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1 Incontro aggiornamento 27/2/2015. La rappresentanza e la legittimazione processuale dell amministratore del condominio: esame delle norme e della giurisprudenza. Relatore Avv. Claudia Bergonzini * * * * * * COSTITUISCE PRECIPUO DOVERE DELL AMMINISTRATORE, QUALE MANDATARIO DARE ESECUZIONE ALLE DELIBERE DELL ASSEMBLEA NEL RISPETTO DELLA VOLONTÀ ESPRESSA DALLA MAGGIORANZA E TUTELARE IL DIRITTO DEL CONDOMINIO A DIFENDERSI IN GIUDIZIO, ATTRAVERSO IL POTERE DI RAPPRESENTANZA PROCESSUALE ATTIVA E PASSIVA SPETTANTE ALL AMMINISTRATORE, NELLA PROPRIA SFERA DI COMPETENZE, SENZA NECESSITÀ DI ALCUNA AUTORIZZAZIONE (Cass. n. 1451/14). * * * * * * SULLA LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE DELL AMMINISTRATORE DEL CONDOMINIO Osservazioni, in ordine alla rappresentanza e alla legittimazione processuale dell Amministratore del Condominio, mediante il richiamo delle norme di legge e delle pronunce giurisprudenziali. A norma dell art c.c.: Rappresentanza. Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal

2 2 regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto. Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini. L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni. A norma dell art c.c. rientra tra le attribuzioni dell amministratore: 1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea, convocarla annualmente per l'approvazione del rendiconto condominiale di cui all'articolo 1130-bis e curare l'osservanza del regolamento di condominio; 2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini; 3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni; 4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio;

3 3 * * * * * * * La rappresentanza processuale attiva e passiva spettante all amministratore nell ambito delle attribuzioni di cui all art c.c., è riconosciuta da un orientamento unanime e consolidato della Suprema Corte, di cui si richiamano alcune pronunce significative, a partire dal principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite. Cass. S.U. n /10 Alla luce delle considerazioni svolte va enunciato il seguente principio di diritto: "L'amministratore di condominio, in base al disposto dell'art c.c., comma 2 e 3, può anche costituirsi in giudizio e impugnare al sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall'assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione". Cass. n. 2179/11 "L'amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all'assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell'art c.c., commi 2 e 3, può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione". E' questo il dictum delle Sezioni Unite (sentenze e del 2010) con il quale è stato definito il contrasto di giurisprudenza sulla necessità o meno che l'amministratore condominiale, per impugnare la sentenza sfavorevole al condominio, si munisca dell'autorizzazione assembleare. E' stato precisato che le decisioni menzionate esulano da quelle per le quali l'amministratore è autonomamente legittimato ex art c.c., comma 1. Tale norma, insegnano le Sezioni Unite, conferisce una rappresentanza di diritto all'amministratore, il quale è

4 4 legittimato ad agire (e a resistere) in giudizio (nonchè a proporre impugnazione) senza alcuna autorizzazione, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art c.c., quando si tratta: a) di eseguire le deliberazioni dell'assemblea e di curare l'osservanza dei regolamenti di condominio; b) di disciplinare l'uso delle cose comuni, così da assicurarne il miglior godimento a tutti i condomini; c) compiere, infine, gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio; d) di riscuotere dai condomini inadempienti il pagamento dei contributi determinati in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea. Cass. n /12 Ai sensi dell'art cod. civ., i poteri processuali dell'amministratore di condominio coincidono con la sfera delle sue attribuzioni, salvo che più ampi poteri gli derivino dal regolamento condominiale o da una apposita delibera assembleare: egli è, dunque, legittimato al promovimento del giudizio o alla proposizione di domande riconvenzionali con riferimento a quelle azioni che costituiscono diretta esplicazione delle sue attribuzioni ordinarie, mentre, nella ipotesi in cui la controversia attenga ad obblighi o diritti esclusivi dei singoli condomini (le azioni reali come quelle di revindica, come quelle di violazione delle distanze legali tra costruzioni, come l'actio confessoria e l'actio negatoria servitutis), ne è esclusa la rappresentanza processuale attiva. Dal lato passivo l'amministratore gode, invece, naturalmente della legittimazione a resistere alle azioni reali proposte da terzi o da un condomino, in quanto, ai sensi dell'art cod. civ., comma 2, egli può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, con conseguente esclusione della necessità della evocazione in giudizio di tutti i contitolari del rapporto sostanziale controverso. (Nella specie, quindi, l'amministratore del condominio aveva superato i limiti delle proprie attribuzioni ex art cod. civ. nell'avanzare la domanda riconvenzionale di

5 5 riconoscimento dell'usucapione, mentre dal lato passivo era pienamente legittimato a resistere all'azione di revindica dell'attuale ricorrente). Cass, n. 7327/13 Il potere rappresentativo che compete all'amministratore del condominio ex artt e 1131 c.c. e che, sul piano processuale, si riflette nella facoltà di agire in giudizio per la tutela dei diritti sulle parti comuni dell'edificio, comprende tutte le azioni volte a realizzare tale tutela, con esclusione soltanto di quelle azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni cui si riferiscono, esulando, pertanto, dall'ambito degli atti conservativi. Resta esclusa, di conseguenza, la possibilità di esperimento di azioni reali, contro i singoli condomini o contro terzi, dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità o al contenuto di diritti su cose e parti dell'edificio. Al contrario, nell'ipotesi, ricorrente nel caso di specie, di abusiva occupazione di una porzione di area condominiale, mediante la costruzione di un manufatto di proprietà esclusiva, sussiste la legittimazione dell'amministratore di condominio ad agire giudizialmente, con azione volta al "ripristino dei luoghi", nei confronti dell'autore dell'opera denunciata. Una simile azione, infatti, essendo diretta al mantenimento dell'integrità materiale dell'area condominiale, stravolta dalla nuova costruzione, rientra nel novero degli atti conservativi di cui al menzionato art c.c.. Cass. n. 4338/13 Invero dall'esame del combinato disposto degli artt e 1131 c.c. emerge che la prima norma, al punto 4, fa obbligo all'amministratore di: "compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio": nei limiti di questa attribuzione, l'amministratore del condominio ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi; secondo l'interpretazione di questa Corte, il legislatore ha inteso riferirsi agli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell'integrità dell'immobile (v Cass. 8233/07), cioè ad atti meramente conservativi (adde, nel medesimo senso, più di recente:

6 6 Cass /2011; Cass /2010); più specificamente la giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto la legittimazione attiva dell'amministratore ad agire in giudizio senza l'autorizzazione dell'assemblea: per conseguire la demolizione della soprelevazione realizzata in violazione delle prescrizioni e delle cautele fissate dalle norme speciali antisismiche (Cass., Sez. Un., 8 marzo 1986, n. 1552); per ottenere la rimozione di alcuni vani costruiti sull'area solare dell'ultimo piano (Cass. Sez. 2, 21 marzo 1969, n. 907); per conseguire la demolizione della costruzione effettuata, anche alterando l'estetica della facciata dell'edificio, sulla terrazza di copertura (Cass. Sez. 2, 12 ottobre 2000, n ); in via possessoria, contro la sottrazione, ad opera di taluno dei condomini, di una parte comune dell'edificio al compossesso di tutti i condomini (Cass. Sez. 2, 3 maggio 2001, n. 6190; Cass. Sez. 2, 15 maggio 2002, n. 7063); per chiedere il risarcimento dei danni, qualora l'istanza appaia connessa con la conservazione dei diritti sulle parti comuni (Sez. 2, 22 ottobre 1998, n ). Cass. n. 1451/14 In base al disposto degli artt e 1131 cod. civ., l'amministratore del condominio è legittimato ad agire in giudizio per l'esecuzione di una deliberazione assembleare o per resistere all'impugnazione della delibera stessa da parte del condomino senza necessità di una specifica autorizzazione assembleare, trattandosi di una controversia che rientra nelle sue normali attribuzioni, con la conseguenza che in tali casi egli neppure deve premunirsi di alcuna autorizzazione dell'assemblea per proporre le impugnazioni nel caso di soccombenza del condominio (Sez. 2, 15 maggio 1998, n. 4900; Sez. 2, 20 aprile 2005, n. 8286). A questa conclusione non è di ostacolo il principio, enunciato dalle Sezioni Unite (sentenza 6 agosto 2010, n ), secondo cui l'amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all'assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell'art cod. civ., commi 2 e 3, può bensì costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato

7 7 da parte dell'assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione. L'ambito applicativo del dictum delle Sezioni Unite - con la regola, da esse esplicitata, della necessità dell'autorizzazione assembleare, sia pure in sede di successiva ratifica - si riferisce, espressamente, a quei giudizi che esorbitano dai poteri dell'amministratore ai sensi dell'art cod. civ., commi 2 e 3. Ma non è questo il caso di specie, posto che eseguire le deliberazioni dell'assemblea e difendere le stesse dalle impugnative giudiziali del singolo condomino rientra nelle attribuzioni proprie dell'amministratore. In siffatta direzione è indirizzata la giurisprudenza (Sez. 2, 25 ottobre 2010, n ), quando riconosce che l'amministratore di condominio, essendo tenuto a curare l'osservanza del regolamento di condominio (art cod. civ., comma 1, n. 1), è legittimato ad agire e a resistere in giudizio per ottenere che un condomino non adibisca la propria unità immobiliare ad attività vietata dal regolamento condominiale contrattuale, senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare assunta con la maggioranza prevista dall'art cod. civ., comma 2, la quale è richiesta soltanto per le liti attive e passive esorbitanti dalle incombenze proprie dell'amministratore stesso. Pervero, non è mancato un orientamento di segno diverso, essendosi talora ritenuto, sulla scorta di una lettura ampia della pronuncia delle Sezioni Unite, che, anche nell'ambito della propria sfera di competenza, l'amministratore debba premunirsi di apposita autorizzazione dell'assemblea, avendo, in mancanza, l'onere di far ratificare il proprio operato dall'assemblea, pena la inammissibilità della costituzione da lui autonomamente effettuata, o la inammissibilità dell'impugnazione da lui proposta: e così - in controversia riguardante l'impugnazione di delibera assembleare da parte del condomino - si è assegnato (Sez. 2, 25 febbraio 2011, n. 4733) un termine al condominio controricorrente, ai sensi dell'art. 182 cod. proc. civ., comma 2, al fine di consentirgli la produzione dell'autorizzazione dell'assemblea, considerata necessaria per la valida costituzione del condominio stesso. Il Collegio è invece dell'avviso che, nella propria sfera di competenze (ordinarie o incrementate dall'assemblea), l'amministratore è munito di poteri di rappresentanza processuale ad agire e resistere senza necessità di alcuna

8 8 autorizzazione. Come ha osservato il pubblico ministero in sede di discussione del ricorso, sarebbe infatti veramente defatigatorio, nell'ottica di un assurdo "iperassemblearismo", che l'amministratore fosse costretto a convocare ogni volta i condomini al fine di ottenere il nulla osta, ad esempio, per agire o resistere al monitorio sul pagamento degli oneri condominiali, o al giudizio per far osservare il regolamento, o all'impugnativa di una statuizione assembleare, oppure al fine di sperare nella ratifica riguardo ad un procedimento cautelare volto a conservare le parti comuni dello stabile. * * * * * * Così è stato chiarito come l'ambito applicativo della sentenza 18331/2010 della Cassazione, la quale impone l'autorizzazione dell'assemblea o la successiva ratifica per la costituzione in giudizio dell'amministratore, va limitato alle sole liti esorbitanti dai poteri dell'amministratore. * * * * * *

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