϕ d La portata V è data dal prodotto del numero dei getti i per la velocità c 1 e per l area [ π ] del getto 4 π d π d liquido di diametro d: V = i c1 = i ϕ g hu () 4 4 La velocità periferica u è sempre la stessa in ingresso e in uscita (u 1 = u = u ) in quanto, come risulta dalla Fig. 1.1, la Pelton è una turbina assiale; essa si esprime in funzione della velocità di rotazione n che trascriviamo: u = π n D (3)
8 8/8 Nota la velocità c 1, con cui il getto colpisce la pala, e nota la velocità periferica u, che è concorde in direzione e verso con c 1 in quanto si assume che la pala sia sempre disposta in posizione ortogonale rispetto alla direzione del getto (caso ideale del triangolo delle velocità in ingresso dalla Figura 1.8), si ottiene la velocità relativa ω 1 in ingresso come differenza tra c 1 e u (ω 1 = c 1 - u ). fig. 1.8 La velocità relativa in uscita ω è, nel caso ideale, uguale alla velocità relativa in ingresso ω 1 in quanto pressione, quota e velocità si mantengono invariate tra monte e valle della girante ; in realtà, a causa dell attrito incontrato dall acqua nel passare sulla pala mobile, si verificano delle perdite, per cui ω risulta inferiore a ω 1. Si passa allora dall una all altra velocità mediante un coefficiente di riduzione della velocità relativa, funzione del grado di finitura superficiale della pala (ψ = 0,9 0,97), tale per cui: ω = ψ ω 1 (4) Noti ω e u, si ricava la velocità assoluta in uscita c dalla somma vettoriale della velocità relativa ω e della velocità periferica u (Figure 1.8). Massima caduta utilizzabile Dall espressione (1) ricaviamo la relazione tra caduta utile h u e velocità ideale c di uscita dall ugello: c h u = h relazione che può essere espressa in funzione della velocità periferica moltiplicando sopra e sotto per u : 1 c 1 1 h u = u = u g u (5) g k Si vede così che la caduta utile h u, è funzione della velocità periferica u. La velocità periferica è limitata dalla sollecitazione centrifuga. Solitamente il valore massimo di u viene fissato in 100 m/s. Se si pone allora nella (5) u = 100 m/s e k = 0,45, si ottiene un valore massimo h max della caduta utile pari a: h max = 1 / x 9,81 x 0.45 (100 ) = 500 m Valori ancora più elevati di 100 m/s della velocità periferica potrebbero essere raggiunti facendo ricorso a materiali più resistenti; corrispondentemente potrebbero essere realizzate cadute ancora maggiori. La Pelton è quindi una turbina che si presta a trattare cadute anche molto alte.
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