Provvedimenti impugnabili
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- Leone Fusco
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1 2 Provvedimenti impugnabili Come si è già accennato, in linea generale lo strumento dell appello ha come oggetto provvedimenti che non determinano un immediata compressione della libertà personale dell interessato: tali provvedimenti, infatti, vanno individuati o in quelli, impugnabili dal p.m., che non applicano misure cautelari, perché reiettivi della richiesta del p.m., o in provvedimenti successivi a quello che ha fornito titolo giudiziario per la limitazione della libertà. In altri termini va ribadito che, diversamente dal riesame, che è indirizzato a rilevare i difetti genetici dell ordinanza cautelare, l appello mette in sindacato le vicende successive all adozione della misura cautelare personale. Alla luce di tali indicazioni di carattere generale appare allora più agevole individuare dettagliatamente le ordinanze cautelari, avverso le quali è esperibile il rimedio dell appello di cui all art. 310 c.p.p. Tali provvedimenti sono i seguenti: le ordinanze con cui il giudice non accoglie la richiesta di applicazione di misura cautelare avanzata dal p.m. o ne applica una diversa; a questo proposito è il caso di ribadire che l appello rappresenta per il p.m. l unico rimedio impugnatorio di merito avverso i provvedimenti cautelari che rigettano le sue richieste; le ordinanze in tema di misure cautelari interdittive. Si tratta, in particolare delle ordinanze che accolgono o rigettano la richiesta 6.
2 154 L appello de libertate Art. 310 c.p.p. di applicazione di tali misure o che dispongono la rinnovazione delle stesse nei casi di cui all art. 308, comma 2, c.p.p.; le ordinanze che, a diverso titolo, affrontano questioni relative ai termini di durata massima della custodia cautelare. Rientrano in tale ampia categoria le ordinanze che trattano istanze che richiedono l accertamento della scadenza dei termini della custodia cautelare; le ordinanze che accolgono o rigettano la richiesta di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare (art. 304 c.p.p.); le ordinanze con cui il giudice proroga o rigetta la richiesta di proroga dei termini di custodia cautelare durante le indagini preliminari complesse (art. 305, comma 2, c.p.p.); le ordinanze che accolgono o rigettano la richiesta di revoca o di sostituzione delle misure cautelari personali. In questo caso, per quanto riguarda in particolare le parti private, si deve rilevare che l appello è indirizzato avverso un ordinanza che conferma la precedente ordinanza applicativa della misura cautelare. L appello, dunque, consente di fatto di recuperare un sindacato di merito sull ordinanza originaria, anche nei casi in cui l indagato abbia deciso di non proporre richiesta di riesame; le ordinanze in materia di estinzione della misura cautelare personale, a norma degli artt. 300 (estinzione dovuta alla pronuncia di determinate sentenze), 301 (estinzione di misure disposte per esigenze probatorie) e 302 c.p.p. (estinzione della misura custodiale per omesso interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare); le ordinanze che dispongono la rinnovazione delle misure applicate per esigenze probatorie (art. 301, comma 2, c.p.p.); le ordinanze consequenziali alla perdita di efficacia delle misure (art. 306, comma 2, c.p.p.). Come è noto, a seguito della perdita di efficacia delle misure cautelari, il giudice è tenuto ad adottare i provvedimenti necessari per la cessazione delle medesime. Orbene, l accertamento della caducazione della misura coercitiva ad esempio per mancato interrogatorio in termini ai sensi dell art. 294 c.p.p. non concerne le condizioni di legittimità e di merito richieste per l emissione del provvedimento cautelare. Ne consegue che la caducazione del provvedimento di custodia deve essere anzitutto richiesta al giudice che l ha emesso, affinché provveda ex
3 Provvedimenti impugnabili 155 art. 306 c.p.p.; mentre l ordinanza in materia è poi impugnabile avanti al tribunale in sede di appello ex art. 310 c.p.p. 1 ; le ordinanze relative alla richiesta di applicazione provvisoria di una misura di sicurezza (art. 313, comma 3, c.p.p.); le ordinanze con cui il giudice dichiara la propria incompetenza in relazione al reato per cui era stata chiesta l applicazione della misura cautelare: tale ordinanza, di fatto, equivale ad un ordinanza che, seppur per motivi diversi dall insussistenza di gravi indizi di colpevolezza o di esigenze cautelari, equivale ad un ordinanza di rigetto della domanda cautelare del p.m. 2 ; le ordinanze che, in seguito alla scarcerazione per decorrenza dei termini, dispongano altra misura cautelare, ai sensi dell art. 307, comma 1, c.p.p.; le ordinanze che ripristinano la custodia cautelare, a norma dell art. 307, comma 2, c.p.p. in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte o a seguito della pronuncia di una sentenza di condanna in primo o secondo grado. A proposito di questi ultimi provvedimenti, l impugnabilità solo con il mezzo dell appello e non del riesame è dovuta al fatto che, in sede di impugnazione, non viene discussa la sussistenza originaria dei presupposti per l adozione della misura, bensì l adeguatezza della ripristinazione della custodia cautelare, alla luce delle sopravvenute esigenze cautelari. Si deve segnalare, tuttavia, che l opinione che tali ordinanze siano impugnabili solo col mezzo dell appello non è pacifica in dottrina: sul punto si fa, infatti, rilevare che le ordinanze che ripristinano la custodia cautelare, analogamente alle ordinanze genetiche delle misure coercitive, sono e- messe in via di urgenza e senza contraddittorio e, quindi, come quelle, sarebbero censurabili solo col rimedio del riesame 3. In giurisprudenza quest ultimo indirizzo secondo il quale avverso l ordinanza che, come quella ex art. 307, comma 2, c.p.p., costituisce reiterazione di precedenti provvedimenti per qualsiasi ragione caducati è proponi- 1 Cass. Pen., Sez. V, 22 ottobre 2002, Ranno, in Guida al diritto, n. 10, 2003, 86; nello stesso senso vedi anche Cass. Pen., Sez. V, 29 maggio 1996, Bianco, in Cass. pen., 1997, APRILE, Le impugnazioni delle ordinanze sulla libertà personale, Milano, 1996, SPANGHER, in Enc. giur. Treccani, II, Roma, 1988, 1448.
4 156 L appello de libertate Art. 310 c.p.p. bile il riesame e non l appello è minoritario. Un problema simile si pone per quanto riguarda l impugnabilità dell ordinanza che ripristina la misura coercitiva a norma dell art. 300, comma 5, c.p.p. nei confronti di persona condannata in appello dopo assoluzione in primo grado. Secondo la giurisprudenza essa non può essere considerata come nuovo provvedimento coercitivo, dato il nesso necessario e indissolubile che la lega a quella che ha disposto la precedente misura ed è pertanto impugnabile mediante appello ai sensi dell art. 310 c.p.p. e non con il riesame previsto dal precedente art. 309 c.p.p. 4. Anche in questo caso, tuttavia, si può obiettare che tra la caducazione della misura ed il suo eventuale ripristino a seguito della decisione di primo grado s inserisce ad interruzione della continuità il giudizio avanti alla Corte di Appello: con la conseguenza che il provvedimento, su cui si fonda la misura coercitiva, sarebbe impugnabile solo col riesame, trattandosi di censurare vizi genetici dell ordinanza cautelare 5. Come si può intuire l individuazione del regime impugnatorio applicabile a tale categoria di ordinanze non è questione di carattere puramente teorico, ma ha significativi risvolti pratici: basti considerare che l assoggettamento di una determinata categoria di ordinanze alla disciplina dell appello, invece che a quella del riesame, impone al ricorrente di articolare in modo specifico i motivi di doglianza, a pena di inammissibilità dell impugnazione; le ordinanze con cui il giudice provvede su richieste di modifica delle modalità esecutive di una misura, come, ad esempio, la decisione sulla richiesta di autorizzazione all allontanamento dal domicilio dove l interessato si trova agli arresti domiciliari per motivi di lavoro 6. Un intervento delle Sezioni Unite della cassazione ha statuito che il mezzo di impugnazione di tale tipologia di provvedimenti è l appello e non il riesame. Le ordinanze che si limitano a regolare le modalità di attuazione degli arresti domiciliari relativamente alla facoltà dell indagato di allontanarsi dal luogo di custodia vanno ricondotte al novero dei provvedimenti che incidono sulla libertà personale, dal momento che, a seconda del loro contenuto, inaspriscono o allentano il grado di afflittività della misura cautelare. Al contempo, dato 4 Cass. Pen., Sez. I, 12 febbraio 2002, Leuzzo, in Cass. pen., 2003, MARANDOLA, Riesame o appello per l ordinanza disposta a norma dell art. 300, comma 5, c.p.p.?, in Cass. pen., 2003, APRILE, op. cit., 222.
5 Provvedimenti impugnabili 157 che tali ordinanze concernono vicende successive all originaria applicazione della misura coercitiva, il mezzo di impugnazione utilizzabile è l appello di cui all art. 310 c.p.p. 7 ; in ogni caso l appellabilità e, più in generale, l impugnabilità di tali provvedimenti presuppone un livello minimo di offensività della libertà personale: non sono impugnabili avanti al tribunale del riesame, né con ricorso per cassazione quei provvedimenti che, per il loro carattere temporaneo e contingente, non sono idonei a determinare apprezzabili e durature modificazioni dello status libertatis. In tali casi l interessato non può né ricorrere al mezzo dell appello, né ricorrere in cassazione ai sensi dell art. 311 c.p.p., proprio perché si tratta di provvedimenti che non riguardano direttamente la libertà personale 8. Sulla scorta di tali principi si è esclusa l impugnabilità dell ordinanza con cui il giudice respinge la richiesta di revoca del divieto di incontro con i coimputati imposto per ragioni di giustizia nei confronti di persona sottoposta alla misura della custodia cautelare in carcere 9. Allo stesso modo non è appellabile né ricorribile per cassazione il provvedimento di autorizzazione o di diniego alla visita ad un congiunto gravemente malato o alla partecipazione ad un funerale. 7 Cass. Pen., Sez. Un., 3 dicembre 1996, Lombardi, in Arch. nuova proc. pen., 1996, Cass. Pen., Sez. Un., 3 dicembre 1996, cit. 9 Cass. Pen., Sez. I, 25 novembre 1999, Burzotta, in Cass. pen., 2001, 572.
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