Alberto Vanzo. Recensione di R. Hanna, Kant and the Foundations of Analytic Philosophy. pubblicata in Verifiche, 33 (2004), pp.

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1 Alberto Vanzo Recensione di R. Hanna, Kant and the Foundations of Analytic Philosophy pubblicata in Verifiche, 33 (2004), pp Il libro indaga, da un punto di vista teoretico e storiografico, alcuni aspetti fondamentali del rapporto tra le principali teorie che Kant ha formulato nella Critica della ragion pura e la filosofia analitica, considerata nel suo sviluppo storico a partire da Frege, attraverso Moore, Russel, il primo Wittgenstein, Carnap e il circolo di Vienna, il secondo Wittgenstein e i filosofi del linguaggio ordinario, fino a Quine. L Autore sostiene queste tesi: 1) sia la prima Critica kantiana, sia la filosofia analitica nel suo complesso hanno diretto i loro sforzi principalmente all elaborazione di una teoria del significato e di una teoria delle verità necessarie, hanno quindi il loro punto forte nella semantica. 2) I filosofi analitici hanno sviluppato le loro teorie semantiche sulla base di un ampio confronto, una critica serrata e un rifiuto radicale delle posizioni di Kant (come ha già sostenuto A. Coffa, The semantic tradition from Kant to Carnap, Cambridge 1991), ma anche, talvolta, di una tacita riproposizione di alcune di esse. 3) Le obiezioni dei filosofi analitici contro la prima Critica derivano spesso da fraintendimenti e non riescono a confutare le teorie kantiane del significato e delle verità necessarie. 4) Queste dottrine sono valide e difendibili ancor oggi; la filosofia analitica deve guardare ad esse per uscire dalla crisi che sta attraversando. I capitoli 1 e 2 si propongono di dimostrare che la Critica della ragion pura ha come scopo la formulazione di una nuova teoria delle verità necessarie e, a tal fine, elabora una teoria del significato; espongono le tesi fondamentali di quest ultima, che coincidono in buona parte con le tesi fondamentali dell idealismo trascendentale; forniscono un articolata ricostruzione della componente più decisiva della semantica kantiana, la teoria della produzione delle rappresentazioni mentali oggettive, e distinguono accuratamente le varie fasi del processo conoscitivo; analizzano le leggi della logica formale e della logica trascendentale, che ogni rappresentazione deve rispettare per essere dotata di un significato, e definiscono rigorosamente la nozione di 1

2 validità oggettiva. Inoltre rispondono alle principali obiezioni che i filosofi analitici hanno mosso contro queste teorie, in particolare contro la teoria del giudizio, la concezione della logica formale, la possibilità di una deduzione metafisica (accusa di psicologismo, carattere pre-fregeano della logica kantiana, incompletezza della tavola dei giudizi, posizione di privilegio dei giudizi categorici) e l idealismo trascendentale (critiche di soggettivismo e di relativismo, difficoltà concernenti l affezione esterna e il rapporto tra fenomeni e noumeni). Il «problema generale della ragion pura» («come sono possibili i giudizi sintetici a priori?»: KrV, B 19) può essere formulato come un problema modale, concernente il fondamento delle verità necessarie: «come può il medesimo giudizio, nello stesso tempo, essere vero necessariamente, riferirsi effettivamente al mondo reale o naturale ed essere conoscibile da creature dotate di una mente come la nostra, indipendentemente da ogni esperienza sensibile?» (p. 1). Per rispondere a questa domanda si deve indagare «su quale fondamento poggia la relazione di ciò che in noi si chiama rappresentazione con l oggetto» (lettera a M. Herz del , in Akademie-Ausgabe, Bd. X, p. 130), la relazione in cui consiste il significato delle rappresentazioni; si deve dunque affrontare un problema semantico. La Critica della ragion pura è appunto «un trattato di semantica cognitiva generale una teoria generale delle rappresentazioni mentali oggettive con una speciale attenzione alle rappresentazioni mentali oggettive necessarie a priori e, di conseguenza, ai giudizi sintetici a priori» (p. 31). Contro le accuse di psicologismo, soggettivismo e relativismo l Autore ribatte che «il fondamento sintetico originario dell unità analitica della coscienza non si riduce agli stati mentali di un individuo giudicante, ma, al contrario, è essenzialmente una forma o funzione cognitiva a priori condivisa da tutti gli atti di giudizio di un individuo pensante e di ogni individuo umano pensante attuale e possibile» (p. 58); la capacità di sintesi, che pure si attua nei singoli individui, li caratterizza tuttavia «a un livello di generalità che prescinde completamente dai singoli soggetti pensanti e dalla loro identità empirica» (p. 65); benché ciascuno abbia una particolare apprensione 2

3 percettiva dello stesso oggetto, tutte le apprensioni hanno in tale oggetto un comune punto di riferimento, sono elaborate da funzioni cognitive del tutto simili nei diversi soggetti e presuppongono la stessa forma di consapevolezza, cioè l io penso, cosicché, a parità di condizioni empiriche, ogni creatura che condivida le mie capacità percettive rappresenta lo stesso oggetto esattamente così come io me lo rappresento (cfr. pp ). Passando al dibattuto problema del rapporto tra fenomeni e noumeni, l Autore rifiuta sia la teoria dei due mondi, sia la teoria dei due aspetti, e propone la teoria dei due concetti : la nozione indeterminata di un oggetto di rappresentazione = x può essere concettualizzata in due modi, mediante categorie pure oppure mediante categorie sottoposte alle condizioni restrittive della sensibilità (applicazione alle intuizioni) e dell intelletto (schematismo trascendentale). «Il primo tipo di concettualizzazione dell x ci consente soltanto di pensare degli oggetti, ma non di conoscerli in senso stretto» (p. 110), perciò ci impone un completo agnosticismo quanto all esistenza di tali enti puramente intellettuali (noumeni). «Il secondo modo di concettualizzare l x [ ] ci consente di conoscere dei fenomeni» (p. 110), cui soltanto possiamo attribuire l esistenza. L affezione esterna è un dato di fatto trascendentale e costitutivo, un insormontabile punto di partenza per ogni spiegazione. Per ipotesi l affezione consiste in un processo causale, ma Kant non indica se si tratti di una causalità fisica e meccanica o di una causalità libera e incondizionata, prodotta da un agente noumenico, non sensibile e non spaziotemporale; non compie l errore di applicare a questo processo la categoria schematizzata di causa, che va riferita solo ai fenomeni; assegna al concetto razionale della causalità noumenica un importante ruolo limitativo. I capitoli 3, 4 e 5 esaminano tre componenti fondamentali della teoria kantiana del significato e delle verità necessarie: la concezione dei giudizi analitici, dei giudizi sintetici e dei giudizi sintetici a priori, e rispondono alle numerose obiezioni formulate dai critici. La trattazione dei giudizi analitici espone in tutta la loro complessità le 3

4 nozioni di essenza logica e di comprensione [Umfang], distingue diversi tipi di identità ed esamina le definizioni di giudizio analitico che si possono ritrovare o desumere dalle opere di Kant, nel tentativo di formulare una teoria dell analiticità esaustiva, coerente e soprattutto resistente alle critiche di cui è stata spesso oggetto. L Autore dimostra che la concezione kantiana non cade nello psicologismo; mette in luce le oscurità e le difficoltà delle teorie alternative proposte da Frege da Carnap; argomenta che, a differenza di queste ultime, la teoria kantiana si sottrae alle critiche di Quine contro la distinzione tra giudizi analitici e sintetici e contro la nozione di intensione ; attacca Quine perché, considerando i giudizi della logica elementare come veri assolutamente e «in virtù delle sole intensioni» (p. 179), non realizza compiutamente i suoi proclami di una concezione interamente fallibilista della scienza e di una completa rinuncia al concetto di intensione. La tematizzazione dei giudizi sintetici si sofferma soprattutto sulla loro dipendenza dall intuizione, in particolare dall intuizione empirica per i giudizi sintetici a posteriori e dall intuizione pura per i giudizi sintetici a priori; descrive con attenzione i caratteri di questi due tipi di intuizione; risolve in maniera convincente i problemi interpretativi relativi alla possibilità o all impossibilità di concetti individuali e di intuizioni non concettualizzate; evidenzia le analogie che sussistono fra le teorie dell intuizione e dei giudizi sintetici di Kant e di Frege. In questo modo tenta di dimostrare la consistenza della teoria kantiana della sinteticità e la legittimità del riferimento all intuizione in semantica, che si contrapppone all estromissione dell intuizione dalle teorie del significato di Moore, Russel, Carnap e Quine. Le condizioni necessarie per la significanza e la verità dei giudizi sintetici a priori sono illustrate mediante la semantica dei mondi possibili: mentre i giudizi analitici sono dotati di significato e di verità necessaria in tutti i mondi pensabili o non contraddittori, i giudizi sintetici a priori sono dotati di significato e di verità necessaria solo nei mondi conformi ai caratteri dell intuizione sensibile umana e sottomessi alle regole intellettuali delle categorie schematizzate e subordinate all io penso, mentre in tutti gli altri mondi possibili non sono né veri, né falsi. I giudizi sintetici a priori 4

5 della fisica, invece, sono veri necessariamente solo nei mondi accessibili all intuizione umana e contenenti della materia inerte. Per dimostrare l esistenza di giudizi sintetici a priori l Autore analizza l argomento degli opposti incongruenti e deriva da esso uno schema di prova che consentirebbe di dimostrare il carattere sintetico a priori dei giudizi geometrici, quindi esamina e respinge le principali obiezioni che sono state rivolte alla teoria kantiana della geometria sulla base della scoperta delle geometrie non euclidee. Nello svolgere questo percorso attraverso alcuni momenti decisivi della filosofia trascendentale e della sua ricezione, l Autore dimostra una conoscenza ampia e approfondita dei maestri della tradizione analitica; offre un interpretazione del pensiero kantiano in larga parte plausibile (con l eccezione di alcune tesi non del tutto convincenti, come l identità fra concetti dotati della stessa estensione e di diversa intensione, che causa non poche complicazioni nella ricostruzione della teoria dei giudizi analitici, o l invalidità del principio di bivalenza nella logica trascendentale). La ricerca si addentra in alcuni tra i nodi interpretativi più ardui della Critica della ragion pura, come il rapporto tra fenomeni e noumeni, il problema dell affezione esterna e la possibilità o meno di intuizioni non concettualizzate, e fornisce loro delle soluzioni interessanti, per lo più convincenti e in certi casi decisamente originali. Questi risultati sono favoriti dalla prospettiva adottata dall interpretazione. Il saggio mira a dimostrare che gli scritti kantiani contengono delle teorie consistenti e ben argomentate, che resistono alle obiezioni dei filosofi analitici e sono sostenibili ancor oggi. Per raggiungere questo obiettivo, l Autore non evidenzia le differenze e i contrasti almeno apparenti che si possono riscontrare nella prima o nella seconda edizione della Critica della ragion pura o che emergono dal confronto tra le due edizioni, né si preoccupa di ricostruire l evoluzione delle posizioni kantiane fra il 1781 e il 1787 o si concentra sulle difficoltà testuali meno rilevanti da un punto di vista teoretico, ma impiega i passi di entrambe le edizioni per costruire un modello delle teorie kantiane il più possibile coerente e difendibile. Ne deriva l immagine di un Kant più monolitico e più deciso, senza incertezze e oscillazioni, di quanto non 5

6 risulti dalla semplice lettura della Critica della ragion pura. Nel capitolo sui giudizi analitici una certa prevalenza dell intento teoretico sull intento esegetico porta l Autore a delineare una concezione più elaborata e complessa, più attenta a distinguere i diversi tipi di giudizi e di rapporti di identità, di quanto non emerga dagli scritti kantiani. Infine l interpretazione, indicando nell elaborazione di una teoria del significato e delle verità necessarie l obiettivo principale della Critica della ragion pura, trascura l importanza della Dialettica trascendentale e la centralità dell interrogativo sulla possibilità della metafisica (cfr. KrV, A 11-12/B 25-26). Il merito principale del libro, comunque, non risiede nell interpretazione di Kant, ma nell avere realizzato le condizioni fondamentali per un dialogo maturo e libero da pregiudizi dei filosofi analitici con la filosofia trascendentale intorno ad alcune tematiche di grande rilievo. A questo scopo risultano preziose le pagine dedicate alla rimozione dei pregiudizi interpretativi che hanno consentito a diversi autori di liquidare frettolosamente la filosofia critica, senza considerarla una seria alternativa teorica. Assai utile è anche la scelta di non distinguere nel pensiero kantiano ciò che è vivo da ciò che è morto, com è prassi consolidata presso gli interpreti di scuola analitica, ma piuttosto di esaminare un ampio corpus di teorie, metterne in luce la complessità e la ricchezza di spunti e presentarlo nella sua interezza come una posizione sostenibile. Infine l esposizione delle teorie critiche mediante termini e concetti provenienti dalla tradizione analitica, con un linguaggio chiaro e preciso e un procedere che scandisce bene le diverse tesi e argomentazioni, dà l immagine di un Kant dallo stile analitico, che può certamente competere con i grandi pensatori della tradizione analitica tedesca e anglosassone e può essere introdotto facilmente come un interlocutore autorevole nelle discussioni attualmente in corso nella comunità filosofica di indirizzo analitico. 6

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