Difesa integrata del pomodoro in coltura protetta
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- Filiberto Aloisio Venturini
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1 Difesa integrata del pomodoro in coltura protetta A. Garibaldi e M.L. Cullino DI.VA.P.R.A. - Patologia vegetale. Università di Torino L'esigenza di ridurre l'impiego di anticrittogamici per limitare i problemi tecnici e ambientali legati all'uso troppo diffuso della lotta chimica in serra con molti dei 1. Infezione di Botrytis cinerea su pianta di pomodoro. tradizionali fitofarmaci impone un ricorso ai mezzi chimici di lotta limitato soltanto ai momenti più critici per le infezioni fungine e ad una integrazione sempre più intensa della lotta chimica con altri mezzi di difesa di tipo genetico, agronomico, fisico e, ove possibile, biologico (Garibaldi e Cullino, 1988). Malattie fungine Nelle serre liguri, la malattia fungina del terreno più grave del pomodoro è la radice suberosa, provocata da Pyrenochaeta lycopersici. Infatti, nel caso delle altre principali potenziali malattie fungine, l'impiego di cultivar resistenti ha risolto brillantemente il problema della verticilliosi (Verticillium dahiiae) e della tracheofusariosi (Fusarium oxysporum f.sp. lycopersici). Quest'ultima fitopatia, del resto, non aveva mai normalmente causato neanche in passato, nelle serre dell'albenganese, gravi problemi, grazie alla naturale rcpressività dei terreni del luogo nei confronti degli agenti di tracheofusariosi (Garibaldi e Cullino, 1990). Recentemente, la comparsa di un marciume basale, causato da Fusanum oxysporum f.sp. radicislycopersici, ha determinato gravi, se pur limitati, danni, anche a causa della mancanza di idonei mezzi di lotta (Jarvis, 1989). Questa malattia e comparsa soltanto in terreni ripetutamente disinfettati con fumiganti o con vapore, essendo legata a una scarsa capacità competitiva del patogeno nei
2 confronti della normale microflora nel terreno. Nel caso degli agenti di malattie fogliari, invece, è soprattutto Rotrytis cinerea a causare gravi danni, soprattutto in annate con andamento climatico particolarmente favorevole allo sviluppo di tale patogeno, mentre altri agenti fungini (quali Alternarla solarii, Cladosporium fulvum e Phytophthori.i infestans) non causano danni rilevanti in serra anche grazie all'impiego di cultivar resistenti nei confronti di alcune delle razze fisiologiche di C. fulvum Nuova forma del mal bianco su foglia di pomodoro causato da Erysiphe sp. Va comunque segnalata la comparsa su pomodoro in Liguria, nel 1989, di gravi attacchi di un mal bianco dovuti non a Leveillula taurica, agente di mal bianco ben noto su pomodoro e su altre colture orticole in serra e in pieno campo nella zona, maa Erysiphe sp. (Aloi e Garibaldi, 1990). I danni provocati inizialmente da Erysiphe sp. sono risultati assai gravi, anche perche gli attacchi, comparsi improvvisi ed inattesi, hanno interessato praticamente tutte le cultivar impiegate in zona. L'agente di questo nuovo mal bianco del pomodoro risulta tuttavia facilmente contenibile con l'impiego di un numero assai limitato di trattamenti con i più comuni fungicidi appartenenti al gruppo degli inibitori
3 della biosintesi degli steroli. Lotta integrata Radice suberosa. Per quanto riguarda la radice suberosa, nell'ambito di una visione integrata della difesa, il ricorso alla disinfezione del terreno mediante solarizzazione consente di contenere gli attacchi del patogeno (tabella 1). Tale metodo di disinfezione del terreno, ormai attuato da diversi agricoltori della zona (Garibaldi et al., 1989) si basa sul riscaldamento del terreno durante l'estate, mediante copertura del suolo con un film plastico trasparente, in modo da raggiungere temperature letali per i parassiti. Per conseguire il massimo di efficacia, la pacciamatura deve essere effettuata per una durata di almeno 4 settimane, nel periodo di massima temperatura ambientale e di massimo irraggiamento solare. Durante il trattamento il terreno deve essere mantenuto umido al fine di aumentare la sensibilità degli organi di resistenza dei patogeni. L'effetto della solarizzazione è significativamente diverso da quello della disinfezione a vapore sotto l'aspetto biologico e tecnologico. In particolare, la solarizzazione ha un effetto meno drastico sulle componenti biotiche e abiotiche del terreno, in quanto viene condotta a temperature inferiori (45-55 C negli strati superficiali, C a 20 cm di profondità) rispetto a quelle raggiunte durante la disinfezione a vapore. Di conseguenza la vita microbica attiva nei terreni dopo la solarizzazione è tale da condurre in seguito ad un potenziale effetto biologico indiretto (induzione di repressività) combinato all'effetto diretto termico sui parassiti del terreno. Risultano pertanto evidenti i potenziali vantaggi della solarizzazione nell'ottica di una lotta integrata. Anzitutto si tratta di un metodo non chimico, non pericoloso per l'operatore e per il consumatore a causa dell'assenza di residui. Questa tecnica è, inoltre, generalmente meno costosa rispetto ad altri metodi di disinfezione ed è di facile applicazione. Essa risulta efficace nei confronti di diversi patogeni terricoli del pomodoro (Pyrenochaeta lycpersicii, Verticillium dahliae, Fusariumi oxysporum f.sp. lycopersici) ma non sempre nei confronti di F. oxysporum radicis-lycopersici. Molto resta ancora da fare nella ricerca di materiali plastici più efficaci e meno costosi da utilizzare nella pacciamatura. Nel caso del marciume basale da E. radicis-lycopersici si sta attualmente valutando, oltre all'impiego di cultivar resistenti recentemente messe a punto, l'efficacia di mezzi biologici di lotta: i risultati sin q ui ottenuti sono, però, variabili da zona a zona e a seconda dell'antagonista impiegato.
4 Muffa grigia. Un'ampia sperimentazione è stata condotta negli ultimi anni con lo scopo di ridurre gli attacchi di B. cinerea su pomodoro, limitando al massimo l'impiego di mezzi chimici. Concimazioni bilanciate e il ricorso alla ventilazione e al riscaldamento quando necessario hanno da soli consentito di conseguire una significativa riduzione dell'incidenza degli attacchi di muffa grigia, anche in presenza di condizioni estremamente favorevoli allo sviluppo del patogeno, quali quelle osservate nella primavera del 1991, consentendo di ridurre la percentuale di frutti colpiti dal 54 ali'11% (tabella 3). In presenza di popolazioni di B. cinerea resistenti nei confronti di benzimidazoli e dicarbossimidi, situazione assai comune nella maggioranza delle serre liguri, i trattamenti fungicidi che hanno sortito i migliori risultati sono stati quelli effettuati con un dicarbossimidico in miscela con il thiram (tabelle 2 e 3). Buoni risultati sono stati inoltre ottenuti alternando l'impiego di tale miscela con quello di Trichoderma, operando in ambiente meno favorevole agli attacchi del patogeno (in presenza di ventilazione e concimazione azotata bilanciata): c[ucsta strategia consente un soddisfacente contenimento del patogeno con un numero limitato di interventi chimici (tabelle 2 e 3). L'impiego di Trichoderma sp. da solo ha fornito risultati parziali in presenza di attacchi non troppo elevati (tunnel 1, tabella 3), mentre è risultato meno efficace quando le condizioni erano molto favorevoli alla malattia (tunnel 2, tabella 3). In particolare, nel caso di Trichoderma pare svolgere un ruolo importante la
5 modalità di preparazione dell'antagonista, come è evidente dai risultati conseguiti nel 1990, confrontando l'impiego di formulati diversi (tunnel 1, tabella 2). Si deve comunque ricordare che nel caso di Trichoderma non esistono ancora, in Italia, formulati registrati. Anzi, a tale proposito si deve sconsigliare gli agricoltori dall'impiego di formulati di Trichoderma attualmente messi in circolazione da operatori poco scrupolosi: tali formulati non hanno, infatti, subito alcun processo di registrazione e sono pertanto del tutto illegali. L'impiego di antagonisti fungini non saggiati sotto il profilo tossicologico potrebbe infatti risultare dannoso per il consumatore, oltre che per l'operatore agricolo. Oltre tutto, prima di una immissione sul mercato di antagonisti quali i Trichodermii sarà necessario studiare in modo più approfondito la formulazione di tale materiale biologico, consideratele forti differenze di attività osservate con l'impiego di materiale formulato ili modi diversi (tabella 2). In conclusione, pertanto, nella lotta alla muffa grigia del pomodoro, svolge un ruolo importantissimo il ricorso a corrette tecniche colturali: come si e visto, concimazioni bilanciate, la ventilazione delle serre e il ricorso, quando necessario, al riscaldamento, consentono già da soli un adeguato contenimento degli attacchi di muffa grigia. In particolare, la ventilazione e il riscaldamento, evitando il persistere di prolungati periodi di bagnatura degli organi epigei, impediscono il crearsi di condizioni favorevoli agli attacchi di K. cinerea. Resta da valutare l'incidenza economica di tali interventi. In presenza di condizioni molto favorevoli agli attacchi di B. cinerea resta comunque indispensabile il ricorso, limitato, oltre ai mezzi indiretti ricordati, a interventi di lotta diretti che, al momento attuale, si basano ancora sull'impiego di mezzi chimici. Bibliografia Aloi C., Garibaldi A. (1990) Un mal bianco del pomodoro causato da Erysiphe sp., nuovo per l'italia. Informatore fitopatologico, 40 (11), Garibaldi A., Bozzano G., Longoni U. (1989) Prime applicazioni in pratica della solarizzazione nelle serre dell'albenganese. Informatore agrario, 45 (44), Garibaldi A., Cullino M.L.-(1988) La lotta integrata contro le malattie fungine delle piante ortensi in coltura protetta. Informatore fitopatologico, 38(11), Garibaldi A., Cullino M.L. (1988) La lotta integrata contro funghi fitopatogeni. Terreni repressivi. Informatore fitopatologico, 39, Garibaldi A., Tamietti G. (1983) Attcmpts to use soil solarization in closed glasshouses in Northcrn Italy for controlling corky root of tornato. Acta Hortic., Cullino M.I.., Alci C., Garibaldi A. (1991) Imegrated control ol grey mouid of tornato. WPRBuÌl., 14 (5), Cullino M.L., Moreno L., Garibaldi A. (1990) Prove di lotta chimica e biologica contro muffa grigia su pomodoro allevato in serra. Atti Giornate fitopatologiche, 2, Jarvis W.R. (1989) Managing discases in grecnhouse crops Plant Disease, 73,
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